APPROFONDIMENTI
Il delicato rapporto tra Giusto e Bene ovvero tra Libertà privata e Benessere pubblico
Ho sempre sostenuto una netta separazione tra il concetto di “giusto” e il concetto di “bene”.
Ho sempre pensato e continuo a sostenere che il primo sia di rilevanza pubblica e, pertanto, debba avere una valenza non meramente soggettiva o locale ma debba rifarsi a principi di universalità: giusto è ciò che, potenzialmente, può essere da ogni essere umano a prescindere da sesso, genere, cultura di appartenenza, religione e qualsivoglia peculiarità.
Penso, invece, che il concetto di “bene” debba essere lasciato al libero arbitrio del singolo e, quindi, appartenga alla sfera privata dell’individuo: ognuno nella propria dimensione privata deve essere lasciato libero di perseguire una sua personale concezione di benessere e vita buona salvo danni a terzi.
Questa visione che posso tranquillamente definire come una concezione liberale classica pone, pertanto, in primo piano la distinzione tra pubblico e privato e ha come pilastro portante l’uguaglianza di trattamento nella sfera pubblica e la tutela della libertà individuale nella sfera privata: società e Stato non devono in alcun modo avvantaggiare o svantaggiare in ambito pubblico taluni individui piuttosto che altri per le loro personali scelte di vita e non deve in alcun modo interferire con le scelte di vita che riguardano solo la sfera privata dei singoli laddove esse non procurino danni a terzi.
Proprio questa ultima clausola entra ora in crisi: che cosa significa causare danni a terzi? È possibile, pur non volendo, provocare indirettamente danni ad altri individui attraverso il proprio stile di vita e le proprie scelte?
Il liberalismo classico contempla il concetto di “danno” unicamente in termini materiali e strettamente fisici: omicidio, violenza fisica e, sommariamente, tutto ciò che possa essere configurato come reato.
In linea di principio mi trovo d’accordo con questa posizione ma in linea di fatto e visto il momento critico che l’Italia sta vivendo dal punto di vista economico mi trovo assai spesso a chiedermi se libertà individuale non stia cominciando a fare a pugni con benessere sociale.
Posto che non è dovere dello Stato garantire il benessere degli individui se con il concetto di benessere intendiamo “lusso”, è, tuttavia, suo dovere assicurare ad ogni essere umano la possibilità di vivere in modo dignitoso senza dover elemosinare ciò che è indispensabile per la sussistenza: vitto, alloggio e una quantità di denaro sufficiente almeno alla sopravvivenza.
L’Italia, l’Europa e il pianeta in genere stanno vivendo da anni una crisi dolorosa per tutti in cui le risorse non solo non sono distribuite uniformemente ma ad alcune fasce dell’umanità mancano del tutto!
È sicuramente il momento di eliminare gli sprechi!
Penso che questa affermazione non crei problemi a nessuno ma che fare laddove eliminare gli sprechi e limitare i danni significhi interferire con la libertà individuale? Cosa dovrà avere la priorità: la libertà del singolo o il benessere sociale?
Facciamo un esempio:
un individuo che fa uso abituale di eroina ha il diritto di usufruire delle cure sanitarie pubbliche e, dunque, a spese dello Stato e dei contribuenti?
In linea di principio sì; secondo la visione liberale classica ogni individuo deve essere libero di perseguire le proprie scelte di vita e, in fin dei conti, un drogato se non fa del male a nessun altro deve avere la stessa libertà degli altri di condurre il proprio piano di vita.
Lo stesso potrebbe dirsi per i malati di cirrosi epatica ammalatisi in seguito all’abuso di alcol: è giusto che costoro vengano curati a spese pubbliche? In linea di principio non commettono alcun reato e, pertanto, anche costoro devono essere liberi di seguire la propria concezione di bene.
Ma se questa libertà, pur non danneggiando direttamente in termini di reato nessun altro, va, tuttavia, a costituire un problema per l’economia di un paese già fortemente in crisi, allora come comportarsi? È giusto trattare costoro alla stregua, ad esempio, di malati di leucemia? È giusto che vengano curati con denaro pubblico che potrebbe essere, invece, investito diversamente per migliorare la vita di tutti?
Ripeto: in linea di principio la mia risposta continua ad essere positiva in quanto penso fermamente che la libertà del singolo debba essere difesa e tutelata da ingerenze esterne ma di fatto nella situazione di crisi economica in cui versiamo penso anche che se lo Stato risparmiasse sulla cura di taluni individui che hanno fatto determinate scelte di vita i soldi pubblici impiegati per curare tutti costoro che abusano di droghe e alcol potrebbero, ad esempio, essere investiti per costruire case popolari e dare un alloggio a chi non può permettersi di pagare un affitto o un mutuo.
Le possibilità, a questo punto, sono due:
1. Proibire a questi individui di fare uso o abuso di droghe e alcol;
2. Non curarli a spese pubbliche.
Nel primo caso viene intaccato il principio della tutela della libertà individuale; nel secondo caso viene intaccato il principio dell’uguale trattamento pubblico.
In entrambi i casi i fatti entrano in conflitto con i principi portanti del liberalismo classico.
Farò un esempio di tutt’altro tipo: prendiamo una coppia (poco importa se sposata oppure no) che abbia 3 figli e chieda sussidi allo Stato per garantire loro un’istruzione.
In linea di principio essi devono essere liberi di avere tutti i figli che desiderano ma è giusto che costoro per il loro desiderio usufruiscano di soldi pubblici in un momento in cui ci sono individui che non riescono neppure ad arrivare alla fine del mese?
Il denaro che lo Stato risparmierebbe se non desse aiuti a questa coppie potrebbe essere investito per aiutare aziende a rimettersi in sesto e, quindi, evitare licenziamenti.
Anche in questo caso le opzioni sono due:
1. Imporre un numero fisso di figli per ogni coppia;
2. Non aiutare queste coppie con sussidi pubblici.
Nel primo caso non viene rispettata la libertà di scelta; nel secondo caso viene pubblicamente penalizzata una scelta di vita personale e, pertanto, non viene rispettata l’uguaglianza di trattamento nella sfera pubblica. Anche qui la teoria liberale entra in crisi.
In altre parole la conclusione sembrerebbe essere questa: per stare tutti meglio pubblicamente dovremmo essere un po’ meno liberi privatamente o accettare di non essere trattati tutti allo stesso modo a causa di alcune nostre scelte di vita.
Personalmente la suddetta conclusione non mi soddisfa ma rimane evidente il contrasto tra principi e fatti, rimane evidente che la libertà dei privati vada assai spesso a cozzare contro il benessere sociale. Una soluzione accettabile e soddisfacente ancora non si è trovata: nessuno è disposto, non solo in linea di principio ma neppure concretamente, a rinunciare ad esercitare in tutta pienezza la propria libertà.
Siamo forse un mondo di egoisti non disposti a limitarci per stare tutti un po’ meglio? Forse, ma molto dipende anche da cosa ciascuno intende con il termine “meglio”: stare meglio economicamente non è certamente sinonimo di maggiore felicità ma, tuttavia, rimane vero che laddove la quantità di denaro non raggiunga la soglia minima per condurre una vita umana allora parlare di felicità diventa, a dir poco, grottesco.
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