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La tutela della libertà di concorrenza


Il principio della libera iniziativa economica privata raramente ha vissuto momenti di così totale e acritica adesione come nell’epoca attuale.
Solo il conflitto con interessi primari è l’occasione di vincoli parziali o limitazioni all’accesso o alle modalità di svolgimento dell’attività economica (si pensi alla legislazione ambientale o alla tutela del risparmio).
Nell’attuale scenario economico-sociale il peggior nemico della libertà di iniziativa economica privata nasce dal suo interno ed è rappresentato dalla limitazione alla libera concorrenza derivante dalla concentrazione del potere economico in capo a pochi soggetti.
Il sogno dell’economia liberale è l’assenza di barriere all’ingresso sul mercato in un sistema che consenta la selezione degli operatori economici sulla base della loro capacità ed efficienza.
Le regole a tutela della libera concorrenza sono dunque volte a proteggere la libertà di iniziativa economica da se stessa; a evitare che i vantaggi da essa derivanti alla collettività e, in particolare, ai consumatori vengano posti nel nulla dalla naturale tendenza al monopolio.
Tali regole percorrono la strada della ricerca di quella che gli economisti chiamano workable competition (concorrenza “sostenibile”): ciò perché è tutt’altro che certo che il modello della perfetta concorrenza sia in ogni condizione il più efficiente nell’interesse dei consumatori.
Si tratta, dunque, di una normativa di “compromesso” tendente a sanzionare i comportamenti anticoncorrenziali sulla base di una valutazione ponderata dei loro effetti non assunti come necessariamente negativi.

Tratto da DIRITTO COMMERCIALE di Stefano Civitelli
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