Appunti delle lezioni del Corso di Revisione Legale dei Bilanci - a.a. 2010/2011 dei Proff. Dezzani e Bava.
La revisione non riesce a scoprire tutto perché chi opera nell’azienda, se è bravo, può porre in atto delle manipolazioni del bilancio, che risulta poi difficile vengano scoperte da chi è chiamato a controllare.
Revisione Legale dei Bilanci
di Andrea Balla
Appunti delle lezioni del Corso di Revisione Legale dei Bilanci - a.a. 2010/2011
dei Proff. Dezzani e Bava.
La revisione non riesce a scoprire tutto perché chi opera nell’azienda, se è
bravo, può porre in atto delle manipolazioni del bilancio, che risulta poi difficile
vengano scoperte da chi è chiamato a controllare.
Università: Università degli Studi di Torino
Facoltà: Economia
Docente: Proff. Dezzani e Bava1. Introduzione alla Revisione Legale
Nell’azienda è possibile assistere tanto ad errori fisiologici, che possono capitare ovunque e in qualunque
situazione, quanto a comportamenti invece fraudolenti, definiti tali in quanto, il più delle volte, se vengono
scoperti, non vengono sanzionati, bensì taciuti. Questi ultimi si verificano con maggiore frequenza nelle
grandi aziende.
Il primo e grosso scandalo societario è avvenuto in America e ha riguardato la ENRON, la quale riuscì a
creare un buco da ben 50 miliardi di dollari. La società di revisione che era al tempo chiamata al controllo
dei conti della Enron, la Arthur Andersen, venne scoperta e cancellata dall’albo delle società di revisione.
La società più grande ad essere “fallita” in Italia è stata la Parmalat: il buco che si venne a formare ammontò
a 14 miliardi di euro, e anche in questo caso la società di revisione che era tenuta al controllo contabile
venne cancellata dall’albo.
Il processo alla Parmalat è tuttora in corso, mentre è terminata la parte relativa all’informativa di Borsa (con
la conseguente accusa di aggiotaggio informativo).
Mai fidarsi di ciò che “viene fatto vedere” all’interno dell’azienda; è necessario controllare accuratamente.
Andrea Balla Sezione Appunti
Revisione Legale dei Bilanci 2. Processo Parmalat
E’ tutta una storia di intrecci fra politica e azienda, fra politici ed industriali.
Il risultato fu un buco da 14 miliardi di euro e 135.000 risparmiatori, prevalentemente obbligazionisti italiani
ed esteri (tramite fondi di investimento e fondi pensione) che si ritrovarono con nulla in mano.
L’impresa non è tuttavia fallita grazie al decreto “salva impresa”, e ora sta risalendo la china.
Ogni volta che un’impresa rischia il fallimento, senza l’aiuto del politico l’impresa scoppierebbe molto
prima.
Numerosi erano i “contributi” che Tanzi tramite la Parmalat elargiva a politici e uomini di spicco: erano
“soldi buttati via” che servivano ad ottenere eventuali favori in un domani.
Venivano viste come attività di sponsorizzazione volte a non inimicarsi nessuno: era stata progettata una
vera e propria rete in grado di finanziare tutti, ma facendo in modo che nessuno sapesse degli altri. Era visto
come un “meccanismo di sponsorizzazioni”.
E’ inoltre significativo il fatto che in vent’anni di operato, il management della Parmalat non fosse mai stato
soggetto a modifiche; erano sempre le stesse persone a capo degli incarichi più importanti, e tutte dei
dintorni di Parma e Collecchio, segno di un ambiente in cui vi erano segreti che dovevano essere il meno
possibile condivisi con terzi.
I veri problemi iniziarono con la decisione di allargarsi nel ramo del turismo, con la Parmatour; l’abilità
degli uomini di fiducia di Tanzi fece sì che le perdite del settore turistico venissero trasformate in crediti
fasulli.
Inoltre veniva abilmente gonfiato il fatturato con false fatture e falsi contratti, tali da far arrivare il fatturato
della Parmalat fino a 4 miliardi; nonostante questo risultato fittizio, la società continuava a richiedere denaro
alle banche, che vedevano nella società una gallina dalle uova d’oro, e alla quale concedevano finanziamenti
senza particolari richieste di garanzie.
Vi deve essere l’INDIPENDENZA ASSOLUTA del revisore; questi deve essere preservato da qualunque
possibile conflitto di interessi.
Ciò ora è più garantito rispetto al passato; infatti, fino a pochi anni fa, il revisore era soggetto ad una carica
che si vedeva rinnovata ogni 3 anni, fino a decorrenza del nono; successivamente il revisore poteva essere
nuovamente riconfermato, oppure sostituito, provocando così un forte rischio di sudditanza, di influenza
nelle sue attività, per non rischiare di “essere lasciato a casa”.
Ora invece avviene una sola nomina, della durata di nove anni, terminati i quali la società di revisione deve
essere automaticamente sostituita da un’altra; il compenso viene determinato al primo anno di carica, e
successivamente adeguato attenendosi ai dati ISTAT sull’andamento dell’inflazione.
Il revisore deve quindi poter operare in indipendenza e buona fede.
Per cercare di far sì che il revisore operi in buona fede, da ora la responsabilità non sarà solo più di chi
appone la firma alla relazione sulla revisione, ma anche di tutti quelli che hanno collaborato con il revisore
legale: sono previsti 9 anni per chi ha messo la firma, e 3-4 per tutti gli altri responsabili.
Finanziare per mantenere buoni rapporti con tutti.
Negli ultimi mesi hanno cercato di salvare quello che era salvabile, perché sentivano il crack avvicinarsi e
avevano paura di perdere tutto.
Fra i 50 e i 65 miliardi di dollari di truffa.
La truffa si è sviluppata in tutto il Mondo, ma il centro era New York, e sfruttava il cosiddetto “schema di
Andrea Balla Sezione Appunti
Revisione Legale dei Bilanci Ponzi”.
Se una cosa è troppo bella per essere vera, probabilmente lo è.
Il guadagno era sempre circa pari all’1 % mensile, anche in periodi di crisi; garantiva guadagni sicuri, a tassi
più alti di quelli che potevano garantire le banche, e i soldi erano sempre accessibili.
Tutti vogliono qualcosa in cambio di niente, e tu gli darai niente in cambio di qualcosa.
Faceva sentire i clienti come parte di qualcosa di speciale, con fantasmagorici guadagni e pochi rischi.
Il caso Madoff rappresenta l'ennesimo caso in cui le autorità di controllo hanno completamente fallito nella
loro funzione. La SEC ha nel corso degli anni effettuato diverse verifiche, già a partire dal 1992, presso la
Bernard Madoff Investement Securities senza rilevare gravi violazioni. Addirittura nel dicembre del 2008
era stato segnalato che nonostante Madoff gestisse circa 17 miliardi di dollari per conto dei suoi clienti
solamente 1 miliardo era investito in azioni.
Lo schema di Ponzi permette a chi comincia la catena e ai primi coinvolti di ottenere alti ritorni economici a
breve termine, ma richiede continuamente nuove vittime disposte a pagare le quote. I guadagni derivano
infatti esclusivamente dalle quote pagate dai nuovi investitori e non da attività produttive o finanziarie. Il
sistema è naturalmente destinato a terminare con perdite per la maggior parte dei partecipanti, perché i soldi
"investiti" non danno alcuna vera rendita né interesse, essendo semplicemente incamerati dai primi coinvolti
nello schema che li useranno inizialmente per rispettare le promesse. La diffusione della truffa spesso
diventa di tale portata da renderla palese, portando alla sua interruzione da parte delle autorità.
Anche Unicredit Banca d’Austria ha perso 3 miliardi di euro nell’investimento in fondi Madoff.
Anche in questo caso le società di revisione che avrebbero dovuto controllare, non l’hanno fatto; ciò
nonostante la società di revisione non è stata cancellata come invece era successo per lo scandalo Enron, per
il fatto che già le società di revisione sono poche, e allora si rischierebbe di alimentare l’oligopolio.
La finanza americana è la più spregiudicata, e la crisi economica globale è iniziata proprio negli USA
nell’agosto del 2007.
Il grosso problema è la mancanza di regole: una volta c’erano, poi col passare degli anni sono venute meno.
Il Paese che avesse ancora delle regole, è comunque facilmente aggirabile: una banca in un Paese con regole
ha comunque sicuramente delle filiali in Paesi con meno regole (paradisi fiscali) o dove addirittura
scompaiono.
Viene meno la cultura del controllo.
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Revisione Legale dei Bilanci 3. Le nuove disposizioni sulla revisione
C’è una legge specifica che disciplina la revisione, che dovrà entrare in vigore tra poco; prima c’era solo il
Codice Civile.
Le imprese esistono perché ci sono dei bisogni da soddisfare: ciò è quello che pensa l’imprenditore, cioè
soddisfare i bisogni.
Con il suo operare l’impresa punta così a determinati obiettivi, a delle performance.
I risultati a cui mira sono diversi tra settore privato e settore pubblico: nel privato si mira ai risultati
economici; nel pubblico alla qualità del servizio, alla soddisfazione del cliente, ecc.
Un fattore che accomuna i due settori è il fatto che entrambi devono operare in condizioni di risorse limitate.
Per arrivare alle performance desiderate, le imprese devono sottostare a delle regole: le performance
limitano le imprese, che in assenza di regole calpesterebbero i diritti degli altri per aumentare le loro
performance.
Quindi le funzioni delle regole sono limitare e dare delle linee generali di comportamento. Garantiscono che
le imprese si comportino in modo corretto e danno indicazioni su come operare.
Fatta la regola è però fondamentale il controllo e la previsione di una sanzione.
Le regole guidano l’impresa, perché per esempio tenere un’ordinata contabilità ha dei benefici, oltre che per
i terzi, anche per l’imprenditore (che può in questo modo vedere l’andamento dell’impresa).
Non bisogna però esagerare con le regole perché se no si creano più danni che benefici.
Il difficile delle regole è trovare un punto di equilibrio che deve consentire allo stesso tempo di non limitare
troppo le imprese ed allo stesso tempo non lasciar loro troppa libertà di movimento: troppe regole troppo
rigide sull’inquinamento fanno fallire l’azienda perché non riesce a soddisfare tutti i vari vincoli.
Nel contesto della revisione, l’obiettivo del legislatore è tutelare tutti i soggetti che sono interessati a
conoscere l’andamento dell’impresa (i cosiddetti stakeholders). Abbiamo così l’obbligo di fare il bilancio,
che però è un documento che non è obbligatorio fare e depositare per tutte le imprese. Anche qui dietro c’è
un discorso costi-benefici.
Tale bilancio deve essere fatto seguendo delle regole, e la funzione di controllo è affidata ai revisori che
garantiscono che i bilanci siano stati costruiti effettivamente seguendo le regole.
Il revisore utilizza il giudizio negativo come forma di sanzione dell’impresa.
Potrei essere allo stesso tempo commercialista e revisore dell’impresa, ma da ciò nasce un problema: potrei
non essere imparziale nel dare i giudizi e potrei innescare dei processi che potrebbero portare al fallimento
dell’impresa.
Nel fare il revisore devo garantire l’interesse degli stakeholders, e non fare l’interesse dell’imprenditore (che
comunque paga i revisori).
Il revisore ha una funzione quasi pubblica, perché si fa garante dell’informativa che l’impresa deve fornire al
mercato.
Oggi la stessa società di revisione non può fare consulenza e revisione.
Se il revisore non fa bene il proprio mestiere, ci sono delle sanzioni per lui; la sua tendenza a sbagliare
diminuisce quando la sanzione diventa più grave.
Con il decreto che sta per essere approvato si introduce il controllo per i controllori.
L’obiettivo della revisione è dare un’opinione, cioè un grado di certezza ragionevole che il bilancio sia
giusto negli aspetti significativi. Per esempio, se nel bilancio Fiat c’è un errore di 50 € non mi interessa,
perché è ritenuto un errore non significativo, non rilevante.
Andrea Balla Sezione Appunti
Revisione Legale dei Bilanci