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di informazione porta con sé dei cambiamenti così profondi che è
impossibile non restarne spaventati o affascinati. I motivi per avere paura di
questo processo, e per osteggiarlo, sono molti: la diminuzione di
importanza degli operatori professionali, la mancanza della distanza
necessaria tra chi produce e chi riceve informazioni, l’invasione di
informatori improvvisati in un sistema già abbastanza confuso, il rischio di
dare spazio ad attività poco serie o illecite. Ma altrettante motivazioni
possiamo trovare per considerare positivamente questo processo: l’apertura
democratica della comunicazione alle masse, l’aumento del materiale
disponibile per informarsi, la maggiore libertà di espressione dei singoli, la
condivisione del sapere. Affrontare una riflessione seria su questi argomenti
è essenziale se vogliamo fare in modo che lo sviluppo tecnologico sia utile
al miglioramento della società in cui viviamo. Se domani vogliamo
controllare l’impatto delle innovazioni sul nostro vivere quotidiano,
guidarne gli sviluppi verso le direzione che consideriamo utile, isolarne gli
aspetti negativi e dannosi, è oggi che dobbiamo porci le domande giuste,
accorgendoci di cosa sta mutando. E’ per questo motivo che un settore
come quello dell’informazione, di per sé particolarmente dinamico e
direttamente dipendente dall’evoluzione tecnologica, deve essere
monitorato nel suo evolversi. Consapevoli delle difficoltà che comporta
un’analisi oggettiva dei cambiamenti occorsi al sistema delle comunicazioni
e dell’informazione, ma convinti dell’importanza di tale tentativo,
proveremo a fare delle riflessioni su un campo ben specifico: il processo di
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individualizzazione nella produzione di informazioni, un fenomeno che ha
portato migliaia di individui in tutto il mondo ad essere testimoni, a
registrare e pubblicare gli eventi senza mediazioni di nessun tipo. E’ un
campo in cui tecnologia e sociologia si incrociano: la tecnica offre nuove
possibilità, la società si inventa modi utili di utilizzarla.
L’innovazione di cui parliamo, naturalmente, è Internet. La potenza
connettiva e comunicazionale della rete è nota a tutti, come è nota la facilità
di utilizzo anche a chi di informatica si intende poco. La vera novità
tecnologica nata negli ultimi anni, che è ormai diventata la molla da cui
parte il processo che stiamo descrivendo, è l’estrema facilità di accesso per
utenti inesperti alla produzione di contenuti in rete. Creare un proprio sito,
immettere del materiale su Internet per condividerlo con gli amici, creare il
proprio photo book on-line è diventato davvero alla portata di tutti. La
chiave di questa evoluzione sta nello sviluppo dei software, che fanno da
tramite tra il linguaggio di programmazione della macchina e l’utente che
quel linguaggio non conosce. Dalla nascita dei personal computer i software
sono diventati sempre più potenti e facili da usare; l’avvento di Internet ha
velocizzato questo processo ed ha aumentato le possibili applicazioni della
tecnica e soprattutto ha dato nuove possibilità di espressione e interazione
alle persone. La tecnologia, dunque, mette a disposizione la sua potenza.
Nel nostro caso specifico il prodotto tecnico offerto alla società è il CMS,
Content Management System, ossia un software che crea automaticamente
un sito web in cui l’utente, tramite un pannello di amministrazione di
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assoluta semplicità, inserisce i contenuti che gli pare (racconti, notizie,
fotografie).
Sull’altra sponda rispetto alla tecnologia, dal lato della società, ci sono
milioni di persone in tutto il mondo che, per lavoro o per piacere,
viaggiano, pensano, parlano, filmano, scrivono. E’ la società
dell’informazione, in perenne bisogno di comunicare, un’era in cui il bene
più ricercato e scambiato è un bene immateriale, l’informazione appunto.
L’unione delle possibilità tecnologiche offerte dai CMS e del bisogno di
comunicare caratteristico della società dell’informazione ha creato quel
fenomeno che chiamiamo informazione individualizzata. Internet è lo
strumento che libera la capacità, propria della nostra società, di comunicare,
di far conoscere, di condividere nozioni, di scambiare saperi, collegando
direttamente la propria personalità con milioni di cittadini di tutto il mondo.
A ben vedere l’evoluzione della rete segue esattamente questo percorso:
Internet negli anni della sua creazione era uno strumento di pochi, nel senso
che le informazioni venivano immesse on-line solo da esperti informatici o
da hackers
2
, e per pochi, perché a quei tempi gli utenti di Internet erano un
numero molto esiguo. Dopo pochi anni Internet divenne di pochi per molti,
2
Il termine hacker indica un appassionato di sistemi informatici che spinto dalla
curiosità cerca di sperimentare ogni utilizzo possibile del computer. Chiaramente usiamo
questo termine con questa accezione, e non con il significato che è venuto ad assumere in
questi anni a causa dell’imprecisione dei media, secondo cui un hacker è un individuo che
fa un uso illegale delle sue conoscenze informatiche.
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infatti il numero degli utenti che accedevano al web crebbe enormemente,
anche se erano ancora in pochi a pubblicare contenuti in rete; oggi stiamo
entrando nell’era di Internet fatto da molti per molti, dove ogni utente della
rete non è solo un ricevente, un fruitore di contenuti, ma anche e soprattutto
un produttore, o uno smistatore, o un commentatore di contenuti.
L’esemplificazione perfetta di questo processo, che nasce dall’integrazione
dei mezzi della tecnologia con i bisogni delle persone, sono i migliaia di
personal journal che vengono aggiornati ogni giorno on-line. I blog, come
vengono ormai conosciuti in rete, siti a metà strada tra un diario on-line e
un giornale, contenitori della strabordante massa di conoscenza degli
individui che frequentano la rete.
In questo lavoro cercheremo di mostrare lo sviluppo di questo binomio
evoluzione tecnologica – evoluzione sociale attraverso l’analisi del
fenomeno dei blog. Un oggetto di studio privilegiato, perché esemplifica
perfettamente il risultato di questa interazione, ponendosi a cavallo di due
caratteristiche fondamentali dell’information society: individualizzazione e
condivisione. Inoltre analizzeremo l’impatto che i personal media stanno
avendo sul mondo dell’informazione professionale e sul lavoro dei
giornalisti, nel tentativo di capire se il loro ruolo di mediatori non sia giunto
ad punto di svolta importante.
Inizialmente sarà opportuno evidenziare come la rivoluzione digitale e la
nascita di Internet hanno attivato quel processo di personalizzazione e di
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amateurizing
3
, che sono le premesse per la nascita dei personal journal.
Attraverso una analisi delle possibilità e dei rischi prodotti dalle nuove
tecnologie tenteremo di capire quali vantaggi può trarre l’individuo dai
cambiamenti in atto.
Successivamente ricostruiremo il fenomeno dei web-log dalla sua
nascita, seguendo l’evoluzione che lo ha trasformato in uno strumento
utilissimo e usatissimo, e rifunzionalizzato per le esigenze espressive della
comunità di Internet.
Ci occuperemo poi del rapporto tra i blog come fonte di informazione e il
lavoro giornalistico. Un tema delicato, al centro di numerose polemiche, e
che certo continuerà a suscitare riflessioni per molto tempo. L’ingresso di
nuovi attori non autorizzati nell’arena dell’informazione preoccupa e al
tempo stesso incuriosisce quei giornalisti più attenti ai cambiamenti del
sistema delle comunicazioni, giornalisti che hanno colto l’aria di
rinnovamento che Internet ha portato nella loro professione, nel bene e nel
male, e che iniziano a confrontarsi con questo fenomeno in vari modi:
aprendo il proprio blog, includendo nella propria lista di fonti da consultare
3
Amateurizing è un termine usato da Clay Shirky, docente alla New York University e
studioso delle reti tecnologiche e sociali, in Weblogs and the Mass Amateurization of
Publishing, un breve intervento sul personal publishing rintracciabile all’indirizzo
http://www.shirky.com/writings/weblogs_publishing.html. Il termine indica il
progressivo aumento di dilettantismo in un’attività, in questo caso quella della
pubblicazione di contenuti.
9
qualche sito di informazione non professionale della rete, monitorando la
risposta dei lettori allo stimolo offerto dall’informazione personalizzata dei
personal media. Il nostro obiettivo è individuare le possibili interazioni
costruttive tra informazione professionale e amatoriale, prendendo in
considerazione le diverse situazioni in cui i due fenomeni si incontrano.
Infine, come esemplificazione della portata innovativa dei personal
media, analizzeremo la tipologia di blog che ultimamente ha riscosso più
successo, non solo nella rete, ma anche tra i media classici: i war-blog.
Attraverso il racconto di esperienze dirette, la pubblicazione di materiale
inedito, la personalizzazione del racconto, i blog aggiornati dal fronte si
sono guadagnati un posto di rilievo nell’informazione di guerra, dando
ragione a chi da tempo ne teorizzava le potenzialità rivoluzionarie.
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Capitolo 1. L’individualizzazione della produzione di
comunicazione
1.1 Il digital-artigianale
Uno degli effetti più importanti che la rivoluzione digitale ha provocato è
certamente l'individualizzazione di diversi processi produttivi.
Per molto tempo il singolo che intendeva, per esempio, pubblicare un
libro, incidere un album, girare un film, doveva necessariamente rivolgersi
a professionisti del settore che progettavano e realizzavano le varie tappe di
creazione del prodotto finale. La divisione professionale del lavoro,
paradigma che è ancora la base della gran parte delle realtà produttive
industriali, presupponeva che un autore potesse scrivere un libro, ma non
impaginarlo, stamparlo, rilegarlo, promuoverlo, distribuirlo. Venivano
dunque attivati diversi attori (editori, tipografi, distributori, librai) che
provvedevano al confezionamento completo del volume. Oggi, se è vero
che questo modello continua ad essere predominante, è vero anche che tutta
la filiera produttiva può essere facilmente ricondotta nella mani di una sola
persona. Lo stesso scrittore, con un po' di impegno, può facilmente
impaginare il proprio libro grazie a software dedicati allo scopo e di facile
intuizione, può stamparlo con macchine che hanno ormai raggiunto un
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rapporto qualità/prezzo/dimensioni abbordabile, può promuoverlo, innanzi
tutto attraverso la vetrina più grande del mondo, Internet. Per distribuirlo
fisicamente, il nostro scrittore dovrà ancora affidarsi al servizio di
professionisti del mestiere, ma se guardiamo un po' più avanti, e pensiamo
alle nuove frontiere verso cui si sta evolvendo l'editoria (mi riferisco al
Book on Demand
4
e al libro elettronico
5
), ci rendiamo conto che anche per
la distribuzione il singolo sarà sempre più autonomo e indipendente.
Certamente, nonostante gli entusiasmi degli appassionati delle nuove
tecnologie, questo tipo di filiera digital-artigianale in molti casi faticherà a
prendere piede. Innanzi tutto perché non tutti sono abbastanza curiosi o
capaci per voler imparare ad usare il computer. Impaginare un libro, per
4
Negli ultimi anni gli editori che operano nel campo della stampa digitale, stanno
sperimentando questa forma di “libro su richiesta”. Invece di stampare una sostanziosa
tiratura iniziale, investendo cifre considerevoli, il book on demand stampa solamente le
copie che vengono richieste singolarmente, evitando giacenze e spese inutili. Inoltre la
versione “spinta” del Book on Demand prevede il controllo remoto della stampa dei libri,
tramite rete. In pratica da una tipografia centrale, che possiede il file sorgente del libro da
stampare, si può inviare un’ordine di stampa alle stampanti di altre librerie nel mondo.
Invece di distribuire il libro materialmente, lo si stampa direttamente “a destinazione”,
nella città in cui è richiesto, controllando il processo da un qualunque computer del globo
collegato alla rete.
5
La convenienza maggiore dell’e-book, o libro elettronico, sta proprio nella sua
indipendenza dal supporto fisico. Distribuire un e-book vuol dire semplicemente inviare
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riprendere l'esempio dello scrittore, o creare un sito Internet per la
promozione dei propri volumi, è ancora una cosa che sembra troppo
difficile alla maggior parte delle persone. Inoltre uno scrittore non si
sognerebbe mai di stampare mille copie di un libro "in casa". C'è poi il
fattore qualità, buccia di banana su cui rischia di scivolare la trionfale
rivoluzione digitale: un libro autoprodotto può raggiungere un livello di
qualità davvero sorprendente ma solo a volte il risultato è davvero non
distinguibile da un prodotto professionale, e comunque soltanto ad occhi
non esperti. Insomma sembra che, almeno per ora, l'appropriazione del
processo produttivo da parte dell'utente debba pagare un piccolo prezzo alla
qualità.
Ciò non toglie che già solo la possibilità di ottenere una tale autonomia
renderebbe lampante il profondo cambiamento in atto. Ma ormai non siamo
solo di fronte ad una possibilità, ma ad una realtà: si pensi ai numerosi
musicisti che registrano, mixano e incidono la loro musica col proprio
computer, o ai cinefili che con una mini-dv di 500 grammi girano
cortometraggi o documentari.
Autoproduzione.
Una persona diventa produttore di se stesso, padroneggiando in maniera
completa ogni passaggio del lavoro, e riappropriandosi di quella
dei bit tramite rete, un processo molto più economico, veloce, e facile della distribuzione
libraria in senso classico.
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completezza che il modello fordista
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ha inevitabilmente spezzettato. Non a
caso molti studiosi hanno sottolineato come la filosofia produttiva digitale
ha molto più a che fare con l'antico artigianato che con un meccanico
processo industriale. Per assurdo l'acquisizione delle tecnologie più
innovative porta, almeno per certi versi, ad un ritorno verso il passato.
L'artigiano curava il proprio prodotto dalla materia grezza fino all'opera
finale, personalizzando ogni momento della creazione e mantenendo
completo controllo sulle variabili della produzione. Così il nostro scrittore
del terzo millennio, pur usando uno strumento di altissima tecnologia,
assomiglia ad uno scrittore di un diario
7
, che imprime nella propria opera il
suo carattere. In barba alle accuse rivolte al lavoro al computer di essere
disumanizzante e meccanico, il processo digitale si prende la rivincita
restituendo il controllo al suo creatore.
6
Il modello fordista prevede che il ciclo di lavorazione di un prodotto sia spezzettato
in tante fasi. Ogni lavoratore si occupa di una sola di queste fasi, quindi non ha nessun
controllo sul processo né sul prodotto finale.
7
Non a caso facciamo l’esempio del diario. In seguito faremo riferimento proprio ai
diari on-line per dimostrare questa tendenza all’individualizzazione.
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1.2 Il digitale democratico
Personalizzazione e controllo da parte del singolo si legano all’idea che il
digitale sia una tecnologia democratica, o meglio “democraticizzante”. Gli
strumenti digitali, abbassando costi e livelli di competenze, danno accesso e
libertà di partecipazione a chiunque. Questa idea ha senza dubbio un
fondamento di verità, soprattutto nel campo della comunicazione. Soggetti
che prima erano condannati ad essere spettatori passivi dell’informazione,
hanno ora la possibilità (quantomeno tecnica) di diventare produttori di
informazione.
Ciò non vuol dire che tutti quelli che hanno una telecamera diventeranno
giornalisti, né significa che chi gestisce una rubrica su Internet produce un
giornale. Significa invece la letterale proliferazione dei punti di vista sugli
eventi. Letterale perché materialmente si moltiplicano i soggetti che
guardano registrano, raccontano ciò che succede. Assistiamo alla nascita di
quello che viene definito il “reporter diffuso”
8
ossia un soggetto presente in
ogni angolo del globo che informa non per professione, ma per passione.
Anzi a volte diventa informatore per il semplice fatto di essere passato per
caso dove si stava svolgendo un evento.
Il reporter diffuso è una fonte infinita di notizie. Nessuna agenzia di
stampa può tenergli testa per presenza e capillarità, per il semplice fatto che
8
Michele Mezza, Media senza Mediatori, Morlacchi Editore, Perugia 2002.
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egli tende a coincidere con la totalità delle persone. Forse ora può sembrare
una esagerazione, ma presto non lo sarà più, basta pensare che oggi ognuno
di noi ha un telefonino GSM. Presto ognuno di noi avrà un UMTS, cellulari
in grado di trasmettere immagini in movimento, e ognuno di noi sarà,
potenzialmente, un broadcaster.
Per assicurarci che non stiamo guardando troppo in avanti, ma che
stiamo soltanto constatando la tendenza in atto, basterà fare qualche
esempio.
Il primo ripesca nella nostra memoria quell’evento tragico che fu
l’attacco alle Torri Gemelle, l’11 Settembre del 2001, ed evidenzia
l’importanza del reporter inconsapevole come fonte, un reporter che per
caso si trova a passare con una telecamera nei pressi delle torri e che non fa
nient’altro che voltare il suo sguardo verso la fonte del boato che aveva
sentito. Un gesto automatico, istintivo, che ha permesso al mondo di vedere
quelle apocalittiche immagini.
La gran parte delle immagini che hanno documentato l’attentato alle
Torri Gemelle, provenivano da fonti non professionali. Dov’erano in quel
momento gli addetti del mestiere? Forse non hanno fatto abbastanza per
testimoniare l’evento? No. Semplicemente non ci potevano essere, se non
per caso. Nessuno poteva immaginare quello che sarebbe successo, quindi
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le immagini che abbiamo visto e rivisto per settimane potevano essere
girate solo per caso, da non professionisti
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.
Il secondo esempio invece ci è utile per dimostrare che anche per eventi
importanti, il reporter diffuso è molto efficiente. Durante le contestazioni
contro il G8 a Genova, nel Luglio 2001, centinaia di telecamere
riprendevano i cortei, ma la gran parte di queste non appartenevano agli
organi di stampa ufficiale, ma ai centinaia di contestatori che avevano
deciso di filmare l’evento . Questa volta non siamo di fronte a reporter “per
caso”, ma a persone che si erano recate in piazza armate di mini-DV con la
volontà precisa di essere testimoni della contestazione. Parliamo di soggetti
pienamente consapevoli del loro potere mediatico. Mentre Ministri, organi
di stampa, Università, cercano di comprendere e analizzare la rivoluzione
digitale, questi soggetti hanno capito che registrare delle immagini e
distribuirle tramite Internet, è il miglior modo per farla la rivoluzione
(digitale). Non padroneggiano il linguaggio giornalistico, i loro prodotti non
sono professionali, ma sono efficaci, per il sol fatto di essere presenti
10
.
9
Per una trattazione più approfondita dell’uso di Internet durante l’attacco alle torri
gemelle si consiglia di leggere Internet e l'11 settembre - un caso di studio, di Gino
Roncaglia (http://www.laterza.it/internet/leggi/internet2004/online/11_11settembre.htm)
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Che siano stati efficaci lo dimostra il fatto che dopo gli scontri durante il G8,
durante il biltz alla Scuola Diaz, centro di organizzazione dei contestatori, la polizia si
scagliò proprio contro le apparecchiature che i No-global avevano usato per registrare i
momenti dei giorni precedenti. In quell’occasione andarono distrutti nastri, telecamere,
hard-disk, che avevano testimoniato l’evento senza permesso.
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Le immagini registrate dai manifestanti, oltre ad aver informato
l’opinione pubblica su come erano andate le cose in quell’occasione, sono
state decisive per la magistratura nelle inchieste che hanno riguardato quei
giorni. Su Internet hanno fatto il giro del mondo non soltanto tramite le
pagine web, ma anche attraverso il peer-to-peer, cioè il collegamento diretto
tra computer. Sono state passate “da computer a computer”, come “di mano
in mano”, senza mediazione alcuna.
Questi sono solo due esempi emblematici della tendenza del giornalismo
non professionale (ammesso che questa espressione non sia una
contraddizione nei termini). Ogni fatto di cui veniamo informati, oggi è
coperto anche da “non addetti ai lavori”, dall’evento più piccolo (una sagra
di paese) al più importante (la guerra). Più avanti, parlando dei web-log,
avremo occasione di provarlo.
Eravamo partiti parlando della democraticità delle nuove tecnologie,
intesa come abbassamento della soglia d’accesso ai mezzi di produzione
dell’informazione. Ma l’elemento chiave che ha innescato il cambiamento,
non è tanto un mezzo di produzione dell’informazione (come può essere
una telecamera), ma un sistema di condivisione dell’informazione, cioè
Internet.