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Il danno biologico


Trattando il danno, possiamo menzionare il concetto di danno biologico, inteso come un evento che produce un effetto negativo sull’integrità psicofisica del soggetto, o per dire in altre parole, produce un danno all’equilibrio bio-psico-sociale (visione olistica) della persona, che va al di là del concetto di danno patrimoniale ledendo l’art. 32 e l’art. 2 della costituzione. Il primo passo verso tale definizione lo abbiamo con la sentenza del 25 maggio 1974 del Tribunale di Genova, dove si abbandona la definizione di danno biologico inteso come danno di natura patrimoniale arrecato ad un soggetto, oltremodo definito meglio dalla così detta regola del calzolaio (“..un calzolaio, per esempio, eseguisce due scarpe e un quarto al giorno; voi avete indebolito la sua mano che non riesce più che a fare una scarpa; voi gli dovete dare il valore di una fattura di una scarpa e un quarto moltiplicato per il numero dei giorni che gli restano di vita, meno i giorni festivi ..."), intendendo il danno, come quello arrecato all’eventuale reddito prodotto dallo stato di salute di un individuo, di conseguenza il danno alla salute non patrimoniale rientrava nella sfera dell’art. 2059 del cc inteso come danno morale non patrimoniale. Dagli anni ’70 in poi va risarcito anche se il danno non va a ledere la capacita dell’individuo di produrre reddito come precisato dalla Cass. Civ., Sez. III, sentenza 6 giugno 1981, n. 3675. Con la Cass. Civ., Sez. III, sentenza 27 ottobre 1994, n. 372, la giurisprudenza rivolge censura verso l’art. 2059 del cc di cui sopra. Il problema era legato non tanto all’identificazione del danno, quanto alla quantificazione del danno biologico, in quanto, in giurisprudenza, in ambito civile non sono mai state prodotte delle tabelle di riferimento, e la liquidazione del danno è definita in base all’interpretazione dei giudici come dedotto dall’art. 1226 del cc  "Se il danno non può essere provato nel suo preciso ammontare, è liquidato dal giudice con valutazione equitativa" dal quale deduciamo che i criteri di valutazione sono il lucro cessante e il danno emergente come delineato dall’art. 2056 del cc. Ci sono stati dei tentativi di adozione delle tabelle usate in ambito penale dove il risarcimento è inversamente proporzionale agli anni del soggetto e direttamente proporzionale all’invalidità arrecata ad un soggetto. Con il Decreto Ministeriale dell’allora Ministero della Sanità del 5 febbraio 1992, intitolato "Approvazione della nuova tabella indicativa delle percentuali d'invalidità per le minorazioni e malattie invalidanti" viene introdotto una sorta di unità di misura che venne poi utilizzata per la liquidazione dei danni come è stato per la Cass. Civ., Sez. III, sentenza 13 aprile 1995, n. 4255. Dalla Cass. Civ., Sez. III, 31 maggio 2003, n. 8827 e n. 8828 la giurisprudenza cambia rotta, la novità è nel fatto che è errato continuare ad affermare che l’art. 2059 rappresenti un danno esclusivamente morale, il 2059 si ampia nel suo contenuto diventa un contenitore anche del danno biologico costituzionalmente supportato dall’art. 32. La tendenza interpretativa del risarcimento del danno biologico è definita ulteriormente nella sentenza della Cassazione Civile, SS.UU., 11 novembre 2008, n. 26972 che precisa “il riconoscimento nella giurisprudenza della Cassazione (a partire dalla sentenza n. 3675/1981) di quella peculiare figura di danno non patrimoniale, diverso dal danno morale soggettivo, che è il danno biologico, formula con la quale si designa la lesione dell'integrità psichica e fisica della persona” e continua “L'art. 2059 c.c. non delinea una distinta fattispecie di illecito produttiva di danno non patrimoniale, ma consente la riparazione anche dei danni non patrimoniali, nei casi determinati dalla legge, nel presupposto della sussistenza di tutti gli elementi costitutivi della struttura dell'illecito civile, che si ricavano dall'art. 2043 c.c. (e da altre norme, quali quelle che prevedono ipotesi di responsabilità oggettiva), elementi che consistono nella condotta, nel nesso causale tra condotta ed evento di danno, connotato quest'ultimo dall'ingiustizia, determinata dalla lesione, non giustificata, di interessi meritevoli di tutela, e nel danno che ne consegue (danno-conseguenza, secondo opinione ormai consolidata: Corte cost. n. 372/1994; S.u. n. 576, 581, 582, 584/2008)”. Con la Cass. Civ., SS.UU., 7 giugno 2011, n. 12273 fa rientrare tra i soggetti che possono richiedere il risarcimento, anche i familiari e congiunti del soggetto danneggiato direttamente. Vedremo come verrà sentenziato la liquidazione del danno sulla base del recente ddl Gelli. Tale ddl ha introdotto in sede delle Regioni, la figura del Garante del diritto alla salute, al quale possono rivolgersi le persone che accedono alle prestazioni assistenziali in caso di disservizi e danni subiti e ha istituito il Centro per la gestione del rischio sanitario e la sicurezza del paziente per raccogliere dati sugli eventi avversi e sui contenziosi, dati che poi vengono trasmessi all’Osservatorio nazionale delle buone pratiche sulla sicurezza in sanità. Come già ribadito oggi il professionista sanitario risponde del suo operato ai sensi dell’ ex art.2043 del cc.

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