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Il regime per la legge finanziaria per il 2008


La legge finanziaria per il 2008 ha subito un mutamento radicale, in una prospettiva di semplificazione e di razionalizzazione.
L’assetto prodotto dalla riforma del 2003 si era infatti rivelato pressoché ingovernabile, tanto per l’articolazione su tre livelli che sviluppava, quanto per l’estrema complessità delle regole che componevano ciascun livello.
Gli articoli 97 e 98 sono stati dunque soppressi, l’articolo 96 è stato integralmente riformulato ed ora prevede che gli interessi passivi e gli oneri assimilati sono deducibili fino a concorrenza degli interessi attivi e dei proventi assimilati, e per l’eventuale eccedenza, fino a concorrenza del 30% del risultato operativo lodo (ROL). Sono peraltro fatti salvi gli effetti di regimi di indeducibilità stabiliti da altre disposizioni; mentre nel caso di indeducibilità parziale si deve ritenere che gli interessi residui ricadano nella sfera di applicazione della disciplina considerata.
Due considerazioni vanno fatte a questo proposito: la nuova disciplina recide ogni legame con le precedenti logiche antielusive perché non differenzia né in ragione della fonte di indebitamento, tra  debito riconducibile, in via diretta o indiretta, alla compagine sociale e debito riconducibile al sistema creditizio, e né in ragione dell’impiego del medesimo per quello che attiene la distinzione tra debito utilizzato per acquistare cespiti che generano proventi imponibili e cespiti che generano proventi non imponibili. La soglia di congruità fissata dall’articolo 96 può dunque riflettere un livello di indebitamento fisiologico, se rapportato a determinati settori produttivi, mentre può riflettere un livello di indebitamento inferiore o superiore a quello fisiologico, se rapportato ad altri.
Il regime si applica agli interessi passivi e agli oneri assimilati derivanti da contratti di mutuo, di locazione finanziaria, dall’emissione di obbligazioni e di titoli similari e da ogni altro rapporto avente causa finanziaria. La disciplina dunque comprende la generalità degli interessi impliciti ed in particolare, oltre che quelli compresi nei canoni di leasing, quelli prodotti dall’attualizzazione dei debiti, laddove il pagamento del corrispettivo per l’acquisto di beni e servizi sia differito oltre i termini ordinari e non siano esplicitamente pattuiti interessi.
Per quanto riguarda gli oneri assimilati, per classificare un onere in questa categoria non dovrebbe essere sufficiente accertare il suo legame con un’operazione di natura finanziaria e dunque la sua appartenenza al novero degli oneri finanziari. Bisognerebbe trovare un’affinità strutturale con gli interessi passivi ed in particolare il nesso con il godimento di risorse finanziarie altrui e la sua commisurazione alla durata del rapporto. Se consideriamo il disaggio di emissione dei titoli obbligazionari, ossia la differenza tra le somme dovute alla scadenza, tale disaggio costituisce una forma di remunerazione del capitale ricevuto alternativa (o aggiuntiva) agli interessi. Per l’emittente è dunque un costo avente utilità pluriennale, il cui importo deve essere distribuito lungo tutto il periodo di durata del prestito, a partire dall’esercizio di emissione. Tale disaggio è infatti deducibile da parte della società o dall’ente emittente in ciascun periodo di imposta per una quota determinata in conformità con il piano di ammortamento del prestito. Nel quantificare l’importo da imputare a ciascun esercizio occorre quindi attribuire quote maggiori in rapporto a quei titoli che sono destinati ad essere rimborsati per primi, e quote minore in rapporto a quelli che sono destinati a scadere successivamente.
Per quanto riguarda le operazioni di pronti contro termine che prevedono l’obbligo del riacquisto a temine dei titoli, la differenza tra il corrispettivo ricevuto per la vendita a pronti e quello dovuto per il riacquisto a termine concorre alla formazione del reddito dell’acquirente a termine per la quota maturata nell’esercizio.
Il ROL, a cui è stato precedentemente fatto riferimento, corrisponde alla differenza tra il valore della produzione ed i relativi costi, ad eccezione degli ammortamenti delle immobilizzazioni materiali ed immateriali, nonché dei canoni di leasing relativi ai beni strumentali. Si tratta di una grandezza peculiare non coincidente con il risultato operativo individuato dal conto economico, ma neppure coincidente con il cosiddetto EBIDTA, che esclude, oltre a ammortamenti, anche accantonamenti e svalutazioni.
Se l’ammontare degli interessi passivi al netto di quelli attivi è superiore al 30 % del ROL, l’importo residuo è deducibile nei periodi di imposta successivi, senza limite di tempo, a condizione ovviamente che in detti periodi gli interessi passivi (al netto di quelli attivi) siano di importo inferiore al 30% del ROL. L’unico sconveniente in cui si incorre in questo caso è di natura finanziaria e riguarda il ritardo nella deducibilità: gli interessi non sono deducibili oggi, ma domani. Questa conclusione però vale solo per quei settori economici in cui detta soglia è indicativa di un valore superiore a quello valutabile come normale; cosicchè la sua inosservanza è da imputare o a esigenze di tipo transitorio o ad una inefficiente struttura finanziaria. Non vale però per quei settori in cui detta soglia è indicativa di un valore inferiore a quello valutabile come normale in cui l’inosservanza della soglia si manifesta come fisiologica ed un intervento di natura finanziaria è assai improbabile.
A partire dal terzo periodo di imposta successivo a quello in corso al 31 dicembre 2007 ( e quindi a partire dal 2010) la quota del 30% del ROL eventualmente non utilizzata in un esercizio può essere portata in aumento del ROL relativo ai periodi di imposta successivi, innalzando così il limite posto alla deduzione degli interessi passivi in questi ultimi. Il riporto delle eccedenze di ROL è stato adottato per omologare la posizione delle società che manifestano prima eccedenze di ROL e poi eccedenze di interessi passivi alla posizione di quelle che manifestano prima eccedenze di interessi passivi e poi eccedenze di ROL.
Tutta la disciplina descritta opera esclusivamente con riferimento ai soggetti passivi IRES. La deduzione degli interessi passivi da parte delle imprese individuali e delle società di persone è governata da un meccanismo di pro-rata simile a quello precedentemente delineato dall’art. 96. Questi oneri sono infatti deducibili per l’ammontare corrispondente al rapporto tra l’ammontare dei ricavi e di altri proventi che concorrono a determinare il reddito o che non vi concorrono in quanto esclusi e l’ammontare complessivo di tutti i ricavi ed i proventi. In altre parole, agli interessi, anche se relativi ad un finanziamento assunto per l’acquisizione di attività da cui derivano ricavi e proventi computabili nella determinazione del reddito, si applica comunque la regola di deduzione proporzionale (pro-rata) stabilita per i costi promiscui.
Sono però state introdotte delle limitazioni all’utilizzo di queste disposizioni per evitare che questo regime sia sfruttato per aggirare i limiti fissati nel campo dell’IRES, mediante la collazione del debito in una società di persone partecipata da una società di capitali,e la trasformazione per quest’ultima dei flussi di interessi passivi in flussi di perdite da partecipazioni in società di persone che sono integralmente deducibili per trasparenza. Tali perdite saranno poi utilizzate dalla società di capitali per abbattere gli utili imputati per trasparenza nei successivi cinque periodi di imposta dalla società che ha generato le perdite.

Tratto da MANUALE DI DIRITTO TRIBUTARIO di Andrea Balla
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