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INTRODUZIONE
In organizzazioni con un alto livello di capitale sociale, laddove la qualità delle interazioni
tra le persone e la condivisione di una prospettiva comune è ben disposta, le relazioni sono
basate sulla fiducia, sulla comprensione reciproca, su norme e valori condivisi che
consentono alle persone di cooperare e coordinare le loro attività per raggiungere gli obiettivi
aziendali.
Numerosi studiosi interessati al funzionamento organizzativo d’impresa, oggi fortemente
compromesso dal fenomeno pandemico, hanno cercato di comprendere meglio i
Comportamenti di Cittadinanza Organizzativa (OCB, acronimo della denominazione inglese
Organizational Citizenship Behaviors), volti a favorire l’impiego e l’inclusione di
collaboratori sordi o con disabilità uditiva. Alcuni contributi alla tematica suggeriscono tre
aspetti specifici del capitale sociale: una dimensione strutturale, focalizzata sul modello
generale delle relazioni riscontrate, una dimensione relazionale, focalizzata sulla dimensione
affettiva e sulla qualità delle connessioni tra dipendenti, e una dimensione cognitiva, attenta
alla misura in cui i dipendenti condividono un obiettivo comune. Volendo focalizzarsi sulla
dimensione relazionale, quindi sulla qualità affettiva delle connessioni, con questo lavoro si
cercherà di comprendere quanto le competenze culturali possono influenzare le dinamiche
relazionali tra il dipendente ipoudente/sordo e il dipendente udente.
L’emergenza sanitaria con la quale la popolazione mondiale ha convissuto, ha imposto
condizioni di vita insolite (quarantene, distanziamento sociale, dispositivi medici di
protezione delle vie respiratorie, modalità di lavoro agile) che hanno generato nuove forme
di disagio lavorativo e di esclusione sociale e, in alcuni casi, ha amplificato condizioni di
vulnerabilità già esistenti. Tra le vittime indirette della pandemia sono da annoverare le
persone con disabilità, in particolare quella sensoriale uditiva che, a vari livelli (sociale,
assistenziale, lavorativo), hanno sperimentato la fragilità di un sistema politico, economico
e culturale ancora poco preparato a tutelare i loro diritti inalienabili. Tra le lacune più
significative emerge l’opinione diffusa che porta a concepire il lavoratore sordo come
soggetto con handicap, e non come appartenente ad una vera e propria cultura/minoranza
linguistica e, quindi, come un valore aggiunto per l’azienda.
Seguendo tale ragionamento, il presente lavoro intende dare risalto all’importanza dello
scambio culturale fra i due Mondi, quello sordo e quello udente, nei luoghi di lavoro, in
riferimento al Diversity management il cui obiettivo è rendere la diversità una leva e non un
ostacolo per il cambiamento, la crescita e l’innovazione.
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Lo studio viene articolato in tre macro-capitoli che ne costituiscono il corpo centrale. Il
primo capitolo ha il compito di illustrare il “Mondo dei Sordi come minoranza
etnoculturale”, l’insieme cioè di norme, conoscenze, credenze, arte, usi, valori, lingua e
struttura sociale che la rende tale. Nello stesso capitolo sarà illustrato il processo di
acculturazione descrivendo le varie strategie connesse, le difficoltà riscontrabili, le relazioni
esistenti con il pregiudizio. In questo spazio, inoltre, verrà presentato il fenomeno
discriminatorio nei confronti delle persone sorde, noto come “audismo”, con un particolare
riferimento all’ambito lavorativo. Un fenomeno sociale, che come detto, si è acuito con
l’emergenza sanitaria del SARS-CoV-2.
Il secondo capitolo esplora la natura della cultura organizzativa, fondamentale per la
progettazione strutturale di cui l’organizzazione necessita per essere efficace all’interno del
proprio ambiente, analizza il processo di cambiamento inclusivo che ha luogo nelle
organizzazioni, traccia una panoramica aggiornata dei maggiori ostacoli riscontrati nei
workshop organizzativi, riporta le possibili soluzioni, con lo scopo di promuovere nuove
strategie, a tutti i livelli, per valersi del potenziale dei sordi e delle persone con disabilità
uditiva. Inoltre, vengono descritte le strategie per promuovere l’innovazione culturale
inclusiva riportando un case study condotto dall’Enel e introducendo il concetto delle Best
practices.
Il terzo capitolo descrive e promuove l’importanza dello scambio interculturale nei luoghi
di lavoro, sfruttando il modello dell’Intelligenza Culturale (CQ), che assume particolare
rilievo nella gestione del Disability management, illustrando il passaggio dalla gestione della
disabilità alla gestione del cultural diversity management.
Per una cultura della diversità senza barriere nel mondo del lavoro è fondamentale
implementare le competenze culturali rendendo più articolato il quadro da fronteggiare.
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1 CAPITOLO I
IL MONDO DEI SORDI COME MINORANZA ETNOCULTURALE.
1.1 Cos’è l’etnia.
Nonostante il termine “etnologia” risalga alla fine del XVIII secolo, è solo alla metà del XX
secolo che gli antropologi cominciano a impiegare diffusamente il termine “etnia” o “gruppo
etnico” per riferirsi ai gruppi umani di cui studiano la cultura e la società. “Etnia” (der. del
gr. ἔϑνος “ethos”) è all’inizio un termine che sostituisce quelli, utilizzati in precedenza, di
“tribù” o “popolo primitivo”, e che ne eredita il significato di gruppo di persone che
condividono un territorio, una lingua, dei tratti culturali specifici e che sono uniti da una
discendenza comune (Mancuso, 2015).
Sebbene “etnia” sia uno dei concetti più intensamente discussi nelle scienze sociali, non
esiste un consenso generale sul significato esatto del termine. Alcune ricerche condotte da
esperti antropologi mostrano come tale etimologia possa essere ricondotta ad un’espressione
di sé e di comunità (Weber, 1922/1978), ad un prodotto negoziato delle tensioni dialettiche
tra autoidentificazione interna e attribuzioni esterne (Nagel, 1996), un processo strategico,
nonché adattivo, di riorganizzazione dei confini dell’identità e del contenuto culturale
all’interno di quei confini (Nagel & Snipp, 1993). Altre ricerche, invece, focalizzano la loro
attenzione sulla distinzione tra “razza” (intesa come serie omogenea di individui che
presentano le stesse caratteristiche somatiche, come il colore della pelle, la statura, il tipo di
capelli) ed “etnia” (intesa come un raggruppamento umano basato sulla comunità di caratteri
culturali e linguistici), proponendo un’ulteriore differenziazione tra “nazione”, “etnia”,
“gruppo etnico”, per spiegare l'enorme differenza nelle basi sociali e nel potenziale politico
delle singole comunità etniche (Gabbert, 2006).
Sebbene sia unanime che il concetto di etnia rappresenti un criterio di classificazione delle
persone, è fondamentale per il seguente studio modernizzare l’insieme delle caratteristiche
che permettono di descrivere meglio l’etnicità della comunità sorda (Eckert R. C., 2010).
1.2 Deafnicity e sue proprietà interne.
In un recente studio Toward a Theory of Deaf Ethnos: Deafnicity ≈ D/deaf (Hómaemon •
Homóglosson • Homóthreskon) (2010), R. C. Eckert fornisce una panoramica dei principali
contenuti al discorso razziale ed etnico propri del XX secolo, usando il termine ethnos per
definire l’identità e la cultura dei sordi (Deaf ethnicity).
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Nell'antica Grecia, ethnos includeva tre requisiti fondamentali che coinvolgevano i confini
dell'identità (Smith, 1986, p. 21), Hómaemon, comunità di origine comune priva di requisiti
biologici per l'adesione; Homóglosson, comunità linguistica composta da interpreti della
lingua dei segni, dagli audiolesi, dagli ex oralisti per cui, chiunque abbia un interesse per la
lingua dei segni può essere un membro; Homóthreskon, comunità di religione, che
comprende le dimensioni esistenziali determinando la mentalità e l’atteggiamento culturale.
Secondo la sua visione, l’etnia vista come un nesso relazionale triadico, ha un maggiore
potere esplicativo del concetto moderno di etnia (Eckert R. C., 2010). L’autore suggerisce,
pertanto, l'adesione al concetto greco classico di ethnos sostenendo il significato continuo
dell'etnia sorda.
Smith integra il modello con diverse interpretazioni di ethnos (Ethnos Etairon, Ethnos Laon,
Ethnos Achaion o Lukon, Ethnos Aneron o Gynaikon, Ethnos Aneron o Gynaikon, Ethnos
Aneron e Ethnos Kérukikon) per creare una molteplicità o nesso di nome collettivo, mito di
origine comune, storia condivisa, cultura condivisa, territorio spaziale e solidarietà (ciascuno
dei quali rientra nei tre requisiti di ethnos) (1986-1988); mentre, Lane e Eckert (2005)
discutono i meriti dell’etnia dei Sordi utilizzando versioni modificate delle dimensioni
dell’etnia di Smith, ipotizzando un concetto nazionalizzato di “Deaf ethnicity” come risposta
egemonica all’audismo (par. 1.5).
1.2.1 Etnia e Mondo dei Sordi.
Il riconoscimento della lingua dei segni (Stokoe, 2005), la distinzione dei costrutti culturali
dalle circostanze mediche (Woodward, 1972), la coniazione di Humphries (1975) del
termine "audismo" (par. 1.5) implica o deduce l'etnia dei Sordi, “Deafnicity”. Tuttavia, il
riconoscimento dei processi etnici di costruzione, mantenimento e riorganizzazione dei
confini dell'identità dei Sordi è relativamente recente.
Per essere qualificato come “etnia”, il Mondo dei sordi è stato studiato attraverso l’analisi
delle proprietà interne, un insieme di criteri avanzati dagli scienziati sociali per caratterizzare
un gruppo sociale come un gruppo etnico (Lane H. , 2005).
Tali caratteristiche si possono sintetizzare in undici punti distintivi:
a. Nome collettivo:
Se, per le persone udenti il nome di una persona è strettamente collegato alla sua pronuncia,
per le persone sorde invece il nome proprio della lingua vocale è una sequenza di lettere che
non porta con sé un significato preciso perché non ne sentono il suono. Essi, infatti,
utilizzano il “segno nome” che è una modalità manuale-visiva con la quale i membri della
comunità sorda identificano sé stessi e gli altri. Con la dattilologia, le lettere del nome
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dell’alfabeto vocale vengono segnate una dopo l’altra, proprio come se si leggesse una parola
rappresentata linearmente nello spazio. Come per le lingue vocali, tale metodologia è usata
non solo per rendere comprensibile un nuovo vocabolo, ma anche per tradurre i nomi propri
che non possiedono ancora un “segno nome” specifico. A questo punto, per la creazione dei
segni nome vengono scelti elementi fisici e comportamentali della persona che ne
costituiscono le caratteristiche peculiari e ne permettono più facilmente l’identificazione
all’interno della comunità sorda.
b. Sentimento di comunità:
Sebbene esistano diverse strategie riabilitative di apprendimento (come il metodo oralista, il
segnante e il bilingue) il sentimento di identificazione con la comunità è sempre molto forte.
La comunità sorda offre a tutti i suoi membri ciò che non possono trovare a casa: la
possibilità di comunicare facilmente, un’identità positiva e un surrogato della famiglia.
c. Norme di comportamento:
Nella cultura sorda esistono precise norme di galateo che regolano le modalità di relazione,
e che riguardano per esempio la gestualità per ottenere l'attenzione o per prendere la parola
durante la conversazione.
d. Valori distintivi:
Le persone sorde danno grande importanza alla loro identità sorda, alla lingua dei segni, alla
propria cultura, agli istituti e al contatto fisico.
e. Conoscenza:
Le persone sorde hanno una conoscenza specifica della propria cultura, sanno chi sono i loro
leader, quali sono gli eventi importanti nella storia dei sordi; conoscono i valori del mondo
dei sordi, i suoi usi e la sua struttura sociale.
f. Usi:
Il Mondo dei Sordi si caratterizza anche da comportamenti comuni che comprendono il
modo di presentarsi e di salutare, di fare a turno nel parlare, di parlare in modo diretto e
educatamente.
g. Struttura sociale:
Nella comunità sorda convivono numerose organizzazioni sociali come quella atletiche
(Federazione sport Sordi, FSSI), politiche, letterarie, religiose, di anziani, e altre ancora.
h. Lingua:
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Il 19 maggio 2021, la Repubblica italiana riconosce, promuove e tutela la Lingua dei Segni
Italiana (LIS), “un crocevia fondamentale e storico verso la piena inclusione delle persone
sorde e l’abbattimento delle barriere della comunicazione… legge di civiltà e uguaglianza
che garantisce l’accessibilità, la libertà di scelta linguistico-comunicativa delle persone
sorde e rappresenta il primo passo per garantire, finalmente, tutti i diritti di cittadinanza”
(Ente Nazionale Sordi, 2021).
Analogamente alle parole che vengono pronunciate mediante la combinazione di un certo
numero di suoni, detti fonemi, i segni sono il risultato della combinazione di quattro
parametri (orientamento, movimento, configurazione, luogo) che definiscono le regole
grammaticali; ci sono poi fattori, come l’ordine di sequenza, le espressioni facciali e la
postura, che definiscono la sintassi (Volterra, 2004). La lingua dei segni viene tramandata di
generazione in generazione, con varietà regionali e di città.
i. Arte linguistica:
Come in molte culture, nelle comunità sorde ci sono le arti linguistiche in lingua segnata: le
narrazioni, i racconti, l’oratoria, i racconti folcloristici, i giochi di parole, la pantomima, la
poesia e la musica. L’umorismo è una forma letteraria molto diffusa; si tratta di una
caratteristica radicata nella cultura sorda difficilmente apprezzabile da chi non ne fa parte.
Un esempio di umorismo del Mondo dei Sordi è una storiella, particolarmente ricca di
elementi culturali, raccontata al congresso internazionale di cultura Sorda “Deaf Way” nel
1989 dal leader sordo M.J. Bienvenue il quale, prima di cominciare, mostrò il segno
“sposare” nell’ASL (American Sign Language): “Un enorme gigante sta andando a caccia
in un piccolo villaggio di gente minuscola che si disperde per strada cercando di sfuggire
alla terribile creatura. Ad un certo punto, il gigante nota una bellissima ragazza bionda che
sta scappando lungo la strada. Allunga la sua goffa mano e afferra la ragazza. Guarda
adorante la figurina che trema nel suo palmo ed esclama “Sei così bella”. La giovanetta lo
guarda spaventata. “Non farmi del male”, dice. “Non ti farei mai del male”, lui segna. “Io
ti amo. Ti vorrei sposare”. Quando segna la parola “sposare” la bellissima ragazza muore
schiacciata” (Erting & et al., 2005).
Questo racconto umoristico, in primo luogo, è altamente visivo. L’orrore sulle facce della
gente del villaggio che scappa, la bellissima ragazza spaventata, la differenza di dimensioni
tra il gigante e il villaggio, tutti questi elementi danno luogo a un’esecuzione drammatica,
senza che una parola venga detta fino a metà della storia. Poi, la storia fa ricorso alla
conoscenza dell’ASL dello spettatore: il segno “sposare” finisce con le due mani che si