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La giustizia amministrativa nel regno di Sardegna


L’ordinamento italiano unitario seguì svolgimenti determinati dai caratteri a dai problemi propri dell’ordinamento del Regno di Sardegna.
Il modello del contenzioso amministrativo francese fu accolto anche in Italia nell’epoca napoleonica e fu soppresso quasi ovunque in Italia con la Restaurazione, ma non cessò per questo di rappresentare un modello significativo.
Nel Regno di Sardegna con editto del 1831, Carlo Alberto costituì un Consiglio di Stato, con funzioni consultive, articolato in tre sezioni: sezione dell’Interno, sezione di Giustizia, Grazia e affari ecclesiastici, sezione di Finanza.
Al Consiglio di Stato l’editto assegnava alcune particolari competenze contenziose.
Con le regie patenti del 1842, modificate con un regio editto nel 1847, fu istituito un vero e proprio sistema di contenzioso amministrativo.
Il sistema di fondava sulla distinzione fra controversie riservate all’Amministrazione (e per le quali era esclusa qualsiasi tutela avanti a un giudice ordinario o speciale, ed era ammesso solo un ricorso a un’autorità amministrativa: l’Intendente) e controversie di “amministrazione contenziosa” (per le quali era prevista la possibilità di un ricorso in primo grado a un Consiglio di intendenza, in secondo grado alla Camera dei conti).
Alcune controversie erano comunque riservate alla giurisdizione del giudice ordinario (“giurisdizione giudiziaria”) e fra esse un significato particolare rivestivano le questioni inerenti al diritto di proprietà.
Il ruolo di questi giudici speciali fu però oggetto di vivaci polemiche, soprattutto dopo che lo Statuto Albertino enunciò come regola la riserva della funzione giurisdizionale al giudice ordinario.
Ciò nonostante, una serie di decreti reali del 1859 accolsero e confermarono il sistema del contenzioso amministrativo, articolato ora in Consigli di Governo, organi di primo grado, e Consiglio di Stato, organo principalmente di secondo grado.

Tratto da GIUSTIZIA AMMINISTRATIVA di Stefano Civitelli
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