4
L�attivit� del legislatore comunitario sembra dunque essersi maggiormente concentrata
sulla disciplina dei vari aspetti legati al contenimento ed al controllo dei flussi migratori da e
per l�Europa (modalit� di ingresso e di espulsione dello straniero verso i paesi di provenienza,
lotta all�immigrazione illegale e alla tratta di esseri umani), piuttosto che sulla
regolamentazione del soggiorno degli stranieri ammessi in uno degli Stati membri. Su questi
temi �di polizia�, legati all�esigenza di rafforzare la sicurezza interna, i governi nazionali si
sono dimostrati pi� disponibili a cedere quote della propria sovranit� interna a favore della
Comunit�, consentendo cos� un effettivo ravvicinamento delle legislazioni nazionali. Al
contrario, la realizzazione di una politica comunitaria di integrazione degli stranieri
legalmente presenti � sempre stata considerata una questione di esclusiva competenza statale,
poich� strettamente collegata al tema della cittadinanza, vale a dire dell�attribuzione di
determinati diritti e doveri a favore di soggetti che non godono della status di cittadino.
Secondo un modello tradizionale di accoglienza, spetta allo Stato ospitante il potere di
escludere, limitare o tollerare l�immigrazione nel proprio territorio.
Per avere una idea del rapporto tra diritto ed immigrazione in Europa a partire dalla
seconda met� del XX secolo, � interessante la lettura di un recente contributo del Prof.
Groenendjik, il quale individua due principali fasi di sviluppo del fenomeno
2
. Nella prima fase
(seconda met� anni Quaranta- anni Settanta), definita �dalla discrezionalit� alla legge�, si
assiste ad un�assoluta discrezionalit� delle autorit� pubbliche nazionali in tema di controllo dei
flussi migratori, sia in ingresso che in uscita dal nostro continente. I vari ordinamenti nazionali
in tema di immigrazione sono in genere poco sviluppati, ed il controllo giurisdizionale in
materia � molto limitato. Prevale una visione liberale che tende a favorire l�integrazione di
certe categorie di immigrati ammessi a lavorare nei paesi europei di accoglienza. Secondo
l�Autore questa situazione ha iniziato a cambiare a partire dagli anni Settanta.
2
Cfr. K. Groenendjik (1999), �Immigrazione e diritto in Europa nlla seconda met� del XX secolo�, 11-16.
5
In quel periodo infatti avviene un notevole incremento dei flussi migratori, provenienti
soprattutto dal sud del mondo, a cui gli Stati europei cercano di fare fronte attraverso
specifiche politiche restrittive (le c.d. politiche di immigrazione �zero�). Il maggior intervento
statale ha portato al riconoscimento dell�immigrazione come una parte integrante del diritto
nazionale. Di conseguenza si assiste in generale alla riduzione della discrezionalit� delle
autorit� dell�immigrazione che iniziano ad essere maggiormente controllate da parte degli
organi parlamentari e giurisdizionali. Tutto ci� ha portato ad un deciso rafforzamento dello
status giuridico dei migranti presenti legalmente in Europa per motivi legati soprattutto al
mondo del lavoro.
In una seconda fase (anni Ottanta -anni Novanta), definita �dal diritto nazionale al
diritto europeo�, avviene un graduale trasferimento della funzione legislativa in materia di
immigrazione dal livello nazionale a quello europeo. Un processo che ha avuto inizio dalla
fine degli anni Ottanta quando, con gli accordi di Schengen, alcuni Stati europei hanno deciso
di limitare la propria sovranit� in materia di immigrazione. Si � dunque creata, accanto al
sistema comunitario, una specifica cooperazione intergovernativa, basata principalmente sul
rafforzamento della sicurezza interna attraverso una rigida politica di ammissione degli
stranieri nel territorio europeo. Questo sistema � stato in parte incorporato nella struttura
dell�Unione con il Trattato di Maastricht del 1992, il quale ha istituito il c.d. terzo pilastro
dell�Unione dedicato ai problemi relativi alla giustizia e agli affari interni. Infine il Trattato di
Amsterdam del 1997 ha sancito definitivamente la competenza, di tipo concorrente, della
Comunit� in materia di immigrazione, disponendo la comunitarizzazione, vale a dire il
passaggio dal metodo intergovernativo a quello comunitario, di buona parte del terzo pilastro e
del c.d. acquis di Schengen.
6
La trattazione � stata suddivisa in due parti. Nella prima viene descritta la lenta
evoluzione della competenza della Comunit� europea in tema di immigrazione, a partire dai
primi timidi tentativi di ricondurre tale competenza nel settore della politica sociale della
Comunit�. Grande importanza � stata data al concetto di mercato interno, la cui
interpretazione ha consentito che il fenomeno migratorio fosse trattato come un tema
complementare rispetto a quello della piena realizzazione della libera circolazione delle
persone all�interno dell�Unione. La soppressione delle frontiere interne ha infatti obbligato
l�Unione a dotarsi di norme comune in tema di attraversamento delle frontiere esterne e di
lotta all�immigrazione clandestina, poich� una simile libert� doveva necessariamente essere
concessa anche ai cittadini non comunitari. Un altro concetto fondamentale � stato quello pi�
marcatamente politico e sociale di �spazio di libert�, sicurezza e giustizia�, che � stato
introdotto dal Trattato di Amsterdam del 1997. Con l�introduzione del nuovo Titolo IV del
Trattato CE il tema dell�immigrazione � diventato l�oggetto specifico di una politica
comunitaria. La seconda parte della trattazione � stata dedicata pi� nel dettaglio allo studio
delle azioni della Comunit� in tema di valorizzazione ed integrazione dell�immigrazione
legale nelle societ� europee di accoglienza. L�analisi ha riguardato una serie di atti della
Commissione (comunicazioni e proposte di direttiva) che dimostrano l�attenzione
dell�esecutivo europeo su questi temi, affrontati con un atteggiamento cos� innovativo e
riformatore che spesso si � scontrato con l�opposta volont� degli Stati membri, restii a gestire
in comune un fenomeno cos� complesso come quello dell�immigrazione.
Il lavoro si conclude con l�analisi dei possibili sviluppi futuri della politica
d�integrazione a livello comunitario. Tra le prospettive pi� interessanti bisogna segnalare
quella legata ai lavori della Convenzione europea. In quella sede � stata confermata la
competenza di tipo ripartita tra Stati e Comunit� in materia di immigrazione.
7
Per la prima volta le politiche di integrazione vengono menzionate in un Trattato,
anche se � stata prevista una c.d. competenza negata della Comunit�, la quale � chiamata ad
incentivare e sostenere l�azione degli Stati membri, ma escludendo qualsiasi azione tesa
all�armonizzazione delle legislazioni nazionali. Pur trattandosi di una grossa limitazione per
l�azione comunitaria, resta l�importanza della scelta compiuta dai Convenzionali di dare veste
costituzionale a questi temi cos� delicati. Infatti l�inserimento di queste tematiche all�interno
della futura Costituzione europea pu� rappresentare il mezzo migliore per indurre gli Stati pi�
reticenti ad ammorbidire la propria posizione in questo settore, favorendo la formazione di
accordi di alto profilo con la Comunit�. Si aprirebbe cos� la possibilit� di definire un chiaro
quadro legislativo comune in materia di riconoscimento di specifici diritti a favore degli
stranieri regolarmente residenti nel territorio dell�Unione.
8
CAPITOLO 1
La politica comune in tema di immigrazione
1.1: Le origini dell’intervento comunitario in tema di immigrazione
I trattati originari istitutivi delle Comunit� europee non contengono una disciplina
specifica del fenomeno dell�immigrazione e dell�integrazione dei cittadini provenienti da paesi
terzi in Europa. Le ragioni di una simile mancanza vanno ricercate considerando due elementi
generali. Per prima cosa ai tempi dei padri fondatori delle Comunit� l�immigrazione non
rappresentava ancora un fenomeno quantitativamente rilevante. Non era considerato ancora un
problema tale da richiedere un coordinamento delle singole politiche nazionali in materia. In
secondo luogo bisogna ricordare che l�integrazione europea ha avuto un�origine pi�
economica che sociale. Infatti, seguendo l�idea di un�integrazione per settori, la CECA
3
� stata
istituita nel 1952, per iniziativa franco-tedesca, al fine di mettere in comune le risorse europee
nella produzione del carbone e dell�acciaio (vedi il piano Schuman del 9 maggio 1950).
Successivamente, sei Stati europei si sono posti l�obiettivo di sviluppare il processo di
integrazione anche nel campo del mercato comune e dell�energia nucleare. Sono nate cos� nel
1957 la CEE e l�EURATOM
4
secondo un nuovo concetto di integrazione �orizzontale�, basato
sulla creazione di un�unione economica tra i paesi partecipanti da realizzare con gradualit�
mediante lo sviluppo di un mercato comune in cui fossero garantite la libera circolazione dei
fattori produttivi (lavoro, merci, servizi e capitali).
3
Il Trattato istitutivo della Comunit� europea del carbone e dell�acciaio � stato firmato a Parigi il 18 aprile 1951,
ed � entrato in vigore il 23 luglio 1952. Avendo le parti contraenti stabilito una durata di 50 anni del Trattato, la
CECA ha cessato di esistere nel luglio del 2002, con il relativo passaggio dei settori del carbone e dell�acciaio
sotto il regime di diritto comune del Trattato CE.
4
Il Trattato istitutivo della Comunit� economica europea e della Comunit� europea per l�energia atomica � stato
firmato a Roma il 25 marzo 1957, ed � entrato in vigore il 1� gennaio 1958.
9
Le poche disposizioni del Trattato Ce del 1957 in tema di politica sociale, contenute
negli ex artt.117 ss. (ora artt.137 ss.), confermano l�impostazione di tipo economico che si �
voluto dare alla costruzione europea. La formulazione generica delle norme in materia di
sicurezza sociale e di divieto di discriminazioni tra lavoratori e lavoratrici, unitamente alla
povert� dei mezzi di intervento a disposizione, dimostrano come il legislatore comunitario
fosse convinto che il miglioramento delle condizioni sociali sarebbe stato una logica
conseguenza di un�efficace integrazione economica.
Nel tempo per� si assiste ad un maggiore intervento delle istituzioni comunitarie nel
settore sociale. In particolare cresce il loro interesse nei confronti dell�immigrazione, in
considerazione della maggior rilevanza e complessit� che il fenomeno tende ad assumere a
livello europeo.
I primi timidi interventi della Commissione e del Consiglio tesi a disciplinare questa
materia si possono ricollegare con la progressiva realizzazione in Europa di un mercato
comune. L�originario art. 2 del Trattato Ce del 1957 prevedeva l�instaurazione del mercato
comune come strumento principale per il raggiungimento di una serie di scopi tra cui quello di
promuovere lo sviluppo economico in ambito comunitario
5
. Dalla met� degli anni Ottanta al
concetto di mercato comune si � affiancato quello di mercato interno, che l�articolo 14, 2�co.
TCE (ex art.7A) definisce come uno �spazio senza frontiere interne, nel quale � assicurata la
libera circolazione delle merci, delle persone, dei servizi e dei capitali secondo le disposizioni
del presente trattato�
6
.
Data l�assenza di una definizione normativa di mercato comune, parte della dottrina
considera le due nozioni equivalenti
7
.
5
Con il Trattato di Maastricht sono stati aggiunti due strumenti a disposizione della Comunit� per il
perseguimento dei suoi obiettivi: l�instaurazione di una unione economica e monetaria, e l�attuazione delle
politiche e azioni comuni.
6
La nozione di mercato interno � stata introdotta dal �Libro bianco sul completamento del mercato interno�,
presentato dalla Commissione in occasione del Consiglio europeo di Milano del giugno 1985.
7
Cfr. G. Tesauro (2001 ), �Diritto comunitario�, 238.