L’esdebitazione del socio fallito e l’insinuazione al passivo
L’esdebitazione (Art 142) consiste nel fatto che il fallito persona fisica, una volta concluso il fallimento, è liberato dalla residua parte dei crediti non soddisfatti; l’imprenditore, nel caso invece in cui non possa godere dell’esdebitazione, dovrà così stare attento, dovrà cercare di farsi credere nullatenente almeno fino a quando i crediti non saranno entrati in prescrizione. L’esdebitazione invece libera il fallito persona fisica anche dai crediti non soddisfatti.
Il fallito, se persona fisica, può quindi ottenere la cancellazione dei debiti pregressi verso i creditori concorsuali che non siano stati soddisfatti alla chiusura della procedura, a patto che:
- abbia cooperato con gli organi della procedura, fornendo tutte le informazioni e la documentazione utile;
- non abbia in alcun modo ritardato o contribuito a ritardare il suo iter;
- non abbia violato le disposizioni circa la corrispondenza (Art 48);
- non abbia beneficiato di altre esdebitazioni nei 10 anni precedenti la richiesta;
- non abbia distratto l’attivo o esposto passività inesistenti;
- non sia stato condannato per bancarotta fraudolenta o per delitti contro l’economia pubblica, l’industria e il commercio.
L’esdebitazione non può essere concessa qualora non siano stati soddisfatti, neppure in parte, i creditori concorsuali.
La decisione di concessione del beneficio spetta al tribunale fallimentare, unitamente con il decreto di chiusura del fallimento o su ricorso del debitore presentato entro l’anno successivo; sentito il curatore e il comitato dei creditori, dichiara inesigibili, in via definitiva, nei confronti del fallito, i debiti concorsuali non soddisfatti integralmente (Art 143). In nessun caso l’esdebitazione può essere disposta d’ufficio.
Avverso il decreto del tribunale, il debitore, i creditori non integralmente soddisfatti, il pubblico ministero e chiunque altro vi abbia interesse possono proporre reclamo a norma dell’Art 26.
La ratio dell’istituto è quella di permettere ai soggetti economici che abbiano collaborato con gli organi della procedura e siano immuni da sanzioni penali specifiche di ripartire da zero nell’intrapresa di una nuova attività, senza debiti.
La procedura fallimentare in senso stretto si muove su questi tre momenti:
- accertamento del passivo: si punta a verificare quali siano i creditori che hanno proposto l'insinuazione al passivo e se questi crediti fatti valere siano effettivamente esistenti;
- liquidazione dell'attivo: viene trasformato l’attivo fallimentare in liquidità;
- ripartizione della somma ricavata fra i vari creditori.
1. Tra gli effetti del fallimento nei confronti dei creditori vi è quello di tipo processuale (che prevede che i creditori possano far valere i loro crediti solo tramite la procedura dell’insinuazione al passivo): i creditori non possono difatti avere altri tipi di azione, e neanche possono proseguire altre azioni giudiziarie in corso; possono soltanto utilizzare lo strumento dell'insinuazione, procedura molto diversificata rispetto a quella che era prevista dalla normativa precedente alla riforma. E’ l’unica procedura con cui i creditori possono far valere i loro crediti.
Naturalmente i creditori hanno la possibilità di far valere i loro crediti insinuandosi al passivo; è una possibilità, non un obbligo, in quanto ogni creditore deve fare una preventiva valutazione sulla propria convenienza derivante dall'insinuarsi al passivo (bisogna difatti tenere conto dei costi legati alla procedura e delle prospettive di realizzo).
Una regola molto importante che si incontra è quella che prevede che la domanda di ammissione al passivo debba intervenire in un intervallo di tempo abbastanza ristretto: ai sensi dell’Art 92 il curatore dà notizia a tutti i creditori che possono partecipare al concorso, che possono insinuarsi al passivo e dà notizia dell'udienza fissata per l'esame del passivo, e della data entro cui possono promuovere l'istanza.
Art 92. Avviso ai creditori e agli altri interessati.
“Il curatore, esaminate le scritture dell’imprenditore ed altre fonti di informazione, comunica senza indugio ai creditori e ai titolari di diritti reali o personali su beni mobili e immobili di proprietà o in possesso del fallito, a mezzo posta presso la sede dell’impresa o la residenza del creditore, ovvero a mezzo telefax o posta elettronica:
1) che possono partecipare al concorso depositando nella cancelleria del tribunale, domanda ai sensi dell’articolo seguente;
2) la data fissata per l’esame dello stato passivo e quella entro cui vanno presentate le domande;
3) ogni utile informazione per agevolare la presentazione della domanda.
Se il creditore ha sede o risiede all’estero, la comunicazione può essere effettuata al suo rappresentante in Italia, se esistente.”
La domanda di insinuazione al passivo viene effettuata dal creditore mediante ricorso, cioè mediante un atto depositato presso la Cancelleria del tribunale e il termine perentorio è quello di 30 giorni prima dell'udienza fissata per l'esame del passivo, termine desumibile dall’Art 93 I comma, che recita “La domanda di ammissione al passivo di un credito, di restituzione o rivendicazione di beni mobili e immobili, si propone con ricorso da depositare presso la cancelleria del tribunale almeno trenta giorni prima dell’udienza fissata per l’esame dello stato passivo.”.
Le domande vanno poi esaminate dal curatore che ne redige un elenco con le sue motivate conclusioni, cioè il progetto di stato passivo, progetto che deve poi essere depositato almeno 15 giorni prima dell’udienza per la verifica dei crediti.
Anche il fallito può chiedere di essere sentito; terminato l’esame di tutte le domande, il giudice delegato dichiara esecutivo lo stato passivo.
Inoltre, con riferimento alle caratteristiche che tale ricorso deve contenere, si ha dall’Art 92 III comma che “Il ricorso contiene:
1) l’indicazione della procedura cui si intende partecipare e le generalità del creditore;
2) la determinazione della somma che si intende insinuare al passivo, ovvero la descrizione del bene di cui si chiede la restituzione o la rivendicazione;
3) la succinta esposizione dei fatti e degli elementi di diritto che costituiscono la ragione della domanda;
4) l’eventuale indicazione di un titolo di prelazione, anche in relazione alla graduazione del credito, nonché la descrizione del bene sul quale la prelazione si esercita, se questa ha carattere speciale;
5) l’indicazione del numero di telefax, l’indirizzo di posta elettronica o l’elezione di domicilio in un comune nel circondario ove ha sede il tribunale, ai fini delle successive comunicazioni. È facoltà del creditore indicare, quale modalità di notificazione e di comunicazione, la trasmissione per posta elettronica o per telefax ed è onere dello stesso comunicare al curatore ogni variazione del domicilio o delle predette modalità.”
Va quindi indicato l'ammontare della somma che costituisce il credito vantato dal creditore, l'indicazione del fondamento del credito (se ad esempio il credito deriva da un certo contratto, documentato da una fattura) e l'esistenza di un eventuale titolo di prelazione.
I creditori difatti non sono posti tutti sullo stesso piano, in quanto è possibile definire che ci siano dei creditori di serie A e dei creditori di serie B, dei creditori privilegiati e dei creditori non privilegiati (definiti chirografari); i creditori privilegiati sono tali perché titolari di un diritto di ipoteca, o di un diritto di pegno, o di un privilegio di tipo legale, e quindi hanno diritto ad essere preferiti sulle somme ricavate dalla vendita di quel certo bene ipotecato.
Per tutta la categoria di creditori privilegiati, il legislatore prevede o un privilegio per legge, generale (ne godono ad esempio i dipendenti), oppure dei privilegi speciali legati a certi beni.
Viene prima effettuato dal curatore un progetto di stato passivo, che verrà redatto in base alle domande, ai ricorsi che gli saranno pervenuti da parte dei creditori, proponendo che siano insinuati per una certa somma, riconoscendo o meno gli eventuali privilegi. Poi tale progetto viene esaminato dal giudice nell'udienza e si arriva così allo stato passivo definitivo, lo stato passivo esecutivo.
Il creditore che sia stato escluso o che non si ritenga soddisfatto del progetto ha la possibilità di impugnare tale progetto di stato passivo attraverso l'azione di opposizione allo stato passivo.
Se il ricorso viene presentato successivamente ai 30 giorni dalla data dell'udienza, il creditore non perde proprio il diritto di insinuarsi al passivo: infatti il creditore potrebbe dire di non essere stato avvisato, oppure che non è riuscito ad acquisire tutta quella documentazione necessaria per far valere il suo credito, oppure addirittura perché il credito potrebbe essere nato in un momento successivo (è difatti questo il caso dell'azione revocatoria, in cui il credito nasce in un momento successivo, in quanto colui che ha subito l'azione revocatoria ha poi il diritto di insinuarsi al passivo): l'insinuazione è sempre possibile in questi casi, ma tramite una strada differente, segnata dall'Art 101.
Art 101. Dichiarazioni tardive di crediti.
“Le domande di ammissione al passivo di un credito, di restituzione o rivendicazione di beni mobili e immobili, depositate in cancelleria oltre il termine di trenta giorni prima dell’udienza fissata per la verifica del passivo e non oltre quello di dodici mesi dal deposito del decreto di esecutività dello stato passivo sono considerate tardive.”
Vi è quindi anche la possibilità di un'insinuazione al passivo tardiva: chi si insinua tardivamente ha la possibilità di concorrere sulle somme che vengono ricavate, cioè tendenzialmente il creditore che si insinua tardivamente può soltanto partecipare alla ripartizione di somme successive, non a quelle anteriori.
Una novità importante è data dalla previsione di un termine ultimo, a pena di decadenza, oltre il quale non saranno più ammissibili domande allo stato passivo: la decadenza si verifica 12 mesi dopo il decreto di esecutività dello stato passivo, 18 mesi nel caso di particolare complessità della procedura.
Dunque le domande presentate tra il termine di 30 giorni prima dell’esame dello stato passivo e i 12 mesi dopo il decreto di esecutività dello stesso sono da considerarsi tardive; il termine di 12 mesi è derogabile solo se il creditore prova che il ritardo è dipeso da causa a lui non imputabile.
- Il legislatore nelle modalità di realizzazione dell'attivo utilizza una sorta di graduatoria, nel senso che indica le modalità preferenziali di un certo organo: la modalità che viene preferita in assoluto, ove sia possibile, è quella della continuazione dell'attività d'impresa, una modalità che consente, nonostante il fallimento, la non cessazione dell'attività d'impresa, permettendo di mettere sul mercato un'attività ancora in funzionamento.
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- Successivo: Possibilità di continuazione dell’attività d’impresa
- Precedente: L’azione revocatoria con riferimento al finanziamento dei soci, ART. 2467 CC
Dettagli appunto:
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Autore:
Andrea Balla
[Visita la sua tesi: "Analisi delle principali tecnologie applicate al settore automotive"]
[Visita la sua tesi: "I Diritti Particolari del Socio nella Nuova S.R.L."]
- Università: Università degli Studi di Torino
- Facoltà: Economia
- Docente: Prof. Cagnasso
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- La crisi d'impresa e le procedure concorsuali
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