Relazione conclusiva del ciclo di lezioni universitarie tenuto dall'esimio prof. Pizzetti sulla Legge 131-2003, la cd. Legge La Loggia, presso la facoltà di Giurisprudenza di Torino.
Commento alla Legge 131/2003 "La Loggia"
di Luisa Agliassa
Relazione conclusiva del ciclo di lezioni universitarie tenuto dall'esimio prof.
Pizzetti sulla Legge 131-2003, la cd. Legge La Loggia, presso la facoltà di
Giurisprudenza di Torino.
Università: Università degli Studi di Torino
Facoltà: Giurisprudenza
Corso: Giurisprudenza
Esame: Diritto Costituzionale Regionale
Docente: Pizzetti1. Iter storico giuridico che ha condotto alla legge n. 131 del 2003
In seguito all’esperienza totalitaria fascista, la Costituente italiana del 1948 poneva come principale
obiettivo organizzativo la valorizzazione di un articolato pluralismo istituzionale, incentrato su
un’accentuata suddivisone territoriale e regionale; tale scopo fondamentale ha trovato il suo punto di forza
nella stesura dell’ART.5 della Costituzione, la cui sistemazione, entro i principi fondamentali del nostro
ordinamento, ne rileva la caratteristica di progetto sistematico-organizzativo pluricentrico in divenire, pur
sempre riconosciuto e promosso dalla “Repubblica una e indivisibile”.
Poiché solo a seguito di un mutamento costituzionale di fatto sarebbe possibile modificarne la portata
innovativa, non a caso, il suddetto articolo è considerato dalla dottrina l’architrave d’innesto del lunghissimo
processo riformatore del TITOLO V della Costituzione, che trova le sue premesse nella Legge 15 marzo
1997, n. 59 (più comunemente conosciuta come “LEGGE BASSANINI”), redatta durante la XIII
Legislatura. Con questa normativa delegata, lo Stato assegnava al Governo il compito principale di emanare
uno o più decreti legislativi volti a conferire funzioni statali a Regioni, Province e Comuni, nel rispetto del
principio secondo cui la generalità delle funzioni amministrative è attribuita agli enti locali, con eccezione di
quelle necessariamente esercitate a livello regionale.
Tuttavia, è importante sottolineare come questa “riforma amministrativa a sfondo federalista” avrebbe
operato solo a livello di legislazione ordinaria, senza incidere a livello modificativo sull’assetto istituzionale
e organizzativo dell’epoca; affinché ciò potesse realizzarsi, si è giunti alla redazione e conseguente entrata in
vigore della Legge Costituzionale 18 ottobre 2001, n. 3, quale definitiva modifica del TITOLO V della parte
seconda della Costituzione.
Inevitabilmente, la profonda e problematica modifica di sistema si è scontrata non solo con la tardiva
istituzione delle Regioni ordinarie (già prevista nel ’48, ma attuata solamente nel ’70), ma anche con una
realtà di fatto ancora strettamente polarizzata su uno stato accentratore, quale rigida garanzia costituzionale
avversa alle possibili tendenze decentranti degli enti locali.
Di conseguenza, essendosi evidenziata una nettissima difficoltà d’attuazione, il Parlamento ha ritenuto
ragionevole e necessario individuare concretamente i problemi ancora aperti e dettare espressamente le
possibili indicazioni risolutive nella Legge 5 giugno 2003, n. 131 (più comunemente conosciuta come Legge
“La Loggia”); per questo motivo, detta normativa è stata formalmente approvata da una grandissima
maggioranza nella Camera e nel Senato (raggiungendo l’80-85% dei voti favorevoli), mentre,
sostanzialmente, è stata condivisa all’unanimità da Regioni, enti territoriali e dal Sistema delle Conferenze.
Luisa Agliassa Sezione Appunti
Commento alla Legge 131/2003 "La Loggia" 2. Commento integrato degli artt. 1 e 2 della Legge n. 131 del 2003
La Legge “La Loggia”, di per sé, è una tipica legge delega ex art. 76 della Costituzione, che contiene al suo
interno più deleghe, tra cui le principali sono:
A. “Attuazione dell’ART.117, primo e terzo comma, della Costituzione, in materia di legislazione
regionale”;
B. “Delega al Governo per l’attuazione dell’art.117, secondo comma, lettera p), della Costituzione e per
l’adeguamento delle disposizioni in materia di enti locali alla legge costituzionale 18 ottobre 2001, n.3”.
Il primo comma dell’art. 1 disciplina il rapporto tra legislatore Statale e Regionale; da un lato, rileva i limiti
generali della potestà legislativa (ex ART.117, primo comma), mentre, dall’altro, ripartisce le materie
concorrenti, attraverso deleghe legislative al Governo, sul parere della Conferenza Stato/Regioni.
Il secondo comma dell’art. 1 disciplina in modo uniforme il Sistema degli enti locali, regolando gli aspetti
trattati nell’ART.117.2 lettera p), quali materie di competenza esclusiva dello Stato (legislazione elettorale,
organi di governo, funzioni fondamentali). Questa è stata una scelta voluta, ma non necessaria, che rende
possibile un’unità di disciplina legislativa su tutto il territorio nazionale, pur non eliminando le particolarità
legate ad ogni specifico ente locale.
Di sicuro, la parte più delicata dell’art. 1 riguarda il “nucleo duro” delle funzioni fondamentali di Comuni,
Province e Città metropolitane, rese più incisive nel sistema, perché lo Stato è chiamato ad individuarle con
legge ordinaria, ma è compito degli enti locali esercitarle, senza alcuna possibilità per il legislatore regionale
(ed in teoria anche statale) di partecipare attivamente all’attuazione. Solo in questo modo, è stato possibile
limitare la tendenza invasiva dello Stato e delle Regioni nell’ambito del ruolo di Comuni, Province e Città
metropolitane, creando a loro nome una riserva amministrativa costituzionalmente garantita.
Per capire l’importanza di quest’ultimo profilo, bisogna tener conto dei limiti posti dall’ART.2 della Legge
“La Loggia” all’ART.118 della Costituzione, in cui si stabilisce che è il legislatore statale, o regionale, a
determinare l’amministrazione idonea all’applicazione della legge (con il vincolo del rispetto dei principi di
sussidiarietà, adeguatezza e differenziazione), mentre, nel caso delle funzioni fondamentali in capo a
Comuni, Province e Città metropolitane, il legislatore statale restringe l’ambito di applicazione
dell’ART.118, non potendone scegliere un’amministrazione a lui congeniale.
Inoltre, altro aspetto di cui tener conto è la garanzia costituzionale dell’autonomia regolamentare degli enti
locali, “in ordine alla disciplina dell’organizzazione e dello svolgimento delle funzioni loro attribuite” (ex
ART.117.6).
Tuttavia, risolto il problema dell'attribuzione delle funzioni fondamentali, rimane ancora evidente, al di là
del contributo innovativo della Legge “La Loggia”, la difficoltà di individuarle esplicitamente, essendo
coinvolti un gran numero di interessi istituzionali.
Ulteriori problematiche di attuazione sorgono da una sottodelega dell'ART.2, riguardante l'adeguamento del
procedimento di istituzione delle Città metropolitane all'ART.114 della Costituzione. In primo luogo, la
realizzazione di questo progetto andrà a declassare la Provincia ad un ruolo istituzionale di semplice ente
rurale, poiché l'area urbana rimarrà riservata alle Città metropolitane; in secondo luogo, sarà indispensabile
adeguare la legislazione comunale e provinciale, contenuta entro il DECRETO LEGISLATIVO 14
OTTOBRE 2000, N. 267 (più comunemente conosciuto come “TESTO UNICO DEGLI ENTI LOCALI”, o
semplicemente TUEL), alla riforma entrata in vigore. Infine, con ogni probabilità, il potere delle Città
metropolitane andrà ad incidere troppo sul potere delle Regioni e viceversa, il che comporterà l’immediata
Luisa Agliassa Sezione Appunti
Commento alla Legge 131/2003 "La Loggia"