L’educazione delle persone disabili parte spesso da delle presunzioni: la
presunzione di sapere cosa è giusto per loro, di decidere cosa essi possono o non
possono fare. Quando l’altro non parla, non si esprime oppure sembra che tutto gli
vada bene, l’educatore sovente si sente in dovere e in potere di scegliere per lui. È
un errore frequente che, anche se motivato dalla buona fede dell’educatore, limita
la libertà dell’educando e con ciò la sua autonomia. Ognuno deve dare spazio alla
propria individualità, deve poter scegliere, provare, sbagliare…per migliorarsi e
crescere. L’educatore, dunque, delle volte, deve avere il coraggio di lasciar…stare,
lasciar…perdere, non insistere e attendere.
L’educatore è colui che propone al disabile (in concordanza con le disposizioni del
servizio in cui opera) progetti, idee, interventi, attività ed è colui che dispone gli
strumenti per la loro realizzazione. L’educatore, cosciente che un intervento
educativo va adeguato alle diversità personali, attiva se stesso nella prospettiva di
arricchire l’altro e nella consapevolezza che la sua opera potrebbe non produrre
cambiamenti. Ma educare è anche educarsi, vivere, crescere, giorno dopo giorno, e
scoprire che la vita è un viaggio meraviglioso e che ogni vita è degna di essere
vissuta, scolpita, ricordata.
Il presente lavoro si muove lungo una traiettoria che, partendo dall’analisi dei
contesti educativi a disposizione degli adolescenti e adulti disabili, sfocia nella
descrizione di un’indagine compiuta in alcuni servizi della provincia di Como.
Tra le molteplici vie perseguibili è stata scelta quella, innovativa nel campo, della
considerazione dei mezzi multimediali quali risorse favorevoli il processo di
maturazione e di crescita del disabile. La valenza formativa degli strumenti
mediali, comprovata da numerosi studi nel campo dell’apprendimento scolastico,
vuole qui essere applicata ad un mondo che, a pieno titolo, vuole inserirsi nella
società della comunicazione globale.
La trattazione è divisa in due parti.
La prima parte, Disabili e Media, si articola in quattro capitoli: essa, mentre
affronta le specificità dei singoli argomenti, cerca sempre con criticità di
evidenziare la positività delle interazioni tra media e soggetti disabili.
Il primo capitolo si apre con l’esposizione dell’evoluzione dello Stato sociale, il
Welfare State, che, attualmente, si muove in direzione di una Welfare Society: per
far fronte alla crisi sociale ed economica del Welfare, sono sorti gli organismi del
Terzo Settore maggiormente attenti alla dimensione relazionale della società civile.
Ed è proprio il settore terziario che, comprendendo al suo interno una vasta
quantità di servizi educativi e socioassistenziali, cerca di proporre ambienti idonei
al perseguimento dell’autonomia e dell’integrazione dei disabili. Tra questi vi sono
quelli destinati ad una certa categoria di fruitori: i disabili adolescenti e adulti.
Concluso il periodo scolastico di base, tali ragazzi si trovano a dover progettare
dove e come impostare il proprio futuro. Essi hanno a disposizione alcune
alternative: l’inserimento in Centri di Formazione Professionale è una di queste.
Tale servizio consente al ragazzo di sperimentarsi in più attività a valenza
lavorativa e gli permette di imparare a lavorare. Nell’elaborato si è solo accennato
ai Centri di Formazione Professionale in quanto essi, rivolgendosi a ragazzi
disabili i cui livelli di autonomia sono discreti, si dedicano prettamente ad attività
della sfera lavorativa. Si è invece puntata l’attenzione su quelle strutture che,
destinate a persone con disabilità più gravi, ricercano e propongono interventi
eterogenei a livello educativo. Si sono, perciò, presi in considerazione i Centri
Socio Educativi, che accolgono persone che presentano compromissioni notevoli
nell’autonomia delle funzioni elementari, e i Servizi di Formazione all’Autonomia,
rivolti a disabili (gravi o medio-gravi) che possiedono discrete capacità relazionali,
comunicative e adattive. Il capitolo si conclude con la considerazione
dell’educatore quale professionista impegnato nel lavoro con i disabili e con la
descrizione degli strumenti di cui dispone per svolgere al meglio il proprio
mestiere. Infine, si indicano alcune disposizioni della legge quadro per l’assistenza,
l’integrazione sociale e i diritti delle persone handicappate (L.104/92) e si offrono
precisazioni terminologiche relative all’handicap.
Il secondo capitolo è dedicato alla delineazione delle qualità dei media e delle
nuove tecnologie sullo sfondo del nuovo significato del concetto di comunicazione
derivato. Dal latino communis, cum-munis, il termine contiene in sé l’idea di
“mettere in comune” qualcosa. In questo senso la comunicazione assume le
caratteristiche proprie della relazione, alla cui base sta l’adesione ad un progetto.
Vengono analizzati media “vecchi” quali radio, cinema e televisione e “nuovi”, i
media digitali, e si tenta di metterne in luce le positività per un loro uso nel mondo
dell’educazione. Più precisamente si cerca di considerarli come risorse per
l’autonomia e l’integrazione dei soggetti disabili.
Con il terzo capitolo ci si addentra nel settore disciplinare della Media Education.
La si guarda da più punti di vista, storico, evolutivo, disciplinare, metodologico, e
ci si sofferma sulla realtà italiana e sull’evento, di portata nazionale e
internazionale, della prima Convention
1
su educazione e media, tenutasi proprio in
Italia qualche settimana fa.
Il quarto capitolo, che conclude la prima parte, intende proporre un nuovo ruolo
all’educatore che opera nel Terzo Settore. Formato pedagogicamente e studioso
delle discipline comunicative, il media educator potrebbe inserirsi opportunamente
nei servizi alla persona, così come fa nelle scuole, e trovarvi ampi spazi di
operatività.
La seconda parte, Esperienze, è dedicata alla descrizione del lavoro d’indagine
attuato nei Servizi di Formazione all’Autonomia e nei Centri Socio Educativi della
provincia di Como che confluisce nell’enunciazione di esperienze specifiche di
attività educative concernenti i media (giornali, televisione, cinema, computer,
Internet…). Tali esperienze, rese note e comunicanti, perdono il loro carattere
localistico ed inseguono la prospettiva pedagogica della condivisione per la
crescita. L’esposizione dei dati della ricerca consente pure di gettare uno sguardo
1
Bellaria-Igea Marina, 11-13 Aprile 2002
sulle modalità operative, organizzative e progettuali dei servizi indagati e di
scorgervi il senso degli interventi educativi.
Desidero ringraziare tutti i Centri Socio Educativi ed i Servizi di Formazione
all’Autonomia che hanno aderito all’indagine. In special modo un ringraziamento
particolare va al Servizio di Formazione all’Autonomia “Noi Genitori” di Erba
(CO), di cui sono dipendente, per il materiale ed i consigli dati, al responsabile
educativo e ai miei colleghi con i quali ho condiviso questi mesi di lavoro. Un
abbraccio, infine, a tutti i ragazzi della cooperativa per l’accoglienza e l’allegria
che mi hanno donato.
Ringrazio, infine, il professor Paolo Ardizzone per la disponibilità e la serietà con
cui mi ha seguita in questo lavoro di Tesi e tutti i professori della Facoltà di
Scienze dell’educazione che ho incontrato e che mi hanno permesso di maturare
come persona e come professionista.
1.3 I SERVIZI PER ADOLESCENTI E ADULTI DISABILI
Al termine del percorso scolastico di base attuato all’interno di scuole “normali” o
“speciali”, i ragazzi disabili, insieme con le rispettive famiglie, si trovano a dover
progettare dove e come impostare il proprio futuro. La scelta della struttura più
idonea dipende in gran parte dalle risorse personali dei ragazzi che, in linea
generale, hanno a disposizione alcune alternative. Esse sono rappresentate da
inserimenti: di tipo lavorativo, in Centri di Formazione Professionale, in Centri
Socio Educativi, nei Servizi di Formazione all’Autonomia.
La frequentazione di un ambiente piuttosto che un altro, è legata sia alla tipologia e
alla gravità della disabilità, sia al contesto fisico e sociale in cui l’individuo si trova
a vivere. L’utente disabile che ha concluso, positivamente o meno, il proprio
itinerario legato al periodo dell’infanzia e della fanciullezza, viene a scontrarsi con
le difficoltà dell’accettazione del proprio sé e del consolidamento dell’identità. La
persona disabile dovrà imparare a convivere con i suoi limiti accettando le
inevitabili rinunce dovute al proprio stato; inoltre dovrà riconoscere il proprio
corpo, che muta, con lo scoppiare dell’età adolescenziale e della sessualità. Il
confronto con gli altri si fa più evidente e il divario tra soggetto disabile e suoi
coetanei cresce.
La famiglia che, generalmente, vive l’adolescenza dei figli come un periodo carico
di conflitti e preoccupazioni, cercherà di proteggere il figlio disabile rimandando la
sua crescita, continuando a reputarlo un “eterno bambino”
2
. Questo atteggiamento
dei familiari, pur comprensibile, si scontra con le esigenze di autonomia del
giovane che accrescono con l’avanzare degli anni. Pertanto l’inserimento in centri
educativi può sostenere le esigenze di indipendenza e potenziare le capacità
individuali dei disabili, fermo restando il ruolo indispensabile di supporto della
famiglia.
2
Tamberi S., Il giovane disabile e il suo mondo, in “Accaparlante”, n° 65, Bologna, 1998, in Internet, url
http://www.accaparlante.it
2.3 TECNOLOGIA, CULTURA E DISABILITA’
L’accostamento dei termini citati nel titolo necessita, in primo luogo, di brevi
precisazioni lessicali. E, in seguito, della risposta ad alcuni quesiti: che rapporto
intercorre tra cultura, tecnologia e disabilità? O meglio, tra cultura e tecnologia e
tra queste e l’educazione dei disabili?
Cultura (etimologicamente coltivazione e cura dei campi, metaforicamente
coltivazione dell’animo umano) designa tutto ciò che deve la sua creazione
all’azione cosciente e libera dell’uomo, ossia il patrimonio intellettuale e materiale
dei membri di una collettività costituito da valori, norme, linguaggi, simboli,
modelli di comportamento, oggetti materiali
3
. La cultura è, dunque, valore umano e
prodotto storico caratterizzato da molteplici dimensioni che ne mettono in risalto
vari significati.
Si possono evidenziare cinque dimensioni
4
:
Tabella 3- Dimensioni della cultura per Cesareo
DIMENSIONI DELLA CULTURA CARATTERISTICHE
SOGGETTIVA
Modi di pensare, sentire, credere dell’individuo
OGGETTIVA La cultura precede l’individuo; è ereditaria, la
sua durata supera la vita del singolo
RIDUZIONE DELLA COMPLESSITA’ La cultura dà senso e significato a ciò che ci
circonda
COGNITIVA La cultura permette di acquisire informazioni e
conoscenze
PRESCRITTIVA La cultura regola i rapporti tra i membri di una
collettività
3
Cesareo V., Sociologia…, p.19
4
Ivi, pp. 20-22
Se nell’Ottocento la tecnologia veniva definita come “studio della tecnica e delle
sue applicazioni”, oggi i termini tecnica e tecnologia vengono utilizzati
indifferentemente. Si può definire tecnologia l’insieme di attività che, a partire da
conoscenze scientifiche, tende a tradurle operativamente in oggetti e strumenti atti
a indurre miglioramento nelle condizioni di vita
5
. Spesso accanto al concetto
tecnologia troviamo l’idea del progresso: le tecnologie consentono lo sviluppo
della società, l’accelerazione dei processi produttivi, il superamento di
innumerevoli ostacoli.
Per ciò che concerne il concetto di disabilità e la sua distinzione con quello di
handicap, si rimanda al primo capitolo, § 1.6.
E veniamo ora ai rapporti.
Che la tecnologia faccia parte del sistema culturale è fuori da ogni discussione:
l’uomo è naturalmente homo faber e la cultura nasce dalla vita dell’uomo. In ogni
sistema culturale si pongono le condizioni per la realizzazione di una certa
tecnologia che soddisfi bisogni, necessità, curiosità e che si traduca in materiali
concreti e fruibili. In questo senso la cultura genera la tecnologia. Ma è pur vero il
contrario: la tecnologia, modificando il sistema sociale e culturale, produce
cultura
6
. E’ ciò che avviene, ad esempio, quando si lascia coincidere il progresso
umano con quello tecnologico. Per evitare che la tecnologia abusi dei suoi poteri
occorre responsabilità e controllo, e soprattutto coscienza che al centro di
qualunque processo (educativo e non) vi è sempre la persona umana.
5
Cerri Musso R., Città, tecnologie, handicap, in Pertica M. (a cura di), Il complesso di Era. Handicap, città,
educazione, UTET, Torino, 1997, p. 189
6
Cerri Musso R., Tecnologie educative, Sagep, Genova, 1995, p.22
Ma che relazione può crearsi tra i disabili e la cultura, tra i disabili e le tecnologie?
Certo, se si pensa ai prodotti culturali come a elaborazioni astratte di alto livello, i
disabili, soprattutto quelli mentali, non potranno mai accedere ai processi di
elaborazione culturale: ma se, come rilevato dalla definizione di cultura sopra
citata, la si qualifica come opera umana, anche il disabile potrà metterci del suo,
potrà contribuire alla crescita del patrimonio culturale, magari non con una
produzione letteraria, ma indubbiamente con la trasmissione di emozioni,
credenze, abilità, linguaggi. Affinché i disabili partecipino a tale evoluzione,
occorre prima di tutto che si sentano effettivamente inclusi nei loro contesti di vita
e che possano usufruire di benefici tali da ridurre lo svantaggio provocato dalla
loro disabilità. Le tecnologie possiedono numerose caratteristiche idonee al
raggiungimento di quelle che considero le principali finalità dell’educazione dei
disabili: l’autonomia e l’integrazione.
CAPITOLO III
3. LA MEDIA EDUCATION
3.1 IL RAPPORTO TRA EDUCAZIONE E COMUNICAZIONE
Che rapporto c’è tra l’educazione e la comunicazione, o meglio, tra le scienze
dell’educazione e le scienze della comunicazione? È possibile un incontro?
A queste domande hanno cercato di rispondere alcuni media educators
7
interessati
a svelare più i punti in comune che le differenze tra le due scienze.
Seguendo Jacquinot
8
, è possibile cogliere molte similitudini. Innanzi tutto sono due
discipline giovani, rispetto alle discipline tradizionali. Si sono, infatti, sviluppate
nel corso della prima metà del XX secolo e sono state istituzionalizzate e
“riconosciute” formalmente nell’ultimo quarto del secolo. Sono poi, entrambe,
pluridisciplinari: in esse confluiscono diverse scienze umane e sociali. Sono nate e
si sono sviluppate in stretto contatto con i saperi e i campi professionali: la
pedagogia per le Scienze dell’educazione e i mestieri della comunicazione per le
Scienze dell’Informazione e della Comunicazione. Infine, nonostante le difficoltà
iniziali, si sono strutturate epistemologicamente tanto da costituire settori ben
identificati e coerenti.
Fin qui i punti in comune che sono alla base: ma l’incontro tra due culture, tra le
due istanze dell’educazione e della comunicazione necessita della chiarificazione
7
Alcuni contributi si trovano in Salzano D., Comunicazione ed educazione. Incontro di due culture, L’isola dei
ragazzi, Napoli, 2000- Atti del Convegno di studio su Comunicazione ed educazione. Incontro di due culture,
Istituto Universitario Suor Orsola Benincasa, Napoli, 26-27 Marzo 1999
8
Jacquinot G., Le scienze dell’Educazione (Sed) e le Scienze dell’Informazione e della Comunicazione (SIC).
Prospettive per un incontro, in “Intermed”, Ottobre 2000, in Internet url: http//www.medmediaeducation.it
dei temi condivisibili e dell’individuazione delle strategie esportabili da un campo
all’altro
9
. E’ lo stesso scenario socio-culturale di cui facciamo parte che ci consente
di trovare i temi del dialogo. Nello spazio vitale di cui siamo gli attori, una
rivoluzione ha infatti cambiato il nostro modo di agire e di conoscere: la
convergenza digitale di telefonia, sistema televisivo e computer. La gestione
dell’informazione muta e i modi dell’apprendimento si trasformano: la conoscenza
è sempre più il risultato di pratiche cooperative in cui il confronto e lo scambio
divengono ingredienti di base
10
. Ciò implica conseguenze non solo in ambito
comunicativo ma anche a livello dell’educazione: la realtà, costruita grazie
all’apporto del computer, della televisione e della telematica trasforma il modo di
conoscere e amplia i contesti dell’apprendimento, non limitati a quello scolastico.
È proprio sulla generale convergenza della conoscenza come attività negoziale,
socialmente costruita, che si stabilisce l’attuale avvicinamento tra le due scienze
11
:
l’apprendimento si situerebbe, più che nei meandri della nostra mente, nel gioco
delle mediazioni simboliche con l’esterno; lo sviluppo della conoscenza sembra
inscindibile da una attività comunicativa, connotata socialmente.
Sottolineare gli argomenti in comune, però, deve servire anche a trovare le
peculiarità specifiche delle due discipline, trattare le questioni con diversa finalità
ed impostazione
12
. Per cui le Scienze della comunicazione si dedicano alla
multimedialità o alla comunicazione in rete sottolineando le caratteristiche
9
Rivoltella P.C., Comunicazione ed educazione: “interferenze”, in Salzano D. (a cura di) Comunicazione ed
educazione. Incontro di due culture, L’Isola dei ragazzi, Napoli, 2000, pp.47-65
10
Ivi, p.50
11
Calvani A., Educazione e comunicazione, due mondi in avvicinamento: convergenze e criticità, in “Intermed”
Marzo 2001, in Internet, url: http//www.medmediaeducation.it
12
Ibidem
prettamente pragmatiche e comunicative: semiologia, tipologia comunicativa,
efficacia o meno del messaggio…Le Scienze dell’educazione pongono maggior
attenzione, invece, alle opportunità di formazione concesse dalla rete, alle
condizioni tramite cui si può sviluppare l’apprendimento…
Inoltre, solo alcune attività comunicative hanno pertinenza educativa: informazione
e comunicazione non significano tout court conoscenza e apprendimento
13
. Di
questo è importante essere consapevoli.
È utile, però, indicare quale contributo la cultura della comunicazione offra alla
cultura dell’educazione e viceversa
14
.
Viviamo nella società dei media, in un media climate capace di influenzare e
trasformare il comportamento individuale e collettivo. Attraverso i media il mondo
dell’educazione (scuola e altre agenzie educative) ha innanzitutto la possibilità di
incontrare l’attualità: gli educandi, se supportati da professionisti competenti,
possono meglio comprendere la società, scoprirne le diverse forme e
manifestazioni, contribuire alla costruzione della cittadinanza
15
. Inoltre i media
inducono alla riflessione sulle prospettive valoriali: si educa, infatti, secondo fini
precisi che danno significato ai processi formativi. Il mondo dell’educazione deve
rendersi disponibile ad un lavoro di negoziazione sulla scelta dei valori, rendendosi
conto che oggi il processo di valorizzazione passa anche dai media. Media, valori e
responsabilità educativa: occorre un confronto che porti a proficue indicazioni; i
13
Calvani A., Educazione, comunicazione e nuovi media, UTET, Milano, 2001, p. 58
14
Rivoltella P.C., Comunicazione ed educazione…, pp. 54-57
15
Gonnet J., Intervento alla prima Convention Nazionale sulla Media Education in Italia, Bellaria-Igea Marina, 11-
13 Aprile 2002
media svelano il loro significato “spirituale” quando i recettori non si isolano, ma
riflettono, dialogano, commentano, valutano i messaggi
16
.
Altri apporti i media possono garantire all’educazione
17
: essi, soprattutto i New
Media, si dimostrano capaci di contaminare i sistemi didattici (si pensi alle
tecnologie della comunicazione per l’apprendimento); inoltre, possono offrire alla
scuola e all’educazione i loro professionisti (giornalisti…); infine si dimostrano
particolarmente interessanti i metodi di ricerca utilizzati dalle scienze della
comunicazione che si possono trasferire agli ambiti educativi (osservazione
partecipante, intervista in profondità…).
E veniamo al contributo dell’educazione alla comunicazione
18
.
L’educazione fornisce, innanzitutto, al mondo dei media un quadro d’uso ossia la
possibilità di maturare una consapevolezza etica e critica. Essa sviluppa un
orizzonte concettuale da applicare al sistema dei media che incrementa il senso del
vivere sociale: l’obiettivo è il raggiungimento di un’autonomia critica attraverso un
lavoro di collaborazione. Riflessione, confronto e circolazione di idee si avvertono
con il lavoro di rete in cui si mettono in comune esperienze e progetti nell’ambito
dell’educazione e della comunicazione.
L’incontro, l’intersezione avviene nel rispetto delle unicità delle discipline e
l’intreccio trova nella Media Education
19
la ragione del suo affermarsi.
16
Giannatelli R., Rivoltella P.C., Teleduchiamo. Linee per un uso didattico della televisione, Elledici, Torino, 1994,
pp,159-160
17
Rivoltella P.C., Comunicazione ed educazione…, pp.57-59
18
Ivi, pp.59-61
19
Si veda più avanti il § 3.3