L'urbanistica a Napoli dal dopoguerra ad oggi: note e documenti
All'arrivo a Napoli delle truppe angloamericane, la città era in uno stato di completa rovina. Alle distruzione provocate dai bombardamenti, si aggiunsero le devastazioni compiute dai tedeschi. Un atto di mero vandalismo fu l'incendio dei documenti dell'archivio di stato. Il bilancio complessivo delle distruzioni belliche era, in effetti, pauroso e gravissimi erano i problemi di fronte ai quali si trovarono gli amministratori della città. In questa situazione di gravi difficoltà materiali, venne avanzata, dall'assessore de Liguoro nel 1944, la proposta di elaborare un nuovo piano regolatore. Bocciata dalla prefettura perché richiedeva una spesa eccessiva, quella stessa delibera fu riproposta qualche mese dopo nell'identico testo, con la modifica della previsione di spesa ridotta ad una cifra esigua da commissario straordinario Fucci. Nella delibera del'44, dopo aver premesso che l'ultimo piano regolatore della città di Napoli, approvato con legge nel'39, fosse un piano di massima che doveva essere rivisto e rielaborato in relazione alla situazione attuale con una tecnica più rigorosa. Ha inizio così l'attacco al piano del '39.
Il piano regolatore del 1939
Il piano regolatore del 1939, è stato visto dai costruttori e, quel che è peggio dalle amministrazioni cittadine, soltanto come un ingombrante ostacolo da rimuovere ad ogni costo e comunque da lasciare in ottemperato e inosservato.• Problema edilizio: Napoli è una città che cerca spazio sovraffollamento
• Problema del traffico
• La questione igienico-sociale: la ristrettezza degli spazi, la malintesa e disordinata edilizia e la miseria di alcune classi sociali, hanno portato ad uno spaventoso sovraffollamento e ad un'incredibile densità di popolazione. Addossate le case alle colline, sfruttando il suolo con la sola direttiva del tornaconto individuale, vandalicamente distrutta ogni zona di verde.
• Problema ferroviario: era determinato dalla sistemazione del fascio di binari che penetrava fin dentro la città e la divideva in due settori.
• Problema artistico: monumenti imponenti soffocati dalla miseria delle enormi case che ne sbarrano ogni accesso.
• Problema regionale turistico
• Problema industriale: zone mal servite dai mezzi di comunicazione per l'afflusso delle maestranze, mal collegate col porto.
• Problema della zonizzazione
Il piano regionale
Un aspetto di grande interesse che deve essere ricordato a merito di Piccinato e degli altri redattori del piano, è costituito dalla lungimiranza con la quale, precorrendo i tempi ed anticipando moderne concezioni urbanistiche e legislative, viene sottolineato e posto al centro dei problemi il rapporto città-regione.La viabilità
Al problema del traffico la relazione dedica ampio rilievo partendo da un'analisi della struttura viaria esistente, individuandone i difetti e le insufficienze per impostare, con grande chiarezza d'idee, un razionale sistema di viabilità. Per attuare ciò, il piano regolatore distingue tre ordini di traffici: quelli di transito (esterni e regionali), quelli di penetrazione (collegamenti fra i satelliti e il centro) e quelli di collegamento fra i quartieri cittadini (fra i satelliti). Accanto a questo sistema periferico tangenziale, il piano ne prevede un secondo, molto più aderente alla città, impostato sui nodi di traffico interni.
La relazione sostiene ancora che obiettivo del piano è di conservare le caratteristiche della parte più antica e più nobile della città, evitando che il traffico di attraversamento finisca per sconvolgere la fisionomia e il significato dei luoghi modesti sventramenti.
L'edilizia
Il problema è affrontato da tre punti di vista: la distribuzione edilizia, la zonizzazione, i tipi edilizi e il loro regolamento.
Le parti fra i satelliti e il centro dovevano essere lasciate a verde agricolo, nel quale si potevano costruire solo fabbricati rurali → restrizioni sulle zone edificabili. La superficie costruita non doveva essere superiore a 1/50 di superficie totale: polmone necessario al respiro urbano.
La chiarezza di questo programma è dimostrata dal complesso di aree destinate al verde, oltre 2126 ha che, confrontato con il totale della popolazione prevista di 1300000 abitanti, perviene a un rapporto di mq 16.4 di verde per ogni abitante che è un rapporto alquanto soddisfacente. Questo nuovo grande sistema delle zone verdi viene poi completato dai vari vincoli a non costruire stabiliti in zone panoramiche, giardini e parchi privati esistenti.
Il risanamento
La sistemazione ferroviaria
Uno dei cardini del progetto di piano è dato dall'arretramento della stazione centrale che si prevede di spostare di circa 2 km ad est, dove ha origine il fascio di binari che penetra nel corpo della città, l'idea è quella di trasformare lo scalo di Napoli da stazione di testa in stazione di transito. L'area liberata dai binari dovrebbe formare l'asse del grandioso quartiere degli affari. L'allontanamento dal centro della nuova stazione non costituisce un inconveniente, poiché la città sarebbe servita con altre stazioni intermedie dal tratto Metropolitano. La sistemazione dei servizi ferroviari principali è integrata con un razionale riordinamento delle ferrovie secondarie.
«Per non perdere la città»
Il piano fu approvato con legge. Questa però escluse dal piano l'arretramento della stazione ferroviaria e la costruzione della nuova città universitaria nella zona dello Scudillo. Mentre per l'area circostante la ferrovia veniva mantenuta la destinazione a quartiere industriale, la zona dello Scudillo restava invece priva di disciplina urbanistica. La legge di approvazione, infine, faceva salvi i piani particolareggiati, approvati prima del nuovo piano.
La pretesa inefficace del piano regolatore del '39
Il piano del '39 era evidentemente assai scomodo per le amministrazioni comunali, che ne ignorarono l'esistenza pressate dalla necessità di accontentare le numerose clientele, prima fra tutte la categoria degli imprenditori edili. Essi consideravano il piano: di massima senza alcun vigore poiché mancano i PPE, contiene manchevolezze ed errori, è uno strumento superato che non risponde più alle moderne esigenze. Queste tesi furono accolte dalla giurisprudenza amministrativa con la decisione del 1953. Furono emanate due sentenze a sfavore del piano del '39 ed entrambe furono nefaste per la città in quanto, ignorando la legge urbanistica del 1942, sancirono l'inesistenza del piano del' 39 e gettarono la città in preda all'anarchia urbanistica. Infatti, a nulla valsero, in seguito, le ripetute resipiscenze della massima magistratura amministrativa che, con successive sentenze, dal 1955, riconobbero la validità e l'efficacia del piano del '39.
Il piano regolatore del 1946
Viene redatto un nuovo PRG con le seguenti sintetiche caratteristiche:• Zone di espansione in tutte le direzioni;
• Sviluppo privilegiato lungo la costa;
• Espansioni panoramiche;
• Lottizzazioni ampie e indifferenziate;
• Pesanti sventramenti e demolizioni;
• Ampio uso dell'art. 16.
L'inizio del massacro
In completa anarchia urbanistica, la speculazione edilizia operava indisturbata. L'incremento del patrimonio abitativo fra il 1951 e il 1961 era di circa 300 mila stanze. Le licenze edilizie rilasciate nel decennio assommavano ad oltre 11.500.
Prima responsabile del massacro della città fu certamente l'amministrazione comunale che governò la città in nome e per conto dei più gretti interessi particolari. La cultura urbanistica nazionale e locale, si accodava servile. Autorevoli studiosi facevano gioco della speculazione. Per non parlare del centro storico, che fu aggredito senza tener conto di nulla.
Il rione S. Giuseppe Carità
Doveva essere il centro direzionale della città. Nel decennio fra il 1930 e il 1940 ebbe inizio la trasformazione. In quel decennio furono costruite su aree risultanti dalla demolizione di una parte del centro storico, i nuovi edifici delle Poste, della Provincia, della questura, dell'associazione mutilati, ed altri fabbricati destinati in parte ad uffici, in parte ad abitazioni. Poi i lavori furono sospesi, restando quattro lotti da demolire e ricostruire. La legge del '39 confermava la validità del PPE del 1930. Quest'ultimo, derivando dai provvedimenti di risanamento del 1885, usufruiva dei benefici della legge del 12 luglio 1912, grazie alla quale le opere previste dal piano venivano dichiarate di pubblica utilità, con ampia facoltà per il comune di ricorrere ad espropri.
I vantaggi offerti da questa situazione non sfuggirono agli amministratori laurini che, nell'ottobre 1953, deliberarono di affidare a licitazione privata, l'edificazione dei quattro lotti residui. Gli interessati all'operazione ritennero però poco convenienti le limitazioni fissate dal piano, e il Comune prese a cuore le richieste degli speculatori.
Giunta e consiglio comunale autorizzarono lo sventramento e la costruzione del nuovo quartiere, il più raccapricciante esempio di edilizia speculativa in un centro storico in tutta Europa e forse nel mondo: gli abitanti delle vecchie case furono cacciati a forza e quattro imprese private fecero i propri comodi.
Le «concessioni edilizie»
Fu avviato lo smembramento dell'università, con la disseminazione delle facoltà sul territorio cittadino, seguendo decisioni prese caso per caso, con una visione esclusivamente edilizia del problema.
Il piano del Lauro del 1958
Il 18 novembre del 1958 il prefetto Correta, nominato commissario in seguito allo scioglimento dell'amministrazione Lauro, adottava il nuovo piano.Riguardo al piano comunale, non si tratta di un piano regolatore ma di un allucinante programma di sfruttamento che prevede l'edificabilità diffusa su tutto il territorio comunale con indici vertiginosi, autorizza la distruzione del centro storico consentendo sventramenti, nuove strade, edilizia di sostituzione, e il massacro del verde e del paesaggio della città. Il programma risponde alle esigenze della politica di Lauro e segna il trionfo dell'interesse particolare dei grandi elettori monarchici, mercanti di aree fabbricabili e costruttori. Quello del 1958 fu il piano che segnò il limite della criminosa irresponsabilità resa possibile dal disfacimento nel quale il laurismo aveva fatto precipitare la coscienza civile della città. Il piano toccò il fondo dell'anticultura.
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Dettagli appunto:
- Autore: Martina Scozzari
- Università: Università degli Studi di Palermo
- Facoltà: Architettura
- Corso: Architettura
- Esame: Urbanistica
- Docente: Francesco Lo Piccolo
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