Istituto Superiore del Marketing
Master in Formazione Formatori Aziendali
Alberto Rizzo
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coinvolto in prima persona per affrontare quanto di sua pertinenza con migliori strumenti e
maggiori stimoli.
Dai confronti in sede di riunioni scadenzate, sono stati individuati alcuni ambiti operativi:
pianificare le decisioni operative sulla base delle quali si sarebbero azionate le leve di gestione;
riconoscere quel insieme di azioni di gestione del personale miranti a sviluppare rapporti più diretti
tra l’azienda e il singolo dipendente, per realizzare la migliore integrazione possibile a tutti i livelli;
riconoscere le esigenze di ruolo del Quadro, come responsabile, in particolare, della gestione della
risorsa umana a lui affidata; sviluppare il patrimonio professionale del Quadro.
Di conseguenza i punti pertinenti per l’elaborato:
Perché le Relazioni Interne; relazioni Interne e bisogni degli individui; relazioni Interne e leadership
dei Quadri; i Quadri e gli strumenti di Relazioni Interne; Considerazioni conclusive sul ruolo dei
Quadri.
Ma perché le relazioni interne?
Tutti questi nuovi modi di essere dell’impresa e nell’impresa, vanno sostenuti da un insieme
coerente di politiche del personale, che si concretizzano in modo particolare nei nuovi sistemi di
Relazioni Interne e di gestione dei dipendenti. In altri termini, la qualità delle relazioni sociali sul
posto di lavoro deve dare un supporto interno a questa nuova gestione.
Consenso e cooperazione divengono perciò requisiti fondamentali nel modello emergente di
impresa: senza di essi sarà sempre più difficile ottenere i nuovi obiettivi di qualità e d’intensità
applicativa richiesti dal sistema.
Integrazione e adattabilità della forza lavoro ai nuovi modelli gestionali presuppongono un
aumento significativo della fiducia tra le parti sociali e una diminuzione, per quanto possibile,
dell’antagonismo e della divaricazione di interessi all’interno delle imprese.
Si tratta di ricercare oltre al resto, nuove forme di organizzazione e di rapporti con i dipendenti, per
acquisire la loro cooperazione non solo per effetto dei controlli dei superiori, bensì attraverso
l’adesione volontaria sui fatti e sui contenuti del lavoro.
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Non si è trattato di proporre le Relazioni Interne come risposta di un rivisitato paternalismo
aziendale ad aspettative dei bisogni dei dipendenti, in un’ottica di “relazioni umane” o di mero
servizio (un certo numero di benefici e trattamenti offerti dall’azienda – previdenza, assistenza
sanitaria, tempo libero – di natura estranea al contenuto dei rapporti di lavoro, in una pura
dimensione di scambio economico), ma al contrario, si è inteso come un insieme integrato e
qualificante di politica del personale con le quali l’azienda tende ad ottimizzare, come
responsabilità propria, la gestione dei singoli dipendenti in coerenza con le proprie strategie ed
obiettivi. Esse sono centrate sui bisogni e sulle attese dei lavoratori ma, soprattutto, sulle scelte
manageriali interne di gestione del fattore lavoro e di relazioni con il personale. Nella pratica
operativa aziendale, le Relazioni Interne si ancorano perciò su tre poli principali:
i bisogni e le motivazioni delle persone; l’esercizio della “leadership” da parte dei Quadri con
responsabilità di personale; le politiche e strumenti aziendali su cui si innesta l’attività quotidiana di
gestione.
Il primo punto di riferimento delle politiche e degli interventi di Relazioni Interne è dunque
rappresentato dal rapporto diretto individuo – azienda, uomo – organizzazione. Ogni livello di
bisogni è legato a quelli precedenti e successivi: soddisfatti cioè i bisogni più elementari
(fisiologici/generici), sono quelli motivazionali che diventano via via più importanti, sia nella
crescita delle carriere individuali in azienda, sia nella progressione in un ambito sociale più ampio.
Mentre i bisogni fisiologici nelle aziende possono essere in genere soddisfatti con il denaro e quelli
di sicurezza con la garanzia di continuità del posto di lavoro, gli altri sono da intendersi come
oggetto di uno “scambio” più complesso, che attiene a fenomeni organizzativi, sociali e anche
psicologici.
Il sistema generale di scambio che caratterizza ogni rapporto di lavoro, può essere dunque
rappresentato con una schematizzazione che parte dal contratto economico puro per giungere ad un
vero e proprio contratto sociale. In altri termini, l’equilibrio del sistema sociale interno che
caratterizza ogni organizzazione complessa, e in particolare le grandi aziende industriali, non può
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essere garantito soltanto dal puro rapporto economico-professionale ma, soprattutto, dal livello di
accettazione e condivisione delle regole e dei valori che caratterizzano il sistema.
Va perciò sottolineato che il tema delle Relazioni Interne non si pone tanto nei termini puramente
formali propri degli istituti giuridico-normativi, quanto piuttosto nel “vissuto”, nei processi e nelle
prassi effettive dell’organizzazione “reale”: è questo che in concreto testimonia una loro
realizzazione efficace e la coerenza voluta rispetto all’assetto formale e alla politiche definite dalla
direzione.
Come si è detto, le Relazioni Interne nei confronti della gestione del personale rappresentano sia
una strumentazione qualificante sia un mezzo per misurare la sua efficacia: in ogni caso la loro
realizzazione è condizionata e determinata in gran misura da un corretto utilizzo della leadership
che caratterizza il ruolo dei Quadri. Ci si rende più consapevolmente conto che negare le funzioni di
autorità e leadership non ha senso: in qualunque processo sociale esse possono sicuramente essere
modificate, adeguate o rileggittimate, ma certamente non è possibile ignorarle né abolirle.
E allora il problema vero consiste nello stabilire: quale modello tendenziale di legittimazione ed
esercizio della leadership/autorità sia adeguato alle esigenze attuali delle organizzazioni e delle
persone che in esse operano; come debba comportarsi chi, per proprio ruolo istituzionale, sia
chiamato ad esercitare concretamente questi compiti.
Per dare una risposta al primo dei due quesiti basta riflettere nuovamente su due fenomeni oggi ben
noti e interconnessi. In primo luogo, l’esigenza riconosciuta ormai universalmente che ogni
organizzazione operi in modo efficiente ed efficace, in armonia con i propri obiettivi istituzionali. In
secondo luogo i profondi mutamenti per le imprese, avvenuti sia all’esterno (economici, sociali,
tecnologici e di mercato) che all’interno (complessità, interdipendenza e dinamismo di strutture e
meccanismi operativi). Tuttavia leadership e professionalità dei Quadri sono e saranno sempre più
legittimati dalla capacità da essi mostrata di garantire la coerenza fra obiettivi, attività, metodi e
risultati di lavoro, sia all’interno del loro specifico sottosistema, sia nel rapporto con
l’organizzazione aziendale nella sua globalità. Perciò è soprattutto questa capacità di governare le
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dialettiche interne ed esterne ai sotto – sistemi organizzativi, che rappresenta l’elemento base della
autorevolezza dei Quadri. Se poi si fa riferimento alla concezione di leadership gestionale –
sistemica prima sintetizzata, si possono individuare alcuni indirizzi più operativi, per un miglior
svolgimento del ruolo dei Quadri con responsabilità di personale.
Riducendo gli oggetti di attenzione gestionale da parte dei Quadri a due ambiti fondamentali, gli
obiettivi dell’unita e le relazioni con le persone, la linea a cui tendere è quella di un consapevole e
dinamico bilanciamento tra i due.
Nello svolgimento dei compiti professionali di capo, quanto a gestione del rapporto all’interno e
verso l’esterno della propria unità, occorre la massima chiarezza e trasparenza. È indispensabile
infatti che dipendenti e colleghi siano bene informati dei propri compiti e di quelli di raccordo
interno – esterno del loro responsabile, in modo da comprendere meglio gli obiettivi del loro lavoro,
le ragioni vere di certi vincoli o imposizioni, e l’effettiva logica funzionale dell’unità. Occorre
attribuire costantemente un giusto grado di delega e autonomia ai ruoli dei dipendenti.
Delega e autonomia, infatti, annoverando tra i loro effetti anche quello di vedere meglio il senso del
proprio contributo di lavoro, rappresentano un efficace strumento di motivazione: in questo senso
contribuiscono a smussare possibili antagonismi tra capi e dipendenti e tendono a ridurre
atteggiamenti “passivi” e deresponsabilizzati. L’esercizio della leadership deve avvenire non in
modo rigido e predeterminato, ma secondo un opportuno adattamento alle circostanze e in funzione
delle aree di applicazione. È dunque compito integrante del ruolo dei Quadri all’interno del
processo gestionale, alternare consapevolmente momenti e ambiti di esercizio della leadership ad
altri di maggior coinvolgimento e partecipazione dei collaboratori. Occorre ricercare sempre la
convergenza fra caratteristiche psicologiche, interessi degli individui e finalità concrete del lavoro.