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Contesto sociale e individuo
Partiamo esaminando la figura che risulta centrale per ciò che riguarda il gusto:
l’individuo. Già durante il Rinascimento, l’individuo, inteso come singolo soggetto, aveva
raggiunto una notevole rilevanza, come l’incremento di opere d’arte che lo hanno come
protagonista dimostra, infatti, proliferano ritratti, biografie, o comunque opere che rivelano un
particolare interesse nei suoi confronti.
L’interesse per la persona individuale nasce dal chiedersi in che modo essa riesce ad
affermare la propria individualità, cioè quelle caratteristiche che la rendono unica e diversa da
altre. Il termine “individuus”, infatti, fa già riferimento al fatto che sia qualcosa di indivisibile,
inseparabile, che si afferma nella sua unicità, singolarità. Nel momento in cui si afferma la
particolarità del soggetto, esso si allontana dalla generalità a cui si tende appartenendo alla
società e avendo il bisogno di relazionarsi con altri individui.
L’individualità del singolo si affermava con il fatto stesso di essere nati, è qualcosa che
tutti possedevano, a tutti era data e non poteva essere modificata. Tutti sono dotati di
individualità, che è un qualcosa di “naturale”, il che ci rende tutti uguali; ma si ha anche
bisogno di differenziarsi in base a caratteristiche esterne come la nascita, la famiglia, la
nazione e tutti i fattori che influenzano la nostra personalità, il nostro comportamento e le
aspettative di coloro che ci circondano
1
.
1
Luhmann , “Individuum, Individualität, Individualismus”, in Gesellschaftsstruktur und Semantik. Studien zur
Wissenssoziologie der modernen Gesellschaft, vol.3, Suhrkamp, Frankfurt a.M., S.149-258, 1989 citato in Elena
Esposito
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Ciò accadeva nelle società premoderne in cui vi era una forte stratificazione e non c’era
la differenziazione funzionale tipica di quelle moderne; è in queste ultime che si ha una
rivalutazione dell’individualità che non è più attribuita a fattori dati dal contesto, cioè esterni
al singolo soggetto, ma viene determinata da proprie peculiari caratteristiche. Prima si aveva
una collocazione di tipo sociale che non può essere paragonata a quella che si può avere nella
nostra società e il fatto di potere collocare un individuo in una classe inferiore o superiore
aiutava ad avere un’idea più completa dell’interlocutore con cui si comunicava e si interagiva.
Oggi essendo anche diminuite le forme di interazione per la presenza di mezzi di
comunicazione che permettono uno “spazio allargato”
2
, si ha l’affermazione della propria
individualità solo nel momento in cui si evidenziano le proprie caratteristiche interiori (non
più di classe); è, quindi, molto più difficile riuscire a cogliere la personalità di un individuo,
poiché è qualcosa di interiore rimane qualcosa di intrasparente e oscuro, di non conoscibile
neppure a se stessi e a chi osserva (nonostante se ne colga l’esistenza). Si ottengono quindi
tante identità differenti di cui pero non è possibile prevedere l’atteggiamento né da parte di se
stessi, né, soprattutto, da parte di altri.
2
Meyrowitz Joshua, No Sense of Place. The impact of electronic media on social behaviour, Oxford University
Press, New York, 1985; Trad. It.: Oltre il senso del luogo. L’impatto dei media elettronici sul comportamento
sociale, Baskerville, Bologna, 1995
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Come si orienta l’individualità
Nelle società premoderne, non potendo scegliere come comportarsi in base ai propri lati
emotivi, alla propria interiorità, perché l’individualità era più legata a fattori esterni, gli
individui si orientavano cercando dei modelli da imitare che quindi permettessero loro di
orientarsi nelle scelte del presente. Questi modelli erano rintracciabili tra quelli antichi
3
ma
l’imitazione di essi non era solo un pedantesco copiare, non era un “traslitterare” ma
comportava anche l’aggiunta, almeno in parte, della propria creatività e originalità.
Il significato che va attribuito ad imitazione è quello che Platone aveva dato al termine
mimesis
4
; con esso ci si riferiva a quel tipo di imitazione che crea una corrispondenza tra la
realtà delle idee (intelligibile) e le immagini (sensoriali) e che quindi cerca di avvicinarsi il
più possibile alla verità. L’arte, infatti, non viene considerata come una forma di imitazione
che avvicina alla verità ma come copia di una copia che è la natura.
Successivamente l’imitazione venne considerata come spinta che porta al
perfezionamento della realtà esterna, come un qualcosa che fosse in grado di perfezionare le
imperfezioni della natura. I modelli dovevano essere usati come base di partenza per potere
andare oltre alla perfezione che era già stata raggiunta da autori precedenti. Avere molti
modelli era l’unico modo per poterli confrontare e per provare a riorganizzarli secondo
strutture acquisite.
3
Tarde,Tarde, Les lois de l’imitation, Etude sociologique, Paris, Alcan,1921;
trad. it. Le leggi dell’imitazione, Scritti sociologici, Torino, Utet, 1976
4
Platone Repubblica 393 ff, 597. Egli prevede un dualismo tra immagini ed idee, le prime appartengono al
mondo sensibile mentre le altre al mondo dell’essere che è solo intelligibile. Le immagini sono l’imitazione delle
idee che sono la verità, la realtà perfetta.
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Il talento dell’autore stava nel sapere rielaborare gli elementi fornitigli unendoli alla sua
originalità, così le sue abilità vengono stimolate, e la soddisfazione che un buon lavoro può
dare e il riconoscimento da parte di altri del suo buon operato non può che procurargli del
piacere.
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L’imitazione però con il tempo viene ad assumere una connotazione negativa, in quanto
mentre inizialmente viene considerata come una forma creativa , ora è in opposizione
all’originalità. Si collocano in due posizioni estreme, anche se è vero che un’opera trova la
sua originalità nel momento in cui può fungere da modello per qualcuno. Dal 1700 non si
vuole più imitare le opere stesse ma cercare di imitare gli autori precedenti cercando di essere
“grandi” in modo equiparabile
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. Nel momento in cui, però, si è originali, si diventa modello
per qualcun altro e ciò porta ad essere copiati. Ma ciò è argomento che verrà trattato
successivamente parlando delle società moderne.
Il comportamento dell’individuo si basa sul continuum tra imitazione e differenziazione,
cerca di assumere a modello altri soggetti appartenenti alla società per rafforzare il proprio
senso di conformità, ma nello stesso tempo cerca di affermare la sua identità differenziandosi
dagli altri individui e cercando di orientarsi verso il nuovo
5
Aristotele, Poetica1448 b 4.
6
Young 1759, Conjectures on Original Composition. In a Letter to the Author of Sir Charles Grandison, zit.
nach Ders., The Complete Works. Poetry and Prose, London, 1854, Nachdruck Olms, Hildesheim, 1968, Bd.2,
S.547-586
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Capitolo 1
Il gusto dell’imitazione
Struttura sociale
Nelle società premoderne non era ancora stata possibile la differenziazione della società
a seconda delle funzioni, ma vi era ancora una stratificazione sociale che prevedeva la società
suddivisa per classi di appartenenza. Caratteristica di questo tipo di società è la presenza di
una gerarchia tra gli strati (mentre precedentemente vi era una sorta di comunicazione dal
centro verso la periferia nello stesso territorio), che prevede la formazione di una nobiltà che
si pone come livello superiore rispetto alle altre classi, che di conseguenza vengono a
collocarsi su una scala gerarchica in relazione all’élite, e quindi in uno stato di subalternità. Ai
due estremi della scala si trovano la nobiltà e il popolo comune, e poi all’interno di questi
estremi si formano altre differenziazioni. La stratificazione comporta anche l’adozione di
forme diverse di comunicazione e risorse a seconda della classe di appartenenza, appartenenza
che viene stabilita dalla classe stessa. Lo strato superiore, però, stabilisce l’ordine all’interno
della società e produce il patrimonio culturale che le classi inferiori prendono come
riferimento. L’interazione rimane sempre la forma di comunicazione centrale e viene posta in
relazione alla struttura gerarchica; è, inoltre, introdotto l’uso della stampa che permette la
comunicazione senza l’obbligo della presenza fisica.
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Con l’affievolirsi del potere delle classi dominanti, iniziò ad essere possibile una prima
forma di imitazione; diminuisce la distinzione tra le classi e sono allentate le strutture che
mantengono l’ordine, ora si rendeva possibile una forma di imitazione tra le varie classi e non
più solo tra i membri di una sola classe
7
. Ciò non significa la totale sparizione e la negazione
delle differenze di classe che comunque permangono in contemporanea alla nascita
dell’esigenza di originalità del gusto.
Il gusto si presenta come qualcosa di univoco nonostante vi siano diversi gusti, ma il
“buon gusto” viene considerato uno solo. Come si può notare il gusto può essere sia
soggettivo che oggettivo, nel senso che si riferisce a delle caratteristiche un oggetto esterno
ma allo stesso tempo fornisce informazioni sulle persone che hanno quel gusto, l’espressione
del giudizio di valore su un oggetto fornisce anche l’indice di valore della persona che lo
formula
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.
Il fatto che il gusto possieda questi due lati lo rende difficile da definire, ma rimane il
fatto che sia univoco. Esiste quindi un gusto “giusto”, che deve essere considerato il gusto per
eccellenza. Per poterlo cogliere è necessario cogliere anche il cattivo gusto e porre
quest’ultimo in opposizione ad il gusto; solo attraverso il confronto tra gusti si coglie il gusto.
Esiste un gusto giusto, ma una molteplicità di gusti sbagliati, di comuni
9
.
Il gusto viene applicato in maniera naturale, senza bisogno di regole o schemi, è
qualcosa di istintivo e innato, però appartiene solo alle élite, come ha sostenuto Bourdieu, e
per questo non va confuso con il gusto comune.
7
Bisogna precisare che l’imitazione è anche vista come struttura adatta a mantenere la stratificazione poiché
propone un unico modello da confermare e riprodurre.
9
La Rochefoucauld,, Des goûts, n X, Réflexions diverses1665, in Lafond 1992, pp.197ss
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Coloro che non possiedono il gusto sono visti come inferiori senza originalità e che
quindi tendono all’imitazione per sopperire a questa mancanza del gusto.
Il buon gusto ha, quindi, la funzione di mantenere le distanze tra le classi, di mantenere
la stratificazione sociale, continuando ad affermare i nobili come detentori del gusto. È un
riferimento esterno all’individuo per affermare la sua individualità, e funziona da criterio per
orientare i propri comportamenti e per mostrare la propria identità, non in maniera riflessiva
ma come lato esterno dell’individuo.