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Gli enti ecclesiastici nell’ordinamento tributario


Come già ricordato, è la stessa Costituzione, all’art. 20, a prendere in considerazione il trattamento tributario degli enti ecclesiastici, affermando che il fine di religione o di culto e il carattere ecclesiastico di una associazione o istituzione non può essere motivo di speciali gravami fiscali.
La norma costituzionale è posta a tutela da eventuali interventi in pejus, ma nel garantire l’eguale trattamento non fa divieto di interventi di favore che sono giustificati in ragione della tipologia di attività poste in essere.
Principio generale è che “gli enti ecclesiastici aventi fine di religione o di culto, come pure le attività dirette a tali scopi, sono equiparati e quelli aventi fine di beneficenza o di istruzione”.
Su tale base, detti enti beneficiano delle agevolazioni disposte dal d.p.r. 601/73 che prevede un abbattimento dell’i.r.p.e.g. pari alla metà.
Possono essere ricordate alcune ulteriori agevolazioni, come ad esempio l’esenzione dall’i.c.i. relativamente ai fabbricati destinati in via esclusiva all’esercizio del culto e le relative pertinenze, o le esenzioni dai tributi circa successioni e donazioni in loro favore.
Quanto alle eventuali attività commerciali, esercitate accanto e nel rispetto di quelle istituzionali di religione e di culto, solo per esse gli enti ecclesiastici sono obbligati agli specifici adempimenti con l’obbligo quindi di distinguere le varie fonti d’entrata.

Tratto da DIRITTO ECCLESIASTICO di Stefano Civitelli
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