Diritto comunitario e diritto penale: la domanda di tutela comunitaria e l'offerta nazionale
L’architettura giuridico-istituzionale dell’Europa elaborata con il Trattato di Maastricht e consolidata, nel 1999, con il Trattato di Amsterdam, riserva uno spazio crescente al diritto penale. Accostare questa materia alla normativa comunitaria è un tentativo arduo, che evidenzia elementi di fondo contraddittori. Tale prospettiva si scontra con le storie giuridiche dei Paesi membri e con le idee di sovranità e statualità che essi tendono a preservare da ingerenze esterne. Ci sono, infatti, concetti posti a presidio dell’identità e dell’esclusività del diritto penale in capo agli Stati membri, che costituiscono delle difese insuperabili contro cui si scontra lo spirito europeista che vorrebbe la comunitarizzazione anche di questo settore.
Il primo ostacolo all’esistenza di obblighi comunitari di tutela penale è rappresentato dal principio di legalità e dalla riserva di legge, che trovano esplicito riconoscimento nella nostra Costituzione. Queste irrinunciabili garanzie sono poste a tutela della libertà individuale e vincolano l’esercizio di ogni potere dello Stato alla legge, anche per la scelta dei fatti da punire e delle sanzioni applicabili. Inoltre, nei trattati istitutivi dell’Unione europea, fonti primarie dell’ordinamento comunitario, non è rintracciabile un’autonoma competenza legislativa penale delle istituzioni europee. Un freno alla creazione di un diritto penale sovranazionale è, inoltre, rintracciabile nel deficit di democraticità del sistema comunitario: la potestà penale, che esprime le fondamentali scelte di valore della collettività, dovrebbe sempre essere affidata ad organi dotati di piena legittimazione democratica ed il Consiglio europeo, nonostante le procedure di consultazione ed informazione previste a favore del Parlamento, non può definirsi tale. L’Unione europea ha necessità di proteggere i beni giuridici che nascono dalla sua attività, soprattutto in campo economico. La tutela può essere attuata dalla Comunità, altrimenti può essere richiesto l’ausilio degli Stati membri, in virtù dell’art. 10 del Trattato CE, che sancisce il principio di leale collaborazione, secondo cui i Paesi aderenti all’Unione devono rispettare ed eseguire gli obblighi giuridici nascenti dai trattati e dagli atti derivati (regolamenti e direttive).
Attraverso lo studio dell’evoluzione della giurisprudenza della Corte di giustizia e del sistema sanzionatorio comunitario, si è giunti ad affermare che l’effettività dei precetti sovranazionali, nei sistemi giuridici interni, deve essere assicurata dall’utilizzo di sanzioni adeguate, proporzionate e dissuasive, se necessario anche di natura penale.
I beni giuridici europei possono essere tutelati penalmente solo in via mediata.Per raggiungere questo traguardo sono utilizzate tre tecniche,tutte analizzate in tesi.
Tutti i settori di competenza normativa europea necessitano, quindi, di aggiornate ed effettive opzioni di tutela da parte dei legislatori nazionali e la determinazione dell’intensità dei limiti posti dall’ordinamento comunitario nel settore penale pone problematiche particolarmente delicate.
Per l’indagine intorno all’esistenza di obblighi comunitari di tutela penale, il banco di prova ideale è rappresentato dal d. lgs. n. 61 del 2002, relativo alla disciplina delle false comunicazioni sociali. Il dibattito che ha coinvolto questa riforma non si è limitato alle scelte di merito operate in sede governativa. Sono state sollevate da parte dei Tribunali, infatti, questioni di legittimità indirizzate alla Corte Costituzionale ed alla Corte di giustizia europea per valutare l’incostituzionalità dell’impianto normativo e la sua illegittimità comunitaria. Con una ricostruzione che ha coinvolto principi costituzionali, norme di diritto internazionale e disposizioni contenute in direttive europee, si è prospettata la presunta inadeguatezza delle disposizioni nazionali preposte alla tutela della veridicità delle scritture contabili, alla luce delle disposizioni europee in materia.
Sarà necessario attendere che la Corte europea si pronunci sui rinvii pregiudiziali proposti dai giudici italiani. Nel caso di un’interpretazione affermativa di illegittimità comunitaria delle nuove norme sul falso in bilancio, spetterà alla Consulta bilanciare il principio costituzionale della riserva di legge, all’art. 25, 2° comma Cost., e l’art. 11 Cost., che sancisce l’appartenenza dell’Italia all’Unione europea e di conseguenza rende azionabili, indirettamente, eventuali obblighi comunitari di tutela penale.
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Informazioni tesi
Autore: | Martina De Martino |
Tipo: | Tesi di Laurea |
Anno: | 2002-03 |
Università: | Università degli Studi di Macerata |
Facoltà: | Giurisprudenza |
Corso: | Giurisprudenza |
Relatore: | Carlo Piergallini |
Lingua: | Italiano |
Num. pagine: | 282 |
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