Le disposizioni dell’art. 2 cp
_ Il co. 1 prevede l’ipotesi di nuova incriminazione, vietando in modo assoluto che una legge che crea una nuova previsione di reato possa trovare applicazione ai fatti (conformi a quella previsione, ma) commessi prima della sua entrata in vigore. Viene così attuato il principio della irretroattività della legge più sfavorevole.
_ Il co. 2 prevede l’ipotesi di abrogazione di una precedente norma incriminatrice (c.d. abolitio criminis), cioè l’ipotesi in cui un fatto prima previsto come reato sia successivamente reso penalmente irrilevante dal legislatore. Tale disposizione stabilisce l’efficacia retroattiva dell’abolitio criminis, disponendo che l’autore del fatto non può essere punito e che se ha riportato condanna ne cessano l’esecuzione e tutti gli effetti penali. Quindi, in caso di abolitio criminis l’efficacia retroattiva è senza limiti.
_ Il co. 3 prevede l'ipotesi di successione semplicemente modificativa, nel senso cioè che il fatto continua ad essere previsto come reato tanto dalla prima che dalla seconda legge ma muta la disciplina (es. la specie o la misura della pena). E la disciplina può mutare in senso favorevole o in senso sfavorevole. L'art. 2.3 c.p. stabilisce che tra le due leggi si applica quella più favorevole al reo:
se la legge successiva è più sfavorevole => irretroattività;
se è più favorevole => retroattività.
Due aspetti della disciplina
1.La retroattività della legge successiva più favorevole non è senza limiti (come è invece per l'abolitio criminis). Infatti, l'art. 2.3 c.p. dispone che la legge successiva più favorevole retroagisce fino a che non è intervenuta sentenza irrevocabile di condanna. E ciò per l'evidente motivo che, trattandosi di una disciplina favorevole solamente modificativa, è ragionevole che il colpevole sopporti il sacrificio della retroattività in considerazione dell'interesse superiore alla stabilità delle decisioni giudiziarie.
2.L'individuazione della legge più favorevole da applicare deve avvenire non in astratto, confrontando cioè le leggi in sé e per sé considerate, ma in concreto, cioè confrontando gli esiti della applicazione dell'una e dell'altra al fatto concreto. Può, infatti, capitare che la modificazione riguardi più aspetti della disciplina del fatto, alcuni modificati in peggio e altri in meglio: es. viene elevata la pena ma viene altresì introdotta una circostanza attenuante speciale. Ebbene, sarebbe impossibile valutare in astratto quale legge è più favorevole. Il giudice dovrà invece "provare" ad applicare l'una e l'altra delle leggi e valutare quindi in concreto quali sono i risultati (in termini di maggiore o minore favore) derivanti per il reo dall'applicazione delle due leggi.
Può darsi che, sussistendo in concreto la situazione circostanziante, si riveli più favorevole la legge successiva, mentre non sussistendo quella situazione si riveli più favorevole la legge anteriore.
In ogni caso, è chiaro che il giudice non potrà applicare un mixtum compositum delle due leggi: le norme più favorevoli dell'una e quelle più favorevoli dell'altra. Egli potrà applicare sempre e comunque una sola delle due leggi, valutando comparativamente e complessivamente i risultati dell'una e quelli dell'altra. (N.B. => una legge va applicata nella sua totalità di contenuto).
L'art 2 cp
_ Il co. 4 prevede la deroga alla retroattività favorevole stabilita per le leggi temporanee o eccezionali.
_ Il co. 5 prevede che le regole sulla successione di leggi si applicano altresì «nei casi di decadenza e di mancata ratifica di un decreto-legge e nel caso di un decreto-legge convertito con emendamenti».
L’art. 77 Cost. stabilisce che il decreto-legge non convertito perde efficacia ex tunc. Dunque, come se non fosse mai esistito: il che, a rigore, esclude che ci si trovi in presenza di un fenomeno di 'successione" di leggi. Occorre distinguere a seconda che si tratti di fatti realizzata prima (c.d. 'progressi') dell’entrata in vigore del decreto-legge ovvero durante il periodo di efficacia del decreto poi decaduto:
rispetto ai fatti progressi => si applicherà la legge vigente al tempo della loro realizzazione. Se sfavorevole, il decreto non potrà trovare applicazione in quanto peggiorativo. Se favorevole, non potrà trovare applicazione in quanto decaduto ex tunc. Si evita così il rischio dell'abuso politico che il Governo potrebbe consumare attraverso un decreto (non convertito dal Parlamento) abrogativo di incriminazioni in cui fossero incappati i propri accoliti.
rispetto ai fatti commessi durante la vigenza del decreto-legge => quest'ultimo non troverà applicazione: se sfavorevole in quanto inefficace ex tunc,; se favorevole la soluzione della non applicazione in base all'art. 77 Cost. si scontra con la ratio del principio di irretroattività, per cui il soggetto non può rispondere per un fatto che al momento in cui è stato commesso non costituiva reato (o comunque non può rispondere con un trattamento sanzionatorio più sfavorevole rispetto a quello vigente al momento del fatto).
Continua a leggere:
- Successivo: I principali problemi applicativi dell'art. 2 c.p.
- Precedente: Il fondamento della retroattività della legge penale favorevole
Dettagli appunto:
-
Autore:
Beatrice Cruccolini
[Visita la sua tesi: "La commercializzazione a distanza di servizi finanziari ai consumatori"]
- Università: Università degli Studi di Perugia
- Facoltà: Giurisprudenza
- Esame: Diritto Penale
Altri appunti correlati:
- Diritto Penale
- Diritto penale: principi e disciplina
- Seminario "Giustizia e Modernità"
- Diritto Penale
- Sistema di procedura penale
Per approfondire questo argomento, consulta le Tesi:
- La distinzione tra dolo eventuale e colpa con previsione con particolare riferimento al nuovo reato di omicidio stradale
- Riflessioni sulla prevenzione generale
- L'accesso abusivo ad un sistema informatico o telematico
- L'eccesso colposo di legittima difesa
- Idoneità e univocità degli atti nel delitto tentato
Puoi scaricare gratuitamente questo appunto in versione integrale.