7
IL MERCATO DISCOGRAFICO
8
CAPITOLO I
STORIA DEL MERCATO DELLA
POPULAR MUSIC
9
APPROCCIO TEORICO
"Ciò che viene meno è insomma
quanto può essere riassunto con la nozione di aura;
e si può dire: ciò che vien meno nell’epoca
della riproducibilità tecnica è l’aura dell’opera d’arte”
(L’opera d’arte nell’epoca della sua riproducibilità tecnica, W. Benjamin)
L’opera d’arte è entrata in una fase in cui la riproducibilità tecnica offerta dalle nuove tecnologie va
progressivamente trasformando quella che spesso era una manifestazione circoscritta ad un numero
limitato di fruitori in un fenomeno di massa, la cui diffusione sta mutando radicalmente il tradizionale
rapporto tra l’artista ed il suo pubblico.
Si tratta, peraltro, solo dell'ultimo stadio di un processo di estetizzazione della vita quotidiana che ha
radici ben più antiche del connubio tra cyberarte/tecnologia digitale (basti pensare all’art nouveau ed al
liberty fino ai lavori di Andy Warhol, Keith Haring o semplicemente alle magliette quaderni e
quant'altro raffiguranti Van Gogh e Picasso ecc.) e raccoglie, come in passato, dubbi e perplessità legate
al processo di mercificazione e banalizzazione che può determinare.
Buxton cita Andy Warhol come anello di congiunzione tra la pop art e la musica; come è noto, alla fine
degli anni ’60 l’artista fu anche il mentore di quello che poi diventò uno dei gruppi storici del periodo : i
Velvet Underground di Lou Reed e John Cale.
1
Il timore è quello di assistere ad una svalorizzazione del contenuto dell’opera d’arte, ad una sua
trasformazione in prodotto di consumo la cui diffusione massificata rischia più che apportare benefici,
di impoverire e mortificare l'arte.
Questa visione è ancora più esasperata se inquadrata nell'ottica del cyberspazio e di quel network
globale che è Internet dove la transitorietà, la riproduzione, la riproposizione del già visto, del già
consumato sono caratteristiche innegabilmente diffuse e probabilmente destinate in futuro ad una
ancor maggiore accentuazione. I rischi oggettivi legati alla massificazione prodotta dai media all'interno
dell'esperienza artistica non devono però nascondere ciò che di inedito è stato prodotto dal consolidarsi
del rapporto tra arte e tecnologia.
La prima e più evidente novità è costituita dal superamento delle barriere all’accesso di massa all’opera
d’arte. La rete telematica porta il lavoro dell'artista anche fin dove non sarebbe mai arrivato prima in
una sorta di un museo virtuale con milioni di visitatori potenziali in grado di connettersi in tempo reale
a costi estremamente contenuti.
1
DAVID BUXTON, Il Rock: star system e società dei consumi, 1987 Edizioni Lakota Roma
10
È l’abbattimento dei vincoli spazio-temporali, la realizzazione di un desiderio di ubiquità che permette
all'artista di collocare l'opera all'interno di una rete potenzialmente infinita di collegamenti e di inserirla,
quindi, in un contesto più ampio e dinamico di rimandi a informazioni, progetti e opere parallele,
scambi collaborativi all'interno del cyberspazio. Questo fenomeno amplia ed agevola enormemente la
diffusione dell'arte rendendo potenzialmente possibile per chiunque creare una propria galleria di
oggetti d'arte catturati dalla rete.
La specificità nell'adozione di questi nuovi media risiede in primo luogo nell'interattività che questi
mezzi offrono. E', infatti, l'utente stesso che struttura la comunicazione nei percorsi e nei modi da lui
prescelti nel corso della fruizione dell'opera multimediale. Questa caratteristica differenzia radicalmente
il media digitale dai media tradizionali quali dischi, televisione, radio, libri in cui il fruitore assume un
ruolo passivo rispetto alla struttura sostanzialmente rigida dell'opera. L'utente del prodotto
multimediale diventa attore, sceglie, risponde e determina egli stesso il volto dell'opera recuperando il
ruolo di protagonista nel rapporto con l'oggetto d'arte.
Prendiamo in prestito il titolo del celeberrimo saggio di Walter Benjamin, L’opera d’arte nell’epoca della sua
riproducibilità tecnica
2
del 1936, la cui riflessione sullo statuto dell'arte è sempre attuale e stimolante.
La riproducibilità tecnica dell'opera d'arte è un processo che ha avuto inizio con l'invenzione della
stampa (dando origine a un'ingente circolazione di incisioni in bianco e nero) e che nel corso del tempo
ha potuto avvalersi di mezzi tecnicamente sempre più precisi e dalla diffusione sempre più penetrante:
rivoluzionario per esempio l'avvento della fotografia.
Anche nel caso di una riproduzione altamente perfezionata, manca un elemento: l’hic et nunc dell’opera
d'arte, la sua esistenza unica è irripetibile nel luogo in cui si trova. Ma proprio su questa esistenza, e in
null'altro, si è attuata la storia a cui essa è stata sottoposta nel corso del suo durare.
Ma mentre l’autentico mantiene la sua piena autorità di fronte alla riproduzione manuale, che di regola
viene da esso bollata come falso, ciò non accade nel caso della riproduzione tecnica. Essa può inoltre
introdurre la riproduzione dell'originale in situazioni che all'originale stesso non sono accessibili. In
particolare, gli permette di andare incontro al fruitore, nella forma della fotografia oppure del disco. La
cattedrale abbandona la sua ubicazione per essere accolta nello studio di un amatore d'arte; il concerto
che è stato eseguito in un auditorio oppure in uno stadio può venire ascoltato nella solitudine di una
camera.
Le circostanze in mezzo alle quali il prodotto della riproduzione tecnica può venirsi a trovare possono
lasciare intatta la consistenza intrinseca dell'opera d'arte, ma in ogni modo determinano la svalutazione
del suo hic et nunc. Benché ciò non valga soltanto per l'opera d'arte, questo processo investe un ganglio
che in nessun oggetto naturale è così vulnerabile. Cioè: la sua autenticità.
2
WALTER BENJAMIN, L’opera d’arte nell’epoca della sua riproducibilità tecnica, Einaudi, Torino 1966
11
La tecnica della riproduzione, insomma, sottrae il riprodotto all'ambito della tradizione. Moltiplicando
la riproduzione, essa pone al posto di un evento unico una serie quantitativa di eventi. E permettendo
alla riproduzione di venire incontro a colui che ne fruisce nella sua particolare situazione, attualizza il
riprodotto.
Entrambi i processi portano a un violento rivolgimento che investe ciò che viene tramandato, a un
rivolgimento della tradizione, che è l'altra faccia della crisi attuale e dell'attuale rinnovamento
dell'umanità.
Benjamin sottolinea, insomma, come l'opera d'arte abbia perso la sua “aura”, l'alone sacrale-religioso
con il valore culturale che ne deriva, per acquisire un valore espositivo, laico; ma non ritiene che questa
sia necessariamente un'evoluzione negativa (a differenza della visione nostalgica e pessimistica di
Adorno): la fruizione dell'arte da parte delle "masse" comporta un diverso modo di partecipazione,
dagli sviluppi imprevedibili.
E' importante notare come per Benjamin l'opera d'arte non sembra potersi dare senza una tangibile
materialità (la musica si materializza nello spartito, il teatro nel copione) frutto dell'operare produttivo
dell'artista. La materialità propria dell'opera d'arte è ciò che gli permette di introdurre in maniera del
tutto naturale i concetti di riproducibilità e di riproducibilità tecnologica dell'opera stessa. E' dunque la
tecnologia a provocare la necessaria ridefinizione del concetto di arte.
L’arte della musica
Riguardo alla musica, il ’900 si distingue da tutti gli altri secoli per la prevalenza della comunicazione
virtuale. Amplificata e riprodotta elettricamente, è in questa dimensione che la musica ha
prevalentemente agito sugli individui e sulle masse, attraverso una mediazione che sempre più tende a
ridurre la fonte sonora originale a variante secondaria del suo porsi, a sopravvivenza di vecchia
abitudine.
Il pop nasce come ”opera d’arte nell’epoca della sua riproducibilità tecnica”, per citare nuovamente il
saggio di Benjamin
3
: si diffonde grazie alle possibilità di riproduzione tramite un supporto creato per
essere prodotto in milioni di copie identiche. Il pop, fin dalle sue origini, è privo di quell’ ”aura” tipica
dell’opera d’arte unica ed originale.
Un’aura che viene recuperata, nell’estetica dell’ascolto pop, nella performance “dal vivo”: l’esecuzione
di fronte a un pubblico è il momento in cui essa ridiventa un’esperienza unica, vissuta in diretta, senza
la mediazione dell’assemblaggio sonoro su un supporto che qualcuno ha già ascoltato molte volte
prima.
L’industria discografica lavora determinando “il modo in cui le correnti pratiche di genere
continuamente confrontano la propria traduzione in regole codificate , convenzioni ed ispettive, non
3
Ibidem
12
solo sotto forma di melodia, timbri e ritmi, ma anche di aspettative del pubblico, categorie di mercato e
abitudini di consumo”.
4
Da questo punto di vista l’industria discografica, quindi, lavora per ottenere effetti di genere sulle
categorie di pre-comprensione psicologica da parte dell’ascoltatore: la scelta dell’ascoltatore di fruire o
comprare un disco di un genere piuttosto che di un altro, o di un artista già conosciuto per la sua
produzione precedente, è indirizzata soprattutto dalle categorie precostituite veicolate dall’industria
discografica. Con questa affermazione non si vuole certo tornare alla Scuola di Francoforte, rilevando il
dominio dell’industria sul consumo. Si vuole semplicemente affermare l’opera “culturale” da essa svolta
: la cultura genera industria e l’industria genera cultura , anche e soprattutto nella musica.
Questa opera è particolarmente evidente in un campo come quello della musica pop: l’industria
discografica, intesa come l’apparato produttivo che lavora intorno alla musica (dagli artisti ai media,
passando per la discografia), svolge il compito di creare, elaborare, sistematizzare e diffondere nozioni
che servono a comprendere e fruire il testo musicale. Nella musica, più che in altre forme di
espressione artistica, l’incontro/scontro tra “industria” e “cultura” sembra essere alla base
dell’esperienza musicale stessa. Una delle peculiarità della musica pop è proprio l’accentuazione della
dicotomia alla base di ogni industria culturale: il rapporto tra la cultura e la mercificazione. “Il contrasto
tra musica come esperienza e musica come merce definisce l’esperienza del pop nel Ventesimo secolo”.
5
Il pop è quindi una “merce”, inserita in un particolare ambito dell’industria culturale che ha sviluppato
alcune peculiari dinamiche interne ormai consolidate. Dinamiche che, evidentemente, influiscono sia
sulle diverse forme di produzione e diffusione del testo musicale in quanto tale, sia sull’esperienza che
di esso l’ascoltatore può avere.
La musica pop è anche un mercato, sul quale si è sviluppata un’industria. Va sottolineato questo anche:
come qualsiasi prodotto dell’industria culturale, la musica non è evidentemente solo qualcosa da
vendere. Ma, all’opposto, non è una pura espressione artistica, producibile e fruibile in modo assoluto e
scevro da ogni condizionamento del contesto economico.
La musica risponde a un’intenzione progettuale di comunicazione attraverso la quale avviene la
negoziazione del significato da parte dell’ascoltatore: è quindi un prodotto, ma un prodotto artistico.
Spesso si mette in luce soprattutto la rilevanza dell’aspetto industriale nella predeterminazione delle
forme di ascolto e consumo.
4
KEITH NEGUS, Music Genres and Corporate Cultures, 1999 Routledge London-New York
5
SIMON FRITH Il Rock è finito, 1988 EDT Torino
13
LA RIVOLUZIONE FONOGRAFICA
"...Maria aveva un agnellino. Il mantello era bianco come la neve
...e dovunque Maria andasse
l'agnellino non mancava di andare".
Thomas Alva Edison
Questa popolare filastrocca americana, è gridata da Thomas Alva Edison, nel tubo collegato al primo
rudimentale fonografo e con enorme sorpresa riesce ad essere riprodotta molto chiaramente. Ciò
accade il 6 Dicembre 1877.
È la prima volta in assoluto, che una macchina riproduce “fedelmente” la voce umana, leggendo i
solchi incisi su di un cilindro di cera. Prima di allora la fruizione di musica era esclusivamente dal vivo.
L’anno successivo lo stesso Edison vende il brevetto del fonografo alla Columbia che diventa la prima
casa discografica al mondo. Da questo momento in poi, le invenzioni relative al supporto discografico
si susseguono a ritmo annuale, coinvolgendo molti personaggi che danno un fondamentale contributo
alla nascita della discografia.
È bene ricordare l’apporto degli esperimenti dello scienziato Charles Sumner Tainter e del suo collega
Chichester A. Bell. Il 4 maggio 1886 a Tainter e Bell viene concesso un brevetto specifico per un disco,
anche se poi decidono di impostare la loro produzione su cilindri; al posto del foglio di stagnola che
Thomas Alva Edison aveva impiegato un decennio prima per la sperimentazione del suo fonografo,
introducono del cartone rivestito di cera sul quale una puntina di registrazione traccia delle trame di
solchi derivanti da vibrazioni causate da impulsi sonori proiettati sulla stessa. Nel 1889 la loro nuova
macchina, il Graphophone, è ormai pronta per la sua prima grande esposizione ufficiale a Washington,
DC. La musica popolare diviene un grande business, e gli editori di musica affittano uffici a Union
Square (New York City), un'area che poi verrà rinominata "Tin Pan Alley.
Columbia si posiziona subito come leader del settore conseguendo particolari successi grazie alla
commercializzazione di marce militari (di John Phillip Sousa), canzoni popolari, brani strumentali,
discorsi, etc.
Fondamentale è poi l’apporto di Emile Berliner che lancia in America il grammofono, variante evoluta
del fonografo, il quale sostituisce ai cilindri il disco in ceralacca. E successivamente, nel 1888 realizza il
primo disco piatto a incisione laterale della durata di 2 minuti. Si tratta di una sottile lamina di zinco
ricoperta di cera, sulla quale vibra una puntina.
Il 1896 è un anno importante per la storia della discografia. Infatti, il disco, con il suo primo
apparecchio lettore, il grammofono, viene messo sul mercato. Berliner, evolvendo la procedura di
14
incisione del disco, inventa un sistema che consente la riproduzione infinita di copie. Grazie a questa
innovazione in America la Columbia comincia a produrre dischi in serie. Lo stesso anno in Francia
viene fondata la Pathè.
Columbia adegua rapidamente il suo formato e nello stesso 1901 mette in commercio i suoi primi
dischi, i “7- inchers” a 50 cents e i “10 inchers” a 1 dollaro.
Il nuovo secolo
I primi anni del secolo, soprattutto negli Stati Uniti, vedono una grande esplosione di musica registrata.
Verso la fine del 1919, infatti, gli americani acquistano già più di 25 milioni di dischi a 78 giri all’anno e
l’industria riporta vendite annuali intorno ai 150 milioni di dollari. In quegli anni, la maggior parte dei
dischi sono pubblicati a "Tin Pan Alley", ma il controllo del mercato sta gradualmente passando nelle
mani delle case discografiche. È di questi anni la nascita di numerose case discografiche, negli Stati
Uniti e all’estero. Nel 1924 la casa discografica tedesca Deutsche Grammophon (DG) fonda la Polydor
per distribuire dischi all'estero. Due anni più tardi, la General Electric fonda la Radio Corporation of
America (RCA). Alla fine degli anni ‘20 la Decca e' fondata in Inghilterra come etichetta per la musica
classica.
Una svolta nella storia della canzone moderna avviene proprio negli anni ’20, con l’avvento della radio:
con questo medium diventa popular, acquistando un pubblico di massa.
Secondo Toynbee
6
), uno dei dati che fanno iniziare il cosiddetto “secolo breve della popular music” è il
consolidarsi del mercato negli anni ’20. Nel 1921, infatti, negli Stati Uniti vengono superati i 100 milioni
di copie vendute.
Ma gli effetti della grande depressione del ’29 cominciano ad avvertirsi anche nel campo discografico,
distruggendo molte industrie discografiche, nate in quegli anni. Da 104 milioni di unità vendute si passa
a sei; il numero dei fonografi costruiti passa da 987 mila a 40 mila.
Superata questa difficile fase, la EMI, formata dalla fusione della Gramophone e della sussidiaria inglese
della Columbia, nel 1931 apre il più grande studio di registrazione al mondo ad Abbey Road, Londra.
In Italia
La storia dell’industria discografica in Italia è percorsa da frequenti alti e bassi, dovuti soprattutto
“all’incidenza della tecnologia sull’industria e al conseguente lento adattamento di quest’ultima alla
prima e alle fluttuanti condizioni economiche che l’Italia ha conosciuto lungo il Novecento”
7
.
Il Novecento musicale nasce nel segno dell'evoluzione tecnologica e della sempre maggiore apertura a
un pubblico ampio ed eterogeneo. La produzione musicale è forse la più rilevante (o una delle più
6
TOYNBEE JASON Making Popular Music, Musicians, Creativity and Institutions, 2000 Arnold, London
7
MARIO DE LUIGI, L’industria discografica in Italia 1982 Lato side Editori Roma
15
rilevanti) “industria” italiana da prima che l'unità nazionale abbia avuto il suo compimento, e deve
quella posizione di preminenza alla prontezza con cui sa cogliere le variazioni del gusto e le
trasformazioni sociali: una caratteristica che senza dubbio ancora mantiene ai nostri giorni. Rispetto al
secolo precedente, e in particolar modo ai primi due terzi, il Novecento dispiega un'impressionante
varietà di offerte musicale.
Nel 1901 nasce a Napoli, proprio la terra del bel canto melodico, la prima casa discografica italiana, la
Polyphon.
Ed è proprio un cantante italiano a divenire la “star” mondiale di inizio secolo: Enrico Caruso. Nel
1902 la Gramophone Company di Londra propone a Caruso l’incisione di dieci arie da opere liriche e
già nel 1903 Caruso è famoso anche negli Stati Uniti per le sue pionieristiche registrazioni, tra cui la
famosissima O sole mio. Diventa così la prima pop-star incontrastata con 2 milioni di dischi venduti,
oltre naturalmente alle numerose e apprezzate esecuzioni dal vivo nei teatri di tutto il mondo.
Ma il disco non è solo brani musicali; è anche supporto nel quale sono state immortalate voci storiche;
ad esempio il disco di Vittorio Emanuele III nel giorno del suo insediamento al trono (anno 1900).
Questa serie di dischi è da ritenersi molto importante, in quanto ha tramandato voci e discorsi di
personaggi noti alla nostra storia; prova ne sia che fin dall'inizio queste registrazioni vengono
raggruppate in una etichetta con il nome “Discoteca di Stato”.
La belle époque, durata appena qualche anno, è interrotta dal tuonare dei cannoni, e la Grande Guerra
entra nella vita degli italiani. La canzone non ne è risparmiata; anzi, diventa testimone principale degli
avvenimenti al fronte.
Gli anni che seguono alla guerra non sono tuttavia sereni.
I sentimenti cambiano radicalmente nel 1922, quando Benito Mussolini marcia su Roma e il fascismo
prende il potere. Il carisma dell'uomo forte si impone, e contagia anche il mondo dello spettacolo, in
particolare nel teatro di Varietà. Oltre a registrazioni di canzoni, la parte del leone la fa la registrazione e
la successiva diffusione dei discorsi del duce. Il regime porta con sé anche le canzoni di regime. Tra le
prime, assai famosa è indubbiamente Giovinezza, sigla della radio. L'Unione radiofonica italiana (Uri)
nasce nel 1924, ma comincia a trasmettere regolarmente il 1° gennaio 1925.
La guerra, diventa la protagonista principale di quegli anni; e lo sarà sempre di più in quelli a venire,
condizionando ogni momento del vivere quotidiano e, naturalmente, anche le canzoni. La seconda
guerra mondiale porta grandi sconvolgimenti, soprattutto in Europa, e crea una fase di grave difficoltà,
anche per la discografia.
Solo con la fine della guerra, in Italia, comincia ad affacciarsi l’influenza americana. Già nel 1944, a
guerra ancora in corso, arrivano in Italia i V Disc, cioè i dischi della vittoria prodotti dall’esercito
americano durante l’ultima guerra.
16
Il dopoguerra
Le case che costituiscono l’industria fonografica italiana negli anni del dopoguerra si possono contare
sulle dita delle mani: fra le più importanti sono la VCM (Voce del padrone – Columbia –
Marconiphone), nata dalla diffusione della Columbia inglese, alla fine degli anni Venti, con la Società
Nazionale del Grammofono; la Cetra, organismo statale costituito nel 1933 e collegato all’ente
radiofonico pubblico (fin dai tempi in cui era nominato EIAR); la Fonit (Fonodisco Italiano Trevisan)
la cui data di nascita risale al 1911; la Durium affacciatasi sul mercato negli anni 40, con dischi di
cartone contenenti fiabe; la Odeon-Parlophon; la Eterfon, della dinastia napoletana degli Esposito; la
Fonotecnica, già attiva ad inizio secolo; e altre due o tre marche di dimensioni minore.
Il supporto sonoro è costituito dal disco 78 giri, in copertine standard e suonato su apparecchi a
manovella; i generi più apprezzati sono brani tratti da opere liriche, incisi da artisti di prestigio (un terzo
della produzione) e musica “leggera”; di questa categoria fanno parte sia le canzoni “all’italiana”,
soprattutto il repertorio napoletano, sia i primi tentativi di riprodurre in forma autoctona i modelli di
importazione ( ispirati in prevalenza al Jazz americano), oltre a qualche grande successo straniero in
edizione originale.
Alla vigilia degli anni ’50 il mercato si presenta, comunque, in pieno sviluppo: le prime statistiche
relative alle vendite indicano una cifra di 3 milioni di dischi 78 giri (un terzo dei quali di genere lirico e
sinfonico) ripartiti abbastanza equamente fra circa 10 case.
8
Il lavoro di produzione è ben diverso da quello di oggi: al centro del processo c’è la figura dell’editore, a
cui gli autori fanno capo e da cui dipende il lancio del brano sul mercato; se il pezzo sembra riscuotere
il favore del pubblico, attraverso le trasmissioni radiofoniche, le case ne curano la registrazione per
mezzo di uno o più artisti della propria “scuderia” e il successo del brano è proporzionale al numero
delle incisioni che raccoglie. Le vendite sono così equamente distribuite fra numerosi artisti e case
discografiche. Le classifiche di vendita in questo contesto non hanno ragione di esistere, mentre sono le
canzoni ad assumere un ruolo fondamentale: solo l’importo complessivo dei diritti d’autore maturati
può definire il successo di un motivo piuttosto che un altro.
I meccanismi di produzione e distribuzione, invece, non differiscono troppo da quelli attuali. I cantanti
più popolari, in trasmissioni radiofoniche propongono motivi vecchi e nuovi. Ogni cantante è legato ad
un’orchestra almeno per una stagione. Il mondo della canzone è ancora circondata da un’aura di
mitologia, malgrado l’assenza di una stampa popolare specializzata (solo nel 1952 sarebbe nata Sorrisi e
Canzoni, dedicato ai divi della canzonetta).
8
NOBILE STEFANO, L’arcipelago del Rock 1991 Milano Mondadori
17
LA RINASCITA E LO SVILUPPO
Le invenzioni del dopoguerra
La società sta cambiando e anche la musica e la discografia, di conseguenza cominciano ad avvertire le
sconvolgenti novità che porteranno ad un radicale cambiamento della produzione e fruizione della
musica.
Il 1948 è un anno storico per la discografia. Durante questo anno, infatti, viene inventato il disco
fonografico o Lp (dall'inglese Long Playing che significa "lunga esecuzione"), realizzato su supporto di
vinile, da Peter Carl Goldmark. Ha un diametro di 30 centimetri; la durata passa da 5 a 30 minuti per
facciata e la velocità da 78 a 33 giri e 1/3 al minuto.
La Columbia introduce, per prima, sempre nel 1948, il nuovo formato a 33 giri (long-playing record)
che rivoluziona l’industria e che diviene presto il formato standard delle registrazioni audio. Tali
invenzioni sfruttano le ricerche fatte dall’industria militare, durante il periodo bellico.
La Columbia, inoltre, stringe un accordo commerciale con la Philco che produce un impianto
riproduttore domestico a basso costo: con il microsolco il grammofono diventa giradischi, un oggetto
di uso quotidiano, leggero, e soprattutto meno pomposo. Inoltre la Columbia rinuncia all’esclusività
garantita dalla detenzione del brevetto per permettere l’entrata di concorrenti. Una mossa strategica che
permetterà in seguito una grande crescita del mercato.
Lo stesso anno la RCA inventa il disco a 45 giri producendo anche un riproduttore ad hoc, noto in
Italia come “mangiadischi”.
Tali novità portano il mercato ad una maturità dal punto di vista tecnico. Si contrappongono infatti due
modalità di ascolto di musica: il 45 giri, che contiene una canzone per lato, più leggero, anche per le
tasche dei giovani a cui è indirizzato. Dall’altre parte si sviluppa pian piano il Long Playing, (che si
affermerà definitivamente negli anni ’70), commercialmente e artisticamente più complesso, dedicato ad
un pubblico più adulto.
In America vengono stimate vendite per 400 milioni di dischi e 3 milioni e mezzo di mobili giradischi.
La gente con la pace, ha voglia di nuovi beni di consumo. Fino agli inizi degli anni ’50, il disco è una
merce destinata soprattutto al più facoltoso pubblico adulto, dedito particolarmente all’ascolto
dell’opera e della musica classica. Ma più che in tutti gli altri settori, la discografia scopre l’esistenza di
un nuovo target, il pubblico giovanile, a cui successivamente si indirizzeranno la gran parte degli
interessi degli operatori musicali
9
.
9
NOBILE STEFANO, L’arcipelago del Rock 1991 Milano Mondadori
18
Comunque, non subito si capisce la portata dell’invenzione del microsolco. Lo si comprenderà più
tardi, nel '56, con Elvis Presley, che fa segnare una impennata pazzesca nella vendita dei dischi. Ed ecco
proprio grazie ad Elvis che interviene un nuovo elemento che destabilizzerà sia il mercato discografico
che l’intera società: il Rock & Roll. Da subito è facile notare la rivoluzione apportata dal rock alla cultura
giovanile mondiale e al mondo della discografia.
Un evento di tale portata è reso possibile, oltre che dai fattori sociali, politici e culturali, anche da una
serie di coincidenze che contribuiscono a fare la fortuna di questo genere. Possono essere sintetizzate
dall’omogeneizzazione del mercato discografico che promuoveva la musica folk, quella Rhytm’n’blues e
il pop, dal contributo di un genio della comunicazione come il disc-jockey Alan Freed, dalla cresciuta
disponibilità economica dei giovani, dall’invenzione del disco a 45 giri e, non ultimo, la presenza di un
genere musicale nuovo ma soprattutto trasgressivo nelle colonne sonore dei film favoriti dai giovani.
All’integrazione di un mercato fortemente differenziato come quello americano contribuisce anche il
successo di canzoni come Sh-Boom e soprattutto Rock around the clock. I due brani, entrambi editi nel
1954 (data con la quale comunemente si identifica la nascita del Rock’n‘Roll) sono trasversali a tutta la
produzione discografica precedente.
La struttura del mercato discografico inizia a mutare anche per effetto della presenza della televisione e
del cinema: i discografici cominciano a comprendere l’importanza dell’immagine prescindendo dalle
doti canore dell’artista. Fino all’epoca immediatamente precedente si pensava che lo stile del cantante e
la sua musica “scaturissero direttamente dalla sua personalità” mentre con il Rock, “Lo stile veniva
costruito per accompagnare la musica indipendentemente dalle qualità del cantante”
10
La dimensione scenografico - spettacolaristica, affiancata a quella tecnica, porta alla ribalta una
caratteristica determinante di questo genere musicale: quello della sensualità.
Consapevoli dunque dell’importanza che attraverso l’uso di mass media come il cinema e la televisione
assume l’immagine, i produttori non tardano a trasformare il rock’n’roll in star-system.
Un altro supporto è destinato a rivoluzionare l’ascolto di musica degli anni ’50 e a favorire lo sviluppo
del rock: il juke-box.
Si ampliano le possibilità del business legato alla musica, nell’immediato dopoguerra, grazie anche al
connubio col cinema. È il 1949 quando la compagnia cinematografica Metro-Goldwyn-Mayer (MGM)
vara un metodo attraverso il quale riesce a vendere le colonne sonore dei suoi film. Nasce quindi un
settore, ancor oggi, particolarmente florido della discografia.
Il mercato musicale mondiale, in questo periodo, è controllato da sei majors discografiche: Columbia,
RCA Victor, Decca, Capitol, MGM, Mercury. Subito dopo, con l’esplosione del Rock vengono stimate
in 500 le case discografiche nel mondo.
10
NOBILE STEFANO, L’arcipelago del Rock 1991 Milano Mondadori
19
Il 1950 vede l’ingresso nel mercato dei dischi del gigante olandese dell’elettronica, la Philips. In futuro
altri grandi multinazionali entreranno nel mondo discografico, come per esempio la Sony. Ciò dimostra
come il prodotto artistico sia andato sempre a braccetto con lo sviluppo tecnologico.
Inoltre vengono proposti nuovi generi di ballo, tra i quali il twist, divampato nelle sale non solo
d’oltreoceano, ma anche italiane, un anno dopo il successo di Let’s twist again.
La comparsa del gruppo inglese dei Beatles è una nuova quanto decisiva tappa nella storia del Rock. Il
gruppo di Liverpool, rappresenta una novità sotto diversi aspetti. Forti di una musica che inneggia alla
gaiezza, alla felicità e all’amore, i Beatles danno al rock e al mercato discografico un apporto
incalcolabile.
Nello stesso periodo dei Beatles emerge sulla scena britannica un altro gruppo, i Rolling Stones, destinati a
contendere ai quattro di Liverpool lo scettro del primato nelle classifiche di vendita. Tradizionalmente
disegnati come l’altra faccia del rock, quella più aggressiva e violenta, i Rolling Stones, capitanati da Mick
Jagger, presentano sul palcoscenico l’immagine rude e sensuale.
La tendenza all’impegno, che comincia a farsi strada nel rock, sembra indicare la nuova direzione che il
rock avrebbe preso a partire dalla metà degli anni ’60. Bob Dylan è uno degli anticipatori di questa
tendenza.
La fine degli anni ’60 rappresenta l’epoca dei grandi raduni, da quello di Monterey (nel 1967), all’isola di
Wight, in Gran Bretagna, fino alla celebrazione del rock avvenuta a Woodstock, negli States.
Dal punto di vista più strettamente tecnico, un nuovo supporto si affaccia all’orizzonte. È il 1963,
infatti, quando la Philips presenta la prima cassetta compatta audio a disposizione del pubblico. Nel
1968 viene poi commercializzata la Stereo 8, basata su una miniaturizzazione del sistema a bobine.
Poco dopo, l’azienda olandese liberalizza il brevetto , e le aziende concorrenti come la Sony iniziano la
diffusione massiccia dell’hardware. Viene lanciato anche il mangiacassette e il sistema Dolby, per la
riduzione dei fruscii di fondo.
L’introduzione della cassetta genera alcuni fenomeni sociali di grande rilevanza. Innanzitutto la
“portabilità”: le cassette sono maneggevoli, molto più difficili da rovinare di un disco, e utilizzabili in
luoghi a rischio come la macchina: i produttori di hardware iniziano quasi subito a produrre non solo
mangianastri dalle dimensioni ridotte, ma anche lettori da automobile.
Il secondo enorme fenomeno è quello del cosiddetto “home taping”. La cassetta a differenza del disco
è registrabile dall’utente finale, che vi può incidere la musica che preferisce. Duplicando, quindi
“illegalmente” dischi normalmente in commercio. Viene virtualmente dato vita al fenomeno della
pirateria, che estende su larga scala questa possibilità, con fini commerciali di diffusione sul mercato
nero di copie illegali. Le case discografiche, che hanno spinto la diffusione del sistema quasi in
concorrenza con il più consolidato disco in vinile, si ritrovano per la prima volta scavalcate dall’utente
20
finale. Non sono più le uniche detentrici del potere di registrazione. L’utente finale si fa beffa del diritto
d’autore di chi produce la musica.
Lo sviluppo italiano
Gli anni ’50 rappresentano per il mercato discografico italiano un periodo di cambiamenti che
influenzeranno fortemente lo sviluppo successivo. Fino a quell’epoca, il mercato si presentava
convenzionalmente nel formato a 78 giri. L’emergenza del Rock e l’ingresso dei teen-agers nel novero
degli acquirenti rappresentano due novità importanti che, negli anni a cavallo tra il 1954 e il 1958,
contribuiscono a determinare un successo per molti aspetti imprevedibile per l’industria discografica.
Sono gli anni della piena trasformazione del mondo della canzone: nel 1951 viene infatti istituito il
Festival di Sanremo. Presentato dal noto attore Nunzio Filogamo, vince Nilla Pizzi con Grazie dei fior.
Sarà uno dei primi successi discografici popular.
Nei primi anni il Festival della Canzone di Sanremo, rappresenta un mondo melodico tanto caro alla
tradizione italiana e ha pochi estimatori tranne i frequentatori del Casinò di Sanremo. A partire con la
quinta edizione, con le riprese televisive della Rai, nata il 3 gennaio 1954, il Festival comincia a
diventare un fenomeno di massa.
11
.
Fra i problemi più scottanti per l’industria, è la classificazione dei dischi, da parte del governo, come
articoli voluttuari e di lusso, quindi soggetti all’IGE del 5%. Le proteste degli operatori portano a
raggiungere un obiettivo solo nel 1957, quando l’IGE è riportata al 3%, ma risale al 4% nel giro di
qualche anno.
Nel 1953 vengono introdotte nuove tecniche nei settori della promozione vendite (è di questo periodo
la celebrazione del “disco d’oro”) e della pubblicità. Ma il fatto più significativo è senza dubbio
rappresentato dall’ingresso in Italia, con una filiale autonoma, del primo dei colossi multinazionali: la
RCA.
Fra le cause che contribuiscono all’espansione è determinante il ruolo della TV: la magia dell’immagine
conquista rapidamente gli italiani, che prendono l’abitudine di darsi appuntamento nei locali pubblici
per seguire i programmi, anche musicali, più in voga.
A cavallo tra il 1955 e il 1956 grosse novità giungono dall’America: la nascita del Rock’n’Roll.
In Europa, e particolarmente in Italia, la portata del fenomeno non è compreso al suo primo apparire.
Già nell’ottobre ’57, però, debutta il caposcuola dei cosiddetti “urlatori”, Tony Dallara, che sconvolge i
canoni del canto all’italiana.
L’anno del decollo è comunque il 1958, denso di fatti nuovi, che consentono alla nostra discografia di
fare un passo in avanti.
11
DARIO SALVATORI, Sanremo 50, 2000 Roma RAI-ERI