I poteri riconosciuti al giudice ordinario nelle controversie di lavoro con Pubbliche Amministrazioni
Dal punto di vista della tutela processuale, i profili di maggiore interesse della disciplina in esame riguardano il quadro dei poteri riconosciuti al giudice ordinario, nelle controversie di lavoro con pubbliche amministrazioni.
È riconosciuta espressamente al giudice la capacità di adottare qualsiasi ordine di pronuncia, di accertamento, costitutiva o di condanna, richiesta “dalla natura dei diritti tutelati”.
Ma, soprattutto, viene affermato che la circostanza che nel giudizio vengano in questione “atti amministrativi presupposti” non incide sulla giurisdizione del giudice ordinario: il giudice procede, se li riconosce illegittimi, alla loro disapplicazione.
Non avrebbe senso prevedere limiti ai poteri decisori del giudice, dato che in questione non sono atti amministrativi, ma vicende di diritto privato.
Gli atti amministrativi possono configurarsi solo in una fase logicamente precedente rispetto agli atti di gestione del rapporto di lavoro: possono rilevare solo come “atti presupposti”.
La distinzione fra gli atti amministrativi e gli atti di diritto comune si riflette sui poteri del giudice ordinario: infatti il giudice può incidere direttamente sugli atti di diritto comune, mentre nel caso degli atti amministrativi può solo “disapplicare”.
Per questa ragione è importante capire quali siano gli atti amministrativi (presupposti) in una controversia di lavoro.
In questa sede è sufficiente ricordare che fra tali atti amministrativi vi sono gli atti di organizzazione previsti del d.lgs. 165/2001.
Essi sono quelli che “definiscono le linee fondamentali di organizzazione degli uffici”, “individuano gli uffici di maggiore rilevanza e i modi di conferimento della titolarità dei medesimi”, “determinano le dotazioni organiche complessive”.
Non è escluso che il dipendente dell’Amministrazione sia direttamente leso, in un suo interesse legittimo, dall’atto di organizzazione.
In questo caso, l’atto di organizzazione può essere impugnato dal dipendente davanti al giudice amministrativo.
Il legislatore ha considerato la possibilità che siano pendenti contemporaneamente un giudizio civile in cui l’atto amministrativo rilevo come “presupposto” e sia passibile di disapplicazione, e un giudizio amministrativo in cui lo stesso atto sia oggetto di impugnazione e sia passibile di annullamento.
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Dettagli appunto:
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Autore:
Stefano Civitelli
[Visita la sua tesi: "Danni da mobbing e tutela della persona"]
- Università: Università degli Studi di Firenze
- Facoltà: Giurisprudenza
- Esame: Diritto Amministrativo II, a.a 2007/2008
- Titolo del libro: Lezioni di giustizia amministrativa
- Autore del libro: Aldo Travi
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