Amicizia e piacere tra Cicerone e Epicuro
E l'amicizia? dove trova posto in ciò? Un'amicizia dura finchè ne segue l'utilità? che amicizia è questa? Cicerone richiama Pilade con Oreste e il pitagorico Damone davanti a Dionisio. La dottrina che Torquato difende sovvertirebbe alla base l'amicizia, benchè epicuro la elogi. Si può obiettare che egli coltivò amicizie.. ed è vero, forse fu un buon uomo. Ma qui parliamo di idee, non di condotta. A suo parere, se fu un buon uomo, e oggi molti epicurei son fedeli nelle amicizie, e regolano sul dovere e non sul piacere la loro condotta, vuol dire che la forza dell'onestà è maggiore di quella del piacere. Alcuni vivono infatti rinnegando con la vita il loro modo di pensare. Nel loro caso, essi agiscono meglio di come dicono.
IL RUOLO DEL PIACERE
Cicerone ora ripete le posizioni sul piacere:
1) (esposta da epicuro) - l'amicizia non si può disgiungere dal piacere; senza di essa non si vive al sicuro e senza timori
2) (discepoli recenti) - si cerca un amico per utilità, poi con l'abitudine lo si ama per sè; talvolta si può amare senza aspettative
3) coloro che fanno una specie di patto tra sapienti, per avere verso gli amici gli stessi sentimenti che han verso se stessi, e ciò contribuirebbe a percepire i piaceri.
“Ma se han fatto questo patto, lo facciano pure per amare le virtù per se stesse. Altrimenti, se coltiviamo amicizie per i compensi, se nessun affetto renderà l'amicizia desiderabile in sè per la sua essenza, non potremmo non anteporle le proprietà e i fabbricati. Poi, con i soldi che hai, gli amici li trovi sempre. E le cose minori puoi raccontarle a te stesso o a un amico mediocre. Quindi se misuri l'amicizia con questo metro, essa è nulla rispetto al danaro. Ma se la valuti con il metro dell'affetto, tutto cambia. Ama quindi la mia persona, non le mie cose”.
La conclusione a cui siamo giunti è: se si riferisce tutto al piacere, nella vita non c'è posto per amicizie o virtù. Poi Cicerone aggiunge: la filosofia si propone di dare la felicità nella vita; voi (epicurei) la fate consistere nel piacere; se l’esser felice ha una reale consistenza, occorre che sia tutto quanto in potere del sapiente. Infatti se la felicità si può perdere, la vita non può essere felice. Infatti in tal caso non avremmo mai la certezza che qualcosa sia stabile. Infatti chi non ha fiducia nella continuità dei suoi beni teme di essere un giorno infelice per averli perduti. Se le cose stanno così, nessuno può essere felice. Infatti, se sai di poter essere infelice non sei felice.
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Dettagli appunto:
- Autore: Dario Gemini
- Università: Università degli Studi di Roma La Sapienza
- Facoltà: Filosofia
- Esame: Teorie della conoscenza morale
- Titolo del libro: De finibus bonorum et malorum
- Autore del libro: Cicerone
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