Ricorso disordinato ed abnorme alla procedura camerale ex art. 737 ss. c.p.c.
È opportuno ricordare una serie di ipotesi nelle quali il ricorso alla procedura camerale appare come un vero e proprio abuso da parte del legislatore.
A titolo esemplificativo:
- l’art. 250 c.c., dopo aver stabilito che “il riconoscimento del figlio che non ha con più di 16 anni non può venire senza il consenso dell’altro genitore”, afferma che in caso di rifiuto del consenso “sul ricorso del genitore che vuole effettuare il riconoscimento, sentito il minore in contraddittorio con il genitore che si oppone e con l’intervento del pubblico ministero, decide il tribunale con sentenza che, in caso di accoglimento della domanda, tiene luogo del consenso mancante”; il tribunale dei minorenni provvede in camera di consiglio.
Nulla il legislatore dice sui rimedi esperibili contro la sentenza.
Essendo alla presenza di una tipica materia relativa a diritti o status, l’unico modo per rimediare all’abuso del ricorso alla procedura camerale sembrerebbe quella di ritenere che l’appello instaurato contro la sentenza dia luogo ad un giudizio a cognizione piena in primo ed unico grado;
- l’art. 288 c.c. prevede che la legittimazione dei figli naturali per provvedimento del giudice sia pronunciata in camera di consiglio dal tribunale con sentenza reclamabile innanzi alla Corte d’appello.
Anche in questa ipotesi legislatore coniuga procedura camerale e sentenza, senza però dire nulla sulla ricorribilità o no in cassazione;
- l’art. 4 della legge sul divorzio prevede che, quando vi sia accordo dei coniugi sulle condizioni inerenti alla prole e ai rapporti economici, la domanda di divorzio sia proponibile con ricorso congiunto e decisa dal tribunale in camera di consiglio con sentenza.
Quanto all’appello ha previsto che esso è sempre “deciso in camera di consiglio”.
Le esigenze di economia processuale non si perseguono sopprimendo le garanzie della cognizione piena, ma adottando se del caso moduli processuali del tipo procedimento per ingiunzione, con potere di opposizione attribuito anche al pubblico ministero.
Rilievi conclusivi
L’analisi svolta ha evidenziato come il ricorso alla procedura camerale sia stato, oltre che disordinato, eccessivo e molto spesso francamente abnorme.
La procedura camerale era stata di certo pensata per quel settore della giurisdizione volontaria costituita dalle autorizzazioni, nomine e rimozioni di rappresentanti, nelle quali non vi sono diritti suscettibili di essere incisi.
La procedura camerale è stata invece chiamata ad assolvere una pluralità di compiti ulteriori:
- innanzitutto è stata la emigrato dal settore della giurisdizione volontaria a quello della giurisdizione contenziosa, per disciplinare procedimenti sommari-semplificati-esecutivi senza attitudine al giudicato formale e sostanziale;
- in secondo luogo che essa è stata utilizzata anche riguardo ad ipotesi in cui la gestione di interessi è destinata ad incidere su diritti a contenuto e funzione non patrimoniale;
- in terzo luogo essa è stata richiamata in una miriade di altri processi speciali, taluni dei quali sono destinati a sfociare in processi a cognizione piena (come per l’interdizione), altri invece si concludono con ibride forme di sentenze di cui il difficile individuare l’attitudine o no al giudicato sostanziale.
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Dettagli appunto:
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Autore:
Stefano Civitelli
[Visita la sua tesi: "Danni da mobbing e tutela della persona"]
- Università: Università degli Studi di Firenze
- Facoltà: Giurisprudenza
- Esame: Diritto processuale civile, a.a.2007/2008
- Titolo del libro: Lezioni di diritto processuale civile
- Autore del libro: A. Proto Pisani
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