Fattori determinanti le economie di scala: UTILITIES (sottoprodotti)
La maggioranza dei processi trasformativi produce beni solitamente classificati come scarti di lavorazione(c.d. utilities) i quali, non trovando incorporazione nel prodotto finale, vengono di sovente “persi” nel corso della produzione.
Esempi di tali scarti sono i residui di lavorazione – c.d. oli pesanti – nei processi di cracking dei prodotti petroliferi, oppure l’acqua calda prodotta nelle centrali termiche dopo che questa è stata impiegata nei circuiti di raffreddamento.
L’inutilizzo di tali sottoprodotti è da imputarsi, oltre che a cause di natura meramente tecnologica (utilizzo di macchinari inefficienti), a motivazioni di carattere esclusivamente economico: il problema, quindi, non è tanto quello di sviluppare delle metodologie di recupero e di utilizzo degli scarti di lavorazione (tecnicamente possibile), ma piuttosto quello di rendere tali operazioni di “ricondizionamento” economicamente convenienti.
All’aumentare della propria dimensione fisica l’impresa diviene in grado, da una parte, di sostenere economicamente (potendoli ripartire su un numero più elevato di beni finali) gli oneri connessi al recupero di tali sottoprodotti, dall’altra, di godere contemporaneamente dei benefici conseguenti all’utilizzo e alla eventuale commercializzazione degli scarti medesimi.
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Dettagli appunto:
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Autore:
Moreno Marcucci
[Visita la sua tesi: "L'Internal Auditing nella Letteratura Internazionale"]
- Università: Università degli Studi Roma Tre
- Facoltà: Economia
- Esame: Economia aziendale
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