37
Capitolo secondo
La dissacrazione o dissezione della morale cattolica italiana
Gli adulteri ovvero l’infedeltà coniugale
Al rientro in terra natia, nel 1960, Marco Ferreri ritrova un paese in pieno boom
economico e in fase di grande trasformazione dal punto di vista sociopolitico. L’Italia si
sta avviando lentamente al primo governo di centro-sinistra, in un momento in cui la
Democrazia Cristiana ha perso la sua storica autosufficienza. Inoltre, i forti flussi
migratori dalle campagne alle città, e dal Sud verso il Nord, hanno creato un’elevata
disponibilità di manodopera, favorendo una rapida industrializzazione che ha modificato
notevolmente la morfologia del tessuto urbano. Tali cambiamenti così radicali hanno
comportato una profonda trasfigurazione nell’aspetto sociale e familiare italiano, dove la
figura della donna aveva ancora il solo compito di allevare la prole ed era perlopiù adibita
a ruoli subalterni. La composizione delle case italiane era ormai interamente cambiata:
oltre alla televisione e l’automobile (veri e propri status symbol dell’epoca), fecero capolino
nuovi importanti elettrodomestici come il frigorifero e la lavatrice. È stato chiaro fin da
subito come uno sconvolgimento del genere richiedesse una diversa narrazione dal
punto di vista socioeconomico e artistico.
Gli anni Cinquanta sono stati caratterizzati dal progressivo sfaldamento del movimento
neorealista, in cui le numerose sconfitte sul fronte delle battaglie culturali e la
conseguente diaspora dei suoi autori, si sono aggiunte a durissimi veti governativi. Film
come Pane, amore e fantasia (Luigi Comencini, 1953) e Poveri ma belli (Dino Risi, 1957)
hanno spianato la strada ad un nuovo genere che ha incontrato il favore delle masse, il
cosiddetto Neorealismo rosa. Un filone cinematografico che ha depurato il suo antenato
dalle istanze di rinnovamento e di denuncia, riducendo l’ispirazione popolare ad un mero
bozzetto. I problemi della miseria e del sottosviluppo, le tensioni sociali, così centrali
nelle opere precedenti, vengono irrimediabilmente addolciti dai toni della commedia
degli equivoci, a favore degli interessi di botteghino. Lino Miccichè ha delineato
perfettamente questo passaggio di consegne in un saggio scritto in occasione della
decima edizione della Mostra internazionale del Nuovo Cinema di Pesaro:
38
Dove cioè il neorealismo fallisce, vince invece quella sua forma bastarda che pure è il sinonimo principale
e più appariscente del suo fallimento. Naturalmente, la sconfitta del vecchio cinema, più che una
sostituzione (culturale) è una successione (industriale), in questo del tutto omologa a quanto andava
verificandosi nella società civile. Come poteva d’altronde non corrispondere alla pratica politica
dell’ottundimento una pratica cinematografica che non fosse anch’essa grigiamente, e magari financo
allegramente, ottusa? […] Il cinema dell’illusione, cioè il neorealismo, aveva (de)generato il cinema della
restaurazione
67
.
Tuttavia, questa situazione ha favorito una significativa rinascita produttiva
cinematografica, nonché la conferma internazionale di autori del calibro di Federico
Fellini, Michelangelo Antonioni e Luchino Visconti. Oltretutto con il grande successo
de La grande guerra (Mario Monicelli, 1959) - vincitore ex aequo del Leone d’oro a Venezia
con Il Generale della Rovere (Roberto Rossellini, 1959) – si afferma la cosiddetta “commedia
di costume”, caratterizzata da una satira semplice e puntuale.
Pressappoco è questo lo sfaccettato contesto che si presenta a Marco Ferreri al suo
ritorno in Italia; ma paradossalmente è lo stesso Cesare Zavattini ad attendere
nuovamente Ferreri a Roma, accogliendolo stavolta in veste di regista. Qualche anno
prima dei Comizi d’amore (1964) di Pier Paolo Pasolini, Zavattini propone di indagare i
costumi sessuali delle donne italiane nel momento in cui si andava verso un lento
processo di emancipazione sessuale, testimoniato dalle numerose e seguitissime rubriche
sull’argomento ospitate in ogni rivista femminile
68
.
Le italiane e l’amore (1961) nasce come progetto di film-inchiesta a episodi per riallacciare
quella sorta di filo interrotto ai tempi di Documento mensile e L’amore in città. Il film si ispira
ad autentiche lettere inviate alle rubriche “rosa” dei giornali, raccolte da Gabriella Parca
in un libro dal titolo Le italiane si confessano. Gli argomenti trattati negli undici episodi
prodotti vanno dal primo amore adolescenziale (Le adolescenti e l’amore di Francesco
Maselli), al dramma di una sposa che si accorge che il marito non è molto normale (Un
matrimonio di Carlo Musso), alla storia di una giovane ragazza sedotta e abbandonata a sé
stessa (Ragazze madri di Nelo Risi). Il film non ottiene un gran successo di pubblico né
un particolare apprezzamento da parte della critica, la quale imputa all’opera una
67
Lino Miccichè, Per una verifica del neorealismo, in Il neorealismo cinematografico italiano, a cura di Lino
Miccichè, Marsilio, Venezia 1999, p. 21.
68
Alberto Scandola, Marco Ferreri, cit., pp. 44-45.
39
mancanza di unità d’azione e intesa comune che «senza limitare la libertà nella forma,
iscriva tutti gli episodi su un medesimo registro, in un unico atteggiamento verso la realtà.
Invece di affrontare e descrivere un problema, Le italiane e l’amore si limita a enunciarlo»
69
.
Nonostante l’utilizzo di attori non professionisti e di ambienti autentici, l’opera appare
alquanto artificiosa e disunita nel suo insieme, raggiungendo a tratti toni ovvi e falsi, in
netto contrasto con l’idea iniziale dell’inchiesta.
Riguardo l’episodio dal titolo Gli adulteri ovvero l’infedeltà coniugale, lo stesso Ferreri è stato
il primo a non esserne particolarmente soddisfatto, infatti in principio aveva in mente di
affrontare un argomento completamente diverso:
Ero il primo ad esserne poco convinto in partenza e per giunta abbastanza scettico della riuscita
dell’intera impresa. Volevo, tra l’altro, girare un altro episodio, affrontare un altro tema: l’aborto. Avevo
anche preparato la sceneggiatura ma, a una lettura collettiva, lo “sketch” fu bocciato da Zavattini e dagli
altri registi. Mi dissero che ne risultava una condanna dell’aborto, che non rientrava nello spirito del film.
Mah! Io mi limitavo a raccontare un fatto. D’accordo, era piuttosto crudo ma non volevo dimostrare
niente. Ognuno poteva trarne le proprie conclusioni. Evidentemente quelli là erano in favore dell’aborto,
che ne so?
70
Questa apparente “censura” preventiva, perpetrata dagli altri ideatori dell’opera,
potrebbe aver in qualche modo inficiato l’indipendenza di un autore che fa della libertà
artistica il proprio vessillo.
L’intera categoria della critica italiana si trova d’accordo riguardo la non riuscita
dell’episodio ferreriano e in coro ha espresso la propria insoddisfazione e delusione:
Tullio Kezich sottolinea che il regista «non ha ritrovato il brio de El cochecito
71
», mentre
Mario Verdone sulle pagine di «Cineforum» chiosa su un Ferreri «incredibilmente
svogliato e approssimativo, addirittura impacciato e imborghesito
72
». Anche un notevole
estimatore ferreriano come Maurizio Grande non esita a definire l’opera come «una delle
prove più scialbe di questo autore, frenato nella sua fantasia ogni qual volta si confronta
con un film-inchiesta
73
». Fra tutti gli episodi che compongono Le italiane e l’amore, quello
69
Morando Morandini, Il milanese di Spagna, cit., p. 15.
70
Ivi, pp. 15-16.
71
Tullo Kezich in Flavio De Bernardinis, Gli adulteri, in Stefania Parigi (a cura di), Marco Ferreri. Il cinema
e i film, p. 166.
72
Mario Verdone in Ivi, p. 167.
73
Maurizio Grande, Marco Ferreri, cit., p. 29.
40
diretto da Marco Ferreri è probabilmente il più incompreso e sottovalutato, perché
nonostante le lacune narrative e strutturali, contiene già considerevoli elementi chiave
che contribuiranno a comporre l’universo poetico del suo periodo trascorso in Italia, a
cominciare dall’equilibro labile su cui si basa il matrimonio.
Gli adulteri racconta la semplice storia di una famiglia della media borghesia italiana,
composta da marito, moglie e tre figli. Al mattino, il marito si prepara per andare al
lavoro, mentre la moglie resta a casa per occuparsi del figlioletto febbricitante. In seguito,
tramite un montaggio alternato, assistiamo al marito che consuma in ufficio un amplesso
con la segretaria, mentre la moglie approfitta dell’uscita dei bambini per invitare l’amante
a casa. Arrivati alla sera, la famiglia si ritrova tutta riunita davanti ad un bel piatto di
pastasciutta, in attesa dell’inizio del programma televisivo Campanile sera.
In questa sua prima opera italiana da regista, Ferreri impiega in maniera classica un
montaggio alternato che, come spesso accade, si fa parallelo, così come è parallela e
simmetrica l’intera vicenda fedifraga. Questo perché mentre lui è chiuso in ufficio con la
segretaria durante la pausa pranzo, lei cede alle insistenze dell’amante mentre dà la pappa
al figlio
74
. È estremamente facile riscontrare in questa vicenda l’eterna ossessione del
regista per l’accostamento tra cibo e sesso. Mentre la segretaria, una sorta di donna-
animale
75
, entra in scena morsicando una mela e dopo l’amplesso azzanna un panino,
l’amante della moglie (Riccardo Fellini) assaggia la pappa del bambino con grande gusto
imboccato dalla donna-madre (regressione infantile). Tutta l’opera è cosparsa da
innumerevoli “sprazzi” grotteschi, come ad esempio la prima scena, dove il neonato e la
madre scoprono le natiche per la puntura della badante, davanti al dipinto di
un’Annunciazione che, «sovrastando il letto matrimoniale, suggerisce l’oppressione
dell’educazione cattolica»
76
. In ufficio, la foto di Luigi Einaudi è usata per reggere la
cravatta durante l’atto sessuale e, appena finito, l’uomo chiama al telefono la moglie
mentre accarezza le labbra del figlio raffigurato su una fotografia. Come ne El cochecito si
possono osservare due frati in cerca di pareri “professionali”, in questo caso si notano
due piccole suore “raccomandarsi” con il nostro protagonista per la pratica riguardante
una certa marchesa, «una brava persona». Il richiamo religioso è financo “violento” nel
momento in cui la figlia della coppia schiaffeggia il fratello per aver iniziato a mangiare
74
Flavio De Bernardinis, Gli adulteri, in Stefania Parigi (a cura di), Marco Ferreri. Il cinema e i film, p. 167.
75
Alberto Scandola, Marco Ferreri, cit., p. 46.
76
Ibidem
41
senza aver fatto il segno della croce. Il cane di casa è sempre presente nel quadretto
familiare, persino quando il bambino si trova in bagno seduto sul water a leggere un
giornale. Oltre al cane, che merita addirittura un primo piano, sono presenti due gatti
miagolanti nell’ufficio del marito e una grossa mosca sulla fronte del bebè, nel momento
esatto in cui la madre si concede all’amante.
Lo “spettacolo” di infedeltà coniugale che i due sposi mettono in scena è totalmente
orchestrato da loro stessi, in quanto stabiliscono spazi e tempi, entrate e uscite dei
rispettivi amanti. Il marito invita la segretaria a rimanere con lui e aspetta che l’intero
ufficio si svuoti per la pausa pranzo, dopo di che procede con il rapporto sessuale
intimando alla donna di non lasciargli segni compromettenti sul collo. La moglie riesce
a liberarsi della badante e dei due figli mentre accoglie l’amante in cucina, dove si
preoccupa di abbassare le tapparelle. In questo modo entrambi sono i veri e propri registi
dell’adulterio, e dimostrano soprattutto di essere parecchio esperti e collaudati. Ferreri
decide di non esibire in nessun modo i due rapporti sessuali, dimostrando che il suo
interesse in questo soggetto si basa sulla preparazione e sull’insieme di bugie che la
situazione necessita, per palesare l’ipocrisia presente nella concezione stessa di
matrimonio.
Quella raffigurata da Ferreri è la classica famiglia medio-borghese italiana del periodo,
dove l’uomo lavora e guadagna, mentre la casalinga frustrata resta a casa a crescere i figli.
«Per chi ci vede possiamo sembrare una famiglia felice» rimugina la donna durante la
cena; ma la realtà è che quella finta gioia e serenità non esiste più e quello che rimane ne
è solamente il ricordo.
La coppia di adulteri è già l’immagine pubblicitaria di sé stessa, un’immagine logora e sfatta che ha
bisogno di continue iniezioni di “messa in scena” per immaginarsi ancora una volta, talmente falsa e
stereotipata da risultare infine “più vera del vero”, nel grande specchio deformante della cultura di
massa.
77
Dopo la parziale delusione di Le italiane e l’amore, Marco Ferreri seguita a lavorare su un
progetto di adattamento cinematografico di Il castello di Franz Kafka. L’idea di girare
quest’opera in Spagna con la partecipazione di Charles Aznavour naufraga
77
Flavio De Bernardinis, Gli adulteri, cit., p. 169.
42
rapidamente
78
, ma in un certo senso riuscirà a realizzare questo progetto dieci anni dopo
con L’udienza.
Con Rafael Azcona scrive una sceneggiatura dal titolo Viaggio in America ma, quando il
produttore Tonino Cervi si offre di finanziare il film a condizione che il protagonista sia
Alberto Sordi, Ferreri si rifiuta di girarlo. Dopo questo rifiuto, Cervi affida il copione alle
sapienti mani di Age e Scarpelli, mentre il film viene diretto da Alberto Lattuada. L’opera
si intitolerà Mafioso (1962) e, mantenendo le firme di tutti gli autori nei titoli di testa –
nonostante l’errore nel nome dello spagnolo “Raphael Atzcona” – presenta alcune
indiscutibili tracce ferreriane.
Il filone della “commedia di costume” si rivela un terreno estremamente congeniale per
il nostro autore, ritrovando in esso libertà di espressione e una possibilità concreta di
fare satira:
La commedia di costume era un cinema utilissimo; rappresentava molto bene l’Italia di quegli anni. Pensa
a come ha saputo guardare avanti… Io non volevo fare film come Visconti o Fellini, perciò la commedia
era l’ideale. Anche ad Azcona piaceva molto; lui poi che amava il sainete…
79
Il film tratta la storia di Antonio Badalamenti (Alberto Sordi), un siciliano emigrato a
Milano, dove ha messo su famiglia e lavora come capo operaio presso una fabbrica di
automobili. Una volta tornato in Sicilia per trascorrere le vacanze, viene assoldato dal
boss mafioso del paese per compiere un omicidio a New York. Interpellato da Morando
Morandini, Ferreri ha espresso il suo rammarico riguardo alla riuscita finale dell’opera:
«Si, ho visto Mafioso. È un altro film, naturalmente. In origine doveva essere un film
con Sordi, adesso è un film di Sordi. In un certo senso non si può lavorare con Sordi
80
».
Nonostante la revisione attuata da Age e Scarpelli, il testo ha mantenuto inevitabilmente
delle palesi influenze ferreriane. Fin dalla prima sequenza, ambientata all’interno di una
fabbrica automobilistica, è possibile notare chiari presagi di future prove dell’autore;
infatti sia in Break-up (1968) che in Dillinger è morto (1969) la prima scena è ambientata
nella fabbrica dove lavorano i protagonisti. Oltretutto, sia nel Mafioso che in Break-up, i
personaggi hanno un comportamento ossessivo riguardo il ritmo e le tempistiche di
78
Tullio Masoni, Marco Ferreri, cit., pp. 30-31.
79
Ivi, cit., p. 31.
80
Morando Morandini, Il milanese di Spagna, cit., p. 16.
43
lavoro, cadenzate dai rumori della fabbrica. Per Ferreri l’uomo industriale rappresenta in
tutto e per tutto l’individuo assoggettato a logiche storiche, schiacciato da dispositivi che
lo hanno completamente snaturato.
Arrivato in terra siciliana, Antonio riscopre un mondo ancorato a tradizioni arcaiche,
caratterizzato da uno stretto rapporto con la natura; non è raro infatti ritrovarsi nel cuore
della notte con una gallina starnazzante sotto il letto. In questa dimensione primordiale,
Antonio ritrova la sorella Rosalia, una specie di primitiva “donna-animale" cresciuta
lontana dalla “civiltà” lombarda. I peli che le ricoprono il corpo non possono che
riportare alla mente un progetto ferreriano di soli due anni dopo, ovvero La donna scimmia
(1964). Questo aspetto preistorico le sarà sradicato, insieme alla peluria, dalla moglie
lombarda e civilizzata di Antonio.