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Il cinema sovietico negli anni '20


Gli anni '20 sono per l'Unione Sovietica, appena uscita dalla Rivoluzione d'Ottobre, anni di grandi sperimentazioni sia sul piano formale che sul piano linguistico.
Ci si pone il problema non soltanto della gestione dell'attività artistica da parte gli organi preposti ma anche la ricezione da parte del pubblico, quindi vi è un rapporto strettissimo tra arte, estetica e società.
Attorno a questo rapporto ruotano alcune delle esperienze artistiche di questi anni:
• Il proletkult: organismo fondato poco prima della Rivoluzione d'Ottobre, che sosteneva il ruolo centrale del proletariato all'interno dell'attività artistica. L'arte doveva educare alla maturazione delle coscienze, motivo per cui organizzò circoli artistici e letterari e centri di educazione per gli operai, corsi e seminari nei quali si insegnava a leggere ai lavoratori. Per il proletkult lavorò anche Sergej Ejzentstejn, critico e regista cinematografico sovietico.
• Il costruttivismo, che concepiva l'arte basata su moduli costruttivi e l'opera artistica come frutto dell'elaborazione tecnica dei materiali.
• Il futurismo.
• Il Feks (fabbrica dell'attore eccentrico), che coltivava un gusto per il grottesco, la caricatura e l'antinaturalismo.

Concetto chiave per il cinema sovietico è quello del montaggio
: le inquadrature sono solo il materiale grezzo di partenza, mentre il montaggio è il momento fondamentale.
Particolare rilevanza assume l'esperimento di Kuleshov sul montaggio, i cui risultati furono chiamati proprio “effetto kuleshov”: supponendo di avere delle inquadrature che ritraggono singolarmente un signore, una bara, una bambina e un piatto di minestra, combinandole avremo nel primo caso l'idea di lutto (signore e bara), nel secondo commozione e tenerezza (signore e bambina) e nel terzo la fame (signore e piatto di minestra).
Questo perché, secondo Ejzensteijn, le vicende assumono significato solo in virtù del significato che se ne offre. Il film non deve limitarsi alla continuità sul piano spaziale o temporale.

Sergej Ejzenstejn nasce nel 1898 e fu un esponente di punta delle Avanguardie sovietiche degli anni '20. La sua attività come critico e regista si protrarrà fino al 1948, anno della sua morte.
Egli evidenzia un rapporto molto stretto con la Rivoluzione d'Ottobre e l'eredità lasciata da questo evento, compreso un rapporto problematico con il partito comunista.
Nel 1923 Ejzenstejn esordisce a teatro con “Anche il più saggio sbaglia”, opera attraverso cui teorizza il cosiddetto montaggio delle attrazioni.
Il montaggio delle attrazioni fa riferimento a un tipo di comunicazione aggressiva nei confronti dello spettatore, sottoposto a traumi a livello psicologico ed emotivo che devono portarlo sulla giusta via sul piano ideologico. Questi traumi consistono nel montare alternativamente dei momenti aggressivi che devono colpire la psiche dello spettatore.
Questa tecnica si avvicina molto al montaggio alternato di Griffith, con l'unica differenza che non vi è continuità né temporale né spaziale, ma solo affinità sul piano concettuale.

Il primo esempio di montaggio delle attrazioni lo troviamo all'interno di Sciopero!” (1924), lungometraggio di esordio di Ejzenstejn, che lo realizza su iniziativa del Proletkult.
Il film ha un impianto metastorico, cioè si basa su un periodo di scioperi particolarmente intenso avvenuti nella Russia zarista del 1918 ma il regista ha avuto cura di sfumare i riferimenti sul piano spaziale e temporale, e assume una dimensione mitica legata all'evento traumatico che fa precipitare la situazione.
L'evento traumatico è il suicidio di un operaio, accusato di furto, a cui segue lo sciopero dei colleghi in forma di protesta e rivendicazione. Lo sciopero sarà represso in modo violento dalle forze zariste e il massacro degli operai, tramite il montaggio delle attrazioni, sarà montato alternativamente con scene di una macellazione di bovini.
Il film è fortemente polemico nei confronti del cinema narrativo, quindi nei confronti del predominio del soggetto, dell'intreccio e del racconto secondo una prospettiva cronologica lineare, ma rifiuta anche la presenza di personaggi ben definiti e di numerosi protagonisti.
L'unico protagonista di “Sciopero!” è la classe operaia.

Nel 1919, infatti, il governo sovietico aveva nazionalizzato l’industria cinematografica, ma questo non comporterà grandi effetti fino al 1925, quando verrà creato il Sovkino.
Il Sovkino era un organismo di controllo sulla produzione e sulla distribuzione cinematografica che ridusse al massimo la sperimentazione artistica e formale.
Nel 1934 trionferà invece la linea del realismo sociale che dichiarerà il ruolo centrale del cinema, così come di tutte le altre discipline artistiche, all’interno della propaganda.

Nel 1925 Ejzenstejn dirige un altro lungometraggio, intitolato “La corazzata Potemkin”, il suo film più celebre e il più omaggiato.
Il film nasce come celebrazione del ventennale della Rivoluzione del 1905, quindi ha intenti celebrativi e non propagandistici, pur essendo di parte.
Per la sua realizzazione fu necessario un grande sforzo produttivo e l'uso di obiettivi innovativi.
La vicenda ruota intorno alla ribellione dei marinai della corazzata Potemkin, che protestano per le durissime condizioni di lavoro in cui versavano; le forze zariste, inviate a reprimere la ribellione, manifesteranno tuttavia una forte solidarietà che si estenderà anche alla popolazione di Odessa che, quando la corazzata attracca nel porto, manifesta in modo pacifico il sostegno alla causa. Il governo invia però ulteriori militari a reprimere la protesta e i marinai faranno fuoco sul quartier generale zarista.
Alla fine del film i marinai della corazzata riusciranno a convincere anche coloro che stavano sulla nave zarista invitata a fare fuoco a sostenere la ribellione.
Il film ottiene un grande successo sia di pubblico sia di critica, anche perché verso la metà degli anni '20 la possibilità della libertà d'azione e sperimentazione si fa sempre più ridotta.

Ejzenstejn considerava “La corazzata Potemkin” un'opera d'arte perfettamente compiuta, in quanto conteneva le due condizioni necessarie del pathos e dell'organicità strutturale.
Il pathos è presente sia sul piano tematico sia sul piano formale e il film è suddiviso in 5 parti, come 5 erano gli atti della tragedia classica; ciascuna parte è suddivisibile in due frammenti e tutte comunicano tra loro attraverso due didascalie che riportano la dicitura simbolica “Fratelli!” posta in corrispondenza dei momenti nevralgici della storia.

Le inquadrature sono caratterizzate da una grande dinamicità del profilmico, di cui la macchina da presa segue spesso i movimenti.
Per esempio, nella famosa scena della scalinata di Odessa abbiamo un crescendo di movimento per cui la macchina da presa prima segue i soldati che scendono in modo frenetico la scalinata in campo lungo; il movimento torna ascendente con la figura di una madre che sale la scalinata con il corpo del figlio in braccio e riprende inesorabile verso il basso seguendo la caduta di una carrozzina con all'interno un neonato.

Nel 1928 esce “Ottobre”, film che doveva uscire nel 1927 in occasione del decennale della Rivoluzione d'Ottobre ma che Ejzenstejn riesce ad ultimare solo un anno dopo.
“Ottobre” è ispirato al romanzo “ I dieci giorni che sconvolsero il mondo” ma il regista non vuole semplicemente raccontare la Rivoluzione in modo tradizionale, ma vuole esprimere le riflessioni che sono scaturite da questi eventi.
Motivo per cui Ejzenstejn non ricorre al montaggio delle attrazioni ma lo fa evolvere nel montaggio intellettuale: lo spettatore non è più bombardato di episodi traumatici che devono colpire la sua psiche, ma deve compiere un grande sforzo intellettuale per capire il significato degli eventi mostrati. Le inquadrature sono rapide, fisse e brevi, ma comunicano grande dinamismo.
Due scene in particolare assumono un'importanza fondamentale:

1. La prima ritrae la gestione del potere da parte di Kerenskij dopo i fatti d'Ottobre.
Ejzenstejn non ci fornisce un'immagine positiva del generale, di cui sottolinea invece la brama di potere, la vanità e la vacuità delle azioni.
La brama di potere è sottolineata da inquadrature che ritraggono l'argenteria e statuette di Napoleone Bonaparte, la vanità da inquadrature che ritraggono un pavone meccanico e infine la vacuità delle sue azioni è sottolineata dalla figura di Kerenskij che sale ripetutamente le scale quasi a voler indicare un'azione che non porta a niente.

2. La seconda invece mostra il tentativo di colpo di stato da parte di Kornilov, che marcia sulla città in nome di Dio e della patria. Queste immagini sono alternate con immagini che mostrano statuette religiose.

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