Introduzione
Il potere dei media e dell’informazione possiede particolare valore nella vita di ogni individuo
che crea e condivide immagini e rappresentazioni su numerosi fatti che accadono
quotidianamente con la propria comunità. Un evento può essere raccontato con termini
neutrali e distaccati o può essere spettacolarizzato con grandi titoli in prima pagina, creando
diverse riflessioni influenzate l'estremizzazione di una notizia.
Questo elaborato parte dall’analisi dei fatti di Parigi nell’autunno del 2005, una delle rivolte
più importanti dopo il maggio del 1968. L’evento ha avuto particolare attenzione da parte dei
media di tutta l’Europa e in particolare la stampa francese ha creato una propria narrazione
che seguiva gli eventi ora per ora.
L’elaborato cerca di esaminare le modalità e le dinamiche che hanno portato a creare una
rappresentazione sociale condivisa dei protagonisti degli eventi influenzata dalla stampa.
Le motivazioni che hanno spinto lo studio hanno una duplice natura. L’interesse verso il
linguaggio mediatico e l’interesse verso le narrazioni di rivolte scatenate dal malessere
generale provato da chi si sente escluso e abbandonato dalla società.
L’obiettivo di questa tesi di laurea è di fornire un’analisi sul linguaggio mediatico e sulla
creazione delle rappresentazioni sociali e mediali intorno all’evento preso in considerazione,
gli scontri delle banlieues di Parigi. L’elaborato propone una nuova chiave di lettura per
evidenziare le dinamiche giornalistiche intorno alla ricezione delle informazioni e alla
pubblicazione delle notizie.
La tesi è articolata in tre capitoli: nel primo capitolo viene ripercorsa la storia delle banlieues
e delle problematiche sociali che hanno portato numerosi giovani a manifestare nelle strade
scontrandosi con la polizia; nel secondo capitolo vengono analizzati i principali principi delle
rappresentazioni sociali e mediatiche e lo studio che ha caratterizzato questo tema nel secolo
scorso citando grandi autori che hanno contribuito alla letteratura delle rappresentazioni
sociali e mediali; infine, nel terzo capitolo vengono esaminati gli articoli tra il 2000 e il 2021
di due famose testate giornalistiche, Le Monde e La Repubblica, per indagare i principali temi
raccontati e per comprendere le dinamiche della costruzione mediatica degli eventi parigini
del 2005. Il principale periodo studiato e confrontato è stato dal 2005 al 2021 creando quattro
blocchi degli articoli francesi e italiani.
Grazie a questo lavoro di ricerca è stato possibile individuare diversi fattori legati alla
costruzione della notizia e ai cambiamenti negli anni delle dinamiche giornalistiche nel
periodo preso in considerazione.
1. Le Banlieues Parigine
1.1 La ghettizzazione della periferia e le problematiche sociali coinvolte
A partire dalla seconda metà del secolo scorso, le sommosse giovanili hanno da sempre
interessato la Francia. Fra l’ottobre e il novembre del 2005, un’ondata di sommosse ha colpito
le periferie delle più grandi città francesi, venendo ricordate come le rivolte più durature e più
estese tra gli atti di ribellione dopo i moti del 1968. Per circa un mese i sobborghi più poveri
della città di Parigi sono stati attraversati da numerosi disordini, espandendosi
successivamente in altre città francesi come Tolosa, Marsiglia, Lione e Strasburgo.
I disordini iniziarono il 27 ottobre 2005 durante una manifestazione a Clichy-sous-Bois,
cittadina nella periferia ovest di Parigi. A far scoppiare i disordini fu la morte di due
adolescenti, inseguiti dalla polizia per un errore di segnalazione per furto. Nonostante i
giovani non fossero coinvolti nel fatto, Zyed Benna e Bouna Traoré furono folgorati da una
centralina elettrica in cui decisero di nascondersi a causa dell’inseguimento degli agenti.
Dopo la prima manifestazione la situazione sembra tornare alla normalità, fino a quando il 30
ottobre viene lanciato un lacrimogeno della polizia antisommossa durante la celebrazione del
Ramadan, all’interno di una moschea di Clichy-sous-Bois. Per l’aggressione nei confronti dei
fedeli musulmani, le rivolte ricominciarono con un’intensità più elevata, arrivando a colpire
anche il centro di Parigi. Le singolarità di queste proteste sono l'incendio di 9193 veicoli,
l’arresto di 2921 persone, la morte di un abitante delle banlieues, i numerosi ferimenti tra i
manifestanti e agenti di polizia e danneggiamenti di edifici pubblici e privati.
L’interpretazione più probante che si può fornire delle violenze urbane, verificatesi
nell'autunno del 2005, consiste nel dire che si è trattato di una rivolta della disperazione [...].
Ciò che, di primo acchito, colpisce in tali avvenimenti, è l’assenza di leaders riconosciuti, di
organizzazioni strutturate, di obiettivi manifesti o di rivendicazioni precise [...]. L’assenza di
ogni prospettiva futura testimonia una profonda disperazione [Castel 2008, 25].
Tali disordini hanno avuto la caratteristica di essere fortemente presenti sul luogo di residenza
dei partecipanti, visto che la maggior parte degli scontri e dei danneggiamenti si sono
verificati nei pressi o all’interno dei quartieri considerati in Francia come oggetto di azione
pubblica prioritaria [...]. Soltanto il 15% delle sommosse si sono verificate all’esterno di tali
quartieri [Cicchelli, Galand, De Maillard, Misset 2007, 291].
Le banlieues sono state inizialmente concepite come moderne innovazioni per sopperire al
problema della crisi abitativa dovuta ai danni della Seconda guerra mondiale.
Dalla fine degli Cinquanta, la risposta per risolvere il sovraffolamento del centro città è
l’edificazione di “grandi complessi” destinati alla classe operaia e alla piccola classe media.
Inoltre, il popolamento delle periferie è dovuto a chi arriva a lavorare nelle grandi metropoli
dalle province e ai rimpatriati dall’Algeria dopo l’indipendenza firmata da Charles De Gaulle
nel 1955.
Tra la fine degli anni Cinquanta e l’inizio degli anni Settanta, vengono create quasi duecento
Zone a Urbanizzazione Prioritaria, che offrivano milioni di alloggi con contratti d’affitto a
cifre moderate. L’idea del “grande complesso” avrà fin da subito denunce per problematiche
di tipo ambientale, come l’assenza di spazi pubblici e di socializzazione, isolando gli abitanti
extraurbani. Le critiche riguardano l’idea di “città-dormitorio”, edificate con l’intento di
creare alloggi solo per ragioni pratiche di spazio. La mancanza più sentita è stata la
condizione base di socializzazione assente, creando un distanziamento sociale avvertito con il
resto del centro urbano. Il problema delle banlieues inizia con le sensazioni del male di vivere
e le condizioni abitative sono fin da subito precarie.
Inizia a innescarsi un altro tipo di problema, la sensazione di ghettizzazione e di
etnicizzazione. La prima ondata migratoria riguardava i lavoratori di origine maghrebina che
dopo la Seconda guerra mondiale è stata fondamentale per la Francia, per ricorrere al riparo a
causa del problema di mancanza di manodopera. Inizialmente, la maggior parte di immigrati
era formata da giovani lavoratori che intendevano rimanere per un periodo temporaneo in
Francia, per poi tornare nel paese d’origine. Successivamente il ricongiungimento familiare,
dei lavoratori con regolare permesso di soggiorno, ha avuto modo di compiersi a partire dagli
anni Settanta. Per le famiglie decise a stabilirsi nella capitale francese, gli alloggi nei
complessi residenziali rappresentano una struttura privilegiata. Lo sviluppo economico del
paese inizia ad arrestarsi nella seconda metà degli anni Settanta, iniziando così ad avere un
aumento di disoccupazione e povertà. Ben presto, le periferie delle grandi città vengono
chiamate Zone Urbane Sensibili a causa del forte aumento di immigrazione e della
conseguente disoccupazione che dilagava sempre di più.
I fatti del 2005 possono essere letti come una rivolta contro il sentimento di relegazione al
bando della società, andando incontro alla consapevolezza del divario fra le aspirazioni del
successo e le opportunità oggettive di ottenerlo. Negli anni seguenti la storia delle periferie
francesi e dell’idea di “complesso” è dominata anche dal fallimento progressivo del modello
d’integrazione. Nascono i termini “zona sensibile”, “ghetto”, e si sviluppa il dibattito sulla
sicurezza dei cittadini nei quartieri “sensibili”.
I complessi iniziarono a essere sovraffollati e il reddito di un nucleo familiare in periferia si
situava al di sotto della soglia di povertà a causa della forte disoccupazione.
La banlieue nel suo insieme non si è mobilitata, anche se numerose testimonianze attestano
che spesso ha manifestato una certa comprensione nei confronti dei rivoltosi. Ma questi erano
esclusivamente giovani, spesso molto giovani, in maggioranza figli dell’immigrazione. Non
immigrati, propriamente parlando, perché la maggior parte di loro è nata in Francia, ha la
nazionalità francese, ma comunque è “figlia dell’immigrazione” nel senso che i loro genitori
sono stati immigrati. Etnicamente parlando, appartengono a una minoranza rispetto
all’insieme della popolazione francese, mentre politicamente parlando sono cittadini francesi
[Castel 2008, 34].
La maggior parte dei protagonisti delle rivolte è mosso dal stesso senso di delusione, ma
anche chi non vi ha partecipato direttamente condivide la stessa rabbia. Dall’inizio degli anni
Ottanta i quartieri “sensibili” sono sempre stati oggetto di trattamenti sociali, creando
politiche per lo sviluppo degli spazi extraurbani. In alcune zone della Francia meno visibili
nel racconto dei media, si assiste alla creazione delle Zone di Educazione Prioritarie a cui
viene dato un sostegno finanziario a scuole e docenti coinvolti nelle aree a rischio educativo.
Non si parla di “esclusione” in senso stretto, indicando un taglio netto dei giovani dalla
società. Si parla di mancanza di opportunità lavorative dopo la formazione scolastica, di
trattamento egualitario di fronte alle leggi e di relazioni sociali in vari ambiti della vita
quotidiana. « Liberté, égalité, fraternité, ma non nelle cités»: questo slogan spesso ripetuto
nelle notti di sommossa esprime la coscienza di un diniego di diritto di cui questi giovani si
sentono oggetto. In che cosa consiste esattamente? Senza dubbio non sono i soli a essere in
diritto a lamentarsi per le disfunzioni della società francese. Come si è già sottolineato, la
banlieue è all’interno della nuova problematica della questione sociale caratterizzata dalla
disoccupazione di massa, dalla squalificazione di ampi segmenti dei ceti popolari,
dall’installarsi nella precarietà quale nuovo regime del lavoro, dall’impoverimento di alcune
categorie di lavoratori, dal riemergere dell’insicurezza sociale [...]; al malessere dovuto
all’essere poveri e abbandonati all’incertezza del domani, si aggiunge un profondo
sentimento di ingiustizia: constatano che, nell’affrontare tali situazioni, non sono trattati in
modo paritario. Un fattore etnico-razziale rinforza la miseria sociale, inscrivendola in una