2
Dalla sua prima comparsa nella mitologia popolare (la prima testimonianza
riguardante l’esistenza di un essere non-morto che si nutre del sangue dei vivi può
farsi risalire al 3000 a.C.)
8
, il vampiro è stato considerato un mostro, un abominio,
una creatura degli inferi, la cui sola esistenza è un insulto ed una minaccia per la
razza umana.
Temuti e perseguitati in tutti i tempi, da tutti i popoli, come dimostrano anche i
sistemi di protezione ed eliminazione ricorrenti in svariate culture, essi si sono
trascinati per secoli in una duplice tenebra, quella della notte che li ha generati, e
quella dell’anonimato, della perenne dissimulazione della loro natura.
Ma nei primi decenni dell’800, alle soglie della nuova era, il mondo è pronto a dare
spazio anche ai vampiri.
In un’epoca in cui tutto muta con eccezionale rapidità, in cui le città cambiano faccia,
gli uomini ideali, ed il progresso e la decadenza sembrano lanciati in un galoppo
parallelo senza freni né limiti, il vampiro sorge dalla tenebra e si rivela per ciò che è.
E la nuova, giovane umanità, se ne innamora.
Dalle leggende slovene e moldave, in cui creature più simili ad animali che a uomini,
prive d’intelligenza e coscienti solo della propria fame, strisciavano fuori dalle
tombe, per succhiare il sangue dei propri congiunti, al conte Dracula, raffinato
gentiluomo che, pur non bevendo mai... vino, non sfigurerebbe a nessuna tavola del
bel mondo, e che col suo charme turba i sogni verginali di giovani e ignare fanciulle,
il passo è più breve di quanto non sembri.
Lo stesso Bram Stoker, per dare vita al suo famigerato conte, si è a lungo
documentato nella biblioteca del British Museum proprio sulle leggende riguardanti
gli “upiri” che infestavano da sempre la Romania e dintorni.
Ma, nel frattempo, qualcosa era cambiato.
8
Marigny, Jean, Sang pour sang: le réveil des vampires, Evreux : Gallimard, 1993, p.14
3
L’Illuminismo e la Rivoluzione francese avevano spazzato via la volgare
superstizione, e le nazioni civilizzate non avevano più alcun interesse per larve
zannute fuoriuscenti dalla terra.
Il vampiro non aveva più bisogno di nascondersi per il semplice fatto che a nessuno
importava più niente di lui.
A questo punto il suo mito avrebbe potuto estinguersi, spazzato via dal vento del
progresso, oppure evolversi.
Trattandosi di un mito di così vecchia data, dovette apparire naturale a più di un
letterato prendersi a cuore la sua sopravvivenza, preoccupandosi, al contempo, di
creare una nuova maschera per i figli delle tenebre del nuovo secolo.
Dopo che gli epigoni del genere ebbero aperto la strada, furono molti gli autori di
rilievo che vi si cimentarono, almeno in un’ occasione: Théophile Gautier
9
, Guy de
Maupassant
10
, Alexis Tolstòj
11
...
Il nuovo mondo aveva accolto il vampiro tra i suoi figli prediletti, e la sua nuova
maschera piaceva, piaceva molto ai mortali, anche e soprattutto in virtù delle valenze
simboliche di cui era investita.
Ma torniamo al teatro del boulevard.
Siamo in un epoca in cui teatro è, più che mai, sinonimo di svago e divertimento, un
genere di consumo indirizzato ad un pubblico quanto mai vario ed eterogeneo,
desideroso di continue novità.
Le luci della ribalta si accendono anche sul vampiro, proteggendolo, al contempo,
dalla realtà, ed egli, creatura istrionica ed esibizionista per natura, può finalmente
prendersi la sua rivincita sul mondo dei vivi.
9
Gautier, Théophile, La morte amoureuse, “La Chronique de Paris”, 23-26 giugno 1836; tr. it. Ornella Volta, La
macabra amante, a cura di Vadim, Roger e Volta, Ornella, I vampiri tra noi: 37 storie vampiriche, Milano : Feltrinelli
Editore,1960, pp.184-209
10
de Maupassant, Guy, L’Horlà, Hollendorf , Paris, 1887; tr. it. Mario Picchi, Guy de Maupassant, Tutte le novelle,
Roma : Casini, 1956, vol. III, pp.123-139
11
Tolstoj, Alexis, La famille du Vourdalak, (1847 ca.), I ed. “Revue des Etudes slaves”, t. XXIV, 1950; tr.it. Ornella
Volta, La famiglia del vurdalak, I vampiri tra noi, cit., pp.248-275
4
Questo trionfale ingresso del vampiro sulla scena non è solo una brillante trovata
romanzesca di Anne Rice: il mito entra veramente nel teatro dell’800, come
personaggio e come simbolo.
I testi letterari più famosi vengono adattati per la scena immediatamente dopo la loro
pubblicazione, ed infinite imitazioni e parodie sorgono intorno alle principali
produzioni teatrali, creando un corollario multiforme e variegato al diffondersi del
mito. Le figure del crudele e sanguinario gentiluomo e della bella donna dal bacio
fatale entrano a far parte della cultura spettacolare molto tempo prima dell’avvento
del cinema, e anche laddove il testo teatrale non fa direttamente menzione del
vampiro, ecco tuttavia la sua ombra allungarsi minacciosa (proprio come nel
capolavoro di Murnau), a deformare la realtà della scena, ad esprimere qualcosa che
nessun’altra maschera potrebbe esprimere con altrettanta efficacia.
Non più costretto a nascondersi, il mostro si confonde con l’evento spettacolare, ed il
teatro-vampiro avvince a sé l’incauto spettatore in un abbraccio fatale.
5
Premessa
L’Italia non è stata risparmiata dalla diffusione di un teatro vampirico, fin da quando
questo genere particolare ha fatto la sua comparsa.
Ciononostante, non esistono studi specifici sull’argomento, e ciò mi ha costretta a
“disertare” il nostro paese, rivolgendo la mia attenzione per lo più alla Francia,
all’Inghilterra e all’America.
Mi supportano nella ricerca, e nella volontà stessa d’intraprenderla, alcuni testi di
studiosi inglesi e americani, che, oltre agli occasionali riferimenti all’argomento
estratti dalla folta saggistica pubblicata anche in Italia sui vampiri, mi hanno fornito
lo stimolo e il materiale su cui lavorare.
Ho scelto di suddividere il presente studio in due parti principali, più un’appendice,
svolta in risposta ad un desiderio personale di rendere omaggio, a mio modo, ad una
delle maggiori autrici contemporanee del genere: Anne Rice.
Con tutti i limiti e le incongruenze riscontrabili nella sua opera, ella rimane una delle
principali interpreti della figura del vampiro in chiave moderna, come simbolo e
specchio del disagio esistenziale comune tanto agli immortali quanto ai mortali che
vivono in quest’epoca. Alla visione del teatro, reale e immaginario, ricorrente nei
romanzi del suo ciclo sui vampiri, ho voluto dedicare l’appendice conclusiva del mio
studio.
La prima parte dello stesso presenta il mito del vampiro in tutte le sue manifestazioni
storiche, sociali, folkloriche, artistiche, dalle origini ad oggi.
Ho dato per scontato che la maggior parte della gente sa dei vampiri ciò che si vede
nei film della Hammer degli anni ’40, che poco o nulla ha a che vedere col mito:
questa mia “introduzione propedeutica” al vampirismo dovrebbe rendere giustizia ai
figli della notte.
6
Il primo capitolo tratta della definizione di “vampiro”, della sua origine storica, e
dell’evoluzione della leggenda nel corso dei secoli, fino al dibattito settecentesco e
agli studi più recenti.
Il secondo capitolo esamina le tre chiavi di lettura del mito: la paura della morte; la
sete di sangue; la simbologia sessuale. Riguardo all’ultimo punto, mi soffermo a fare
un rapido excursus sui vari generi di amore vampirico desunti dalla letteratura di ieri
e di oggi.
Il terzo capitolo raccoglie in una bibliografia essenziale quelle che sono considerate
universalmente le opere maggiori scritte sull’argomento, da The Vampire di Polidori
a Dracula di Bram Stoker, fino a Interview with the Vampire di Anne Rice.
Il quarto capitolo, infine, getta uno sguardo sul vampirismo oggi, nelle sue
manifestazioni sociali, culturali, religiose.
La seconda parte tratta in particolare dello sviluppo del mito vampirico nel teatro a
partire dall’800, fino alle produzioni più recenti di questo secolo.
La documentazione più completa a riguardo mi è stata fornita dall’accuratissimo
studio di Roxana Stuart
12
, che tratta delle trasposizioni teatrali del mito a partire dal
1820, soprattutto in Francia e Inghilterra, e del confronto tra le due principali figure
di vampiro portate sulla scena: Lord Ruthven e il Conte Dracula.
Il primo capitolo tratta, in generale, del melodramma francese, introducendo, nel
capitolo successivo, Le Vampire di Charles Nodier, e le imitazioni e parodie da esso
nate.
Nel terzo capitolo esamino la situazione del teatro in Inghilterra, per poi soffermarmi
sulla tradizione melodrammatica e su The Vampire, or the Bride of the Isles di
Planché, The Vampire di Moncrieff ed altri.
Col quarto capitolo mi sposto in Germania, con Der Vampyr di Marschner e The
Vampire Bride di Blink.
7
Nel capitolo successivo torno in Francia, con Le Vampire di Dumas père e le opere di
Boucicault.
Infine il sesto capitolo esamina brevemente le produzioni tratte da Dracula di Stoker
dal 1897 a oggi.
Desolante, da questo punto di vista, la documentazione riguardante i pur numerosi
spettacoli di questo genere rappresentati in Italia fin dalla metà del secolo scorso.
Soltanto Fabio Giovannini, forse il maggior esperto di vampiri in Italia, si è
preoccupato d’includere nel suo volume Il libro dei vampiri
13
un elenco di
rappresentazioni teatrali ispirate alla letteratura vampirica, accludendovi anche quelle
tenute dal 1980 in poi, in Italia.
Ci auguriamo che il presente studio possa fungere da stimolo per rivelare aspetti
insoliti e ancora non svelati di una delle figure leggendarie più famose di tutti i tempi,
che non ha risparmiato nessun campo d’espressione umana, e che ha popolato
l’immaginario di generazioni di artisti.
12
Stuart, Roxana, Stage Blood: vampires of the 19
th
-Century stage, Bowling Green : Bowling Green State University
Popular Press, 1994
13
Giovannini, Fabio, Il libro dei vampiri: dalla leggenda alla presenza quotidiana.
Bari : Dedalo, 1985
8
Parte prima
La stirpe delle tenebre
9
Capitolo I
Origini
“Il Signore soccorra chi va per le strade di notte,
quando ulula il lupo,
quando il topo corre a rifugiarsi nella fogna,
quando tremano le foglie degli alberi,
quando la luna gronda sangue.
Ogni viandante può essere lo spettro del Vampiro,
e tu guardati dall’incrociare il tuo sguardo col suo.
Può succhiarti il sangue fino all’ultima stilla;
battendo l’ali del suo mantello nero,
il maledetto figlio del Demonio,
che non riposa in pace nella sua tomba”.
(Canto popolare della Transilvania)
Definizione
Chi è - o che cosa è un vampiro?
E’ fondamentale dare una risposta a questa domanda, prima d’intraprendere qualsiasi
studio sull’argomento.
Massimo Introvigne
8
osserva come numerosi studi, che promettono di trattare di
vampiri, non siano affatto fedeli al loro titolo. Essi parlano di spettri, lupi mannari,
criminali necrofili che devastano le tombe e di morti che appaiono in varie forme:
nessuna di queste figure corrisponde, propriamente, al vampiro.
Lo studioso prosegue fornendo una sua definizione di vampiro, atta a restringere il
campo d’indagine sull’argomento. Egli definisce il vampiro “una persona umana
morta, che appare ai viventi col suo corpo, e si sostiene con il loro sangue”
9
.
8
Introvigne, Massimo, La stirpe di Dracula: indagine sul vampirismo dall’antichità ai nostri giorni, Milano :
Mondadori, 1997, pp.13-14
9
ibid., p.15
10
Roxana Stuart
10
riassume le caratteristiche della creatura, pur con le dovute eccezioni,
nel seguente schema:
1. Il vero vampiro è un corpo morto, non un fantasma, né uno spettro o un demone.
2. I vampiri possono essere vittime di una epidemia o di una malattia infettiva, o
appartenere ad una razza distinta da quella umana; non sono necessariamente
connessi con Satana e le forze degli inferi.
3.Essi possiedono forza sovrannaturale, e sono molto potenti soprattutto di notte.
4.Essi si nutrono del sangue dei vivi.
5. Sono praticamente immortali.
6. Possono comandare agli animali inferiori, e possono mutarsi in lupi e pipistrelli.
7. I vampiri vivono nelle tombe e sfuggono la luce.
8. Benché già “morti”, essi sono molto difficili da eliminare.
Per quanto esauriente, questo schema non è applicabile a tutti i vampiri.
Lord Ruthven, per esempio, uno dei vampiri più famosi del XIX sec., non si potrebbe
qualificare come vero vampiro, in quanto non beve letteralmente sangue. Così, molti
vampiri “moderni” non rientrano in una o più delle caratteristiche sopraelencate.
Il vampiro Louis
11
, intervistato dal reporter Daniel Molloy, ride alle sua domande
sulla sua presunta paura dei crocifissi e dei pioli di legno, negando al contempo di
avere la facoltà di assumere una qualunque forma diversa dalla propria. D’altra parte,
i vampiri di Anne Rice hanno, in certi casi, la facoltà di volare, e, come già il Dracula
di Stoker, se abbastanza antichi, di aggirarsi di giorno, quando il cielo è nuvoloso,
senza essere ridotti in cenere .
Fin dal suo apparire nella letteratura, il mito del vampiro è stato trattato con la
massima arbitrarietà, come metafora poetica e, in quanto tale, aperto ad infinite
modificazioni.
10
Stage blood, cit., pp.22-23
11
Intervista col vampiro, cit.
11
Altri studiosi, come M.D. Cammarota Jr.
12
e Ornella Volta
13
, rinunciano a fornire una
definizione di “vampiro”, preferendo catalogarne le varie specie e sottospecie
incontrate nel corso delle loro ricerche.
In ciò, la catalogazione della Volta appare quanto mai particolareggiata, includendo,
per ciascuna specie vampirica, la località di provenienza, le caratteristiche specifiche,
il canale di trasmissione (come si diventa tali... ), le attività e i sistemi di protezione
ed eliminazione da usarsi.
D’altra parte la studiosa, che raccoglie nel suo volume, oltre a testimonianze su
vampiri africani, australiani, assiri, greco-romani, anche documentazioni su casi di
“veri” vampiri (ovvero, criminali necrofili e cannibali), viene accusata dall’Introvigne
di usare in modo troppo liberale il termine “vampiro”, utilizzandolo per definire
spesso demoni, divinità, personaggi mitologici o morti malevoli che però non si
cibano di sangue
14
.
Origine e provenienza
E’ difficile, se non impossibile, stabilire con esattezza quando una creatura dalle
caratteristiche omologabili a quelle del vampiro abbia fatto la sua comparsa nel
folklore. Citazioni di tali esseri si ritrovano già nell’antico Egitto
15
, e alcuni studiosi
hanno riscontrato la presenza di morti viventi succhiatori di sangue nella Cina del VI
sec. A.C.
16
Nel congresso tenuto a Cerisy-la-Salle, in Francia, nell’agosto del 1992 - una delle
principali occasioni di discussione accademica sul tema -, si contrapposero
sostanzialmente due teorie sull’origine della credenza.
12
Cammarota Jr., Domenico, I vampiri: arte, cinema, folklore, letteratura, teatro, storia & altro, Roma : Fanucci, 1984
13
Volta, Ornella, Il vampiro, Milano : Sugar, 1964
14
La stirpe di Dracula, cit., pp.26-27.
15
McNally, Raymond - Florescu, Radu, Alla ricerca di Dracula, Milano : Sugar, 1973
16
Sang pour sang, cit.
12
Secondo la prima, il vampiro è antico quanto la storia umana, e le sue origini
risalgono alla notte dei tempi, mentre la seconda ritiene che il vampiro, come oggi noi
lo conosciamo, nasca soltanto nell’Europa del XVIII sec. sulla base di materiale
seicentesco
17
.
Altri studiosi, come l’Introvigne e la Stuart, distinguono cinque principali teorie:
l’origine “universale” o preistorica, l’origine sciamanica, l’origine orientale, l’origine
europea antica o medioevale, l’origine moderna.
A) origine universale
Montague Summers ha sostenuto, con ampia dovizia d’argomenti, la tesi dell’origine
“universale” del vampiro, nel suo volume The vampire: his kit and kin
18
.
“La tradizione” dichiarava Summers “è mondiale, e di un’antichità senza data”
19
.
Lo proverebbero esempi tratti dalle credenze di un buon numero di tribù africane, e
dai resoconti assiri, arabi, cinesi, mongoli, greco-romani, scandinavi e celtici.
I sostenitori di questa teoria “universale”, secondo cui il vampiro esisterebbe fin dalla
preistoria, postulano che le origini del mito si trovino nella paura dei morti, più antica
di qualsiasi religione, e che nessuna religione è mai riuscita ad esorcizzare
completamente. Su questo punto torneremo più avanti, parlando delle tre “chiavi
d’accesso” alla comprensione del mito vampirico.
B) origine sciamanica
In anni recenti, specialisti ungheresi come Eva Pocs e Gabor Klaiczay, e l’italiana
Carla Corradi Musi, docente di filologia ugrofinnica presso l’Università di Bologna
20
,
hanno sostenuto che l’origine del vampiro sia rintracciabile nell’area sciamanica.
L’area di diffusione dello sciamanesimo va dal mondo celtico alla Siberia, e dagli
Indiani d’America alla Scandinavia e all’Europa orientale.
17
Colloque de Cerisy. Les Vampires, Parigi : Albin Michel, 1993
18
Summers, Montague, The vampire: his kit and kin, New Hyde Park : New York University Books, 1960
19
ibid., p.IX.
20
Corradi Musi, Carla, Vampiri europei e vampiri dell’area sciamanica
Messina : Rubettino, 1995
13
In queste culture, non era ammessa soluzione di continuità tra il mondo dei vivi e
quello dei morti, e le credenze religiose hanno poco a che vedere con quelle
occidentali. Secondo tali credenze, il passaggio tra la vita e la morte è visto come un
viaggio iniziatico tra due mondi paralleli, opposti e complementari
21
.
Poiché tale viaggio era tutt’altro che facile, il defunto poteva essere tentato di
rinunciarvi, cercando di far ritorno al mondo dei vivi.
Ciò avveniva soprattutto se il suo corpo non si era ancora decomposto, e questo
spiega tutta una serie di rituali atti a favorire la putrefazione della salma, o,
addirittura, la distruzione della stessa.
Un morto che, nonostante tutte le precauzioni, rifiutasse di intraprendere il viaggio
verso l’aldilà, costituiva un elemento turbativo nell’ordine cosmico. Esso poteva
arrivare ad attaccare i vivi per succhiare il loro sangue, che, anche nell’area
sciamanica, era simbolo di vita.
“Il vampiro(...) nella sua ancora più singolare realtà di ‘non-morto’ e di ‘non-vivo’,
era già di per sé una figura trasgressiva, in quanto espressione di una condizione
assolutamente innaturale (...). Nella visione sciamanica il vampiro, non potendosi (...)
reincarnare, ostacolava il collegamento tra il mondo ultraterreno e quello umano”
22
.
In questo, come per altri aspetti, il vampiro è da considerarsi un anti-sciamano, un
contraltare dello sciamano: mentre lo sciamano è, con la sua capacità di viaggiare dal
mondo dei vivi a quello dei morti, garante della regola e dell’ordine cosmico, tramite
attraverso il quale la vita, passando attraverso l’esperienza della morte, si rinnova e
prospera, “l’infecondo vampiro” , incapace di effettuare il passaggio tra le due realtà
“provoca la sterilità”
23
.
21
ibid. p.85.
22
ibid., p.85.
23
ibid., p.65.