IV
Ciò ha comportato profondi riflessi sulla cultura e su tutte le scienze. Gli ambiti
maggiormente interessati dal cambiamento sono stati la Scuola, l’Università, la
Pubblica Amministrazione e le professioni. La Società nel suo insieme è stata
investita da una vera e propria rivoluzione dagli effetti paragonabili solo a quelli
provocati nel diciannovesimo secolo dalla Rivoluzione Industriale.
Si sta portando a compimento lo sviluppo di quella che è stata definita la “società
dell’informazione”, dove i servizi tendono a prevalere sui manufatti e dove la
conoscenza, le informazioni e l’intelligenza prendono il posto delle materie
prime come fattori strategici di sviluppo.
La portata di questa rivoluzione “telematico virtuale”
1
, determinata dalla
convergenza tra telecomunicazioni e informatica, è tale da determinare un
momento di netta frattura con il passato in ogni singolo campo del vivere sociale.
Per effetto del computer e delle sue innumerevoli applicazioni, la matematica, la
fisica, l’arte, ma anche la politica continuano a subire mutamenti radicali.
Non è esente da questa rivoluzione nemmeno il diritto. L’esigenza di una
regolamentazione dei nuovi modi di agire e dei nuovi rapporti, ha dato vita ad
una nuova branca della scienza giuridica, denominata “diritto dell’informatica” o
“cyberlaw”.
Il computer, dagli anni Ottanta ai giorni nostri, ha creato al vivere sociale
problemi che il legislatore ha dovuto affrontare.
Ancora più di recente, la rapida evoluzione delle Information and
Communication Technologies (ICT), ha creato nella società nuove possibilità,
nuovi interessi e nuovi pericoli. Essi non costituiscono solo un interessante
oggetto di cronaca e di studio dal punto di vista socio economico, ma diventano
sempre più oggetto privilegiato di analisi giuridica.
Le dimensioni raggiunte da Internet non rendono più possibile un sistema che si
basi esclusivamente sull’entusiasmo di volontari pionieri del web.
1
E. TOSI, “I problemi giuridici di Internet”, Milano, 2001, p. 2.
V
Per poter essere gestita, la rete ha bisogno di un afflusso sempre maggiore di
risorse, di profitti da investire e di un sistema di regole in grado di garantire agli
operatori la “certezza” del diritto.
La continua evoluzione e il dinamismo della materia richiedono tuttavia una
notevole flessibilità, una certa preparazione tecnica ed anche una conoscenza
particolarmente specialistica.
Il giurista si trova a lavorare accanto all’informatico, al sociologo,
all’economista, al politologo, dunque deve operare una sintesi tra le diverse
dimensioni con cui procedere alla lettura e alla definizione degli scopi del suo
intervento, tenendo presente la base di partenza – il diritto esistente – per
elaborare le regole con cui intende governare la materia.
Tra i fenomeni, più recenti, che il giurista si trova ad affrontare, emerge il
problema dello sfruttamento economico e commerciale della rete.
Nata in ambienti militari ed accademici (la data cui si fa generalmente
riferimento è il 1969), Internet si è sviluppata rapidamente come strumento di
comunicazione, prima scientifica e poi interpersonale (la cosiddetta dimensione
ludica della rete).
Verso la metà degli anni Novanta del secolo scorso, ha quindi iniziato a
diffondersi, prima negli Stati Uniti e poi in Europa, il commercio elettronico.
Tale espressione riassume tutte le possibili transazioni eseguite tramite computer
e reti telematiche e presenta delle caratteristiche così peculiari, da assurgere a
nuovo paradigma economico.
Tale fenomeno, se da un lato fa “storcere il naso” ai fautori del “buon vecchio
mercato sotto casa” (i quali già rimpiangono il contatto umano con il negoziante
all’angolo e il pagamento “brevi manu” con il denaro contante) dall’altro lato è
innegabile che costituisce un fattore di democratizzazione e di libertà, poiché
consente di ottenere in breve tempo ed a costi ridotti, beni e servizi direttamente
a casa propria o in qualunque posto ove vi sia la possibilità di un collegamento
alla rete.
VI
Inoltre, appare opportuno considerare che il commercio telematico, a determinate
condizioni, potrebbe contribuire allo sviluppo dell’economia di zone
tradizionalmente escluse dall’orbita della grande distribuzione.
Per via elettronica possono essere poste in essere la commercializzazione di beni
e servizi, la distribuzione di contenuti digitali, l’effettuazione di operazioni
finanziarie e di borsa, la formalizzazioni degli appalti pubblici e le altre
procedure transattive delle pubbliche amministrazioni.
In realtà il commercio elettronico non è uno strumento completamente nuovo;
per anni le imprese si sono scambiate dati commerciali utilizzando varie reti di
comunicazione. Tuttavia, se in passato, le reti telematiche erano appannaggio di
poche grandi società, oggi, il loro utilizzo è diventato accessibile a tutti: privati
cittadini, piccole e medie imprese.
Ciò ha dato vita ad una complessa gamma di attività commerciali, svolte su scala
globale da un crescente numero di partecipanti e ha dato origine a numerosi
problemi di ordine giuridico interessanti trasversalmente vari settori del diritto,
da quello privatistico a quello pubblicistico, il tutto, ovviamente, con riflessi
internazionali.
L’introduzione di logiche economiche in un universo polverizzato e spontaneo,
quale è Internet, ha portato a conseguenze di non facile interpretazione per i
meno esperti.
L’origine storica di Internet ne fa infatti una rete poco adatta alle transazioni
commerciali.
L’assenza di gerarchie prestabilite e l’elevato grado di transnazionalità che la
caratterizzano, impediscono ogni efficace controllo dell’accesso e degli scambi.
Inoltre, gli strumenti per generare profitti dalla comunicazione a distanza fra
soggetti fisicamente non presenti, sovente seguono regole e dinamiche
all’apparenza spesso antitetiche rispetto a quelle del mercato tradizionale e
talvolta, dietro di essi, si possono celare azioni illegali e reati.
L’idea di intraprendere uno studio sulla problematica giuridica connessa col
fenomeno del commercio elettronico, nasce dunque, oltre che dalla attualità
VII
dell’argomento, dalla constatazione che il diritto non può permettersi di ignorare
la tecnologia, né le innovazioni da essa prodotte.
Ogni nuova scoperta scientifica, ogni nuova invenzione, che sia suscettibile di
applicazioni tecniche, determina infatti l’insorgere di una esigenza di tutela
giuridica che l’interprete è chiamato ad affrontare.
In linea generale il legislatore, di fronte al problema di trovare una
regolamentazione applicabile alle nuove tecnologie, e in particolar modo ai
rapporti che scaturiscono dalla rete, ha la possibilità di scegliere tra due opzioni
di massima: utilizzare ed adattare le regole esistenti oppure edificare un
complesso di regole ad hoc.
I fautori dell’espansione automatica dell’ordinamento applicano in qualche modo
il principio di sussidiarietà riducendo al minimo gli interventi del legislatore e
ritenendo che il ricorso all’analogia, all’interpretazione estensiva e ai principi
generali siano tecniche efficaci e sufficienti alla bisogna.
Coloro che invece vedono in Internet non solo una serie coordinata di fenomeni
tecnologici, ma anche la risultante di una nuova concezione della comunicazione,
ritengono che si debba procedere ad una vera e propria codificazione apposita.
In questa corrente, c’è anche chi ritiene che le migliori soluzioni normative siano
quelle prodotte dall’interno, sotto forma di autodisciplina o di codici di condotta,
da parte di coloro che abitualmente lavorano e operano in rete, perché meglio di
chiunque altro conoscono gli sviluppi tecnologici e le nuove applicazioni.
Entrambe le concezioni generali, contengono elementi di verità, sicché nessuna
delle due appare integralmente accettabile ma, per la stessa ragione, nessuna di
esse è da respingere in radice.
Vi sono materie o ambiti a cui facilmente si possono adattare le regole esistenti, e
altre che richiedono di essere regolate ex novo, poiché la disciplina esistente non
è in grado di provvedervi.
L’intento di questo lavoro è quello di illustrare le difficoltà che il legislatore ha
incontrato e incontra nel prendere provvedimenti, tesi a disciplinare una materia
complessa come le transazioni telematiche.
VIII
L’obiettivo sarà puntato principalmente sulla descrizione degli interventi
normativi comunitari non trascurando, tuttavia, i risvolti che tali azioni hanno
avuto nel nostro ordinamento.
Si cercherà infatti di illustrare i passi compiuti dalla Comunità nel tentativo di
creare uno spazio, senza frontiere interne, per la libera circolazione dei servizi
della società dell’informazione.
Dopo una breve panoramica sullo sviluppo della società dell’informazione
(Capitolo 1) utile a comprendere l’impegno che i governi nazionali (e per essi la
Comunità europea) hanno dedicato alle nuove tecnologie, l’attenzione si sposterà
tutta sulle problematiche giuridiche relative al commercio elettronico (Capitolo
2).
Si cercherà di illustrare i motivi che hanno indotto il legislatore a intervenire in
materia e le linee guida che si sono volute individuare.
Il terzo capitolo si occuperà nello specifico dei problemi relativi alla conclusione
di un contratto in rete. Oltre ad esaminare le norme codicistiche relative ai
requisiti essenziali di un contratto (causa, oggetto, accordo e forma) ci si
soffermerà sulle modalità di incontro delle volontà negoziali, sulle varie
fattispecie telematiche che possono sorgere in rete, per poi passare ai problemi di
validità e nullità del contratto nonché al problema delle clausole vessatorie.
Una certa attenzione sarà riservata alla determinazione del tempo e del luogo di
conclusione del contratto, argomenti che saranno poi ripresi nel corso del
trattazione.
La quarta sezione del presente lavoro, sarà dedicata al commento della Direttiva
2000/31/CE (direttiva e-commerce), un importante provvedimento comunitario,
teso a ravvicinare le legislazioni nazionali per quanto riguarda certi aspetti della
società dell’informazione, in particolare, il commercio elettronico.
Dopo un’analisi dei principi ispiratori e del lunghissimo preambolo del
provvedimento, si passerà al commento delle disposizioni normative dettate dal
legislatore comunitario. Si comincerà con la descrizione dell’ambito di
applicazione, si continuerà con il commento alle importanti definizioni di
IX
“servizi della società dell’informazione”, di “prestatore”, di “stabilimento del
prestatore” e di “destinatario dei servizi”, per poi passare all’analisi delle
indicazioni fornite dal legislatore comunitario, relativamente al regime di
stabilimento e agli obblighi di informazione a carico del prestatore di servizi.
Saranno oggetto di commento anche le norme relative alle comunicazioni
commerciali, alle professioni regolamentate, alla conclusione del contratto, alla
responsabilità dei provider e all’autodisciplina.
L’ultimo capitolo, avrà come oggetto, la disciplina comunitaria a tutela dei
cyberconsumatori.
Dopo una breve introduzione al problema, verrà commentata la Direttiva
1993/13/CEE relativa alla protezione dei consumatori contro le clausole abusive.
In seguito saranno oggetto di studio due direttive che, sebbene precedenti alla
diffusione di massa di Internet, risultano adatte a regolare il fenomeno
commercio elettronico: la Direttiva 85/577/CEE per la tutela dei consumatori in
caso di contratti negoziati fuori dai locali commerciali e la Direttiva 1997/7/CE
relativa ai contratti a distanza.
Al termine di una breve analisi di entrambi i provvedimenti, si esporranno i
criteri utilizzati per determinare quale delle due direttive sia maggiormente
idonea a regolare i rapporti che scaturiscono in rete. Tale normativa verrà poi
commentata nei suoi aspetti salienti.
Un’ultima analisi sarà infine dedicata alla recente Direttiva 2002/65/CE, relativa
alla commercializzazione dei servizi finanziari a distanza.
Si tratta di un provvedimento predisposto con l’intento di colmare il vuoto
normativo lasciato dalla precedente legislazione.
Essa tratta un aspetto recente, ma molto importante del commercio elettronico,
per il quale il legislatore comunitario ha preferito elaborare un provvedimento ad
hoc.
1
CAPITOLO PRIMO
LA SOCIETA’ DELL’INFORMAZIONE
1.1 Internet e lo sviluppo delle “autostrade dell’informazione”
Dall’inizio degli anni Settanta del secolo scorso si parla sempre più diffusamente
di “società dell’informazione” intendendo con questa espressione una realtà
caratterizzata dalla progressiva applicazione ai vari campi della vita economica e
sociale delle tecnologia dell’elaborazione e della trasmissione a distanza della
“risorsa” informazione
1
.
Il concetto di società dell’informazione nasce sulla scia delle intuizioni di Daniel
Bell, professore di sociologia all’Università di Harvard, il quale, nel 1973, diede
alla stampa un fortunato libro intitolato “The coming of post industrial society”.
In quel volume lo studioso coniava un termine - società post-industriale - che
sarebbe poi stato ripreso da una generazione di sociologi per indicare le società
moderne che, giunte al culmine dell’industrializzazione, concentravano sforzi,
capitali e forza lavoro nella produzione di servizi immateriali anziché di beni
tradizionali. E sempre più il termine è diventato di uso corrente a seguito
dell’affermazione e della diffusione di Internet che costituisce sicuramente uno
dei più stupefacenti fenomeni di integrazione culturale e tecnologica degli ultimi
anni del ventesimo secolo.
Se all’inizio degli anni Novanta, solo una cerchia stretta di accademici aveva una
certa consuetudine con questa tecnologia di comunicazione, rapidamente “la
1
Risale infatti al 1974 la pubblicazione di un importante documento predisposto dal Japan Computer
Usage Development Institute di Tokyo. Obiettivo del documento era quello di individuare delle
alternative all’esistente modello di sviluppo economico, basato sul primato dell’industria, attraverso la
realizzazione di una società che determini una espansione generalizzata della creatività dell’uomo. La
sempre più larga diffusione dell’informazione ne avrebbe costituito la premessa.
2
Rete” si è diffusa tra la popolazione con una crescita esponenziale diventando
così il principale motore della società dell’informazione.
La ragione dell’interesse creato da Internet sta nella sua capacità - in parte
effettiva e in parte potenziale - di fornire risposte adeguate ai bisogni di
comunicazione di persone, imprese e organizzazioni. Lo sviluppo di Internet ha
permesso di intravedere un mondo in cui il costo dell’informazione tende a
ridursi, se non ad annullarsi, la distanza diviene sempre meno un ostacolo e la
conoscenza diviene accessibile a tutti. E’ in questa prospettiva che Internet è
stato efficacemente definito “l’autostrada dell’informazione” intendendo con
questo termine un sistema di comunicazione globale di massa con una enorme
potenza.
“Il punto di forza dell’autostrada dell’informazione risiede nel fatto di non essere
l’espressione di un unico sistema di trasporto, ma la combinazione flessibile e
mutevole di molteplici forme di comunicazione digitale ad alta velocità, dalle
linee telefoniche tradizionali, alle reti radiotelevisive e satellitari, alle reti di
computer”
2
.
La trasformazione economica e sociale avviata dalle nuove tecnologie
dell’informazione può essere considerata come un ulteriore capitolo di quel
processo evolutivo che, iniziato con la Rivoluzione industriale, mira alla
mobilitazione delle risorse necessarie per il soddisfacimento dei bisogni umani in
perenne trasformazione. Tale mobilitazione risulta tanto più efficace, quanto
maggiore è il numero di persone che possono scambiare informazioni ed
effettuare transazioni in una sorta di “grande piazza del mercato globale”
3
.
La nuova economia della conoscenza, così come è stata definita dallo stesso Bell,
opponendola alla più tradizionale economia dei beni, si sviluppa sulle attività di
raccolta, elaborazione e trasferimento dell’informazione. E’ opportuno tener
presente però che la trasmissione di informazione non sempre genera servizi e
2
W.G. SCOTT, M. MURTULA, M. STECCO, a cura di, “Il commercio elettronico: verso nuovi rapporti
tra imprese e mercati”, Torino, 1999, p. 9.
3
B. LAMBORGHINI, “Regole di mercato nell’economia digitale”, in “IF - Rivista della Fondazione
IBM Italia”, n. 2, Milano, 1998, p. 45.
3
cultura. Proprio per questo motivo, la Commissione europea, ha rifiutato il
“determinismo tecnologico” insito nel concetto nord americano coniato dall’ex
vice presidente Al Gore di “autostrade dell’informazione”
4
, preferendovi invece
l’espressione di stampo sociologico “società dell’informazione”.
Negli anni Novanta, quando infatti Europa e Stati Uniti erano in forte
competizione per quanto riguarda lo sviluppo e la diffusione delle nuove
tecnologie di comunicazione, gli Stati Uniti, per primi, lanciarono un programma
tecnico per la costruzione delle cosiddette autostrade dell’informazione, volto a
garantire la più ampia diffusione possibile delle nuove tecnologie digitali. A
questa iniziativa americana l’Europa rispose con il motto “Costruiamo la società
dell’informazione” sottolineando in questo modo la necessità di costruire le
infrastrutture tecnologiche avendo cura allo stesso tempo della dimensione
sociale.
L’Unione europea dunque si è spinta oltre facendo nascere un nuovo paradigma
della distribuzione dei servizi di comunicazione, che metterà in grado aziende e
cittadini di utilizzare al meglio le nuove tecnologie e le inedite opportunità.
Scopo dell’azione comunitaria è infatti mettere a disposizione di tutti i cittadini i
vantaggi della società dell’informazione. Questo obiettivo potrà essere raggiunto
soltanto grazie a legislazioni armonizzate che liberalizzino i mercati delle
telecomunicazioni e rendano accessibili a tutti i benefici apportati alla vita
economica e sociale dalle nuove tecnologie.
4
L’espressione “autostrade dell’informazione”, usata per la prima volta nel 1978 da Al Gore, è stata
ripresa in seguito per descrivere il programma dell’amministrazione Clinton per lo sviluppo di una
National information Infrastructure e attualmente viene utilizzata con riferimento agli analoghi progetti
che puntano alla realizzazione di una infrastruttura di rete capace di collegare ogni parte del territorio.
4
1.2 La società dell’informazione a livello comunitario
Uno degli obiettivi dell’Unione europea è assicurarsi che le imprese, le
amministrazioni pubbliche e i cittadini continuino a svolgere un ruolo importante
nello sviluppo dell’economia globale sempre più basata sulla conoscenza e
sull’informazione, partecipandovi a pieno titolo. L’Unione ha infatti riconosciuto
il passaggio verso la società dell’informazione e verso l’economia della
conoscenza essenziale, affinché l’Europa tragga i massimi vantaggi dalle
tecnologie digitali e da Internet in termini di crescita sostenibile, incremento
della produttività e della competitività, creazione di nuovi posti di lavoro e
progresso dell’imprenditoria.
Per raggiungere tale fine, sono state percorse diverse strade. Sicuramente è stato
dato un forte impulso alla ricerca per lo sviluppo e l’impiego di nuove tecnologie
dell’informazione e della comunicazione. Sono state promosse numerose
iniziative per incoraggiare i cittadini europei a fruire della società
dell’informazione e a parteciparvi, ma soprattutto, l’Unione europea si è resa
conto della necessità di istituire e conservare un solido quadro normativo relativo
allo sviluppo e alla diffusione delle nuove tecnologie ed applicazioni
multimediali il quale promuove l’accesso ad Internet e al commercio elettronico
e fissa gli standard tecnici e comuni che stimolano la concorrenza nei settori della
telefonia mobile, della radio e della televisione digitale
5
.
La politica dell’Unione europea nel settore della società dell’informazione si
articola nei seguenti punti:
- la politica delle telecomunicazioni. Il suo fondamento giuridico va
ricercato negli articoli 95 (armonizzazione del mercato interno), 81 e 82
(concorrenza) nonché negli articoli 47 e 55 (diritto di stabilimento e
servizi) del trattato CE. Fin dall’inizio la politica comunitaria in materia di
telecomunicazioni è stata orientata al completamento del mercato interno
e alla liberalizzazione delle infrastrutture e della fornitura dei servizi. Tale
5
Ad esempio: GSM, UMTS, DVD.
5
meta è stata raggiunta in data primo gennaio 1998 quando la totale
liberalizzazione del mercato delle telecomunicazioni in Europa è divenuta
una realtà. Il lavoro comunque non si è arrestato e negli anni successivi
sono state adottate diverse proposte legislative per rafforzare la
concorrenza nel settore. Tali proposte hanno avuto come scopo quello di
adeguare la normativa in vigore al movimento di convergenza tra
telecomunicazioni, tecnologie dell’informazione e mass media provocato
dalle applicazioni Internet;
- il sostegno allo sviluppo nel settore delle tecnologie dell’informazione e
delle telecomunicazioni (TIC). Esso si basa sugli articoli da 163 a 172
(ricerca e sviluppo) del trattato CE. Elemento importante nella strategia
sulla società dell’informazione è la promozione dello sviluppo di nuove
tecnologie ed applicazioni a vantaggio dei cittadini, che favoriscano le
attività di lavoro in rete e il commercio elettronico, aumentino l’uso di
contenuti e strumenti multimediali e garantiscano l’affermazione delle
infrastrutture di base. A tal scopo l’Unione ha coinvolto imprese che
operano nel campo ed istituti accademici in un’iniziativa congiunta per
finanziare diversi programmi nel settore della ricerca e dello sviluppo
tecnologico (RST) volti all’applicazione concreta delle nuove tecnologie;
- il contributo alla creazione delle condizioni necessarie per la competitività
dell’industria della Comunità, ai sensi dell’articolo 157 del trattato CE;
- la promozione di reti transeuropee (TEN) nei settori dei trasporti,
dell’energia delle telecomunicazioni; ciò con riferimento agli articoli 154,
155, 156 del trattato CE.
Internet ad oggi rappresenta il motore principale della società dell’informazione.
Per questa ragione l’Unione europea vi ha dedicato una particolare attenzione
delineando una strategia volta ad incoraggiarne e ad accrescerne l’utilizzo con tre
scopi principali:
6
- consentire ad ogni cittadino, famiglia, scuola, azienda o amministrazione
di avere un accesso alla rete che sia rapido, sicuro ed economico;
- utilizzare Internet per informatizzare i cittadini e rafforzare lo spirito
imprenditoriale in Europa;
- costruire una società dell’informazione accessibile a tutti.
La Commissione ha avviato alcuni programmi per ottimizzare l’accesso ad
Internet, per favorire lo sviluppo dei contenuti di qualità elevata, nel rispetto del
ricco retaggio linguistico e culturale della Comunità e per consentire alle imprese
europee di svolgere un ruolo guida nel costante sviluppo delle applicazioni
multimediali.
Vista l’importanza della materia, la Commissione ha previsto l’uso di valutazioni
comparative (Benchmarking) per assicurare che i contributi finanziari per lo
sviluppo delle applicazioni, la normativa e le pratiche di diffusione delle
tecnologie siano omogenei e coerenti in tutti gli Stati membri.
Altro punto importante della strategia comunitaria è il coordinamento
internazionale ai fini di consentire un migliore sviluppo della società
dell’informazione di fronte alle nuove sfide della mondializzazione. Si inserisce
in questo quadro la partecipazione dell’Unione europea all’attività di diverse
organizzazioni multilaterali quali, l’Unione internazionale per le
telecomunicazioni (UIT), l’Organizzazione mondiale del commercio (OMC) e
l’Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico (OCSE), nonché il
dialogo internazionale con Stati Uniti e Giappone.
7
1.3 Le prime iniziative
Se soltanto agli inizi degli anni Novanta il cittadino europeo ha preso coscienza
di vivere in un’era dominata dall’informatica e in una società dell’informazione,
in realtà l’Unione europea ha iniziato a tracciare le proprie linee conduttrici in
tale settore fin dai primi anni Settanta.
Le prime azioni comunitarie furono dirette principalmente a favore della ricerca e
dello sviluppo nel settore informatico e della sua applicazione alle attività
economiche.
Con la Risoluzione del 15 luglio 1974, concernente una politica comunitaria
dell’informatica, l’Unione fissò un programma a medio termine per favorire la
ricerca e lo sviluppo industriale mediante l’applicazione dell’informatica
prevedendo altresì la predisposizione di successivi programmi pluriennali.
Pochi anni dopo, con la Decisione 79/783/CEE dell’11 settembre 1979
6
, il
Consiglio avviò il piano pluriennale 1979-1983 sulla base di due documenti
programmatici. Il primo dettava una serie di azioni generali con lo scopo di
favorire la normalizzazione del settore informatico, la collaborazione con centri
di ricerca ed organizzazioni di sostegno all’impiego dell’informatica, la
riservatezza, la protezione dei dati e l’instaurazione di contratti pubblici. Il
secondo documento invece, riguardava una serie di azioni di promozione al fine
di agevolare l’uso del software e delle sue applicazioni nei singoli settori.
Sempre nel 1979 la Commissione presentò il documento “La società europea di
fronte alle nuove tecnologie dell’informazione. Per una risposta comunitaria”
7
.
In esso venivano delineate le strategie per avviare l’Europa verso una società
basata sull’informazione. In tale documento infatti, la Commissione riconosceva
l’importanza dei cambiamenti prodotti dall’informatica e dalla telematica nella
vita economica, politica e sociale degli Stati membri e sottolineava la necessità
6
In G.U.C.E. n. L 231 del 13 settembre 1979, p. 23.
7
Si veda la Comunicazione della Commissione europea del 9 novembre 1979; si tratta del cosiddetto
“Documento Davignon”.
8
del mercato comunitario di mantenere una posizione competitiva rispetto ai
mercati internazionali (principalmente quello statunitense e giapponese).
Le componenti principali della strategia comunitaria in materia di società
dell’informazione furono tuttavia sviluppate soltanto a partire dalla metà degli
anni Ottanta. In quegli anni, in ambito europeo, furono attivati diversi programmi
per la ricerca e lo sviluppo delle nuove tecnologie. Tra i più importanti
ricordiamo il programma ESPRIT (European Strategic Programme for Research
and Information Technology), avviato nel 1984, per la ricerca e lo sviluppo nel
settore delle telecomunicazioni, seguito poi nel 1986 da programmi specifici
concernenti le applicazioni telematiche (trasporti, sanità e formazione a
distanza)
8
e dal programma RACE (Research And Developments in Advanced
Communication Technology for Europe) per lo sviluppo delle tecnologie
avanzate delle telecomunicazioni.
In tutti questi casi si ebbero programmi lontani dalla vita quotidiana dei cittadini,
ancora relegati in ambito accademico o industriale; programmi tuttavia
importanti, perché rappresentarono il primo passo verso la creazione della società
dell’informazione in Europa.
Negli anni successivi, l’azione comunitaria ha avuto come obiettivo principale la
piena liberalizzazione del settore delle telecomunicazioni, presupposto
indispensabile per lo sviluppo della società dell’informazione.
Appare opportuno in questa sede ripercorrere brevemente le tappe significative di
questo processo che si è concluso nel gennaio 1998
9
.
8
Tra gli altri vanno segnalati: BRITE (Basic Research in Industrial Technology for Europe), STAR
(Special Telecommunications Actions for Regional Development), DELTA (Developing European
Learning through Technology Advance), DRIVE (Dedicated Read Infrastructure for Vehicle Safety in
Europe).
9
Per un approfondimento si veda G. VENTURINI, “Servizi di telecomunicazione e concorrenza nel
diritto internazionale e comunitario”, Torino, 1999, pp. 89 ss.