Dopo il 1989: dal mito dell’oralità al recupero del diritto alla prova nel processo penale
Col nuovo codice il legislatore ha creduto che le garanzie processuali potessero essere assicurate limitandosi ad affermare il principio di oralità-immediatezza, cioè rendendo in buona parte non utilizzabili le dichiarazioni rese prima del dibattimento.
La fase delle indagini preliminari, pertanto, è stata sguarnita della garanzia del contraddittorio e, soprattutto, in essa si è impedito l’esercizio del diritto alla prova sul presupposto che i risultati, raccolti in tale fase, non sarebbero stati utilizzabili per la decisione finale.
Anche dal punto di vista psicologico si sono manifestati problemi di adattamento degli operatori ad una logica processuale completamente diversa da quella accolta dal precedente codice.
Occorre precisare che la legge delega del 1987 prevedeva che il Governo provvedesse ad emanare, entro 3 anni dall’entrata in vigore del codice, disposizioni integrative e correttive nel rispetto dei criteri direttivi fissati.
Il Governo ha utilizzato tale strumento in modo eccessivamente cauto e la sua carenza di iniziativa insieme all’inerzia del Parlamento sono state superate solo dalla Corte Costituzionale, che ha iniziato a dichiarare illegittime, perché contrarie al principio di ragionevolezza, alcune disposizioni del codice e i relativi criteri direttivi contenuti nella legge delega.
Le declaratorie di incostituzionalità, insieme alla situazione di emergenza provocata dagli omicidi dei magistrati Falcone e Borsellino nel 1991, hanno indotto il Governo a modificare alcuni punti fondamentali della disciplina del processo penale con un decreto legge del 1992.
Il testo originario del codice limitava in modo eccessivo la possibilità di utilizzare, ai fini della decisione, i verbali delle dichiarazioni rese in segreto prima del dibattimento.
Il legislatore, con la legge di conversione del d.l. del 1992 ha ecceduto nel senso opposto, estendendone soverchiante l’utilizzabilità e ledendo il principio del contraddittorio.
Un parziale ritorno alla tutela del contraddittorio si è avuto, per la fase anteriore al dibattimento con una legge del 1995, e per la fase dibattimentale con una legge del 1997.
La legge del 1995 ha teso a ripristinare alcuni aspetti della separazione delle funzioni prima del dibattimento: si tratta di uno dei settori in cui il codice del 1988 si è dimostrato più gravemente carente.
La legge, da un lato ha aumentato i poteri di controllo spettanti al GIP sugli atti che devono essere valutati al fine di applicare le più gravi misure cautelari, dall’altro lato ha riconosciuto espressamente la legittimità delle indagini svolte dal difensore e ha sancito che la relativa documentazione può essere presentata al GIP.
La legge del 1997 ha regolato il caso delicato in cui un imputato renda dichiarazioni contro un altro imputato durante le indagini: tali dichiarazioni sono utilizzabili in dibattimento solo se rese nel rispetto del contraddittorio, ossia in sede di incidente probatorio, oppure se l’accusatore si presentava in giudizio per farsi controesaminare, oppure infine se diventavano non ripetibili.
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Dettagli appunto:
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Autore:
Stefano Civitelli
[Visita la sua tesi: "Danni da mobbing e tutela della persona"]
- Università: Università degli Studi di Firenze
- Facoltà: Giurisprudenza
- Esame: Diritto processuale penale - modulo I, a.a. 2007/2008
- Titolo del libro: Manuale di procedura penale
- Autore del libro: Paolo Tonini
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