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Per ottemperare allo scopo di tutela ambientale, sono state pure sistema-
ticamente testate le emissioni verso l’esterno, prima e dopo la realizza-
zione dei biofiltri, nonché l’impatto ambientale causato sia dai trasporti 
che dalle emissioni maleodoranti. 
In conclusione, sono stati valutati anche gli aspetti economici e di merca-
to del prodotto ottenuto: anello finale di una catena che ci permette di 
dimostrare come la tecnica del compostaggio rappresenti oggi una valida 
soluzione per il recupero produttivo dei residui di natura organica, in 
quanto li trasforma in un prodotto stabilizzato, di elevato valore agrono-
mico e facilmente gestibile. 
 
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1. Compost e compostaggio 
1.1. Definizioni e contesti di applicazione 
Il termine compostaggio (dall’accezione anglosassone della parola com-
posting) può essere usato per indicare processi sia aerobici che anaerobi-
ci, anche se è comunemente accettato il riferimento a un processo aero-
bico consistente nella stabilizzazione della sostanza organica per mezzo 
dell’attività combinata ed integrata di una popolazione mista di batteri 
facoltativi ed obbligati (che prevalgono nelle prime fasi del processo), 
funghi (che appaiono dopo qualche giorno, operando anche su vitamine e 
antibiotici), actinomiceti (che intervengono successivamente decompo-
nendo le sostanze più difficilmente biodegradabili, come cellulosa e 
grassi) e protozoi (che esercitano un’azione di controllo su batteri e fun-
ghi). 
La decomposizione consiste essenzialmente nella trasformazione dei 
carboidrati a zucchero, acidi organici e anidride carbonica, e dei peptoni 
ad amminoacidi, ammoniaca, composti ammonici e azoto. 
Una definizione ragionevolmente corretta e quindi abbastanza diffusa del 
compostaggio è quella sostenuta da Haug (1980) >Hau80 ≅ e  ripresa poi 
da Zucconi e De Bertoldi (1986)  >ZucDeB86 ≅: “il compostaggio è quel 
processo ossidativo biologico, esotermico e controllato, di decomposi-
zione e stabilizzazione di substrati organici eterogenei, che si trovano 
allo stato solido o semisolido, con liberazione temporanea di fitotossine, 
sotto condizioni che permettono lo sviluppo di temperature della gamma 
termofila (risultanti dall’attività microbiologica), e che porta alla pro-
duzione di diossido di carbonio, acqua, minerali e materia organica suf-
ficientemente stabile da essere immagazzinata nel suolo, senza effetti av-
versi per l’ambiente”. 
In conseguenza della biostabilizzazione aerobica in fase solida di matrici 
organiche putrescibili, la cosiddetta ‘biomassa substrato’ di partenza su-
bisce, nell’arco di alcune settimane, profonde trasformazioni chimico-
fisiche (maturazione), con perdita della putrescibilità, parziale mineraliz-
zazione ed humificazione: si ottiene così il compost, prodotto metastabi-
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le, compatibile con l’impiego in  agricoltura come ammendante organico, 
che non produce emissioni maleodoranti, subisce una riduzione in peso e 
volume e risulta igienizzato dagli organismi eventualmente presenti nel 
substrato iniziale. 
1.2. Fattori che incidono sull’andamento del processo 
Nonostante l’eterogeneità apparente delle definizioni e la diversità dei si-
stemi adottati, i requisiti generici da soddisfare per la riuscita del proces-
so sono: 
 ξ  preselezione e mescolamento dei materiali per l’ottenimento di 
un’idonea miscela; 
 ξ  aerazione e raggiungimento di temperature di circa 60°C, con abbatti-
mento della carica patogena e riduzione dell’umidità; 
 ξ  ulteriore fase di maturazione con eventuale aerazione; 
 ξ  raffinazione del prodotto ed eventuale recupero dei materiali di sup-
porto. 
L’intero processo, se parliamo di materiale con umidità del 60-65%, rap-
porto C/N prossimo a 25, aerazione efficace della massa, avviene 
nell’arco di poche settimane; quando invece tali fattori sono rappresenta-
ti in rapporti squilibrati, il rallentamento sarà significativo.  
In media, in un processo ottimizzato ma naturale e statico, occorrono cir-
ca otto settimane per compiere le prime due fasi, la termofila e la mesofi-
la; negli impianti di ultima generazione, come nel caso oggetto di studio, 
il tempo medio si riduce a quattro settimane, fino ad arrivare con gli im-
pianti di tipo industriale a tempi inferiori alla settimana. 
Le principali variabili operative che influenzano il rendimento del pro-
cesso saranno quindi l’aerazione, la temperatura, il pH e, più specifica-
tamente in relazione al compostaggio combinato (fanghi di depurazione 
+ FORSU), l’umidità e il rapporto C/N. 
La concentrazione di ossigeno richiesta per permettere il metabolismo e 
la respirazione dei microrganismi, l’ossidazione delle molecole organi-
che e l’assenza di cattivi odori è compresa tra il 5 e il 15%, e dipende 
dalla temperatura, dall’umidità e dal grado di decomposizione del mate-
riale. 
Compost e compostaggio 
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Ad influenzare la circolazione dell’aria nella biomassa in compostaggio 
intervengono anche la porosità, la struttura e la tessitura delle particelle, 
correlate con le proprietà fisiche dei materiali quali pezzatura, forma e 
consistenza: i valori ottimali si attestano su particelle con diametro me-
dio variabile tra 0,5 e 5 cm. 
Temperature superiori a 60-70°C inibiscono la crescita della maggior 
parte dei microrganismi, mentre basse temperature riducono gli effetti i-
gienizzanti del processo per cui è necessario raggiungere un adeguato 
compromesso, tenuto anche conto del fatto che il calore generato dall'os-
sidazione biologica e la competizione microbica sono fattori letali per i 
patogeni. 
Per quanto riguarda il pH, i valori ottimali sono compresi nell’intervallo 
5,5-8,0 ma valori diversi sono anche possibili senza eccessivi effetti ne-
gativi sul processo; valori troppo alti associati ad altrettanto alte tempe-
rature causano una perdita di azoto attraverso la volatilizzazione 
dell’ammoniaca. 
La decomposizione della sostanza organica richiede un certo livello di 
umidità per il supporto dell’attività microbica: umidità superiori al 60% 
riducono temperatura e porosità, mentre valori inferiori al 50% diventa-
no limitanti, per cui il valore ottimale deve essere compreso nel suddetto 
intervallo. 
Infine, i microrganismi utilizzano 30 parti in peso di carbonio per 1 di 
azoto, per cui  rapporti C/N superiori a 30 comportano un rallentamento 
del processo, mentre con valori inferiori a 25 si verifica una perdita di 
azoto tramite volatilizzazione dell’ammoniaca. 
La sempre maggiore presenza nei rifiuti solidi di impurità quali vetro, 
plastica, materiali ferrosi ecc. influisce anch’essa nel buon andamento 
processistico e comporta la necessità di una efficiente azione di presele-
zione e preparazione del materiale da compostare, per evitare un calo 
nella qualità del prodotto atteso.  
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1.3. Tipologia dei materiali compostabili  
Il processo del compostaggio risulta applicabile al trattamento di alcune 
importanti classi di rifiuti quali la frazione organica biodegradabile dei 
rifiuti solidi urbani (FORSU), ovvero porzioni differenziate di questa; 
fanghi provenienti dalla depurazione biologica delle acque reflue civili, 
previa miscelazione con un materiale di supporto cellulosico (paglia, tru-
cioli di legno, ramaglie triturate ecc.); matrici organiche putrescibili di 
origine agricola (scarti delle colture, deiezioni zootecniche ecc.) e indu-
striale (residui dell’industria conserviera, delle fermentazioni ecc.). 
Esamineremo ora singolarmente i vari materiali compostabili, in funzio-
ne anche dei trattamenti a cui possono essere sottoposti (vedi tabella 9). 
1.3.1. Rifiuti verdi di diversa provenienza 
I rifiuti verdi, essenzialmente sfalci, potature e foglie, sono sicuramente 
la frazione organica più pregiata tra quelle che finiscono mescolate ai ri-
fiuti solidi. 
La tecnologia di valorizzazione utilizzabile per questi materiali è il com-
postaggio finalizzato alla produzione di un ammendante organico di alta 
qualità, con attenzione ai contenuti in piombo per i rifiuti provenienti da 
zone ad alta densità di traffico (soprattutto foglie). 
Altro possibile rischio nell’utilizzo di rifiuti verdi è la presenza di residui 
di pesticidi, anche se velocemente biodegradabili, o di fitopatogeni. 
La composizione chimica dei rifiuti verdi, costituiti per lo più da cellulo-
sa con percentuali considerevoli di lignina, è generalmente causa di un 
rapporto C/N particolarmente elevato: ciò può costituire uno svantaggio 
per il compostaggio qualora questi materiali vengano trattati da soli; è 
perciò consigliabile il "co-compostaggio" dei rifiuti verdi con altri ad e-
levata matrice organica, ricchi in azoto, quali fanghi di depurazione, 
scarti zootecnici e così via. In questo modo si abbreviano i tempi di tra-
sformazione e si ottengono dei prodotti qualitativamente migliori dal 
punto di vista agronomico. 
Compost e compostaggio 
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1.3.2. Rifiuti organici provenienti da utenze selezionate  
Esistono determinate utenze, diverse da quelle abitative, che producono 
quantità considerevoli di rifiuti ad elevata matrice organica; si tratta dei 
mercati e degli esercizi commerciali di generi alimentari, ristoranti, men-
se, caserme ed altre grandi utenze i cui rifiuti sono caratterizzati dalla 
presenza prevalente di residui vegetali e alimentari in genere. Stesso di-
scorso valido per i rifiuti dell’industria agroalimentare, in special modo 
quella conserviera. 
I rifiuti prodotti da queste utenze sono ricchi di sostanze organiche fer-
mentescibili, con contenuti limitati di metalli pesanti ma quantità variabi-
li di vetro e plastica: la presenza di questi due inquinanti costituisce, as-
sieme all’elevata umidità, un parziale fattore limitante per il loro compo-
staggio. La presenza in quantità limitate e la forma fisica particolare ne 
permettono tuttavia una soddisfacente separazione durante i processi di 
raffinazione. 
In sintesi, si può affermare che la produzione di compost da questo tipo 
di rifiuti rientra ampiamente negli attuali limiti legislativi. 
1.3.3. Frazione organica da raccolta secco/umido presso 
utenze abitative 
La raccolta dell’organico presso utenze domestiche mediante 
l’introduzione di differenti contenitori è stata ormai sperimentata presso 
diverse realtà territoriali, sia in Italia che all’estero. 
I risultati di queste esperienze hanno portato alla raccolta di un rifiuto 
costituito prevalentemente da sostanza organica, con piccole quantità di 
plastica e vetro: è per questo che la composizione media del rifiuto non 
differisce in modo sostanziale dall’organico proveniente da utenze sele-
zionate. 
Una diversità può sussistere invece nel numero estremamente più alto di 
utenze necessarie per produrre le stesse quantità di rifiuto organico: ne 
consegue una maggiore difficoltà di controllo ed un maggior rischio di 
avere, su grande scala, del rifiuto occasionalmente inquinato. 
Il rischio non è comunque tale da precludere la possibilità di compostare 
questa tipologia di organico. 
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1.3.4. Fanghi di depurazione urbani e industriali 
Il problema, nel caso di riutilizzo in agricoltura di compost da fanghi, è 
la qualità dello stesso, in relazione al contenuto in metalli pesanti. 
In linea generale, gli impianti di depurazione delle acque reflue urbane 
sono in grado di produrre dei fanghi riutilizzabili in agricoltura, purché 
nelle fognature non vengano recapitati scarichi industriali particolarmen-
te inquinanti. I controlli di qualità devono essere piuttosto frequenti, in 
modo da evidenziare partite di fango inquinate. 
I fanghi di depurazione dell’industria agroalimentare e di alcune altre ca-
tegorie produttive quali l’industria cartaria, quella del legno e, parzial-
mente, quella tessile, hanno in genere contenuti di inquinanti molto limi-
tati e possiedono una notevole costanza qualitativa, in quanto trattano 
acque di lavorazione provenienti da cicli produttivi ben definiti. 
Questi materiali sono tra i più interessanti per la produzione di compost 
di qualità, ovviamente dopo averli miscelati con materiali di supporto, 
quali cortecce, paglie e scarti lignocellulosici in genere. 
1.3.5. Frazione organica dei RSU selezionata a valle della 
raccolta 
Quasi tutti gli impianti di “riciclaggio” operanti in Italia prevedono il 
trattamento dei rifiuti solidi raccolti in modo indifferenziato e la separa-
zione a valle della raccolta, mediante cicli tecnologici più o meno com-
plessi. 
In tali impianti si è riscontrata una certa difficoltà nel raggiungere risul-
tati tali da permettere al compost prodotto di rientrare nei limiti imposti 
dalla normativa; i parametri quasi sempre sotto accusa sono il vetro, la 
plastica ed alcuni metalli pesanti, soprattutto il piombo.