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Crisi dell’assetto medievale del diritto


In sostanza si apre un panorama di crisi dell’assetto medievale che ha un duplice volto, coinvolgendo tanto la tradizione metodologico-scientifica quanto la situazione politico-sociale medievale:

a. Crisi dei metodi scientifici tradizionali


La scienza giuridica tradizionale che era stata lo strumento fondamentale per l’evoluzione del diritto comune, risente della crisi del sistema normativo: non ha più a forza di fornire risposte certe e non riesce più ad adattare l’ordinamento alle mutate circostanze.

b. Crisi della situazione politico-sociale tipica del medioevo


Quello che emerge è la tendenza verso una nuova forma di governo assoluto, livellatore di particolarismi, accentrato.
Obiettivo particolare della politica assolutistica è il processo di semplificazione delle fonti normative e l’autoritaria riconduzione allo Stato (ossia al Sovrano) dell’intera attività di produzione e applicazione del diritto.
Gli strumenti per raggiungere l’obiettivo sono il potenziamento della legislazione e il controllo dell’amministrazione della giustizia esercitato per delega del Sovrano.
In sostanza, si toglie potere ai giuristi in nome della certezza del diritto, ma quale certezza?
Quella del diritto preesistente: cioè si persegue la semplificazione e la razionalizzazione entro i limiti delle fonti in vigore.
Il Sovrano, nella concezione medievale, non ritiene di poter riformare il diritto privato secondo la sua volontà; tuttavia, egli vede nell’opera di riorganizzazione delle fonti in vigore uno dei mezzi per consolidare il suo potere e per impedire che i giudici violino il suo comando.
Si ricorda in proposito che i codici settecenteschi contengono una sorta di divieto di interpretazione creativa.

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