9
che ne costituisce la premessa; inoltre si dedica una certa attenzione alla struttura dei costi
che si incontra nel realizzare operativamente i portafogli secondo questa strategia, costi che
risultano elemento dal quale non si può prescindere in una simulazione realistica, che non
sia perciò una pura speculazione intellettuale.
I capitoli sesto e settimo costituiscono il nucleo essenziale della ricerca svolta, perché
contengono gli undici portafogli simulati e presentati. Lo schema della loro costruzione e
della loro gestione viene descritto in modo minuzioso tramite grafici e tabelle, che
contengono tutti i dati utilizzati, per rendere palese la complessità della ricerca e lo sforzo
di tradurre le ipotesi di partenza nelle applicazioni. In effetti, si tratta della parte che
meglio riesce a determinare in tutti i suoi aspetti la strategia di trading e l’uso combinato di
diverse opzioni su valuta, per l’ottenimento di risultati coerenti rispetto agli obiettivi di
partenza.
L’ottavo capitolo individua brevemente le considerazioni finali, che le applicazioni
concrete dei portafogli valutari suggeriscono, evidenziando soprattutto i principali elementi
qualitativi che emergono dalla ricerca condotta. Inoltre si accennano alcuni ulteriori spunti
possibili di ricerca partendo dal lavoro svolto, che non è dunque chiuso ed esaustivo, ma
piuttosto argomento ricco di possibili sviluppi.
A completamento di questa parte vi sono due appendici. La prima descrive i caratteri
essenziali del mercato di Filadelfia (USA), presso il quale sono quotate le currency options
utilizzate per costruire i portafogli valutari. La seconda riporta le serie storiche dei dati
intervenuti nella parte applicativa.
10
CAPITOLO PRIMO
Operare sul Mercato dei cambi
1.1 Uno scenario in evoluzione
A partire dagli anni Settanta si è assistito ad un progressivo mutamento strutturale
delle economie, che ha trasformato profondamente i mercati finanziari internazionali.
I protagonisti di questa trasformazione sono stati i processi di innovazione ed
integrazione degli stessi mercati finanziari. Tali processi hanno imposto a tutti gli operatori
economici (investitori, soggetti istituzionali, imprese industriali e commerciali, società
finanziarie, banche ed enti creditizi) di acquisire un know-how tecnico sempre più
sofisticato, in modo da poter seguire il ritmo del cambiamento che, soprattutto nell’ultimo
decennio, si è fatto quanto mai intenso1.
Tale evoluzione è il prodotto di una molteplicità di cause:
a) primaria importanza hanno avuto i fenomeni macroeconomici, quali l’accresciuta
variabilità dei corsi dei cambi e dei tassi d’interesse, suscitata da
un’accelerazione crescente dei processi inflazionistici e da shocks dal lato
dell’offerta;
b) lo sviluppo degli intermediari finanziari e la comparsa di nuove tipologie di
strumenti per la gestione dei rischi di natura finanziaria, affermatisi a seguito dei
fenomeni di cui al punto a);
c) il mutamento intervenuto nell’articolazione geografica dei flussi internazionali di
risparmio e di investimento;
d) la progressiva libertà di circolazione dei capitali in tutti i maggiori paesi
industrializzati in un clima di de-regolamentazione che ha eliminato i vincoli
strutturali dei vari mercati finanziari nazionali;
e) lo sviluppo delle nuove tecnologie informatiche e telematiche2.
Senza voler approfondire tali questioni, risulta evidente che questi fattori hanno
portato la linea di demarcazione tra mercati internazionali dei capitali e mercati nazionali
1
J. P. GOURLAOUEN (edizione italiana a cura di M. FARONI), I nuovi strumenti finanziari, Etas Libri,
Milano 1993, p.3 e ss.
2
A. CIRILLO, NIFs SWAPs ed OPTIONs operazioni bancarie innovative, Cedam, Padova 1990, pp. 1-14.
11
ad essere sempre più sfumata, realizzando quell’integrazione finanziaria su piano mondiale
di cui si diceva all’inizio.
Si deve necessariamente partire da queste considerazioni per poter meglio
comprendere da un lato il funzionamento attuale dei mercati finanziari e dall’altro il
mutamento nella concezione della finanza d’impresa, oggi strategicamente orientata verso
obiettivi gestionali per la determinazione del migliore rapporto rischio/rendimento delle
attività detenute in portafoglio, in un’ottica di ottimale allocazione delle proprie risorse
finanziarie.
I processi che maggiormente hanno caratterizzato il recente sviluppo del mondo
finanziario sono l’affermazione dei mercati borsistici all’attenzione di un numero crescente
di operatori (siano essi investitori istituzionali o piccoli risparmiatori) e la diffusione dei
prodotti derivati che danno ulteriori possibilità di gestione del rischio.
In effetti, si ha attualmente a disposizione un ventaglio piuttosto ampio di strumenti
derivati (contratti Forward, Futures, Options, Swaps), tale da poter garantire varie
soluzioni per la gestione razionale del rischio di cambio, di tasso d’interesse o di prezzo3.
Tutte le piazze finanziarie del mondo hanno registrato una crescita esponenziale di
transazioni con tali prodotti, realizzando così mercati contraddistinti da un elevato grado di
liquidità dove operano sia hedgers (operatori intenzionati a coprire posizioni di rischio) sia
traders (operatori interessati alla speculazione) che modificano con continuità le proprie
posizioni in relazione alle attese sull’andamento futuro delle variabili finanziarie
considerate. In Italia, considerevoli vincoli di natura normativa e forte attrattività dei titoli
di Stato hanno ritardato la diffusione di tecniche innovative di gestione del rischio.
Tuttavia, a partire dagli anni Novanta, deregulation normativa e discesa dei tassi
d’interesse hanno accresciuto l’attenzione degli operatori italiani verso i mercati finanziari
e i prodotti derivati. La nascita del MIF (Mercato Italiano Futures) nel settembre del 1992
ne è un chiaro sintomo.
1.2 Breve storia dei mercati valutari4
Dagli inizi del XIX secolo fino alla metà del XX secolo, l’oro fu la misura alla quale
la maggior parte dei paesi fece riferimento per fissare il valore della propria valuta. Le
3
J. P. GOURLAOUEN, op. cit., prefazione all’edizione italiana
4
Per questo paragrafo si fa riferimento a M. CHANGE, An introduction to derivatives, The Dryden Press,
Orlando 1995, p. 464 e ss.
12
transazioni internazionali avvenivano in oro, e tutti i principali tassi di cambio erano
espressi in base ad un rapporto fisso con il prezzo dell’oro.
Nel 1944 un gruppo di nazioni, gli Alleati, si incontrarono a Bretton Woods , nel
New Hampshire, e crearono il Fondo Monetario Internazionale. In base all’accordo ogni
nazione fissò il valore della sua valuta in relazione al rapporto dollaro/oro. I tassi di cambio
furono costretti a fluttuare all’interno di una banda molto stretta, così che le banche centrali
dei vari paesi erano costrette ad intervenire comprando o vendendo la necessaria quantità
di moneta nazionale contro dollari, in modo da mantenere il tasso di cambio il più stabile
possibile. In sostanza, si aprì un’epoca di regime di tassi di cambio fissi.
Il sistema di Bretton Woods funzionava molto bene fino a quando le aspettative degli
operatori riflettevano una diffusa fiducia sul fatto che il tasso di cambio fisso rispettasse il
valore intrinseco di una certa valuta. Nel momento in cui tale fiducia veniva meno, ci si
trovava di fronte a massicce vendite o massicci acquisti di quella valuta. Per fare un
esempio, se gli investitori pensavano, come accadde negli anni ’40, che la sterlina inglese
era sopravvalutata, essi immediatamente vendevano sterline. Essendo fissato esogenamente
il tasso di cambio della sterlina rispetto al dollaro/oro, nessuno voleva detenere quella
moneta. Il governo britannico fu allora costretto a svalutare la sterlina, il che significò
abbassare il livello del tasso di cambio ufficiale.
Durante gli anni ’60, gli Stati Uniti raggiunsero un deficit straordinariamente elevato
della propria bilancia dei pagamenti. Questo deficit era il risultato degli ingenti deflussi di
dollari “dirottati” all’estero, non adeguatamente compensati da pari afflussi di moneta
nazionale. La pressione sul dollaro portò ad un processo inflazionistico di tali proporzioni,
che si dovette procedere alla svalutazione nel 1971.Allo stesso tempo si sospese anche la
convertibilità del dollaro in oro. Il sistema di Bretton Woods aveva fallito.
Un temporaneo sistema monetario varato nel 1972, detto “the Smithsonian
Agreement”, permise alle valute di fluttuare in una banda più libera, ma anch’esso si
dimostrò inadeguato. Nel 1973 i tassi di cambio di molti paesi furono lasciati fluttuare
liberamente, in base all’incontro tra domanda e offerta di valuta.
Durante questi decenni, i maggiori paesi europei hanno tentato di coordinare le
proprie politiche monetarie, con il fine ultimo di creare le condizioni necessarie per lo
sviluppo di un’Europa unificata da una sola unità monetaria. Nel 1979 la Repubblica
federale Tedesca propose di dar vita ad un sistema valutario in cui i paesi europei
tentassero di mantenere il valore delle diverse monete nazionali in linea con quelle degli
13
altri. Non tutti i paesi europei parteciparono, mentre le valute “più deboli” che vi
parteciparono furono subito sotto pressione, visto che il loro valore era tenuto
artificialmente in una banda di oscillazione assai stretta per emulare l’evoluzione nel tempo
delle valute “più forti”. Questo sistema venne chiamato SME (Sistema Monetario
Europeo). La grande stabilità del marco tedesco, dovuta ad una politica monetaria
fortemente restrittiva in grado di limitare la crescita dell’inflazione a meno del 2% annuo,
fece sì che la Germania dell’Ovest diventasse la nazione leader dello SME.
Nel 1990 l’unificazione delle due Germanie mise tutto lo SME sotto pressione. Il
deficit di bilancio della Germania crebbe insieme con i livelli del tasso d’inflazione e dei
tassi d’interesse. Altri paesi si trovarono nella condizione di dover assecondare tale crescita
delle variabili monetarie dell’economia, con la conseguenza di dover poi realizzare pesanti
politiche anti inflazionistiche. Una massiccia recessione colpì l’Europa, proprio nel
momento in cui il traguardo dell’Unione Monetaria si concretizzava con gli accordi presi a
Maastricht nel 1992.
Nel settembre dello stesso anno, la Gran Bretagna e l’Italia, che possedevano due
delle monete “più deboli”, uscirono dal circuito dello SME. Le banche centrali dei due
paesi non erano più in grado di mantenere stabile il valore della moneta rispetto a quelle
dei partners europei, acquistandola sui mercati internazionali. Il flusso di vendite di sterline
e di lire era tale da “bruciare” in breve le riserve monetarie accumulate dalle banche
centrali; per questo si dovette procedere a svalutazioni, che, tolta la pressione accumulata
dalle due economie, ridiedero loro competitività necessaria a riprendere un cammino di
risanamento.
Ciò che accadde in seguito è ormai storia di oggi. Nonostante la recessione, i paesi
europei si sono impegnati a fondo nel perseguire gli obiettivi di politica economica che
consentissero il raggiungimento dei famosi parametri di Maastricht, e quindi la creazione
delle condizioni per l’UME (Unione Monetaria Europea), di cui lo SME è solo la
premessa.
Gli sforzi effettuati hanno premiato tutti i paesi firmatari a Maastricht, compresa
l’Italia che, attraverso una rigorosa politica economica e una raggiunta stabilità valutaria,
ha potuto rientrare nello SME nel corso del 1996. I principali ostacoli alla creazione
dell’UME sembrano ad oggi eliminati. Il quadro economico prevede importanti scadenze
per i prossimi anni: il 1° gennaio 1999 interverrà la Banca Centrale Europea e l’ECU
(European Currency Unit), attualmente unità monetaria dello SME, verrà sostituita
14
dall’EURO, la nuova moneta unica. Da questa data fino al 1° luglio 2002, si avrà una fase
di transizione in cui esisteranno mercati finanziari paralleli dove EURO e monete nazionali
convivranno.
1.3 Il mercato dei cambi
1.3.1 Nozioni generali
Il mercato dei cambi è un mercato finanziario molto importante. E’ quel mercato
dove si svolgono acquisti e vendite che hanno per oggetto divise o banconote appartenenti
ai diversi paesi. I prezzi che si formano sul mercato dei cambi a seguito dell’incontro tra
domanda ed offerta sono noti come tassi di cambio5.
Il tasso di cambio è perciò il prezzo di una valuta espresso in termini di un’altra
valuta. E’ quel prezzo al quale si effettuano le compravendite di due monete.
Il tasso di cambio può essere espresso in modo diverso a seconda che si utilizzi la
quotazione incerto per certo oppure certo per incerto.
� La quotazione incerto per certo prevede l’indicazione di una quantità variabile di
moneta nazionale contro una quantità fissa di moneta e stera. La maggior parte dei
paesi, compresa l'Italia, usa questo tipo di quotazione.
� La quotazione certo per incerto prevede l’indicazione di una quantità fissa di
moneta nazionale contro una quantità variabile di moneta estera. Questa
notazione è usata solo da alcuni paesi, tra i quali: Gran Bretagna, Canada,
Australia e Sud Africa.
Si è già detto che l’oggetto delle contrattazioni sul mercato dei cambi è costituito da
divise e banconote: si tratta, in altri termini, dell’insieme degli strumenti che comunemente
vengono usati a livello internazionale per effettuare i pagamenti a seguito di transazioni di
natura commerciale o finanziaria. E’ evidente come il mercato delle banconote abbia
scarsa importanza rispetto a quello delle divise, dove circolano assegni, cambiali, altre
disponibilità finanziarie che, per motivi di rischio e di costo, sono assai più diffusi.
Sul segmento divise del mercato dei cambi però non vengono trattate tutte le divise
di tutti i paesi, ma soltanto le divise convertibili, cioè quelle che hanno corso legale nei
5
Per le considerazioni sul mercato dei cambi di questo paragrafo si fa riferimento a C. CASELLI,
L’avventura della internazionalizzazione logiche e strumenti per le imprese, Giappichelli Editore, Torino
1994, pp. 228 e ss.
15
paesi in cui i governi si sono impegnati a convertire a vista la moneta stessa in qualsiasi
altra divisa convertibile6.
La nozione di convertibilità esposta ha sostituito quella più antica di conversione in
oro propria del sistema gold standard, venuta meno con la fine degli accordi di Bretton
Woods nell’agosto del 1971.
Per comprendere il funzionamento di questo mercato è utile elencare gli operatori
che costituiscono alternativamente il lato della domanda piuttosto che quello dell’offerta a
seconda delle motivazioni sottostanti.
La domanda di valuta estera proviene prevalentemente da importatori, fruitori di
servizi internazionali, investitori in valuta, banche. L’offerta proviene prevalentemente da
esportatori, fornitori di servizi internazionali, investitori esteri, banche.
Le principali tipologie di operatori presenti sul mercato sono:
• Banche che si qualificano a seconda delle esigenze come brokers, traders o
dealers; la banca che effettua operazioni di brokeraggio interviene
esclusivamente per conto di altri operatori mediando le loro posizioni; la banca
che fa trading acquista e vende per conto proprio secondo prefissati obiettivi di
gestione; infine la banca che si presenta come dealer, oltre a compravendere
valuta estera, assume anche posizioni allo scoperto in un’ottica maggiormente
speculativa. Le banche possono poi intervenire direttamente sul mercato, facendo
i propri prezzi e nei casi più eclatanti diventando veri e propri market makers
oppure possono limitarsi ad operare ai prezzi “fatti” da altri.
• Banche Centrali che intervengono sul mercato per controllare il corso del
cambio a seconda degli obiettivi di politica monetaria fissati. Bisogna innanzi
tutto distinguere se il paese considerato opera in regime di cambi fissi o in regime
di cambi flessibili: nel primo caso tali interventi sono obbligati da questa scelta,
al contrario nel secondo caso la banca centrale può intervenire a sua discrezione,
al limite non intervenendo affatto e lasciando fluttuare il corso del cambio
secondo il naturale incontro tra domanda ed offerta.
Le strategie di intervento sono diverse a seconda dell’obiettivo perseguito: nel
caso si desideri sostenere il valore della moneta nazionale che si sta deprezzando
6
Attualmente le divise convertibili sono ventuno: dollaro USA, dollaro canadese, marco tedesco, fiorino
olandese, franco francese, franco belga, lira sterlina, peseta spagnola, escudo portoghese, lira irlandese,
corona danese, corona svedese, corona norvegese, marco finlandese, dracma greca, yen giapponese, franco
svizzero, scellino austriaco, dollaro australiano, ECU e naturalmente lira italiana.
16
eccessivamente nei confronti di altre monete la banca centrale dovrà acquistare
moneta nazionale per sostenerne la domanda, l’ovvio limite di tale politica è
rappresentata dall’ammontare delle riserve valutarie a disposizione
eventualmente integrate da finanziamenti esteri, l’esaurirsi di queste disponibilità
costringe la banca centrale ad accettare la svalutazione della propria moneta; nel
casi si desideri contenere un eccessivo apprezzamento della moneta nazionale o
si desideri sostenere altre valute la banca centrale dovrà al contrario offrire valuta
nazionale accumulando valuta estera, tale politica non presenta limiti di sorta
visto che è comunque possibile stampare moneta per farla uscire con il rischio
però di dar vita a processi inflazionistici di solito affatto desiderabili.
• Operatori economici non bancari come grandi merchant banks, società
finanziarie o multinazionali interessate ad operare per ottimizzare la propria
gestione valutaria di tesoreria o per favorire propri clienti o società controllate e
collegate.
• Brokers che operano esclusivamente in nome e per conto terzi.
Gli operatori sul mercato dei cambi assegnano per ogni divisa due diverse
quotazioni: denaro e lettera. La quotazione denaro rappresenta il prezzo al quale un
operatore è disposto ad acquistare valuta, mentre la quotazione lettera esprime il prezzo al
quale un operatore è disposto a vendere valuta. Il differenziale tra il prezzo lettera e il
prezzo denaro esprime perciò il margine operativo dell’operatore.
Per semplificare poi le contrattazioni sul mercato, gli operatori quotano
esclusivamente il tasso di cambio di una divisa convertibile contro dollari. Per questo
motivo se si desidera conoscere le quotazioni denaro/lettera di valute diverse dal dollaro
risulta necessario passare attraverso due operazioni di comprave ndita di dollari, ottenendo
così il cross rate risultante.
Il calcolo del Cross rate
Consideriamo un operatore in lire che debba coprire un fabbisogno di marchi
tedeschi. Rivolgendosi ad un broker per accedere al mercato dei cambi richiede la
17
quotazione lettera lira/marco (Lit/DM). Per il broker in questione esso rappresenta il
prezzo di vendita dei marchi che risulta dalle due seguenti operazioni in dollari:
- acquisto di dollari contro lire ⇒ si applica il cambio lettera lira/dollaro (Lit/$)
- vendita di dollari contro marchi ⇒ si applica il cambio denaro marco/dollaro
(DM/$)
Il broker calcolerà il rapporto tra il cambio lettera Lit/$ e il cambio denaro $/DM per
trovare il prezzo richiestogli dall’operatore.
S
S
S
( . )
lettera Lit DM
lettera Lit
denaro DM
( / )
( /$)
( /$)
= 11
Consideriamo lo stesso operatore in lire che, al contrario, debba cedere marchi
tedeschi ricevuti in pagamento a seguito di una vendita di suoi prodotti in Germania.
Rivolgendosi al solito broker richiede il prezzo denaro lira/marco (Lit/DM). Per il broker
esso rappresenta il prezzo di acquisto dei marchi, che risulta dalle due seguenti operazioni
in dollari:
- acquisto di dollari contro marchi ⇒ si applica il cambio lettera marco/dollaro
(DM/$)
- vendita di dollari contro lire ⇒ si applica il cambio denaro lira/dollaro (Lit/$)
Il broker calcolerà il rapporto tra il cambio denaro Lit/$ e il cambio lettera DM/$ per
trovare il prezzo richiestogli dall’operatore.
S
S
S
( . )denaro Lit DM
denaro Lit
lettera DM
( / )
( /$)
( /$)
= 12
Esempio 1.1
Se ipotizziamo il seguente listino prezzi del broker:
Prezzo Denaro Prezzo Lettera
Cambio Lit/$ 1730 1733,5
Cambio DM/$ 1,7611 1,7653
18
Applicando la (1.1) e la (1.2) si ottengono i prezzi praticati all’operatore in lire:
Prezzo denaro Prezzo Lettera
Cambio Lit/DM 980 984,33
1.3.2 Le caratteristiche principali
Il mercato dei cambi rappresenta un esempio concreto di mercato finanziario
efficiente7 a causa delle sue caratteristiche strutturali, che ne spiegano anche il
funzionamento.
• Si tratta di un mercato totalmente telematico: non esiste un luogo fisico dove
avvengano le transazioni. Esse si svolgono attraverso l’ausilio di collegamenti
telematici fra le dealing rooms delle banche e degli altri operatori che accedono al
mercato. Nelle dealing rooms operano i cambisti che leggono da una serie di schermi
Reuter i prezzi denaro/lettera praticati in tempo reale dai diversi operatori del mercato e
che, tramite linee telefoniche dedicate, contattano quegli operatori per concludere
l’acquisto o la vendita di valute in base a quei prezzi. La telefonata è poi seguita da un
messaggio SWIFT o da un telex per fissare le modalità di addebito/accredito sui
rispettivi conti correnti di corrispondenza.
• Si tratta di un mercato all’ingrosso, dato che l’unità minima di contrattazione è pari a
cinque milioni di dollari USA. In pochi minuti i cambisti riescono a compiere anche
due o tre operazioni, realizzando scambi di diverse decine di milioni di dollari. Una
cifra che colpisce ancor di più un osservatore è quella relativa al volume medio
giornaliero degli scambio di mercato: la Banca dei Regolamenti Internazionali,
effettuando una stima per difetto, ha rilevato un risultato di 1240 miliardi di dollari
USA, una massa di liquidità talmente grande da superare il PIL di molti paesi nel
mondo o, per fare un altro paragone, tale da essere circa tre o quattro volte
l’ammontare delle riserve detenute da tutte le banche centrali europee8. E’ evidente che
un tale volume di scambi non deriva solo da operazioni in valuta effettuate per esigenze
commerciali, ma è bensì fondamentalmente il prodotto di operazioni che scaturiscono
da esigenze finanziarie e speculative.
7
Sul concetto di efficienza, si veda: J. TOBIN, Sull’efficienza del sistema finanziario, conferenza tenuta a
New York il 15 maggio1984 per il Fred Hirsch Memorial contenuta in G: VACIAGO, G. VERGA (a cura
di), Efficienza e Stabilità dei mercati finanziari, Il Mulino, Bologna 1995, p. 141 e ss.
19
• Si tratta di un mercato perfettamente trasparente: le quotazioni sono disponibili
immediatamente per tutti gli operatori, non vi sono asimmetrie informative.
• Si tratta di un mercato basato sulla fiducia reciproca: i market makers quotano in
modo continuo i prezzi denaro/lettera per tutte le valute trattate, senza indicare
preferenze per l’acquisto o per la vendita, se non per piccolissime differenze di prezzo
che invoglino la controparte. Ogni volta che il market maker viene contattato per
concludere un’operazione, dovrà darvi corso al prezzo fissato, cioè quello apparso poco
prima sullo schermo Reuter della controparte. Tale obbligo porta questi operatori a
sopportare elevati rischi, visto che a posteriori s i potrebbe verificare di aver concluso lo
scambio ad un prezzo non conveniente date le mutate condizioni di mercato. Ciò
nonostante è necessario adempiere alle obbligazioni assunte, pena l’esclusione dal
mercato: infatti la notizia di un comportamento scorretto si diffonde sul mercato in
tempo reale come avviene per i prezzi, il che significa che nessun operatore vorrà più
contattare chi non ha fatto fronte ai propri impegni.
• Si tratta di un mercato efficiente dal punto di vista tecnico-operativo perché svo lge a
costi minimi le sue funzioni. La minimizzazione dei costi è assicurata dal fatto che
eccessivi differenziali denaro/lettera vengono immediatamente annullati dagli
arbitraggi. Con il termine arbitraggio si intende un’operazione di trading che consente,
sfruttando le condizioni del mercato, di realizzare un profitto senza sopportare alcun
rischio. L’arbitraggista ha la funzione positiva di riequilibrare il mercato e di impedire
comportamenti scorretti, garantendone appunto l’efficienza (in senso lato). Spesso si
confonde l’arbitraggista con lo speculatore, proprio perché la distinzione nella pratica è
molto difficile: il medesimo operatore si avvale di arbitraggi come di tecniche
speculative. Da un punto di vista formale invece, la differenza tra i due r uoli è molto
marcata: l’arbitraggista non corre alcun rischio per definizione, lo speculatore è
propenso al rischio e quindi consapevolmente corre dei rischi a fronte di elevati profitti
attesi. La presente trattazione utilizza in questo senso i due termini.
Nel mercato dei cambi si è soliti parlare di arbitraggio triangolare9, perché
l’arbitraggista necessariamente fa entrare in gioco tre diverse monete. Egli sfrutta
differenziali denaro/lettera non giustificati dalle attese del mercato, eliminando i possibili
disequilibri tra i tassi di cambio.
8
M. BURDA, C. WYPLOSZ, Macroeconomia un testo europeo, Il Mulino, Bologna 1994, pp. 643-644.
9
M. BURDA, C. WYPLOSZ, op. cit., p.635 e ss.
20
Esempio 1.2
Ipotizziamo che il mercato dei cambi esprima i seguenti prezzi:
Prezzo Denaro Prezzo Lettera
Cambio Lit/$ 1740 1742
Cambio DM/$ 1,7703 1,7755
Applicando le formule (1.1) e (1.2) si individua il Cross Rate atteso:
Prezzo Denaro Prezzo Lettera
Cambio Lit/DM 980,006 984,014
Se invece il mercato praticasse un differenziale Lit/DM molto diverso da quello
atteso:
Prezzo Denaro Prezzo Lettera
Cambio Lit/DM 979 986
L’arbitraggista potrebbe intervenire con due diverse strategie.
Prima strategia:
- acquisto di dollari contro lire ⇒ si applica il prezzo lettera Lit/$
- vendita di dollari contro marchi ⇒ si applica il prezzo denaro DM/$
- acquisto di lire contro marchi ⇒ si applica il prezzo lettera Lit/DM
in questo caso, a fronte di un esborso iniziale di 1742 Lit, passando attraverso
l’acquisto di dollari prima e di marchi poi, ottiene un incasso finale di circa 1745,516 Lit,
con un guadagno non rischioso di 3,516 Lit per dollaro. L’effetto del flusso di arbitraggi
che seguono questa strategia è quello di generare un eccesso di vendite di marchi contro
lire che porta il prezzo lettera Lit/DM a diminuire fino a raggiungere il livello atteso di
equilibrio.
Seconda strategia:
- acquisto di dollari contro marchi ⇒ si applica il prezzo lettera DM/$
- vendita di dollari contro lire ⇒ si applica il prezzo denaro Lit/$
- vendita di lire contro marchi ⇒ si applica il prezzo denaro Lit/DM
21
in questo caso, a fronte di un esborso iniziale di 1,7755 DM, passando attraverso
l’acquisto di dollari prima e di lire poi, ottiene un incasso finale di circa 1,7773 DM, con
un guadagno non rischioso di 0,0018 DM per dollaro. L’effetto del flusso di arbitraggi che
seguono questa strategia è quello di generare un eccesso di acquisti di marchi contro lire
che porta il prezzo denaro Lit/DM ad aumentare fino a raggiungere il livello atteso di
equilibrio.
Secondo le caratteristiche appena esaminate i tassi di cambio si formano
continuamente con il susseguirsi delle transazioni. Un tempo, per stabilire un punto fermo
di riferimento, si perveniva alla formazione del listino delle quotazioni attraverso il fixing.
Attualmente tale procedura è stata abbandonata a seguito del clima liberale di de-
regolamentazione proprio dell’ultimo decennio. La Banca d’Italia procede soltanto ad una
rilevazione dei tassi di cambio alle ore 14.15 di ogni giorno, dopo averli concertati con le
altre banche centrali. I valori così determinati hanno rilievo solo da un punto di vista
statistico, fiscale e civilistico; hanno invece perso il loro connotato di prezzi di riferimento
per le contrattazioni della clientela al dettaglio. Oggi gli intermediari finanziari praticano ai
propri clienti prezzi per la compravendita di valute estere che riflettono quelli formati “al
durante” sul mercato dei cambi, con conseguente aumento del grado di rischio
dell’operazione.
1.3.3 Le operazioni
Distinguiamo due categorie fondamentali di operazioni sul mercato dei cambi: le
operazioni a pronti (spot) e le operazioni a termine (forward).
A) OPERAZIONI A PRONTI
Si tratta di quelle operazioni che prevedono la consegna della valuta entro le 48 ore
successive alla stipulazione del relativo contratto. La maggior parte delle transazioni
in valuta sono operazioni spot.
B) OPERAZIONI A TERMINE
Si t ratta di quelle operazioni che prevedono la consegna della valuta e il pagamento
oltre le 48 ore successive alla stipulazione del contratto, per cui la scadenza di
un’operazione forward può essere assai varia, anche se di solito gli usi prevedono
scadenze intere: 1 mese, 3 mesi, 6 mesi, ecc. Si distinguono a loro volta in: a
termine fermo (outright), con riporto (swap).
B1) OPERAZIONI A TERMINE FERMO
22
Sono le operazioni forward10 in base alle quali il prezzo viene fissato oggi, mentre la
consegna e il pagamento sono successivi. Predeterminando il tasso di cambio al
quale avverrà l’operazione, si introduce un elemento di certezza nella propria
contabilità.
B2) OPERAZIONI CON RIPORTO
Si tratta di combinazioni di due diverse operazioni: una spot e una forward di segno
contrario. Si può avere una vendita spot con il successivo acquisto forward oppure un
acquisto spot con la successiva vendita forward.
Il fatto che il mercato valutario sia diviso in due segmenti, quello spot e quello
forward, fa sì che per uno stesso tasso di cambio, che lega due valute, si abbiano due
distinti prezzi: il prezzo spot determinato sul segmento a pronti, il prezzo forward
determinato sul segmento a termine11. Tra i due prezzi esiste un legame molto importante,
che viene tenuto in grande considerazione dagli operatori, perché costituisce la base per la
formulazione delle aspettative sulle future evoluzioni dei corsi dei cambi.
La teoria della parità dei tassi d’interesse
Per spiegare il legame tra cambio spot e cambio forward utilizziamo la teoria della
parità dei tassi d’interesse, nella sua formulazione di parità coperta dei tassi d’interesse,
nella quale si ipotizza che i tassi di cambio attesi dagli operatori coincidono con i tassi
forward espressi dal mercato dei cambi12.
Secondo questa teoria la differenza che si riscontra tra il cambio spot rilevato al
tempo t (St) e il cambio forward in t formulato per la scadenza successiva T (Ft,T) può
essere spiegata dal differenziale tra i livelli dei tassi d’interesse vigenti nei due paesi, le cui
valute vengono prese in considerazione.
Ipotizziamo che sul mercato domestico (valuta nazionale) il livello dei tassi
d’interesse sia pari a i. Un investitore che al tempo t investa un ammontare di valuta
nazionale pari a St sul mercato dei capitali, otterrà alla scadenza T il montante13:
10
Le operazioni a termine fermo costituiscono il contenuto dei contratti forward, che possono essere
considerati prodotti derivati. Si veda il capitolo successivo.
11
In realtà vi sono più prezzi forward, tanti quante sono le scadenze future considerate sul mercato.
12
Così: M. BURDA, C. WYPLOSZ, op. cit., p. 666 e ss.
13
Si utilizza la legge di capitalizzazione semplice e si ipotizza che il tasso d’interesse sia riferito proprio alla
durata T-t.