10
Il periodo che va dall’entrata in vigore dell’Atto Unico europeo
2
(1° luglio 1987) alla storica data del 1° gennaio 1993 (con cui si è
dato avvio al mercato unico) è stato per gli organi comunitari e per i
Paesi aderenti alla Comunità economica europea, d’intensa attività.
Era, infatti, necessario procedere ad una completa
armonizzazione delle diverse legislazioni degli Stati membri al fine di
sopprimere tutte le barriere (fisiche, tecniche e fiscali) che si
frapponevano al processo d’integrazione comunitaria.
Nonostante le inevitabili problematiche l’obiettivo è stato
centrato e, a partire da quella data, sono state eliminate le difficoltà di
natura burocratica e tariffaria che ostacolavano la libera circolazione
delle persone, dei beni e dei servizi entro i confini della Comunità.
Quando, nel 1989, i tempi sono apparsi maturi per convocare
una conferenza intergovernativa in cui fissare le tappe della
realizzazione di un’unica entità europea economica e monetaria, nel
dibattito si è inserita la necessità di riforme politico-istituzionali per
rendere più concreto l’obiettivo della creazione di un’Unione
europea.
3
2
Tutti gli atti comunitari citati nel presente lavoro sono consultabili sul sito
dell’Unione europea all’indirizzo http://www.europa.eu.int./documents/eur-lex e
per la giurisprudenza della Corte di giustizia della Comunità europea successiva al
1997, v. http://www.curia.eu.int/.
Le sentenze della Corte di giustizia antecedenti al 1997 non sono disponibili on-
line e quindi sarà indicata la fonte documentale da cui sono tratte.
3
F. POCAR, Diritto dell’Unione e delle comunità europee, 8° edizione, Milano,
Giuffrè, 2003, p.49.
11
Così, parallelamente alla riunione sull’unità economica e
monetaria, in un’altra conferenza intergovernativa si sono decisi i
provvedimenti necessari per modificare i trattati comunitari in vista
dell’attuazione dell’Unione europea, precisando le competenze da
trasferire alla Comunità e collegando il principio della sussidiarietà al
diritto europeo.
4
Doveva inoltre essere assicurato che la Comunità e gli Stati
membri assumessero maggiori responsabilità in campo di politica
estera e di sicurezza, rafforzando contemporaneamente la
cooperazione in materia di giustizia e affari interni.
4
Il principio di sussidiarietà è stato introdotto dal Trattato di Maastricht come
contrappeso alle nuove competenze comunitarie da esso stabilite. Tale principio
non è nuovo nello storico dibattito sulla ripartizione delle competenze e sulla
cooperazione tra Comunità e Stati membri, poiché già nel 1975 si affermava che
la Comunità avrebbe avuto competenza, proprio in applicazione del principio di
sussidiarietà, solo in quelle materie che i singoli Stati non erano in grado di
affrontare con efficienza, senza tuttavia dar vita ad una struttura di tipo federale.
Congelato poi, a causa della preoccupazione di alcuni Stati di veder limitati i loro
poteri, il dibattito sulla sussidiarietà ha preso nuova linfa negli anni ’80 in
occasione della presentazione del progetto di trattato sull’Unione europea (c.d.
Progetto Spinelli).
Il Progetto prevedeva una netta distinzione tra le materie di competenza esclusiva
della Comunità (es. completameno del mercato interno, politica agricola etc.) e
quelle di competenza concorrente con gli Stati membri (es. politiche settoriali dei
trasporti, industria, energia etc.). Il Progetto Spinelli, sebbene fallito, ha
rappresentato un importante passo verso la formalizzazione del principio in esame
avviato con l’Atto Unico europeo del 1986 e realizzatosi poi con il Trattato di
Maastrich. Con questo trattato l’intervento della Comunità in via sussidiaria si
amplia notevolmente: all’art. 5 del Trattato CE (ex art. 3 B) si afferma che “nei
settori che non sono di sua competenza la Comunità interviene secondo il
principio di sussidiarietà, soltanto se e nella misura in cui gli obbiettivi
dell’azione prevista non possono essere sufficientemente realizzati dagli Stati
membri e, a motivo delle dimensioni o degli effetti dell’azione in questione,
possono essere realizzati meglio a livello comunitario”. L’intervento della
Comunità, secondo quanto disposto dall’art. 5, 3° comma, TCE non deve andare
“al di là di quanto necessario per il raggiungimento degli obbiettivi del presente
trattato”: al principio di sussidiarietà viene così affiancato il c.d. principio di
proporzionalità.
12
Gli esiti di entrambe le conferenze intergovernative sono stati
riportati nel Trattato sull’Unione europea, firmato a Maastricht il 7
febbraio 1992, che ha rappresentato il vero salto di qualità, solo
annunciato nell’Atto Unico europeo.
5
Con il Trattato di Maastricht
6
(ufficialmente chiamato Trattato
sull’Unione europea o TUE, entrato in vigore il 1° novembre 1993
dopo il completamento delle procedure di ratifica in tutti gli Stati
membri) il quadro giuridico si è notevolmente arricchito in quanto è
stata inaugurata una nuova fase del progetto d’integrazione: è nata
solennemente l’Unione europea, sono stati ampliati e consolidati i
preesistenti trattati delle tre Comunità (Comunità europea del carbone
e dell’acciaio, Comunità europea dell’energia atomica e Comunità
economica europea)
7
, nuove dimensioni ed inediti scenari d’attività si
sono presentati agli occhi delle popolazioni e degli operatori del
diritto, con conseguenze rilevanti sia per i rapporti dell’Europa con il
resto del mondo, sia per l’ordine interno europeo.
8
5
CARTABIA-WEILER, L’Italia in Europa. Profili istituzionali e costituzionali.,
Bologna, Il Mulino, 2000, p. 30.
6
GUCE, n. C 224 del 31 agosto 1992.
7
Il Trattato di Maastricht ha modificato la denominazione dell’organizzazione
nata con il nome di Comunità economica europea (CEE) in Comunità europea
(sigla CE).
Quando si fa riferimento all’Unione europea si parla dell’organizzazione fondata
sulle tre Comunità europee (CECA, CE ed EURATOM) e sulle politiche e forme
di cooperazione previste dallo stesso trattato: la politica estera e di sicurezza
comune, la cooperazione di polizia e giudiziaria in materia penale, gestite
nell’ambito della struttura istituzionale delle Comunità esistenti.
8
MARINUCCI-DOLCINI, Corso di diritto penale, 3° edizione, Milano, Giuffrè,
2001, p. 61.
13
La nuova Unione è stata dichiarata “fondata sulle Comunità
europee, integrate dalle politiche e forme di cooperazione instaurate
dal presente trattato” (art. 1, 3° comma, TUE, ex art. A) e sul Trattato
di Maastricht. Essa dispone di un quadro istituzionale unico che
assicura la coerenza e la continuità delle azioni svolte per il
perseguimento dei suoi obiettivi, rispettando e sviluppando nel
contempo l’acquis comunitario”
9
(art. 3, 1° comma, TUE, ex art. C).
Il Trattato ha avuto il merito di ricondurre ad unitarietà istituzionale
tutto il sistema europeo conglobando nello stesso anche quelle
politiche che si erano create intorno alle tre Comunità, ma che dal
nucleo delle stesse erano rimaste fuori.
9
L'acquis comunitario corrisponde alla piattaforma comune di diritti ed obblighi
che vincolano l'insieme degli Stati membri nel contesto dell'Unione europea.
L'acquis comunitario è in costante evoluzione ed è costituito:
- dai principi, dagli obiettivi politici e dal dispositivo dei trattati;
- dalla legislazione adottata in applicazione dei trattati e dalla giurisprudenza della
Corte di giustizia;
- dalle dichiarazioni e dalle risoluzioni adottate nell'ambito dell'Unione;
- dagli atti che rientrano nella politica estera e di sicurezza comune;
- dagli atti che rientrano nel contesto della giustizia e degli affari interni;
- dagli accordi internazionali conclusi dalla Comunità e da quelli conclusi dagli
Stati membri tra loro nei settori di competenza dell'Unione.
Oltre che dal diritto comunitario propriamente detto, l'acquis comunitario è
costituito, dunque, da tutti gli atti adottati a titolo del 2° e del 3° pilastro
dell'Unione, nonché dagli obiettivi comuni fissati dai trattati. L'Unione si è posta
come obiettivo di salvaguardare integralmente l'acquis comunitario e di
svilupparlo ulteriormente e non si può in nessun caso rimetterlo in discussione.
I Paesi candidati all’ingresso nella Comunità devono, come prima condizione,
accettare l'acquis per poter aderire all'Unione europea. Nella prospettiva
dell’adesione di nuovi Stati membri la Commissione ed i Paesi che s’integreranno
nella UE stanno studiando le modalità più idonee per adeguare le loro legislazioni
all’acquis che dovrà essere recepito nei rispettivi ordinamenti nazionali ed
applicato a partire dalla data in cui le varie adesioni diventeranno effettive.
Eventuali deroghe ad esso sono eccezionali e di portata limitata.
14
La conseguenza è stata la creazione organica di una sorta di triangolo
al cui vertice è stata posta l’Unione e agli angoli le Comunità con le
politiche e le forme di cooperazione fino a quel momento
instauratesi.
10
L’innovativa struttura delineata da Maastricht si è così
modellata sullo schema architettonico di un tempio greco: un
organismo sorretto da tre pilastri (rappresentanti le diverse sfere
d’azione dell’Unione) e con un tetto costituito dall’ombrello
istituzionale dei principi e degli obiettivi dell’Unione nel suo insieme,
nel cui rispetto i pilastri si erigono ed operano.
11
Agendo nell'ambito di competenze che gli Stati membri di volta
in volta le delegano, l'Unione Europea interviene attualmente in
numerosi settori.
Le sue prerogative, incentrate essenzialmente sul mercato
comune e sulla politica agricola, si sono estese alla cultura,
all’istruzione, all’ambiente e ad ogni altro settore che può influenzare
la vita dei cittadini.
Il fatto che una materia rientri in un pilastro piuttosto che in un altro,
dipende dal diverso grado di “comunitarizzazione” della stessa e dalle
varie procedure deliberative previste per la sua attuazione.
10
F. POCAR, Diritto dell’Unione, cit., p. 49.
11
A. TIZZANO, Appunti sul Trattato di Maastricht: struttura e natura
dell’Unione europea, in Foro it., 1995, p. 217 ss.
15
Per questo motivo si distingue tra politiche fortemente integrate, per le
quali le decisioni vengono prese solo dalle istituzioni comunitarie
(primo pilastro), politiche debolmente integrate, per le quali gli Stati
membri non hanno trasferito completamente le rispettive potestà alla
UE ed infine politiche intergovernative, per le quali gli Stati
mantengono la loro sovranità (secondo e terzo pilastro).
Vediamo brevemente cosa sono i pilastri comunitari.
a) Il primo pilastro riproduce la dimensione comunitaria dell’Unione
nel suo complesso, così come disciplinata dalle disposizioni contenute
nei trattati istitutivi della Comunità economica europea, della CECA e
dell’EURATOM.
In questo settore confluiscono tutti i temi relativi alla
cittadinanza europea, alle politiche comunitarie, all’unione
monetaria, economica e all’insieme delle politiche che necessitano del
c.d. metodo comunitario, il quale ha lo scopo di emarginare il ruolo
dei governi nazionali a favore delle istituzioni europee. In tali
tematiche i governi degli Stati membri possono solo intervenire
secondo le forme e le procedure predisposte dai trattati stessi, allo
scopo di bilanciare il loro ruolo con quello degli organi comunitari
(es. nessun atto può essere emanato nell’ambito del primo pilastro dal
Consiglio dell’Unione, senza la preventiva iniziativa legislativa che
spetta alla Commissione europea, così come previsto dall’art. 211
TCE).
16
Questo pilastro raggruppa tutti i settori di competenza delle istituzioni
comunitarie ed è composto dalle norme che costituiscono il diritto
comunitario in senso stretto, a cui spettano delle qualità proprie
rispetto alle norme del diritto dell’Unione europea
12
(quali possono
essere, ad esempio, quelle emanate nell’ambito del terzo pilastro): in
primis la capacità di penetrazione negli ordinamenti interni degli Stati
membri e le prerogative giurisdizionali riservate alla Corte di giustizia
europea.
13
Il grado di comunitarizzazione o d'integrazione che misura il
livello di trasferimento delle competenze dall'ambito nazionale a
quello comunitario, varia a seconda dei settori che si prendono in
considerazione.
Nel primo pilastro sono riunite tutte le politiche le cui decisioni
dipendono dalle istituzioni europee e che necessitano del metodo c.d.
comunitario: proposte della Commissione europea, decisioni del
Consiglio dell'Unione e del Parlamento europeo, competenza della
Corte di giustizia in caso di controversie. La Comunità ha la facoltà di
agire in molteplici settori: libera circolazione delle persone, delle
merci, dei servizi e dei capitali, trasporto, agricoltura, concorrenza,
settore fiscale, ravvicinamento delle legislazioni, politica economica e
monetaria, politica commerciale comune, politica sociale, istruzione,
formazione professionale e gioventù, cultura, sanità pubblica, tutela
dei consumatori, reti transeuropee, industria, coesione, ricerca e
sviluppo tecnologico, ambiente.
12
J.A.E. VERVAELE, L’applicazione del diritto comunitario: la separazione dei
beni tra il primo e il terzo pilastro, in Riv. trim. dir. pen. ec., 1996, p. 507.
13
C. SOTIS, Obblighi comunitari di tutela e opzione penale: una dialettica
perpetua?, in Riv. it. dir. proc. pen., 2001, p. 184.
17
b) Il secondo pilastro tratta la materia della politica estera e della
sicurezza comune (c.d. PESC). La costruzione europea si è
maggiormente imperniata sugli aspetti economici, tanto che la parola
“politica estera comune” non compariva mai nei trattati pur esistendo
l’idea di una cooperazione nel settore della politica internazionale.
14
14
A partire dagli anni '50 la Comunità europea ha sviluppato forti legami
economici tra gli Stati membri e con il resto del mondo. I progressi compiuti nel
settore economico hanno consentito all'Unione di raggiungere, a decorrere dagli
anni '90, un livello di integrazione economica senza pari nel mondo (ad esempio
attraverso la creazione del Mercato Unico senza frontiere e della moneta unica) e
di sviluppare notevolmente relazioni commerciali con numerosi paesi e regioni
del mondo.
Lo sviluppo dell'aspetto politico è stato innescato dagli avvenimenti che dalla fine
degli anni '80, hanno modificato il paesaggio europeo e mondiale, provocando un
notevole cambiamento degli interessi strategici. La disintegrazione dell'ex Unione
sovietica e la fine dalla guerra fredda hanno allontanato il rischio di un attacco
massiccio sferrato in Europa, ma il conflitto nell'ex Jugoslavia ci
ha resi consapevoli dei rischi di un grosso conflitto alle nostre porte.
Detti avvenimenti hanno consentito di mettere in evidenza il pericolo che i
conflitti regionali costituiscono per i paesi e le regioni limitrofe, nonché per la
pace, la sicurezza internazionale e la stabilità: l'Unione ha deciso perciò di dotarsi
dei mezzi atti a condurre azioni in modo autonomo nella gestione delle crisi, ma
anche di intervenire per prevenire i conflitti, cercando di affrontare le cause e di
operare ai fini della ricostruzione e della stabilizzazione, settore in cui la
Comunità e gli Stati membri già svolgevano azioni importanti.
Le minacce da prevenire ed affrontare, sono notevoli e vanno dalla proliferazione
delle armi di distruzione di massa, i traffici di armi, il traffico illecito di materiale
nucleare, il fondamentalismo o l'estremismo religioso.
Le reazioni agli attentati dell'11 settembre 2001 negli Stati Uniti e dell’11 marzo
2004 di Madrid hanno incentivato la continuazione della lotta contro il terrorismo
e, anche con il sostegno alla coalizione internazionale, l’Unione europea ha
assunto una posizione centrale nelle relazioni esterne. Come mai in passato, la
lotta contro il terrorismo è diventata un obiettivo politico primario dell'UE:
numerosissime misure legislative e operative sono state elaborate per minare il
finanziamento delle attività terroristiche e rispondere alle minacce di uso delle
armi biologiche e chimiche.
I bisogni della difesa in Europa sono pertanto cambiati e l'Unione ha deciso di
assumersi maggiormente la responsabilità della propria sicurezza.
18
Nel 1986 l’Atto Unico europeo aveva formalizzato la
cooperazione intergovernativa, ma la vera trasformazione si è
compiuta con Maastricht dove, per la prima volta, gli Stati membri
hanno deciso di inserire in un trattato l’obiettivo della PESC,
disciplinata oggi nell’apposito titolo V.
15
L'Unione europea, in quanto tale, ha potuto così far sentire la
propria voce sulla scena internazionale, esprimendo una posizione sui
conflitti armati, sui diritti dell'uomo e su qualsiasi altro argomento
connesso ai principi fondamentali e ai valori comuni che essa si
impegna a difendere e su cui si fonda.
Nonostante gli ambiziosi propositi ed il riconoscimento solenne
datogli dal TUE, la cooperazione politica europea non ha raggiunto
quell’auspicabile livello di efficacia e certezza da più parti sollecitato.
Le procedure, rese ancora più vincolanti da Maastricht, dovevano
costituire la base per sviluppare un’integrazione e una cooperazione
penetrante tra i Paesi membri in questi settori. Nella realtà, però, gli
eventi successivi hanno dimostrato tutta la debolezza dell’apparato
predisposto dall’Unione per raggiungere un vero coordinamento nel
campo della PESC.
L’incerto sviluppo di questa politica è stato confermato anche
dal fatto che i successivi Trattati di Amsterdam e di Nizza hanno
apportato delle modifiche a questo pilastro.
16
15
Le disposizioni della PESC sono state rivedute dal Trattato di Amsterdam
entrato in vigore nel 1999. Gli articoli da 11 a 28 del Trattato sull'Unione europea
sono, da allora, specificamente dedicati alla PESC.
16
Una decisione importante intesa a migliorare l'efficacia e la "visibilità" della
politica estera dell'Unione è stata presa quando si è proceduto alla nomina
dell'Alto Rappresentante per la PESC (innovazione contemplata dal Trattato di
Amsterdam), con incarico quinquennale.
19
La politica estera e di sicurezza comune non viene attuata allo stesso
modo delle politiche comunitarie (ad es. politica agricola, tutela
dell'ambiente, trasporti, ricerca, etc.): essa si inserisce in un quadro
istituzionale unico dove gli organi interessati sono quelli esistenti ed
operanti nell’ambito comunitario, ma l'equilibrio dei poteri tra il
Consiglio, il Parlamento europeo e la Commissione si snoda in
maniera differente.
17
c) Il terzo pilastro dell’Unione nell’originaria formulazione del
Trattato di Maastricht riguardava la cooperazione nel settore della
giustizia e degli affari interni (GAI) disciplinata dal titolo VI, del
TUE (ex artt. da K1 a K9).
Il Trattato di Amsterdam ha esplicitamente menzionato tra i compiti dell’Unione
lo svolgimento delle c.d. missioni di Petersberg: si tratta di missioni umanitarie e
di soccorso, di attività di mantenimento della pace e di missioni di unità di
combattimento nella gestione di crisi, ivi comprese le missioni tese al
ristabilimento della pace. Il Consiglio europeo ha stabilito a tal fine che l'Unione
deve avere la capacità di condurre azioni in modo autonomo, potendo contare su
forze militari credibili, sui mezzi per decidere di farle intervenire e sulla
disponibilità a farlo, al fine di rispondere alle crisi internazionali lasciando
impregiudicate le azioni della NATO.
Il nuovo Trattato di Nizza, entrato in vigore il 1° febbraio 2003, contempla nuove
disposizioni in materia di PESC. In particolare esso estende il numero di settori
disciplinati dal voto a maggioranza qualificata e rafforza il ruolo del Comitato
politico e di sicurezza nelle operazioni di gestione delle crisi. Ha introdotto anche
in questo settore la possibilità di avvalersi di cooperazioni rafforzate.
17
Per un’analisi della PESC e delle procedure operanti nel secondo pilastro,
consultare il sito della UE, http:// www.eu.int./pesc/default.asp?lang=it.