3
Ci si sofferma, poi, sul contratto a termine, regolato dalla legge
n.230/1962, ora sostituita dal D.Lgs n.368/2001, per evidenziare come il
contratto di lavoro sportivo, pur essendo un contratto a tempo determinato,
sia stato disciplinato in modo difforme al fine di adeguarlo alle esigenze del
mondo sportivo.
Di non minore importanza è la tematica del contratto collettivo di
lavoro, strumento di regolamentazione del trattamento economico e
normativo dei contratti individuali, cui si ricorre anche in ambito sportivo,
per regolare i rapporti degli sportivi professionisti.
Si sviluppa, infine, un approfondito esame sia della legge n.91 del
1981, legge che ha introdotto una normativa specifica per il lavoro sportivo
professionistico, sia della figura dell’allenatore di calcio.
La legge del 23 marzo 1981 n.91, nonostante si ritenga che necessiti
di una revisione per alcuni profili, soprattutto tecnico giuridici, ha
conseguito dei risultati importanti.
Precisamente, ha dato la definizione di professionismo sportivo, che
mancava fino ad allora, ha regolato per la prima volta il contratto di lavoro
sportivo, inteso come quell’accordo che dà luogo al rapporto di lavoro
4
intercorrente tra le società e gli sportivi professionisti, introducendo diverse
forme di tutela per il professionista e per le società.
Sono state introdotte, difatti, la tutela sanitaria, l'indennità di
preparazione e promozione (ora sostituita con il premio di addestramento e
di formazione tecnica), le assicurazioni infortuni, il trattamento
pensionistico, e soprattutto è stato abolito il “vincolo sportivo”, che fino a
quel momento aveva fatto del calciatore un'autentica "merce di scambio".
Un ulteriore obiettivo che, con la legge, s’intendeva raggiungere era
la qualificazione giuridica del rapporto di lavoro tra le società e gli sportivi
professionisti (atleti, direttori tecnico-sportivi, allenatori, preparatori
atletici) scopo, questo, solo in parte realizzato, riferendosi il legislatore
esclusivamente al rapporto tra società ed atleti, e non a quello con gli altri
professionisti.
E’ innegabile come, con la legge n.91, si sia giunti, nella disciplina
dello sport professionistico, ad un’effettiva tutela della “persona” dello
sportivo fino a quel momento inesistente e ad una più soddisfacente
valorizzazione dell’attività agonistica mediante una maggiore trasparenza
dell’organizzazione e gestione dei sodalizi sportivi.
5
Il lavoro prende in considerazione, inoltre, la figura dell’allenatore,
affrontando il problema della determinazione della natura giuridica del
rapporto di lavoro che questi ha con la società sportiva, ed illustrandone
alcune possibili soluzioni, sulla base della legge n.91/1981 e delle
conclusioni della dottrina.
L’opera tratta, poi, del contratto collettivo degli allenatori
professionisti di calcio, regolante il loro trattamento economico e
normativo, stipulato dall’Associazione Italiana Allenatori di Calcio
(A.I.A.C.) con le società sportive professionistiche, ed a titolo
esemplificativo è allegata, anche, copia del Contratto – Tipo, costituente il
modello contrattuale cui si deve uniformare l’accordo individuale.
Si descrivono, successivamente, le diverse categorie in cui si
dividono gli allenatori professionisti e dilettanti di calcio, previste dal
Regolamento del Settore Tecnico della F.I.G.C., per, poi, passare ad una
breve trattazione dell’Associazione Italiana Allenatori calcio, la quale
costituisce il sindacato degli allenatori, e concludere con considerazioni
sulla legge n.91/1981 e sulla disciplina contrattuale del rapporto di lavoro
dell’allenatore di calcio.
6
2. Il Lavoro subordinato
Innumerevoli sono i contratti esistenti, disciplinati e non dalla legge,
uno di questi è il contratto di lavoro, che costituisce e regola il rapporto
giuridico tra il lavoratore ed il datore di lavoro.
Il lavoro subordinato è disciplinato dall’art.2094 c.c. che recita:
”E’prestatore di lavoro subordinato chi si obbliga mediante retribuzione a
collaborare nell’impresa, prestando il proprio lavoro intellettuale o manuale
alle dipendenze e sotto la direzione dell’imprenditore”; l’art.2094 c.c. si
riferisce al rapporto alle dipendenze di un’impresa, che costituisce il
modello, ma poi l’art.2239 c.c. estende la disciplina, in quanto compatibile,
a tutti i rapporti anche con datori non imprenditori
1
(lavoro domestico).
Essenza della subordinazione sono la dipendenza, la soggezione al
potere direttivo del datore di lavoro e la continuità del rapporto.
Quest’ultima rappresenta la messa a disposizione continua del lavoratore a
favore della controparte. Secondo parte della dottrina, dipendenza e
soggezione sarebbero equivalenti: lavorare alle dipendenze significherebbe
1
Dell’Olio, Nuove forme di lavoro dipendente, MGL, p. 668 ss., 1984.
7
lavorare sotto la direzione. Non v’è dubbio che sono complementari, ma a
ciascuno può essere attribuito un significato in parte diverso dall’altro.
Per individuare il concetto di dipendenza, parte della dottrina ha fatto
ricorso alla subordinazione socio-economico, intendendo per essa
l’estraneità del lavoratore rispetto ai mezzi di produzione e rispetto al
risultato.
2
L’estraneità rispetto ai mezzi di produzione indica il carattere
esclusivamente personale della prestazione di lavoro e che questa si svolga
senza prevalente ausilio di un capitale proprio o di lavoro altrui; dunque, il
lavoratore dipende dagli strumenti di lavoro e di produzione del datore.
L’estraneità rispetto al risultato, invece, indica che è il datore ad
organizzare l’attività del prestatore e che questi non si obbliga a fornire il
risultato, ma solo a svolgere diligentemente le mansioni affidategli.
La prestazione di lavoro va inserita nell’organizzazione aziendale
del datore, che, così, può effettuarne la direzione continua, cui il lavoratore
è assoggettato come sancito dall’art.2094 c.c.
Si tratta di un assoggettamento di tipo gerarchico, come appare
dall’art.2086 c.c., secondo cui l’imprenditore è il capo dell’impresa e da lui
2
Scognamiglio, Lavoro subordinato, Enc. Giur., vol. XVIII, 1990; Mariucci, Il lavoro decentrato.
Disciplina legislativa e contrattuale, Angeli, Milano, 1979; Mazzotta, Rapporti interpositori e contratto di
lavoro, Giuffrè, Milano, 1979.
8
dipendono gerarchicamente i suoi collaboratori, il che significa che il
lavoratore, qualunque sia la sua qualifica, è sottoposto alle direttive e alle
istruzioni impartite dal datore (imprenditore o non imprenditore) e dai
collaboratori con qualifica superiore.
L’art.2094 c.c. fa riferimento alla retribuzione, la quale, pur essendo
speciale rispetto ad ogni altro tipo di corrispettivo, non è elemento idoneo a
qualificare la fattispecie di lavoro subordinato, in quanto è ad essa esterna,
rientrando nella sfera degli effetti: solo una volta accertata la natura
subordinata del rapporto, ad esso dovrà applicarsi la retribuzione, sempre
che il contratto non sia a titolo gratuito.
Esaminiamo, ora, i caratteri essenziali del lavoro autonomo,
contrapposto al lavoro subordinato. Si ha il contratto di lavoro autonomo,
secondo l’art.2222 c.c., ”quando una persona si obbliga a compiere verso
corrispettivo un’opera o un servizio, con lavoro prevalentemente proprio e
senza vincolo di subordinazione nei confronti del committente”. La
prevalenza di lavoro personale, anziché dell’organizzazione dei mezzi
necessari e la gestione a proprio rischio, come avviene nell’appalto, fa del
prestatore autonomo non un imprenditore, come l’appaltatore, ma un
lavoratore più vicino alla categoria dei lavoratori subordinati.
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Ovviamente, il lavoratore svolge la sua attività con mezzi propri e,
quindi, ha una propria organizzazione, ma questa non deve essere
prevalente rispetto al lavoro personale.
Carattere essenziale è l’autonomia, vale a dire l’assenza del vincolo
della subordinazione, il che significa che il compimento dell’opera o del
servizio non è assoggettato al potere direttivo del committente, che può
solo controllare che l’esecuzione del lavoro avvenga secondo le condizioni
stabilite nel contratto e a regola d’arte (art.2224 c.c.). Altro elemento
fondamentale è la prestazione di lavoro non continua, ma occasionale,
unitaria e svolta dal lavoratore con mezzi propri.
Al contratto d’opera non si applica sia la disciplina prevista per il
lavoro subordinato, (infatti lo statuto del lavoratore autonomo è solo quello
dettato dal codice civile), sia la previdenza sociale, salvo che per alcune
categorie per le quali sono previste specifiche forme assicurative, specie
pensionistiche (mentre per li lavoratore subordinato la tutela previdenziale
si applica senza alcuna esclusione).
Altro contratto di lavoro è quello parasubordinato, che viene definito
come “un rapporto di collaborazione che si concreta in una prestazione di
opera continuativa e coordinata, prevalentemente personale, anche se non a
10
carattere subordinato” (art.409 Co. 3° C.P.C.); esempi di tale rapporto sono
quelli di agenzia e rappresentanza commerciale.
Si tratta di una collaborazione priva del carattere subordinato, anche
a favore di soggetti non imprenditori, come i professionisti.
L’elemento che più d’ogni altro lo differenzia dal lavoro autonomo è
quello della continuità: si è in presenza di una collaborazione e di
prestazioni non sporadiche ed occasionali, ma periodiche.
Il carattere della continuità consente d’inquadrare nella
parasubordinazione tutte le ipotesi di contratti d’opera atipici, in quanto a
prestazioni periodiche. La prestazione di lavoro, poi, deve essere
coordinata con l’attività del committente, il che equivale ad un inserimento
funzionale delle prestazioni periodiche nell’organizzazione di questi e deve
essere prevalentemente personale, il che comporta che vi può essere solo
una piccola organizzazione, altrimenti il lavoratore sarebbe un
imprenditore.
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3. Il contratto a termine
Il contratto di lavoro subordinato può essere a tempo indeterminato
oppure determinato e questo ultimo è l’effetto del ricorso del datore a
forme flessibili di utilizzazione della forza-lavoro come, appunto, il
contratto a termine, il part-time e il contratto di formazione e lavoro.
L’esercizio del potere del datore di utilizzare le nuove forme d’impiego
flessibile della forza-lavoro non è libero, ma sottoposto al controllo
amministrativo (Ispettorato del lavoro) o sindacale.
Il contratto a termine o a tempo determinato, prima dell’entrata in
vigore del D.Lgs. n.368/2001, è stato regolato dalla L.n.230 del 1962 che
sanciva le ipotesi tassative di apposizione del termine, oltre ad estendere al
lavoratore lo stesso trattamento, purché compatibile, previsto per il
lavoratore a tempo indeterminato.
3
Non fissava la durata precisa del
contratto, che difficilmente nella prassi ha superato il periodo di un anno.
3
Vaccaro, Il contratto a termine, AA.VV., p. 95, 1991; Menghini, Il lavoro a termine, Giuffrè, Milano,
1980; G.Balzarini, La disciplina del contratto di lavoro a tempo determinato, Giuffrè, Milano,1966.
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Queste le ipotesi contemplate:
4
1) Le attività stagionali, determinate con apposito decreto
presidenziale (d.p.r. 1525/1963).
2) La sostituzione di lavoratori assenti con il diritto alla
conservazione del posto (in caso di malattia, gravidanza, infortunio,
servizio militare).
In caso di morte del lavoratore assente, la giurisprudenza sostiene
che si estingua il rapporto a termine con il sostituto, ma se il datore non
facesse valere l’estinzione, la continuazione del rapporto non sarebbe più in
funzione della sostituzione, con conseguente trasformazione del rapporto a
termine in rapporto a tempo indeterminato.
5
3) Le lavorazioni a fasi successive che richiedono manodopera
specializzata diversa da quella normalmente impiegata, e che siano di
durata limitata.
4) L’esecuzione di un’attività aziendale definita e predeterminata nel
tempo avente carattere straordinario ed occasionale che, secondo la
4
In generale Ferraro, I contratti di lavoro, Cedam, Padova, 1991; Montuschi, Questioni vecchie e nuove
in tema di contratto a termine, RTDPC, p. 73, 1983.
5
Cass. 9.8.1996, n.7385, FIR 1996, v. Lavoro (rapp.) n.524; Cass. 10.4.1990, n.3033, DPL, 1990,2180.
13
giurisprudenza, si configura quando l’attività non rientra nella
programmazione aziendale e non sia prevedibile.
6
5) Specifici spettacoli o programmi radiofonici o televisivi.
6) Servizi operativi di terra e di volo da parte d’aziende di trasporto
aereo o esercenti i servizi aeroportuali per un periodo massimo di sei mesi
compresi tra aprile ed ottobre d’ogni anno.
Ulteriore ipotesi era quella delle punte stagionali introdotta per il
settore del turismo e del commercio dalla L.n.18 del 1978, poi, estesa a tutti
i settori economici dall’art. 8 della L.n.17 del 1983. Le punte stagionali
consistono nell’intensificarsi delle attività aziendali, in determinati periodi
dell’anno, si pensi all’aumento dell’attività commerciale nel periodo
natalizio. In tali periodi dell’anno, i contratti a termine dovevano essere
autorizzati, salvo che nel settore aereo e aeroportuale, dall’ispettorato del
lavoro.
I contratti autorizzati davano diritto, per l’anno successivo, alla
preferenza nelle assunzioni a termine o a tempo indeterminato nella stessa
6
Cass . 29.11.1996, n.10687 ; Cass. 27.3.1996, n.2756: “gli eventi straordinari ed occasionali che
consentono, ai sensi dell’art.1,lett. C),l. n. 230 del 1962,l’apposizione del termine al contratto di
lavoro,consistono in un’opera o un servizio che esulano da quelli normali dell’impresa e da ogni possibile
programmazione realizzabile del datore di lavoro a mezzo di un articolato impiego della forza lavoro
stabile.”
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impresa e con la stessa qualifica, con l’onere di richiesta entro i tre mesi
dalla cessazione del rapporto.
7
Il legislatore, con l’art. 23 della L. n.56/1987, abrogato anch’esso dal
decreto legislativo, prevedeva che i contratti collettivi stipulati dai sindacati
nazionali o locali potevano autorizzare i datori, iscritti alle associazioni
stipulanti, a concludere contratti a termine fuori dalle ipotesi previste dalla
legge del 1962.
Il contratto a tempo determinato doveva essere redatto in forma
scritta, necessaria per concordare l’apposizione del termine, e la mancanza
di essa determinava la nullità dell’apposizione del termine, con
conseguente mutamento del contratto in tempo indeterminato; ugualmente,
secondo l’indirizzo giurisprudenziale prevalente, la conclusione del
contratto a termine fuori dai casi tassativi e da quelli previsti dai contratti
collettivi comportava lo stesso effetto.
La legge n.230/1962 prevedeva la possibilità di proroga del
contratto, per una volta sola, per la medesima durata del rapporto iniziale, e
con riguardo alla stessa attività, ma era sempre necessario il consenso del
lavoratore.
7
Cass. 28.6.1988, n.4378.
15
A tutela dei lavoratori a termine, il legislatore con l’art. 12 della L.
n.196/1997, riportato nel decreto n.368 del 2001 (art. 5), stabiliva il diritto
del lavoratore ad una maggiorazione di retribuzione, qualora il rapporto di
lavoro continuasse non oltre venti giorni dopo la decorrenza del termine
iniziale o della proroga, nella misura del 20% fino al decimo giorno e del
40% per i dieci giorni successivi. Se il rapporto si protraeva dopo il
ventesimo giorno nel caso di contratto inferiore a sei mesi ovvero dopo il
trentesimo giorno nel caso di durata superiore a sei mesi, si verificava la
trasformazione del contratto, con efficacia ex nunc, in contratto a tempo
indeterminato.
La legge del 1997 stabiliva ancora, che, qualora il lavoratore venisse
riassunto a termine entro un periodo di dieci ovvero venti giorni dalla
scadenza del contratto di durata, rispettivamente, inferiore o superiore ai sei
mesi, il secondo contratto si considerava a tempo indeterminato, e che,
quando si trattasse di due assunzioni successive a termine, vale a dire senza
soluzione di continuità tra il primo ed il secondo contratto, il rapporto di
lavoro si considerava a tempo indeterminato dalla data di stipulazione del
primo contratto.