rischio complessivo di un portafoglio ben diversificato
3
. Comunque, è stato il lavoro
di Markowitz
4
e il seguente sviluppo del “Capital Asset Pricing Model” a definire
con più precisione il concetto di rischio per i portafogli e per i singoli titoli.
[…]
Aumentando il numero dei titoli nel paniere, il rendimento atteso continua ad essere
la somma dei singoli (non sensibile ad n), mentre il rischio è diminuito con
l’eliminazione della componente specifica.
La diversificazione semplice o naif riduce quindi la rischiosità di un portafoglio con
l’eliminazione della parte specifica della sua varianza (con riferimento alla figura 1,
la varianza passa da A a B), ma non interviene sulla componente sistematica
(sempre nella figura 1, l’aumento del numero di titoli non provoca una riduzione
della varianza totale sotto B).
Var (Rp)
A
B
numero titoli
componente specif ica
componente sistematica
Figura 1: composizione del rischio
3
Graham, Dodd e Cottle, op. cit.
4
H. Markowitz, “Portfolio Selection”, Journal of Finance, marzo, pp. 77-91, 1952;
www.elsevier.com/starpapers.htm.
CAPITOLO SECONDO
L’ipotesi di mercato efficiente
1.1 – Classificazione del concetto di efficienza – 2.2 Efficienza informativa – 2.2.1 Il random
walk – 2.2.2 Evoluzione del concetto di efficienza – 2.3 Efficienza valutativa
Il mercato finanziario può essere definito come l‘insieme degli organismi, degli
strumenti e delle tecniche che favoriscono il trasferimento di mezzi finanziari dagli
operatori (o settori) che presentano un avanzo finanziario agli operatori (o settori)
che evidenziano, invece, un disavanzo finanziario
5
.
Le funzioni svolte dai mercati finanziari sono molteplici
6
:
1. finanziare gli investimenti realizzando un trasferimento di risorse da settori
in surplus verso settori in deficit;
2. consentire la negoziabilità dell'investimento, attraverso transazioni di titoli
ad un prezzo di equilibrio;
3. esercitare il controllo sull’efficienza e quindi redditività con la quale
vengono gestite le imprese, indirettamente attraverso la determinazione del
prezzo dei titoli e direttamente nella misura in cui è consentita l'acquisizione
del controllo da parte di soggetti che si ritengono più efficienti
7
;
4. consentire la gestione del rischio, permettendo ai singoli investitori non solo
la diversificazione del loro portafoglio, ma anche la negoziazione di titoli a
scadenze future, nonché di contratti che contemplino il futuro verificarsi di
un possibile evento.
5
M. Anolli, A. Banfi, F. Di Pasquali, L. Filippa, P. Gualtieri, G. Sabatini, I mercati e gli strumenti
finanziari, Utet, 1998.
6
V. Vaciago, V. Verga, Efficienza dei mercati finanziari, Il Mulino, 1995.
7
La possibilità dell’acquisizione del controllo da parte di soggetti esterni più efficienti è meno
agevole nella realtà italiana, caratterizzata da titoli a basso flottante e concentrazione della
maggioranza di controllo in pochi soci uniti frequentemente da patti di sindacato.
In generale queste funzioni vengono svolte dai mercati finanziari in ogni
paese, con gradi diversi di intensità, a seconda dello sviluppo economico raggiunto e
a seconda dell'importanza assunta dai mercati, nell'ambito dell'intermediazione
finanziaria, rispetto agli intermediari.
Nel capitolo, dopo aver fornito una generale classificazione del concetto di
efficienza, si approfondirà quello riguardante l’efficienza informativa, e si
presenteranno i risultati principali del dibattito che si è realizzato negli ultimi
cinquant'anni.
[…]
Questo significa che i prezzi di mercato devono essere tali da fornire a chi
utilizza tutte le informazioni disponibili un rendimento atteso pari esattamente al
rendimento di equilibrio; tale rendimento comprende l’eventuale costo per
l’acquisizione di informazioni
8
.
Ciò può essere rappresentato graficamente:
tempo
P
t
t1
t+1
30
25
Figura 1: adeguamento di prezzo in un mercato efficiente
8
E. Fama, “Efficient Capital Markets: a Review of Theory and Empirical Work II”, Journal of
Finance, 1991; www.elsevier.com/starpapers.htm.
Come si può ben vedere, la reazione del mercato alla diffusione di una notizia, per
esempio, un aumento degli utili, è istantanea e corretta (linea spezzata continua in
grassetto), in quanto in t il mercato stima il prezzo e il rendimento attesi per l’istante
t
+1
: poiché il rendimento atteso in t
+1
è superiore al rendimento normale secondo la
S.M.L. si ha convenienza ad acquistare l’azione; ciò provoca un aumento del prezzo
che sale a 30 (presunto nuovo prezzo di equilibrio). L’acquisto al prezzo di 30
esclude la possibilità di realizzare un extra-profitto.
La retta inferiore indica invece il percorso di crescita della quotazione in un
mercato inefficiente. La notizia di diffonde gradualmente tra gli investitori ed il
prezzo si adegua lentamente al nuovo livello di equilibrio. Durante la fase di
aggiustamento chi possiede la notizia acquista ad un prezzo inferiore a quello di
equilibrio e può rivendendo il titolo realizzare un extra rendimento.
[…]
2.2.2 Evoluzione del concetto di efficienza
L’ipotesi che le condizioni di equilibrio del mercato possano essere espresse in
termini dei rendimenti attesi e che i rendimenti attesi di equilibrio siano generati in
base alle informazioni I
t
hanno un’importante rilevanza empirica; è esclusa la
possibilità che strategie di acquisti e vendite basate solo sulle informazioni I
t
diano
rendimenti superiori a quelli di equilibrio.
L’equazione (1) può essere infatti riespressa anche nel modo seguente:
E ( Z
it
∼ I
t
) = E (r
it
∼ I
t
) – r
*
it
= 0 (2)
Secondo la condizione (2) gli extra-rendimenti Z
t
hanno valore atteso
condizionato nullo, cioè sono rappresentabili mediante una martingala,
ovvero
costituiscono un gioco equo.
Qualsiasi regola operativa (trading rule) basata su I
t
, che suggerisca agli investitori
il tipo di posizione (rialzista, ribassista o neutrale) da assumere rispetto ad un certo
titolo, non potrà fornire rendimenti superiori a quelli ottenuti con un comportamento
da cassettista.
Questa affermazione è cruciale nella teoria dell’efficienza, soprattutto perché
è la più utilizzata dai ricercatori empirici; tuttavia anche dal punto di vista teorico è
stata da alcuni
9
impiegata come definizione principale di efficienza:
“un mercato è efficiente rispetto all’insieme informativo Y
t
se è impossibile
ottenere profitti economici negoziando sulla base dell’insieme stesso.
Per profitti economici intendiamo il rendimento adeguato al rischio al netto
di tutti i costi…”.
In realtà questa definizione risulta essere carente rispetto a quella di Fama, in
quanto è possibile che un mercato non rifletta pienamente l’informazione e
comunque non siano state inventate regole di scambio che permettono di sfruttare
questa circostanza.
Fama, in uno studio più recente
10
, afferma che la tripartizione dell’insieme
informativo è superata e propone una distinzione alternativa tra:
1. test della prevedibilità degli rendimenti;
2. studi di eventi,
3. test dell’esistenza di informazione privata.
In pratica, la prima categoria ora proposta comprende anche le verifiche
dell’efficienza semi-forte, mentre la seconda categoria si differenzia per il metodo
utilizzato, che può essere applicato a tutte le categorie. […]
9
M. C. Jensen, “Some Anomalous Evidence Regarding Market Efficiency”, Journal of Financial
Economics, 1978.
10
E. Fama, “Efficient Capital Markets: a Review of Theory and empirical Work II”, Journal of
Finance, 1991; www.elsevier.com/starpapers.htm.
CAPITOLO TERZO
Analisi fondamentale & analisi tecnica
3.1 – Definizione e ottica di osservazione dell’analisi fondamentale. 3.2 – Modelli di attualizzazione
dei dividendi. 3.2.1 – Modello di attualizzazione dei dividendi in crescita costante. 3.2.2. – Modello a
due stadi. 3.2.3. Modello H. 3.2.4 – Modello a tre stadi. 3.3 – Moltiplicatori. 3.3.1 – Rapporto
prezzo/utile. 3.3.2 – Rapporto prezzo/valore contabile. 3.3.3 – Rapporto prezzo/vendite. 3.4. -
Definizione e presupposti dell’analisi tecnica. – 3.5 – Rappresentazioni grafiche. – 3.6 – Teoria di
Dow. – 3.7 – Analisi tecnica grafica. 3.7.1 Supporti e resistenze. 3.8 – Analisi tecnica quantitativa.
3.8.1 – Medie mobili. 3.8.2 – Oscillatori principali. 3.8.3 – Regole generali d’interpretazione.
Il crescente interesse da parte di grandi e piccoli investitori nei confronti dell’analisi
tecnica e di quella fondamentale depongono a favore di una visione del mercato non
efficiente: il rifiuto dell’ipotesi di efficienza debole incoraggia l’uso di indicatori di
natura tecnica per poter “battere” il mercato; il rifiuto dell’ipotesi di efficienza semi-
forte induce gli investitori ad adottare strumenti di analisi fondamentale per
individuare titoli sopra o sotto quotati. Il “trade union” tra i due approcci consiste
nel rifiuto dell’ipotesi di un mercato in cui l’informazione (analisi di settore, notizie
di carattere aziendale o di tipo macroeconomico) si trasferisce nella quotazione in
modo corretto e con la rapidità necessaria a rendere inutile qualsiasi tentativo di
previsione.
L'utilizzo dell'analisi tecnica come metodo di studio e di previsione del
comportamento dei mercati è fonte di ampie divergenze tra operatori professionali e
accademici. Da un lato i modelli teorici vengono criticati dal pratico, in quanto
pretendono di spiegare un fenomeno complesso come le fluttuazioni dei prezzi di
borsa, supponendo che all'interno di essa agiscano "operatori razionali e
ottimizzanti"; trascurare le imperfezioni di funzionamento, i costi delle transazioni,
le diverse capacità di valutazione e sopportazione del rischio degli operatori,...
significa analizzare un mondo inesistente.
D'altro lato il modo di operare del pratico viene completamente ignorato dal
teorico e questo principalmente per una ragione: l'analisi tecnica non rappresenta
qualcosa di scientifico, che consente di verificare la validità dei concetti generali
utilizzati, nonché l'affidabilità delle informazioni prodotte. Si ricorda un giudizio
pesantemente negativo
11
, in cui si sosteneva non solo l'inutilità dell'approccio
tecnico, ma addirittura la potenziale dannosità per una gestione oculata degli
investimenti.
Tuttavia, in tempi più recenti, l'atteggiamento è parzialmente cambiato; gli
studi economici stanno colmando talune deficienze dell'analisi teorica, portando
l'attenzione anche sulla microstruttura operativa, cioè sulla struttura e sul
funzionamento concreto dei mercati. A questo contribuisce certamente la popolarità
raggiunta dagli strumenti di analisi tecnica che, per la loro diffusa utilizzazione,
possono fornire numerosi spunti alla ricerca scientifica.
L'analisi fondamentale parte da presupposti radicalmente diversi: infatti essa
non consiste nell’analisi degli scambi, ma piuttosto nell’analisi dell’oggetto
scambiato; quindi non nello studio dei prezzi, ma dei fattori che determinano quei
prezzi. Fin dall'inizio l'analisi fondamentale è stata pienamente condivisa anche a
livello teorico, così come è stata diffusamente utilizzata a livello empirico; questo ne
fa un termine ideale di paragone con l'approccio alternativo dell'analisi tecnica, tanto
diffusa in pratica, quanto controversa in teoria.
Nel capitolo si tenterà di fornire una visione generale dell’analisi
fondamentale e dell’analisi tecnica, trattando principalmente gli elementi di base e i
metodi più usati dagli analisti finanziari.
[…]
3.4 Definizione e presupposti dell’analisi tecnica
Sulla base di quanto asserito da Murphy, <<l’analisi tecnica è lo studio dell’azione
del mercato>> - dove per “azione del mercato” si intende la dinamica dei prezzi e dei
volumi - <<tramite l’uso sistematico di grafici, allo scopo di prevedere le tendenze
future dei prezzi>>
12
. Simile è la definizione di Pring, secondo il quale l’analisi
tecnica si configura addirittura come “un’arte”, sostenendo che interpretazione
11
B.G. Malkiel, A Random Walk down Wall Street, Dow Jones Irwin 1981.
12
J. J. Murphy, Analisi tecnica dei mercati finanziari, 1997, p. 4.
personale ed intuito siano componenti fondamentali per una brillante carriera da
analista: <<L’arte dell’analisi tecnica, perché di arte si tratta, consiste
nell’identificare un cambiamento di tendenza a uno stadio iniziale, e nel mantenere
la posizione di investimento fino a quando l’evidenza dei fatti non prova che la
tendenza stessa si è di nuovo invertita>>
13
.
[…]
L’analisi grafica di una serie di prezzi di mercato può essere condotta
generalmente con l’ausilio di:
· grafici con metodo lineare (close only charting);
· grafici con metodo a barre (bar charting);
· grafici a candela (candlestick charting);
· grafici punto e croce (point & figure)
14
.
Figura 5: esempio di grafico lineare.
[…]
13
M. J. Pring, Analisi tecnica dei mercati finanziari, McGraw-Hill, 1995, p.2
14
I grafici riportati in questo capitolo si riferiscono al titolo STM, e sono tratti da www.fineco.it
sezione trading.
Le linee sopra e sotto il real body sono denominate shadows e rappresentano
i prezzi estremi della sessione: la shadow sopra il real body è detta upper shadow e
congiunge il massimo della sessione; la shadow inferiore è chiamata lower shadow e
congiunge il minimo della sessione.
Una Black Candle presuppone un mercato ribassista con le forze orso
predominanti; una White Candle porta invece a pensare ad una certa forza rialzista
del mercato, che dopo l'apertura fa registrare prezzi in crescita.
MAX
Ch.
Ap.
MIN
MAX
MIN
Ch.
Ap.
White candle
Ch > Ap
Black candle
Ch > Ap
MAX
MAX
MIN
MIN
Ch.
Ch.
Ap.
Ap.
Figura 7: esempio di costruzione di un candlestick.
[…]
1. Movimenti terziari o minori (minor trend): sono rialzi o ribassi di mercato
che durano solo per un periodo limitatissimo di tempo, al massimo tre
settimane. Non sono in grado di influenzare i movimenti primari o secondari
e sono molto difficili da prevedere, perché si ripetono in modo pressoché
casuale; presentano inoltre una maggiore possibilità di essere manipolati in
una qualche misura
15
.
15
M. Maggi, Investire con l’analisi tecnica. Guida pratica ai metodi per operare meglio, Egea, 2000.
Figura 10: movimenti di mercato.
[…]
Il calcolo di una media mobile appare piuttosto semplice, in quanto
strettamente collegato al concetto di media aritmetica: si definisce il numero di
termini da far rientrare nella media, cioè i prezzi e l’orizzonte temporale prescelto, e
poi si procede al calcolo della media aritmetica. L’aggettivo “mobile” indica la
dinamicità del calcolo, è cioè il fatto che la media scorre in avanti nel tempo: si
determina una prima media aritmetica su n prezzi, mentre i calcoli successivi sono
compiuti togliendo di volta in volta il prezzo più vecchio ed aggiungendo il più
recente (lasciando però invariato il numero dei termini, n).
P
t - i
SMA
(t , n)
=
i=0
6
n -1
N
T Data Prezzi Chiusura Media Mobile Semplice (4 giorni)
1 01/01/04 p1 € 20,50
2 02/01/04 p2 € 20,95
3 03/01/04 p3 € 20,35
4 04/01/04 p4 € 20,25 SMA = (p1+p2+p3+p4)/4 € 20,51
5 05/01/04 p5 € 20,55 SMA = (p2+p3+p4+p5)/4 € 20,53
6 06/01/04 p6 € 20,75 SMA = (p3+p4+p5+p6)/4 € 20,48
Tabella 1: elaborazione di media mobile semplice per i prezzi di chiusura.
[…]
Il più noto sistema operativo basato sull'impiego di medie mobili si deve all'analista
nordamericano Gerald Appel
16
, inventore del MACD (Moving Average
Convergence Divergence Trading Method).
Figura 15: quotazioni titolo STM ed oscillatore MACD.
16
G. Appel , The Moving Average Convergence-Divergence Trading Method, Scientific Investment
Systems 1985.
CAPITOLO QUARTO
Il mercato azionario italiano
4.1 – Efficienza informativa. – 4.1.1 – Efficienza debole. – 4.1.2 Efficienza semiforte. – 4.1.3 –
Efficienza forte. – 4.2 – Efficienza valutativa. – 4.3 – Anomalie nella dinamica dei prezzi. – 4.4 –
Eccesso di reazione. – 4.5 – Anomalie di calendario. – 4.6 – Altre anomalie
[…]
Verifiche dirette
Il metodo diretto consiste nel test di correlazione, che ha lo scopo di verificare se le
variazioni dei corsi sono linearmente dipendenti nel tempo. Una prima verifica per il
mercato italiano è stata condotta da Caparrelli
17
, attraverso lo studio di 30 titoli
azionari per il periodo 31 dicembre 1978 – 31 dicembre 1983; sono state effettuate:
- 61 rilevazioni mensili
- 131 bimensili
- 262 settimanali
- 1310 giornaliere
per ciascun titolo considerato.
I risultati del test sono riassunti nella tabella 1, dove sono riportati per i
quattro ritardi considerati, il valore medio di r, la deviazione standard del campione
( ς), il rapporto tra ς e ς (r), il numero dei termini superiore a 2 ς(r).
dati giornalieri dati settimanali dati quindicinali dati mensili
r medio -0,1268 -0,1167 0,0139 0,0403
ς 0,1885 0,1394 0,1529 0,1172
ς ς(r) 2,9921 2,2520 1,7434 0,9002
numero termini
>2 ς(r) 15/30 11/30 4/30 1/30
numero termini
positivi 8/30 7/30 13/30 19/30
[…]
17
F. Caparrelli, “Una verifica empirica dell’ipotesi debole del mercato di borsa”, Il Risparmio, n. 2,
pp. 235-268, 1986.
4.6 Altre anomalie
Oltre a quelli esaminati finora, figurano nella letteratura finanziaria anche altri tipi di
imperfezioni del mercato.
Effetto P/E
In alcuni lavori degli anni ’60 è stato provato che le imprese con basso prezzo/utile
realizzavano rendimenti maggiori di quelle aziende con un alto valore dell’indice;
ciò era in contrasto con quanto ritenuto dalla maggioranza degli analisti che, invece,
sostenevano che le azioni con alto P/E fossero capaci di un più elevato tasso di
crescita. La moderna teoria di portafoglio ed il modello del CAPM diedero questa
spiegazione: i titoli con basso P/E ottengono migliori performance perché più
rischiosi, il loro beta è maggiore di quello delle azioni con alto P/E.
Successivi lavori hanno cercato di dimostrare che il legame basso P/E-alto
beta e viceversa non è sufficiente a spiegare l’anomalia. Il rischio sistematico non
riesce a spiegare i rendimenti, in quanto, su base annuale, i portafogli con basso P/E
realizzano guadagni superiori anche dopo che il rischio è introdotto nelle analisi.
Dunque il rapporto P/E avrebbe un contenuto informativo che l’investitore dovrebbe
valutare al momento della costruzione o revisione del portafoglio.
Diverse verifiche sono state svolte sul mercato italiano; oltre a quelle già
presentate precedentemente, si segnala un altro studio
18
effettuato per il periodo
1979-1992 che ha confermato le migliori performance ottenute da portafogli
caratterizzati da bassi P/E nel lungo periodo.
Effetto dimensione
A partire dal contributo di Banz (1981), la letteratura e gli studi empirici di finanza
hanno evidenziato l’esistenza del cosiddetto small size effect, cioè di una relazione
inversa e non proporzionale tra dimensioni d’impresa e misura del costo del capitale
richiesta dal mercato
19
.
18
U. Calcagnini, A. D’Arcangelis, “Il contenuto informativo dell’indice prezzo-utile; una verifica
empirica nel mercato di borsa italiano”, Il Risparmio, n. 12, 1994.
19
R. F. Banz, “The relation between return and market value of common stock”, Journal of Financial
Economics, n. 9, 1881.