6
1. Prima di stipulare una garanzia: initial legal checks
Quando si deve prestare o richiedere una garanzia, si presenta tutta una serie di
problemi legali. Innanzitutto, bisogna verificare se la società ha la capacità di prestare
delle garanzie e se l’amministratore che ha stipulato la garanzia aveva i poteri per farlo.
Quest’ultimo aspetto non presenta profili particolari al diritto delle garanzie, mentre il
problema dell’oggetto sociale, al riguardo, molto delicato. Spesso, infatti, l’oggetto
sociale non prevede espressamente il rilascio di garanzie a terzi (a meno che non si tratti
di una società finanziaria): le garanzie eventualmente rilasciate sono allora ultra vires?
Per il diritto italiano, si tratta di un problema di capacità: la società può (vale a dire: ha
la capacità giuridica di) porre in essere tutti quegli atti patrimoniali non espressamente
vietati né obiettivamente incompatibili con l’oggetto sociale per il raggiungimento dello
stesso, anche se non espressamente previsti. Se poi tali, finalisticamente considerati,
esorbitano l’oggetto sociale, non sono comunque opponibili al terzo di buona fede (art.
2384bis c.c.), mentre vi possono essere delle conseguenze per gli amministratori (azione
di responsabilità).
Analogamente si presenta il problema degli atti gratuiti: pressoché tutti gli
ordinamenti prevedono che le società non possano trasferire i loro assets senza
riceverne un qualche beneficio. Così, se la società concede una garanzia, e poi è
chiamata a pagare, paga un debito altrui: e la società non è una pia istituzione. Anche in
questo caso, di norma l’atto è ugualmente valido (con le inevitabili conseguenze per gli
amministratori).
Certo, se è la capogruppo a garantire per una sua controllata (parent company
guarantee), i problemi della compatibilità con l’oggetto sociale e dell’onerosità della
garanzia si risolvono più facilmente: da una parte, l’esistenza del rapporto di
partecipazione è indice di collegamento tra la prestazione di garanzia e attività esercitata
dalla società garante, dall’altro si presume che la garanzia non sia gratuita, in quanto
preordinata al soddisfacimento di un interesse economico comune, per cui anche la
società madre trae beneficio dall’operazione. La soluzione dovrebbe essere analoga
(anche se più articolata) nel caso di rapporti upstream (la controllata che garantisce la
controllante), mentre nei rapporti cross-stream (tra società dello stesso gruppo che non
sono in rapporto di controllante a controllata) si pone il problema di stabilire un
compenso per la garanzia.
Ma ci sono altre questioni: innanzitutto, lo statuto della società può porre delle
limitazioni (all’indebitamento della società e/o) alla concessione di garanzie, ci può
essere un conflitto di interessi (l’amministratore della società garante che è
amministratore anche della beneficiaria). Poi vi sono delle prescrizioni di legge che
riguardano da vicino le garanzie: ad esempio, le limitazioni legali all’acquisto di azioni
proprie (nel caso in una società conceda una garanzia ad una società terza per l’acquisto
delle proprie azioni), l’inefficacia delle garanzie concesse nel “periodo sospetto” a sensi
della legge fallimentare (in Italia, l’art. 64 l. fall.), il divieto di fare prestiti o prestare
garanzie (anche per interposta persona) agli amministratori, direttori generali, sindaci e
liquidatori della società (art. 2624 c.c.). Per non parlare poi della normativa fiscale (ad
esempio, la tassa di registro e/o l’imposta di bollo). Per questo ci sembra opportuno
cominciare la nostra trattazione con una check list.
7
Initial legal checks:
poteri sociali/autorità del garante (procure speciali e
generali, poteri di firma, ecc.);
numero degli amministratori che hanno approvato la
garanzia che non si trovano in una situazione di conflitto
di interessi (prova di resistenza);
la garanzia prestata a favore degli amministratori della
società è vietata (ad esempio, comporta sanzioni penali:
art. 2624 c.c.).
la garanzia finalizzata all’acquisto di azioni proprie del
garante di norma è vietata (ad esempio, art. 2358 c.c. e
British Companies Act 1985 s 151, ecc.);
gratuità/onerosità della garanzia (per esempio, ai fini
delle azioni revocatorie);
limitazioni alla emissioni di garanzia contrattualmente
assunte dal garante (per esempio, in un contratto di
finanziamento);
doveri del garante di notificare alle autorità di borsa
impegni finanziari rilevanti;
trattenute fiscali sui pagamenti del garante;
imposte (ad esempio il bollo);
scelta del foro competente (o clausola arbitrale) e della
legge applicabile;
requisiti generali dei contratti (formazione del contratto,
liceità, determinatezza dell’oggetto, consideration,
disclosure, misrepresentation, ecc.);
clausole vessatorie o unfair (per esempio, l’approvazione
espressa richiesta dagli artt. 1341-1342 c.c.)
altri requisiti formali (forma scritta, atto
pubblico/autenticazione, registrazione,
8
2. Le garanzie
Qui ci occuperemo di quelle che altrove abbiamo denominato garanzie di
adempimento delle obbligazioni o garanzie del credito. In senso tecnico, si tratta di un
rimedio che dà al creditore una maggiore sicurezza di raggiungere il risultato dedotto in
obbligazione, o almeno un risultato economicamente equivalente, agendo sui beni del
debitore o di terzi o grazie all’attività di terzi. La garanzia, cioè, va ad ampliare la
generica garanzia patrimoniale del debitore (art. 2740 c.c.), comprendendovi i beni del
garante. Essa, però, non va a sostituire o ad estinguere il primitivo rapporto di
credito/debito, ma vi si affianca.
All’interno del genere “garanzia” dobbiamo operare una distinzione
fondamentale tra le garanzie che seguono la sorte dell’obbligazione garantita, le
cosiddette garanzie accessorie, e quelle che, invece, ne sono indipendenti: le garanzie
autonome. Al primo tipo appartiene la fideiussione, che è disciplinata (sia pur con
variazioni) nella gran parte degli ordinamenti (surety, cautionnement): la sua
accessorietà risiede nel regime della validità (non è valida se non è valida l’obbligazione
principale – art. 1939 c.c.), nel limite della maggiore onerosità (non può essere prestata
a condizioni più onerose – art. 1941 c.c.) e nel regime delle eccezioni (il fideiussore può
opporre contro il creditore tutte le eccezioni che spettano al debitore principale – art.
1945 c.c.). Sul lato opposto, troviamo il contratto autonomo di garanzia che – sia ben
chiaro – è un frutto della pratica: esso, per definizione, è insensibile alle vicende del
rapporto di base, per cui il garante paga senz’altro al verificarsi di un certo evento (di
solito, la presentazione di una richiesta scritta del beneficiario). Qui, come diremo, si ha
più l’impressione di trovarci di fronte ad un pegno, che ad un “allargamento” della
garanzia patrimoniale generica. Per la sua diversità strutture, la garanzia autonoma è di
regola prestata da un banca o da un’assicurazione.
A tal proposito e sebbene la terminologia non sia propriamente “tecnica”, è
bene distinguere le garanzie “semplici”, che vengono prestate da società e da privati a
favore di altre società o privati o banche, dalle garanzie bancarie, nelle quali il garante è
una banca o una assicurazione, soggetti che svolgono professionalmente (e dietro
compenso) tale funzione di garante. Fondamentalmente la disciplina legale di questi due
“tipi” di garanzia è la stessa, mentre cambia – e non poco – la disciplina convenzionale
e – soprattutto – la funzione economica. Si faccia attenzione, che molti autori chiamano
indistintamente “bancarie” anche quelle garanzie nelle quali la banca assume la
posizione di beneficiario. Ad essere rigorosi, queste sono le garanzie attive mentre,
quando è la banca ad essere garante, si ha una garanzia passiva (chiaramente, attività e
passività sono da vedersi in relazione alla posizione creditoria o debitoria della banca).
Dalle garanzie (che per evitare confusioni abbiamo chiamato bancarie) prestate
da una compagnia assicurativa, vanno tenute distinte le garanzie assicurative
propriamente dette (ad esempio, la garanzia all’esportazione di cui alla l. 22.12.1953 n.
995), delle quali non ci occuperemo. Nelle prime l’assicurazione si comporta come un
normale garante e paga in caso di mancato pagamento del debitore principale, mentre
nelle garanzie assicurative propriamente dette l’assicurazione paga solo in caso di
provata insolvibilità del debitore. La distinzione non è così semplice, ma in questa sede
non ci dilungheremo oltre.
9
2.1. Le garanzie nel diritto civile italiano: garanzie reali e personali.
Una distinzione primaria è possibile tra le garanzie reali e quelle personali. Le
garanzie reali (privilegio speciale, ipoteca, pegno) producono una effettiva destinazione
all’esecuzione di determinati beni del debitore: reciprocamente, il creditore, a fronte
della (valida) costituzione di una tale forma di garanzia, può procedere anche contro il
terzo acquirente dei beni ora detti. Il vincolo di destinazione dei beni può avere una
diversa intensità, dalla più attenuata (l’indicazione dei beni nel privilegio speciale), alla
più intensa (lo spossessamento, nel pegno). Analogamente a quanto accade nella
fideiussione, anche un terzo (il garante) può concedere pegno o ipoteca: in questo modo
consente che si eserciti l’azione esecutiva sui suoi beni per un’obbligazione che gli è
estranea. In pratica, il garante assume tale vincolo su uno o più beni a garanzia del
debito altrui: non si obbliga, ma è “responsabile” col suo patrimonio anche se solo nel
limite dei beni dati in garanzia.
Invece, nella garanzia personale tipica, vale a dire la fideiussione, il garante
(persona fisica o giuridica) è egli stesso un obbligato e risponde – al pari del debitore
principale – con tutto il suo patrimonio (art. 2740 c.c.). Per questo si dice che la
fideiussione è una garanzia accessoria, ma non sussidiaria, poiché pone il garante nella
stessa posizione del debitore principale (art. 1944 c.c.). Affinché tale garanzia sia, al
contrario, sussidiaria è necessaria l’espressa pattuizione del beneficio di escussione, per
cui al garante la prestazione può essere chiesta solo dopo una escussione infruttuosa del
patrimonio del debitore garantito. Accessorietà significa che, per la sua esistenza e per il
suo contenuto, la fideiussione dipende dall’obbligazione principale: dal punto di vista
genetico, l’obbligazione fideiussoria non è valida se non lo è quella principale (art. 1939
c.c.); da un punto di vista funzionale, al fideiussore spettano tutte le eccezioni che
spettano al debitore principale (art. 1945 c.c.).
Altra garanzia personale tipica è l’avallo nella cambiale, che è valido
indipendentemente dall’obbligazione garantita, salvo il vizio di forma (art. 37 co. 2
legge cambiaria): non è quindi né sussidiaria, né accessoria.
Nella pratica degli affari, sono sempre più frequenti delle garanzie personali
che non hanno il carattere accessorio della fideiussione: esse non sono intese a tutela del
credito in sé, ma dell’interesse economico che ha il creditore alla prestazione. Per tanto,
tali forme di garanzia restano insensibili alle vicende del rapporto sottostante e assistono
l’operazione solo da un punto di vista economico: ad esempio, il committente che
pretende una garanzia per la restituzione dell’anticipo contrattuale ha interesse solo a
ricevere quella determinata somma in caso di mancata restituzione, poco importando
cosa ne sia stato del contratto di appalto. Solo dopo, e come si dice con i soldi in tasca,
adirà il tribunale (o vi sarà convenuto) per far accertare l’effettiva situazione giuridica.
Anche la banca, dal canto suo, pagherà verificando solo la regolarità formale (termini
iniziali e finali, forma scritta, ecc.) dell’escussione e maturando contemporaneamente il
diritto ad essere rimborsata, evitando così di trovarsi invischiata nella lite tra
committente e appaltatore. In altre ipotesi, vi sono forme di garanzia (ad esempio, il
patronage forte) che non prevede il regresso del garante nei confronti del debitore.
In seguito, ci occuperemo solo delle garanzie personali, in quanto non
comportano improduttive immobilizzazioni di ricchezza: si addicono meglio alla
moderna dinamica degli scambi commerciali.
10
2.1.1. Le garanzie bancarie
Come abbiamo già detto, abbiamo qualificato “bancarie” (passive) quelle
garanzie che sono prestate da un soggetto affidabile e finanziariamente solido qual è una
banca (o una compagnia d’assicurazioni). A volte con questo termine vengono indicate
anche quelle garanzie (attive) che le banche pretendono (e normalmente predispongono)
per aprire una linea di credito, nelle quali cioè la banca è beneficiaria della garanzia. Di
queste garanzie attive non ci occuperemo nello specifico: basti sapere che ad esse è
applicabile la disciplina delle garanzie “semplici”, che – chiaramente – sarà aggravata
da tutta una disciplina contrattuale di favore per la banca, disciplina che viene di solito
proposta as it is e non lascia nessuno spazio alla contrattazione.
La banca fornisce servizi finanziari e non è un assicuratore: quando presta una
garanzia, infatti, non lo fa per tenere indenne il creditore beneficiario da un certo evento
(l’inadempimento del debitore ordinante) né si assume il rischio (economico) del
pagamento. La banca accetta un rischio di credito, vale a dire il rischio di non essere
rimborsata dal proprio cliente. Tale rischio, però, è “controllato” dalla banca, la quale
può contare sul patrimonio del debitore o su garanzie collaterali: dal punto di vista della
banca, la garanzia è solo un pagamento da effettuare ricorrendo determinate condizioni,
pagamento che verrà immediatamente addebitato in conto al cliente.
La banca, dicevamo, fornisce servizi finanziari e non legali: non è, cioè, un
giudice delle controversie tra creditore e debitore. Se lo fosse, si troverebbe
inevitabilmente in una situazione di conflitto di interessi, dato che è contrattualmente
legata sia al debitore ordinante (nel rapporto di mandato) che al creditore beneficiario
(nel rapporto di garanzia). Per rimanere quanto più estranee alle controversia, le banche
tendenzialmente rilasciano garanzie autonome, nelle quali devono decidere solo della
conformità di documenti predeterminati.
La banca, in definitiva, è un soggetto neutro, la cui presenza non muta l’assetto
dei rischi/benefici che le parti hanno concordato: la scelta delle condizioni e del tipo di
garanzia spetta solo alle parti. La banca, per tanto, non si intromette mai nelle
pattuizioni delle parti, purché sia chiaramente e univocamente determinato a quali
condizioni deve pagare (quali documenti devono essere presentati, da chi devono essere
firmati/consegnati, ecc.). Di ciò deve tener conto la parte che si impegna a fornire una
garanzia: se il testo concordato con la controparte è inaccettabile per le banche, potrebbe
trovarsi nell’impossibilità di adempiere al suo impegno. Perciò, è bene evitare testi
eccessivamente “personalizzati” a favore di formule brevi e il più possibile
standardizzate.
2.1.1.1. a) garanzie accessorie
Per quel che riguarda le garanzie bancarie accessorie, rinviamo a quanto
diremo a proposito di garanzie semplici: non è molto frequente, infatti, che le banche
rilascino una garanzia di tipo fideiussorio, in quanto normalmente cercano di evitare con
ogni mezzo di finire immischiate in controversie che non le riguardano. Col termine
Bankgarantie, anzi, si indicava inizialmente proprio e solo la garanzia autonoma.
Ciò nonostante, nella prassi accade anche questo: non tanto le banche, quanto
le assicurazioni, assumono anche questo tipo di garanzia.
Invero, a voler essere rigorosi, non rientrerebbe nell’oggetto sociale delle
banche il prestare garanzie accessorie. Reciprocamente, non rientrerebbe nell’oggetto
11
sociale delle compagnie d’assicurazione il prestare garanzie autonome, in quanto
sarebbe attività assimilabile nella sostanza ad una apertura irrevocabile di credito (a
favore del beneficiario), attività tipicamente bancaria, e non assolverebbe ad una
apprezzabile ed autonoma funzione di copertura del rischio.
Vi è da dire, però, che sia la normativa comunitaria che le diverse leggi speciali
(nazionali) permettono alle compagnie di assicurazione di prestare garanzie autonome
(nello specifico: assicurazioni cauzionali) e che, a parte rare eccezioni (si veda il caso
statunitense), nessuno dubita che le banche possano prestare anche garanzie accessorie
(pur essendo cosa poco frequente).
Per tanto, è bene prestare attenzione al contenuto dei contratti e a non fermarsi
alla denominazione: una polizza fideiussoria può presentare la disciplina di una
fideiussione come quella di una garanzia autonoma.
2.1.1.2. b) garanzie autonome
L’esperienza dei commerci internazionali ha spinto gli operatori “domestici”
ad utilizzare la fideiussione, ma forzandone le regole ed alterandone i limiti a favore del
creditore garantito, fino a creare un nuovo strumento di garanzia: il contratto autonomo
di garanzia. Tale contratto (a volte denominato anche fideiussione bancaria o
automatica, polizza fideiussoria, ecc.) rafforza la posizione del creditore di fronte al
garante, il quale sarà tenuto ad un pagamento “a prima richiesta”, automatico ed
immediato, senza poter sollevare tutte quelle eccezioni che la legge riconosce al
fideiussore.
Le ragioni di questo indebolimento della posizione del garante sono molteplici.
Negli scambi internazionali, la garanzia autonoma mette al sicuro il committente, che
può essere anche lo stato o una agenzia statale del paese nel quale deve essere realizzata
l’opera (un appalto o un contratto di fornitura), da rischi interni al rapporto contrattuale
(mancata restituzione degli anticipi, vizi dell’opera, interruzione della fornitura, ecc.) e
da rischi esterni, i cosiddetti rischi atipici (soprattutto rischio politico: blocchi
all’esportazione, restrizioni valutarie, ecc.). Nei rapporti interni, sono sorte delle
necessità analoghe nei contratti con la pubblica amministrazione. Nel settore privato,
poi, le banche – in posizione di beneficiari delle garanzie al credito – hanno molto eroso
le garanzie a tutela del garante poste dalla disciplina codicistica.
Con l’evolversi dei traffici (interni ed internazionali), si è sempre più sentita
l’esigenza di meccanismi di garanzia più semplici e duttili, che non intralcino l’attività
del debitore e consentano al creditore di renderli operanti senza difficoltà.
Analogamente, le banche, che finanziano in modo sempre più cospicuo la gran parte
degli operatori economici, hanno preteso (ed ottenuto) la creazione di strumenti atti a
recuperare agevolmente il credito, sì che possa essere prontamente re-immesso nel ciclo
economico.
Il contratto autonomo di garanzia che è nato in questo modo è caratterizzato
dalla clausola di “pagamento a prima richiesta e senza eccezioni” e comporta
obbligazioni solo a carico del garante, che si impegna a pagare un determinato importo
al verificarsi di un determinato evento (che può essere l’inadempimento del soggetto
garantito ad un’obbligazione col beneficiario, o un altro evento, come la presenza di
difetti nella cosa venduta). Il garante si impegna a pagare a semplice richiesta scritta del
creditore beneficiario, rinunciando espressamente a far valere ogni eccezione inerente
all’esistenza, validità e coercibilità del rapporto sottostante, al quale egli resta estraneo.
L’automaticità del pagamento assomiglia la garanzia autonoma alle cauzioni reali: in
12
entrambi i casi, il creditore beneficiario può contare su una somma di danaro che ha già
ottenuto (cauzione) o potrà senz’altro ottenerla (garanzia). Nel caso della garanzia,
l’ulteriore vantaggio per il debitore garantito è che si evita l’immobilizzazione
infruttuosa di somme di danaro, cosa che invece accade con la cauzione.
Il contratto di garanzia, al pari della fideiussione, fa parte di una relazione più
complessa che ha – di solito – tre soggetti tra i quali intercorrono altrettanti (e distinti)
rapporti:
a) Il rapporto base (o rapporto di valuta) può nascere da un contratto (vendita,
appalto, somministrazione, ecc.) o da una diversa situazione produttiva di obbligazioni
(ad esempio, dalla partecipazione ad una gara di appalto dalla quale può nascere
responsabilità precontrattuale – vedi il bid bond);
b) il rapporto di provvista, che lega il debitore del rapporto base alla banca
garante, può nascere da un mandato (il debitore conferisce alla banca l’incarico di
prestare la garanzia) o da un diverso contratto (ad esempio, una polizza fideiussoria);
c) il contratto di garanzia, con il quale la banca si obbliga a pagare al
creditore beneficiario una determinata somma al verificarsi di un determinato evento (ad
esempio, l’affermazione del creditore che il debitore non ha adempiuto correttamente o
si è rifiutato di concludere il contratto che si era aggiudicato). La banca, anche se agisce
per conto del debitore, si obbliga in nome proprio: il debitore è estraneo a questo
contratto.
I tre rapporti sono autonomi (giuridicamente), anche se l’operazione
economicamente considerata è unitaria.
A volte vi sono anche degli ulteriori rapporti, i quali però non modificano la
struttura della garanzia: può darsi il caso, per esempio, che la banca si determini a
rilasciare la garanzia solo a fronte di una controgaranzia (una garanzia bancaria, una
fideiussione, una parent company guarantee, una lettera di patronage, ecc.).
Qualora venga escussa la garanzia, la banca garante agirà contro il debitore
ordinante (o contro i garanti di quest’ultimo) per recuperare le somme pagate (actio
mandati contraria – art. 1719 c.c.).
A grandi linee, si possono distinguere alcuni “tipi” di garanzie autonome:
banca/garante
debitore principale/ordinante creditore/beneficiario
rapporto di provvista
(a volte: mandato)
contratto di garanzia
rapporto base (di valuta)
13
a) garanzia di mantenimento dell’offerta: chi bandisce una gara pubblica, ad
esempio una gara d’appalto, ha interesse a richiedere questa garanzia ai partecipanti per
il caso che l’aggiudicatario della commessa si rifiuti poi di stipulare il contratto. Di
solito, la garanzia “vale” fino al 10% della commessa, somma che dovrebbe coprire le
spese necessarie a rinnovare la gara , i danni per il ritardo, ecc.;
b) garanzia di buona esecuzione: il garante si impegna a pagare una certa
somma al creditore, per il caso che il debitore non adempia correttamente gli obblighi
contrattuali (ad esempio, interrompa la fornitura – garanzia di fornitura – o non
consegni la merce – garanzia di consegna). Normalmente la garanzia è pari al 10%
dell’importo contrattuale, ma può arrivare al 20%;
c) garanzia di rimborso delle anticipazioni contrattuali: il garante si
impegna a restituire gli acconti che il debitore abbia già ricevuto per il caso in cui questi
non esegua le prestazioni per cui gli acconti erano stati pattuiti. Di regola, la garanzia
compre un ammontare pari a quello degli acconti, ma può prevedere un meccanismo di
riduzione in relazione all’adempimento del contratto;
d) garanzia di pagamento, può assistere una qualsiasi obbligazione di
pagamento.
La disciplina contrattuale (di solito standardizzata) varia per ogni “tipo” in
relazione al differente oggetto. Una serie di clausole che costituisce il nucleo delle
garanzie autonome è sempre rinvenibile. Esaminiamole nel dettaglio:
a) clausola “a prima richiesta scritta”: il garante deve pagare alla semplice
richiesta scritta del creditore beneficiario. Può aversi anche la clausola “a prima
richiesta giustificata” o “documentata”: nel primo caso, il creditore ha solo l’onere di
comunicare – e non di provare – i pregiudizi che ha subito. Tale giustificazione non
comporta in sé una modifica sostanziale alla struttura della garanzia, che è e resta “a
prima richiesta”: è utile al debitore che, in un secondo momento, voglia agire contro il
creditore che ha agito in mala fede. Nel caso di richiesta documentata, invece, il
creditore ha l’onere di produrre determinati documenti (ad esempio, una relazione
peritale che verifichi/quantifichi i vizi di costruzione di un impianto) a dimostrazione
dell’avvenuto inadempimento: tale clausola riduce considerevolmente i rischi di
escussioni fraudolente, ma non incontra il favore degli operatori (specie se stranieri)
perché subordina il pagamento della garanzia a questioni nascenti dal rapporto di base.
Di fatto, una garanzia “a prima richiesta documentata” è molto simile ad una
fideiussione, tanto più se si arrivi a chiedere di documentare l’inadempimento
addirittura con un lodo arbitrale (c.d. garanzia documentale, invero poco o punto usata).
La clausola “a prima richiesta scritta” da sola non ha la forza di rendere un
contratto di garanzia autonomo dalle vicende del rapporto base: è per tanto inutile
apporre una tale clausola ad un contratto di fideiussione, pensando di mutarlo
magicamente in un performance bond. L’indagine sulla natura autonoma o accessoria
della garanzia involge tutto il regolamento contrattuale e non le clausole singolarmente
considerate.
b) clausola “senza eccezioni”: il garante non può opporre eccezioni al
creditore che “chiami” la garanzia. Tale clausola esclude la proponibilità di tutte le
eccezioni nascenti dal rapporto base, cioè rende il contratto di garanzia autonomo dal
rapporto base. Inoltre, essa pone anche una limitazione alla proponibilità di eccezioni
nascenti dal contratto di garanzia: opera cioè come una clausola solve et repete, con il
limite delle eccezioni di nullità, annullabilità e rescissione (art. 1462 c.c.).
Anche questa clausola, singolarmente considerata, non vale a rendere una
14
fideiussione un contratto autonomo di garanzia. Anzi, se apposta ad una fideiussione,
vale – al massimo – come una solve et repete, cioè porta solo ad un differimento delle
eccezioni nascenti dal rapporto base, non alla loro esclusione. Ripetiamo che
l’autonomia del contratto di garanzia dipende dalla volontà delle parti che lo hanno
concluso, ed è desumibile solo dal regolamento contrattuale preso nel suo insieme.
In ogni caso, nella fase dell’escussione della garanzia non ha importanza se la
garanzia con clausola “a prima richiesta senza eccezioni” sia accessoria od autonoma: il
garante deve pagare senza opporre eccezioni. Le differenze sorgono solo al momento
del regresso del garante.
c) clausola estensiva: per garantire un rapporto di credito che, nel tempo, è
destinato a variare, le parti possono riferirsi a “tutte le obbligazioni” che possano
nascere da tale rapporto. Così facendo, la garanzia copre anche operazioni successive
alla sua stipula e che – in quel momento – non erano nemmeno previste: in altre parole,
la garanzia “assiste” tutta una serie di operazioni. Tale clausola è nota anche come
clausola omnibus e di solito si trova nei contratti di garanzia a favore della banca (la
cosiddetta fideiussione omnibus). La l. 17.2.1992 n. 154 ha introdotto all’art. 1938 c.c.
l’obbligo di indicare l’importo massimo garantito;
d) clausola di sopravvivenza: con essa le parti convengono che la garanzia
sopravviva malgrado l’iniziale carenza del rapporto principale o la sua sopravvenuta
estinzione.
Visto che le somiglianze con la fideiussione non sono poche, è bene fare molta
attenzione, altrimenti potrebbe accadere che:
a) si ritenga di aver ricevuto una garanzia autonoma, mentre si ha in mano solo
una fideiussione; oppure
b) si ritenga di aver stipulato una fideiussione, mentre si è in realtà assunta una
ben più gravosa garanzia autonoma.
In entrambi i casi, la situazione sarebbe grave. Per aversi contratto autonomo di
garanzia deve essere evidente che il garante mira solo al risultato, a ristorare cioè il
creditore beneficiario per il mancato conseguimento dell’utilità dovuta o promessa dal
debitore e non a co-obbligarsi col debitore. Anche gli indici testuali devono essere
concordanti: oltre alla presenza delle clausole “a prima richiesta” e “senza eccezioni”, è
bene evitare di richiamare la disciplina della fideiussione (anche solo per escluderla) ed
evitare ogni richiamo al rapporto base che non sia strettamente necessario per
identificarlo (del tipo: “in relazione al contratto…”). Visto, comunque, che questo tipo
di contrattazione (con la banca) è standardizzata, è difficile sbagliare, se non altro
perché “acquistare” una garanzia autonoma è estremamente più costoso che non una
garanzia fideiussoria.
2.1.2. Le garanzie prestate da società: le garanzie “semplici”
Come abbiamo visto, non sempre il garante è un “professionista”: la garanzia,
infatti, può essere prestata da persone (fisiche e giuridiche) qualsiasi a favore di altre
persone (fisiche e giuridiche: incluse le banche). Le abbiamo chiamate garanzie
“semplici”, ma solo per distinguerle da quelle bancarie.
Tralasciando i rapporti di famigli e di amicizia, negli scambi commerciali
anche il garante “semplice”, al pari della banca, normalmente trae vantaggio dalla
prestazione di garanzia, anche se – il più delle volte – non richiede una vera e propria
controprestazione. Le ipotesi più ricorrenti di garanzie (commerciali) semplici sono,
infatti, la parent company guarantee e la garanzia del socio (totalitario o di
15
maggioranza) per la società. In entrambi i casi il garante (socio oppure la società
controllante) si determina a concedere la garanzia a fronte di un vantaggio (chiaramente
economico) proprio o comune con la società garantita. La comunanza di interessi tra
garante e garantito è il tratto saliente di questo tipo di garanzie e se ne dovrà tener conto
sotto molteplici aspetti (in primis, nel valutare la gratuità/onerosità della garanzia).
Dal punto di vista della struttura, le garanzie semplici sono diverse da quelle
bancarie: il garante, infatti, non è un operatore neutrale, ma cointeressato alle sorti
dell’operazione economica sottostante, per cui difficilmente pagherà “a prima richiesta”
– anche se così prevede la garanzia – a fronte di obbiezioni “forti” nascenti dal contratto
di base. Dal canto suo, il creditore beneficiario non tenterà escussioni pretestuose o
fraudolente della garanzia. Per tanto, la garanzia di norma è di tipo fideiussorio, anche
se la disciplina legale della fideiussione può essere rimodellata a seconda che si voglia
rafforzare la posizione del garante o quella del beneficiario, fino a confonderla con il
contratto autonomo di garanzia. Per completezza, vi è da dire che la garanzia autonoma
puramente domestica si scontra spesso con un atteggiamento restio della giurisprudenza
(ed apertamente ostile di certa dottrina), secondo la quale è dubbio se con tale strumento
si persegua un fine meritevole di tutela.
In definitiva, la scelta tra garanzia bancaria o semplice non è una questione di
“gusti”, ma è imposta dai rapporti di forza (economica) che intercorrono tra le parti, per
cui normalmente:
a) una società ben capitalizzata non ha in genere bisogno di garanti;
b) una società che ha un socio/fa parte di un gruppo “forte” ricorre ad una
garanzia (o ad un patronage) del socio/della parent company;
c) una società debole (nuova o poco capitalizzata) dovrà necessariamente
ricorrere ad una garanzia bancaria.
Reciprocamente, il creditore particolarmente forte (ad esempio, istituzionale)
potrà pretendere anche garanzie maggiori, per esempio richiedendo una garanzia
bancaria all’affiliate di un gruppo molto solido.
Qui non parleremo del contenuto delle garanzie semplici: per quelle autonome
rinviamo a quanto detto a proposito delle garanzie bancarie (autonome per eccellenza),
per quelle semplici alla disciplina del codice civile (artt. 1936 e ss. c.c.). Converrà
soffermarci, invece, sulle problematiche di diritto societario che si presentano quando il
garante è una società. In generale, ne abbiamo già accennato al capitolo 1: qui l’analisi
sarà un po’ più dettagliata.
a) Capacità di prestare garanzie e oggetto sociale
L’analisi di questo primo problema viene svolta in chiave di tutela del
beneficiario (che è un terzo creditore): l’ordinamento (art. 2384bis c.c.) riconosce
ugualmente efficacia agli atti ultra vires (cioè che eccedenti o esorbitanti l’oggetto
sociale), a meno che il beneficiario non conoscesse o non fosse in grado di conoscere
(usando la normale diligenza) la mancanza di nesso di strumentalità tra garanzia e
attività del garante (come prevista dall’oggetto sociale), salve sempre le conseguenze
sul piano interno alla società (in primo luogo, la responsabilità degli amministratori).