8
Novgorod, e il secondo Sineus a Beloozero, e il terzo
Truvor a Izbork. E da questi Variaghi prese nome la
terra russa…”
1
.
Sotto la guida di questi principi scandinavi, continua la cronaca, le
antiche città russe si riunirono in una prima compagine statale ed i
discendenti del primo principe della Rus’, Rjurik, insediatosi a Novgorod,
costituirono la stirpe dei principi e gran principi, detti appunto in suo onore
“rjurikidi”, che da allora governò il popolo russo
2
.
Una seconda leggenda, anch’essa contenuta nella medesima cronaca,
riconosce a Novgorod anche un particolare prestigio di natura religiosa,
secondo soltanto a quello della “madre delle città russe” Kiev; durante la
propria missione apostolica in Oriente, infatti, S. Andrea, fratello minore di
S. Pietro, fece due tappe fondamentali:
“Andrea dopo aver predicato a Sinope e giunto a
Cherson, seppe come da Cherson è vicina la foce del
Dnepr, e volle andare a Roma, e s’imbarcò alla foce del
Dnepr, e da lì risalì lungo il Dnepr. E per caso giunse e
si fermò ai piedi delle montagne sulla riva. E il mattino
dopo si levò e disse ai discepoli che erano con lui:
“Vedete queste montagne?- Ecco su queste montagne
rifulgerà la grazia divina; sorgerà una città grande e
molte chiese Dio innalzerà”. E salito su queste
montagne, le benedisse e (sulla cima) pose una croce, e
1
Sbriziolo 1971, p.11.
2
Gitermann 1973, pp. 37-38; Schenker 1995, pp. 56-57, Onasch 1969, p. 14; Conte
1991, p. 96-98; Grinev 1989, pp. 31-43.
9
pregò Iddio e discese da quelle montagne, dove più
tardi fu Kiev, e risalì lungo il Dnepr. E giunse presso
gli Slavi, là dove oggi è Novgorod, e vide qui gli
uomini che vi abitano, quali sono i loro costumi…E
andò dai Variaghi, e giunse a Roma, e raccontò, quanto
aveva appreso e quanto aveva visto…”
3
.
Secondo alcune cronache locali, S. Andrea, non solo predicò il
vangelo e battezzò gli abitanti di Novgorod, ma lasciò anche in ricordo il
proprio bastone pastorale, chiaro simbolo della “santità” e della “elezione”
della città a particolare centro religioso ortodosso
4
.
Il grado d’attendibilità della cosiddetta leggenda della “chiamata dei
Variaghi” e della leggenda dei viaggi apostolici di S. Andrea è
difficilmente verificabile, vista la carenza di fonti storiche concrete;
tuttavia, come spesso accade nel caso di leggende e miti, essa sicuramente
sorse in relazione ad una concreta situazione storica; aldilà dunque di
personaggi o situazioni improbabili, la sua nascita e soprattutto il suo
successivo inserimento all’interno della più antica cronaca russa, presente
in tutte le redazioni cronachistiche posteriori dei vari principati russi, fu la
3
Sbriziolo 1971, p. 6.
4
“E [Andrea] colà affondò un po’ il suo bastone nella terra, e da allora quel luogo fu
chiamato Gruzino (gruzit’=affondare n.d.r.)…e nel luogo in cui il santo apostolo piantò
il proprio bastone, fu costruito un santuario dedicato al santo apostolo Andrea, e, in
esso, fu posto quell’inestimabile e sacro tesoro, il salvifico bastone, sul quale vengono
raccontati molti inspiegabili miracoli, e che ancora oggi è [colà] esposto alla vista di
tutti…E questa Grande Novgorod, in relazione a Kiev, come in relazione a Roma, è
[così] divenuta la seconda Antiochia e ha acquisito il primo seggio in tutta la Russia”;
(“I tu žezlŭ svoj v zemlju pogruzi malo, i ottolě město ono prozvasja Gruzino… na tom
městě, idě že svjatyj apostolŭ žezlŭ svoj vodruzi, chram vo imja svjatago apostola
Andrěja postavljaetsja, i v nem bezŭcěnnoe i čestnoe ono sŭkrovešče – mnogocelebnyj
svjatago žezlŭ polagaetsja, o nem že mnoga i neispovědimaa skazujutsja čjudesa, iže i
dodnes’ vsěmi vidimŭ est’… i sej Velikij Novŭgrad – ot Kieva, jako že ot Rima – vtoraa
Antiochia byvaetŭ i v Rosii vsěj svjatitel’stvom pr’voprestol’stvuetŭ.”, Droblenkova,
Prochorov, 1986, pp. 524-526; v. anche Conte 1991, pp. 416-418; Pypin 1902, t. I, pp.
10
più chiara testimonianza della concreta importanza che l’eccezionale
esperienza politica e culturale, religiosa ed artistica della città rivestì nella
storia russa e, contemporaneamente, la più efficace attestazione del reale
riconoscimento del suo valore e contributo da parte dell’intera cultura
russa
5
.
1.2. La realtà storica.
Già molto prima dell’862, anno in cui la Povest’ vremennych let
colloca la leggenda della “chiamata dei Variaghi” e quindi la fondazione
ufficiale di Novgorod, nelle terre che in seguito avrebbero formato i
territori della città, si erano già insediate popolazioni slave, finniche e
scandinave
6
.
Una prima parvenza d’organizzazione statale comparve tuttavia
probabilmente soltanto nell’VIII secolo, quando cominciarono a giungere i
membri di una particolare tribù scandinava, originaria della Svezia centrale,
noti nelle fonti sotto il nome di Variaghi. Questi si sovrapposero alle
popolazioni slave locali, le quali, sotto la loro guida, riuscirono
gradualmente a liberarsi dell’influenza e della minaccia delle popolazioni
nemiche limitrofe e a dominare infine la ricca via fluviale che congiungeva
l’Europa settentrionale al Mediterraneo, la cosiddetta “via dai Variaghi ai
Greci” (put’ iz varjag v greki)
7
. Furono i discendenti dei primi Variaghi, a
riunire politicamente tutte le città disposte lungo tale via fluviale, a creare
318-320; Labunka 1998, pp. 83-86; Sinicyna 1998, pp. 297-299; Čaev 1945, pp. 16-17;
Sedel’nikov 1924, pp. 316-317).
5
Sul significato della leggenda v. Lichačëv 1989, pp. 78-79; Sbriziolo 1971, pp. XCVI-
XCVIII; Gitermann 1973, p. 38; Čaev 1945; p. 15-17.
6
Onasch 1969, pp. 13-14; Garzaniti 1988, p.17; Conte 1991, p. 26.
7
Vedi fig. 1; Onasch 1969, pp 11-13; Gitermann 1973, pp. 28-32; Garzaniti 1988;
pp.17-18, Conte 1991, pp. 94-98, 342-345.
11
importanti rapporti con Bisanzio e soprattutto a fondare il primo stato russo
della storia, la Rus’ con capitale a Kiev
8
.
La leggenda riflette quindi una verità storica quando attribuisce
all’aristocrazia scandinava un ruolo determinante nella storia russa; sembra
ormai assodato anche che lo stesso termine Rus’, Rusi, sia d’origine
scandinava (i Variaghi chiamavano se stessi Rodi o Rodhsi)
9
. Tuttavia la
leggenda riflette ancor meglio la particolare, se non eccezionale, posizione
di Novgorod all’interno della Rus’ kieviana.
Sin dai tempi più remoti dei primi insediamenti, apparve
immediatamente chiara la favorevole e naturale predisposizione geografica
della zona agli scambi di qualsiasi genere (commerciale, culturale ecc…);
la città di Novgorod sorse, infatti, lungo il fiume Volchov, e costituì ben
presto una delle tappe principali della “via dai Variaghi ai Greci”. Tra i
secoli X e XII in particolare, Novgorod vide il fiorire di un ricco e
variegato commercio, divenne il fulcro di un’intensa attività colonizzatrice
nel nord-est della Russia, e riuscì dunque ad ampliare enormemente i propri
possedimenti terrieri e la propria sfera d’influenza
10
.
La particolare posizione economica della città favorì anche lo sviluppo
di un singolare ordinamento politico, sancito, all’inizio dell’XI secolo, da
una “Gramota”, uno statuto speciale concessole dal gran principe Jaroslav
il Saggio, che, di fatto, le accordò l’abolizione del pagamento dei tributi a
Kiev e soprattutto la possibilità di eleggere dei governanti locali
11
.
8
Onasch 1969, pp. 17, 20-21; Poppe 1993, col. 1307; Garzaniti 1988, p. 18; Gitermann
1973, pp. 32-37, 40-45; Picchio 1968, p. 17; Conte 1991, pp. 98-100, 349-350, 369,
419-422.
9
Schenker 1995, pp. 57-60; Garzaniti 1988, p.17; Picchio 1968, pp. 16-19; Gitermann
1973, pp. 38-39; Conte 1991, pp. 93-96, 100-102.
10
Gitermann 1973 pp. 112-115; Poppe 1993 coll. 1306-1307; Onasch 1969, p. 22;
Petrov 1872, pp. 1-7.
11
Onasch 1969, pp. 20-21.
12
2. I secoli XII e XIII: la nascita della “repubblica”.
2.1. Le istituzioni di Novgorod.
La “Gramota” di Jaroslav il Saggio dette notevole vigore all’innata
tendenza della città verso una maggiore autonomia, tipica in fondo di tutte
le società commerciali e mercantili. La progressiva accentuazione di tale
tendenza determinò un’evoluzione della struttura politica di Novgorod in
senso spiccatamente democratico, cui risultato fu la comparsa di un assetto,
definito da molti, repubblicano
12
.
Determinante in tutto ciò fu la particolare composizione sociale della
città, la quale a differenza delle altre città russe, possedeva una classe
intermedia molto forte, composta da mercanti, artigiani e lavoratori di varie
specie
13
. Inoltre, i rapporti costanti e quotidiani con gli stranieri, che
avevano occupato interi quartieri della città, trasformarono anche la
mentalità tanto di nobili, quanto delle classi sociali più basse, portando
all’affermazione di una notevole tolleranza e democrazia
14
.
Mentre dunque il potere del gran principe di Kiev cominciava ad
entrare in un periodo d’indebolimento e decadenza, il quale sarebbe in
seguito culminato nella caduta della città in mano tatara, Novgorod ebbe la
possibilità di ampliare la propria autonomia e di sviluppare un sistema
statale particolare, sorprendentemente moderno e aperto se paragonato a
quello delle altre città della Rus’
15
.
12
Chorošev 1980, p. 21; Gitermann 1973, pp. 117-118.
13
Gitermann 1973, pp. 122-124; Onasch 1969, pp. 63-69; Sbriziolo, 2000, p.7.
14
Gitermann 1973, pp. 115-116; Onasch 1969, pp. 69-76;Garzaniti 1988, p. 49.
15
Orlov, Adrianova-Peretc, Gudzij 1945, p. 107; Conte 1991, pp. 368-371.
13
2.2. Il veče.
In primo luogo, dal XII secolo, crescente importanza acquisì
l’assemblea dei cittadini liberi della città, il cosiddetto veče, il quale
divenne ben presto l’organo supremo della vita politica e sociale della città.
Istituzione tra le più antiche presso le popolazioni slave
16
, a Novgorod
esso accolse non solo i rappresentanti delle classi più elevate, ovvero i
bojari, i mercanti e gli artigiani più influenti (žitye ljudi), bensì anche gran
parte dei membri delle classi inferiori, come, per esempio, i lavoratori delle
botteghe artigiane o del porto, i marinai e i lavoratori in genere (černye
ljudi); soltanto i servi (cholopy) e i contadini (smerdy) non ottennero alcun
diritto di rappresentanza
17
.
Chiamato a raccolta dal suono della famosa “campana del veče” ogni
qualvolta era necessario, l’assemblea arrivò ben presto ad occuparsi di tutte
le questioni più importanti della città, quali la discussione e l’approvazione
delle leggi, delle direttive economiche e dei rapporti commerciali, la
decisione della pace o della guerra. Inoltre, all’assemblea spettò anche il
compito di eleggere tutti i funzionari più importanti della città, quali il
principe, il posadnik, il tysjackij e il vladyka
18
.
Il veče fu dunque l’arena principale in cui si scontrarono gli interessi e
le posizioni dei vari ceti sociali; spesso gli scontri raggiunsero tale acutezza
da tramutarsi in risse, disordini o vere e proprie insurrezioni. Tuttavia,
proprio la possibilità d’esprimere apertamente le proprie posizioni costituì
16
Angermann 1997, coll. 1439-1440; Onasch 1969, p. 80; Conte 1991, pp. 150-151.
17
Onasch 1969, pp. 80-97.
18
Gitermann 1973, pp. 120-122; Poppe 1993, col. 1308; Onasch 1969, pp. 97-100;
Sbriziolo 2000, p.8.
14
anche la principale garanzia del carattere eccezionalmente democratico
dell’adunanza
19
.
2.3. Posadnik, tysjackij e principe.
La realizzazione delle decisioni e deliberazioni prese dall’assemblea fu
affidata a vari funzionari elettivi, le cui mansioni spesso furono
intenzionalmente intrecciate e sovrapposte, proprio a garanzia di maggior
equilibrio e tutela della democrazia
20
.
Al posadnik, massima carica cittadina, fu affidata in primo luogo la
gestione dei rapporti con l’estero, il comando supremo dell’esercito e la
suprema amministrazione della giustizia, nonché il controllo della
distribuzione delle altre cariche politiche
21
. Il tysjackij, termine di solito
tradotto con “comandante” o, letteralmente, con “chiliarca”, divenne il suo
aiutante principale, al quale spettò il coordinamento dei processi giuridici,
della riscossione delle tasse e soprattutto dell’attività commerciale della
città, compresa la stipulazione dei contratti mercantili con gli stranieri
22
. Il
terzo funzionario elettivo della città divenne il principe, le cui mansioni a
Novgorod furono limitate sostanzialmente alla guida dell’esercito e alla
difesa della città in caso di guerra, alla rappresentanza all’estero e
all’amministrazione della giustizia, da attuare peraltro sempre in accordo
con gli altri funzionari
23
.
19
Onasch 1969, p. 97-99.
20
Gitermann 1973, p. 120.
21
Gitermann 1973, p.121; Onasch 1969, p. 79; Poppe 1993, col. 1308; Sbriziolo 2000,
p.8.
22
Gitermann 1973, p. 121; Onasch 1969, p. 68; Poppe 1993, ibid.; Sbriziolo, 2000,
ibid..
23
Gitermann 1973, pp. 118-120; Poppe 1993, ibid.; Sbriziolo 2000, ibid..
15
La posizione del principe di Novgorod, assolutamente eccezionale se
paragonata a quella degli altri principi russi coevi, i quali detenevano un
potere pressoché incontrastato sulla propria città, fu forse la più chiara
manifestazione dell’affermarsi delle tendenze democratiche nella città. Dal
1136, in seguito, infatti, alla cacciata da parte della popolazione del proprio
principe, le autorità di Novgorod istituirono il principio della libertà di
scelta del principe (vol’nost’ v knjaz’jach): da quel momento in poi,
soltanto l’assemblea dei cittadini avrebbe potuto decidere dell’elezione,
della destituzione o dell’allontanamento del proprio principe. In seguito
s’affermò addirittura l’usanza di stipulare un vero e proprio contratto che
regolava le funzioni, i diritti e soprattutto, i doveri dei principi scelti
24
.
2.4. Il vladyka.
In assenza d’una forte autorità centrale, qual’era quella del principe
nelle altre città della Rus’, punto di riferimento della popolazione divenne
l’unica personalità in grado di prenderne il posto, vale a dire, il vescovo
della città, più noto col nome di vladyka
25
.
Il vladyka di Novgorod, inizialmente considerato soltanto la massima
autorità ecclesiastica e religiosa e la guida spirituale della città, fu costretto,
in seguito, dalla particolare situazione cittadina ad immischiarsi in maniera
crescente nella vita politica e sociale della città, svolgendo l’inestimabile ed
indispensabile funzione di pacificatore e mediatore tra le parti.
24
V. fig. 2; Gitermann 1973, pp.117-118; Onasch 1969, pp. 23-24; Poppe 1993, col.
1308; Sbriziolo 2000, pp. 7-8; Conte 1991, pp. 149-150; Vodoff 1989, pp. 53-58.
25
Onasch 1969, p. 100; Garzaniti 1988, p.81. Il termine vladyka (v. Sreznevskij 1989, t.
I, coll. 267-268; Vasmer 1896-1897, t. I, p. 327) contiene la medesima radice del verbo
vladěti(=governare, detenere il potere) e, analogamente all’antico greco δεσπότης,
indicava chiunque detenesse il potere, ovvero il “signore” o il “padrone”, tanto in senso
laico, quanto religioso (=Dio) e, soprattutto, ecclesiastico (=vescovo o arcivescovo).
16
Ritenendolo, per la natura stessa del suo mandato, assolutamente
imparziale e super partes, il vladyka fu pertanto chiamato a dire la sua in
tutte le questioni più importanti e, ciò determinò inevitabilmente la crescita
del suo potere e prestigio.
In particolar modo, nel XII secolo, una serie di riconoscimenti ed
avvenimenti comportarono il raggiungimento di una posizione eccezionale
ed unica del vladyka di Novgorod all’interno della gerarchia ecclesiastica
russa: nel 1137 fu, infatti, emanato uno statuto ecclesiastico speciale, il
“Cerkovnyj Ustav”, che sancì il diritto del vescovo all’acquisizione di
possedimenti terrieri, con un processo di accumulazione che peraltro
immediatamente fu intensificato; nel 1165 il patriarca di Costantinopoli
innalzò la cattedra di Novgorod alla dignità di arcivescovato, e, poco dopo,
le accordò l’indipendenza dal metropolita nella questione dell’elezione del
proprio titolare, il quale non doveva essere più nominato da Kiev, bensì
scelto dal veče tirando a sorte tra tre candidati originari della città
26
.
Nel corso del XIII secolo, il suo potere crebbe ulteriormente: col
passare del tempo, le competenze dell’arcivescovo s’allargarono, tanto da
arrivare a condizionare tutti gli aspetti politici, economici e sociali della
città. L’arcivescovo fu invitato, infatti, a presiedere tutte le istituzioni più
importanti, a gestire l’amministrazione della giustizia, nonché del fisco e di
tutte le entrate dello stato, delle terre della città e dei suoi monasteri, e a
svolgere anche la funzione di rappresentanza all’estero
27
.
26
Onasch 1969, pp. 26-28, 101-102; Poppe 1993, coll. 1308- 1309; Chorošev 1980,
pp.30-32, 36, 121-130; Sbriziolo 2000, pp. 8-9; Garzaniti 1988, pp. 44, 69.
27
Onasch 1969, pp. 28, 31, 100-101; Chorošev 1980, pp. 48-54.
17
Il vladyka divenne in sostanza il rappresentante più importante della
città e Santa Sofia il simbolo stesso della città: per tale motivo, la
popolazione gli tributò una particolare venerazione e considerazione,
destinate a scemare soltanto quando il suo potere divenne tale da
minacciare seriamente la struttura democratica della città; fintantoché,
infatti, la sua attività rimase nei limiti del rispetto delle istituzioni
repubblicane e il veče conservò il potere di nomina e deposizione, l’intera
cittadinanza riconobbe in lui la propria guida ed il garante delle “libertà”
che costituivano il principale motivo d’orgoglio della città
28
.
28
Infra cap. II, par. 3.4, 3.6, 3.7.
18
3. Il secolo XIV: Gospodin Velikij Novgorod.
3.1. L’età dell’oro.
Novgorod raggiunse la piena maturità politica nel XIV secolo. Proprio
in questo periodo, comparve nei documenti ufficiali una nuova titolatura
della città: Novgorod divenne “Gospodin Velikij Novgorod”, ovvero “Sua
Maestà la Grande Novgorod”.
Ed effettivamente, la sua potenza economica e politica raggiunse
allora la massima entità: le terre sotto il suo controllo si estendevano, ad est
fino agli Urali e, a nord fino alla linea costiera; gli scambi commerciali
raggiungevano i mercati dell’isola di Gotland e di tutti i porti principali
sulle rive del Baltico e si spingevano oltre, sino all’Inghilterra, alle Fiandre
ed altri remoti paesi; l’area cittadina era molto estesa ed arrivò ad ospitare
circa 50-60.000 abitanti; l’architettura, l’urbanistica, l’edilizia e un po’ tutte
le arti raggiunsero un livello assai elevato
29
.
Al contrario di quanto si possa pensare, tuttavia, il culmine dello
sviluppo politico, economico e culturale della città non avvenne
assolutamente in circostanze pacifiche. Il XIV secolo fu un periodo
contraddittorio: proprio quando Novgorod raggiunse la sua massima
grandezza, sorsero e si acuirono anche i problemi e gli squilibri che ne
avrebbero causato in seguito la rovina.
29
V. fig. 6; Onasch 1969, pp. 76-78; Poppe 1993, coll. 1306-1307; Gitermann 1973, pp.
112-117; Garzaniti 1988, p.81; Orlov, Adrianova-Peretc, Gudzij 1945, pp. 108-114;
Petrov 1872, pp. 8-9.
19
3.2. Il dominio aristocratico.
Primo grande ostacolo alla serenità della vita sociale, fu, senza dubbio,
l’inasprimento della lotta tra le classi agiate e quelle popolari. Scontri ed
insurrezioni non erano mai stati un’eccezione nella storia della città;
tuttavia, dalla fine del XIII secolo e, soprattutto, nel XIV secolo, i disordini
si verificarono con preoccupante frequenza e raggiunsero un’intensità e una
violenza mai vista prima
30
.
Presupposto di tali scontri fu il tentativo da parte della classe nobiliare
di accrescere il proprio potere a discapito, ovviamente, dei princìpi
democratici e delle istituzioni repubblicane. Gradatamente, infatti, i bojari
riuscirono a concentrare nelle proprie mani tanto il controllo delle
ricchezze economiche della città, quanto il controllo del potere politico;
alla fine del XIV secolo, tutte le posizioni chiave furono occupate dai nobili
e l’intero assetto repubblicano subì un’inevitabile involuzione in senso
oligarchico
31
.
Maggior promotore e garante di tale tendenza oligarchica divenne,
tuttavia, il vladyka, il quale, proprio allora, raggiunse il culmine del proprio
potere e prestigio, diventando, di fatto, non solo la personalità politica più
importante della città, ma anche il maggiore proprietario terriero e
mercante; divenne, infatti, quasi impossibile distinguere tra patrimonio
pubblico e patrimonio privato del vescovo, tra gestione dello stato e
gestione degli affari personali, tanto più che per svolgere anche le sue
responsabilità, il vladyka, ricorse al proprio apparato amministrativo, la
30
Alcuni esempi della gravità degli scontri e i disordini verificatisi nella città sono
ricordati da Sbriziolo (2000, pp.70-92), che propone in appendice alcuni estratti dalle
cronache di Novgorod (v. anche Onasch 1969, p. 79; Klibanov 1960, pp.86-87; Orlov,
Adrianova-Peretc, Gudzij 1945 p. 109).
31
Chorošev 1980, pp. 40-41, 56-57; Onasch 1969, p. 100; Poppe 1993, col. 1308,
Sbriziolo 2000, p. 12; Klibanov 1960, p. 92; Garzaniti 1988, p. 81.
20
cosiddetta Casa di Santa Sofia (Dom Svjatoj Sofii), dal nome della
cattedrale simbolo della città
32
.
Proprio allo scopo di salvaguardare i propri interessi, i quali vennero
dunque a coincidere con quelli della grande nobiltà latifondista e
mercantile, il vladyka attuò una politica di mutuo sostegno ed alleanza con
la nobiltà, la quale trovò massima espressione nell’istituzione di un nuovo
organo collettivo presieduto dal vescovo stesso. Il Sovet Gospod, ovvero il
Consiglio dei Signori, ebbe inizialmente la funzione di preparare le
proposte di legge da presentare al veče; ma, in relazione alla crescita del
peso politico dei suoi membri, divenne infine la suprema autorità della
città, limitandosi a dettare le proprie disposizioni all’assemblea, senza
possibilità di discussione
33
.
3.3. La rivolta e l’eresia.
L’esclusione delle classi medio-basse dal potere politico ed economico
portò inevitabilmente allo scoppio di molti disordini e rivolte, che
raggiunsero spesso carattere di vere e proprie insurrezioni contro la classe
dominante, culminanti con violenti episodi di linciaggio delle personalità
politiche ritenute responsabili della situazione.
L’ira e la frustrazione del popolo erano dirette contro l’intera classe
dominante nel suo insieme, vale a dire non soltanto contro i bojari e i ricchi
possidenti, bensì anche contro l’alto clero e, primo fra tutti, contro il
vladyka. L’enorme devozione e venerazione tributatagli in precedenza dalla
popolazione lasciarono, infatti, il posto ad un’altrettanto dura condanna e
biasimo per l’evidente corruzione in cui il vescovo e tutto l’alto clero
32
V. figg. 4 e 5; Chorošev 1980, pp. 57-59, 129-150.
33
Onasch 1969, pp. 101-102; Poppe 1993, col. 1308; Garzaniti 1988, p. 81.
21
vivevano, in palese contraddizione con le più genuine norme cristiane. Ad
una protesta di carattere sostanzialmente sociale, si sovrappose, dunque,
una contestazione di carattere spiccatamente anticlericale, la quale fu in
seguito accusata d’eresia ed apostasia dalla vera fede
34
.
La cosiddetta eresia degli “strigol’niki” nacque come movimento di
riforma, teso a migliorare tanto la situazione sociale, quanto quella
ecclesiastica e giunse a posizioni assai più radicali, effettivamente vicine
all’eresia, soltanto come reazione alle dure persecuzioni e condanne. Nato
nella seconda metà del XIV secolo a Pskov e in seguito diffusosi anche fra
la popolazione e alcuni esponenti del basso clero e dei monaci di
Novgorod, il movimento degli strigol’niki ancora oggi presenta molti punti
oscuri; per esempio, la stessa origine del termine con cui essi sono
identificati, (strigol’niki, strigol’ničestvo) è dubbia
35
. Sembra assodato
comunque che gli eretici criticassero in particolare la pratica comune della
simonia (postavlenie po mzde) e della corruzione generale nella chiesa e su
questa base, pertanto, contestassero l’autorità della chiesa e della sua
gerarchia, nonché la liceità d’alcuni sacramenti da essa amministrati (in
particolare la confessione, la comunione e tutti i riti legati ai defunti)
36
.
Data la pericolosità del movimento, che affondava la proprie radici nel
forte malcontento sociale, le autorità di Novgorod sostennero la politica del
vescovo, tesa allo sradicamento totale del dissenso: dal 1375, con la
dimostrativa condanna a morte d’alcuni esponenti di spicco del movimento,
34
Klibanov 1960, pp. 85, 89-93, 120; Chorošev 1980, pp. 71-72.
35
Per alcuni esso deriva dal verbo antico russo “striči”, che significa tagliare, tosare e
di conseguenza indicava il mestiere di tosatore o barbiere; per altri esso alludeva ad un
particolare rito che dovevano compiere i novizi per entrare nella setta, ovvero una
particolare tonsura (“strižka”); altri infine pensano che il termine indicasse il clero
scomunicato (“rasstriga”) (Choroškevič 1997, col. 244; Klibanov 1960, pp. 133-135;
Onasch 1969, pp. 151; Conte 1991, pp. 512-513).
36
Klibanov 1960, pp. 121-133; Chorošev 1980, pp. 72-74; Onasch 1969, pp. 152-154;
Choroškevič 1997, coll. 244-245; Garzaniti 1988, p.82; Conte 1991, pp. 512-513;
Picchio 1968, pp.184-185.
22
iniziò la repressione e la persecuzione dei dissidenti, la quale portò ad una
definitiva scomparsa della setta agli inizi del XV secolo
37
.
3.4. La Moscovia o la Lituania?
La repressione del movimento degli strigol’niki e dei disordini
cittadini ad esso connessi non portarono ad alcun superamento delle
tensioni sociali, le quali furono ulteriormente aggravate dalla
preoccupazione della costante minaccia dei nemici esterni.
La minaccia esterna era sempre presente durante tutta la storia della
città fin dalle sue origini: nel XII secolo avevano attentato all’indipendenza
di Novgorod i principi di Vladimir e Suzdal’, soprattutto il principe Andrej
Bogoljubskij (1157-1174); nel XIII secolo era stata la volta della Svezia e
dei Cavalieri Teutonici, respinti efficacemente dal principe Aleksandr
Nevskij (1219-1263), e dei tatari, i quali avevano imposto alla città un
tributo
38
. Fino allora, Novgorod era comunque riuscita a mantenersi libera e
a prosperare; tuttavia, nel XIV secolo, la città si trovò a far fronte ad una
realtà politica assai diversa e particolarmente insidiosa.
Nel XIV secolo si affacciarono prepotentemente ai suoi confini due
potenze, che miravano entrambe a espandersi verso il Mar Baltico e a
impossessarsi dei ricchi traffici commerciali di quelle zone; si trattava, da
un lato del Gran Principato di Lituania, che, nato alla fine del XIII secolo
sulle terre che un tempo avevano costituito la Rus’ kieviana, nel 1386,
tramite unione dinastica, fu unificato al Regno di Polonia e, dall’altro, del
Principato di Mosca, il quale, dal XIII secolo, aveva attuato una vera e
propria politica di “accumulazione delle terre russe” e che si trovava ora ad
37
Chorošev 1980, pp. 74-76; Garzaniti 1988, ibid..
38
Sbriziolo 2000, pp. 9-12; Onasch 1969, pp.31-53; Poppe 1993, coll.1309-1310;
Gitermann 1973, pp. 94, 127; Garzaniti 1988, p. 53; Conte 1991, p. 381.
23
essere l’unico principato in grado di opporsi alla dominazione dei Tatari
dell’Orda d’Oro
39
.
Entrambi i regni consideravano la conquista di Novgorod la Grande
una logica conseguenza del loro naturale movimento espansionistico e
certamente la città non avrebbe mai potuto reggere all’attacco anche solo di
una delle due potenze. L’unica speranza di salvezza di fronte a simili
minacce, era costituita dallo sfruttamento dell’antagonismo tra le due
potenze: soltanto concedendo ora all’una ora all’altra degli apparenti
privilegi, la città poté conservare tanto a lungo ed addirittura accrescere la
propria autonomia e libertà
40
.
Fu questo appunto lo scopo perseguito dalle autorità di Novgorod, con
maggiore o minore efficacia, durante tutto il XIV secolo ed in seguito. Tra
tutti si distinse per le sue particolari capacità diplomatiche, l’arcivescovo
Vasilij (1331-1352), detto “Kalika”, ovvero “il pellegrino” in seguito ai
suoi lunghi viaggi in Terra Santa, il quale, riuscì a garantire un periodo di
relativa serenità alla città
41
.
Dopo la sua morte, tuttavia, l’equilibrio fu messo in crisi dalle
rinnovate lotte fra le fazioni. La città si scisse letteralmente in due partiti:
da un lato, le classi inferiori cominciarono a propendere per Mosca, dove il
ruolo della nobiltà era notevolmente ridotto dal potere del principe;
dall’altro, la classe dominante, cominciò invece a parteggiare per
un’alleanza col regno polacco-lituano, dove, notoriamente, i nobili
godevano di enormi privilegi
42
.
39
V. fig. 7; Onasch 1969, pp. 54-55; Poppe 1993, col. 1310; Chorošev 1980, pp.56;
Garzaniti 1988, pp. 79-83.
40
Poppe 1993, col. 1310.
41
V. infra cap. II, par. 3.3.4.
42
Sbriziolo 2000, p. 13; Gitermann 1973, pp. 147-148.