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INTRODUZIONE
- “Sai che cos’è un meme?”
- “Certo, sono quelle vignette buffe che circolano sulle varie piattaforme social!”
L’obiettivo di questa tesi è quello di osservare come il meme sia diventato
parte integrante del panorama digitale contemporaneo e si sia imposto, con
una propria dignità, come un ‘linguaggio’ della postmedialità con una forte
nervatura ‘ironica’ postmoderna.
La via seguita per la stesura di questa tesi è stata strutturata, in una prima
fase, con l’analisi delle origini del meme e dei primi memetici in ambito
internazionale. Non si può non partire dal pensiero del biologo Richard
Dawkins, che negli anni ‘70 conierà il termine meme e il suo testo Il Gene Egoista,
considerato la pietra miliare della memetica.
Per capire come alcuni studiosi prememetici abbiano dato l’input al
pensiero memetico occorre risalire al testo di Pascal Jouxtel Memetica che
analizza “la memetica come codice genetico della cultura”
1
e la sua diffusione
attraverso particelle chiamate, per l’appunto, meme. Nel testo vengono citati,
nel gruppo dei ricercatori prememetici, il filosofo Douglas Hofstadter che con
una sua rivisitazione del Teorema dell’Incompletezza di Gödel cercherà di
dimostrare l’autoreplicabilità e l’autoreferenzialità delle particelle culturali; il
matematico Alan Turing perché anticipa concetti come “cocoscienza”
2
, ovvero
“la coscienza è ciò che è conosciuta come tale, credenza ragionata”
3
. Questi autori,
1
P. Jouxtel, Memetica - Il codice genetico della cultura, Bollati Boringhieri, Torino, 2015.
2
P. Jouxtel, op.cit., p. 67.
3
Ibidem
6
inconsapevolmente anticipano i punti essenziali della struttura memetica.
Punti che saranno approfonditi dai memetici come il fisico Aaron Lynch e lo
studioso Howard Bloom che con tagli stilistici diversi cercheranno, invano e
con fatica, di ancorare la memetica alle scienze dell’uomo, per darle un posto
di rilievo tra le discipline scientifiche.
Richard Dawkins scrive:
“I meme […] stanno alla cultura come i geni stanno alla vita. Come
l’evoluzione biologica è guidata dalla sopravvivenza dei geni più forti
nel pool genetico, l’evoluzione culturale può essere guidata dai meme
più di successo”
4
.
Molti scienziati considerarono avventata questa asserzione, ma negli
ultimi venti anni il meme è passato dall’alone astratto del mondo accademico
alla vitalità, quasi paradossale, di Internet; la sua versatilità gli permette di
attingere da mondi diversi.
In una seconda fase, per comprendere e tracciare il filo rosso del
cammino del meme e il suo ruolo, sempre più rilevante nell’ecosistema della
comunicazione, diviene necessario articolare, grazie al testo di Mario Ricciardi
La comunicazione, i momenti cruciali dell’evoluzione della cultura digitale.
L’accelerazione nel progresso tecnologico è andata all’unisono con quello della
comunicazione; dalle tre ere dell’oralità, della scrittura e dell’elettricità,
tracciate dal sociologo Derrick de Kerckhove, si arriva a Internet, nato come
ARPAnet intorno agli anni ’60.
Nel 1984 la Apple apriva la strada alla diffusione del personal computer
lanciando il suo Macintosh: lo spot trasmesso durante la pausa pubblicitaria
4
R. Dawkins, Il gene egoista, Mondadori, Milano, 2017.
7
del SuperBowl, la finale del campionato della National Football League che è
tra i momenti televisivi più seguiti della tv americana,
“divenne un caposaldo della storia della pubblicità audiovisiva […]
L’impatto sugli spettatori fu tale che immediatamente i programmi di
informazione lo ritrasmisero, creando un effetto a spirale che ne
ingigantì la diffusione”.
5
Il mondo cambiò e non fu più lo stesso. Ancor prima di Internet, il pc
iniziava a delinearsi come un’innovazione tecnologica alla portata di tutti.
6
Successivamente, con il world wide web di Tim Berners-Lee
7
accedere alle
pagine sulla galassia del Web era diventato più facile permettendo di
interfacciarsi, attraverso lo schermo del proprio computer, con tutto il mondo.
Il cambio di paradigma fu inevitabile in tutti i campi: tecnologico, culturale e
sociale; un mutamento che produsse la home culture e successivamente la
globalizzazione, una trasformazione che rese possibile la comunicazione e la
diffusione delle notizie in tempo reale.
Siamo tutti interconnessi nel “villaggio globale”
8
di Marshall McLuhan
dove non esistono barriere spaziali e temporali. Nascono nuove relazioni,
nuove forme di socializzazione nel terzo spazio, ovvero lo spazio virtuale della
nostra società. L’utente si trasforma da semplice e statico user a prosumer
9
cioè
protagonista attivo, produttore di contenuti digitali da condividere nel web
5
R. Eugeni, La condizione postmediale, La scuola, Milano, 2015.
6
Internet alla portata di tutti: https://www.ipersoap.com/2019/09/24/il-world-wide-web-un-progetto-
vago-che-ha-cambiato-il-mondo/.
7
Scienziato inglese nato a Londra nel 1965, inventore del w.w.w.
8
M. McLuhan, Understanding Media: The Extensions of Man, McGraw-Hill, New York, 1964.
9
A.Toffler, The Third Wave, W. Morrow & Company, New York, 1980.
8
2.0, generando processi di comunicazione orizzontali dal basso, “bottom-up”,
e non più dall’alto, “top-down”. Con l’avvento dei social media, il web ben
presto si trasforma in una “piattaforma conversazionale”
10
. Nei primi anni dopo
il 2000 si cede il passo al web 3.0, caratterizzato da una potenza superiore e da
una moltitudine di novità tecnologiche nel campo delle applicazioni, come la
trasformazione della rete in un immenso database (Data Web), l’aspetto
semantico della rete web, l’immersione tra la dimensione reale e virtuale, le
intelligenze artificiali, crittografia avanzata, la pervasività del computer,
sviluppi in campi IoT, ovvero
“Internet degli Oggetti che comprende nella sua popolazione, non solo
le persone con i loro computer, bensì un notevole numero di oggetti, siano essi
industriali o di uso quotidiano, come ad esempio: elettrodomestici, braccialetti
per il fitness, bilance pesapersone, telecamere […] Tutti questi oggetti,
memorizzando e condividendo i dati in Rete, consentono di avere una visione
personale o aggregata di molteplici aspetti della nostra vita.”
11
Il mondo è sempre più connesso e ubiquo: l’informazione è avvolgente.
Siamo nell’ “Infosfera”
12
, un nuovo spazio, dove il digitale si diffonde e
confonde nell’analogico. Le ICT, sostiene il filosofo Luciano Floridi, implicano
trasformazioni radicali proprio per il loro creare un nuovo habitat vitale.
L’utente è sempre più a proprio agio e più sicuro in questo nuovo ambiente
interattivo. “L’interattività del web”, sostiene il sociologo Derrick de Kerckhove
è “una condizione non una opzione”.
10
B. Cova, A. Giordano, M. Pallera, Marketing non convenzionale, Il Sole 24 ore, Milano, 2012.
11
S. Arcagni, I media digitali e l’interazione uomo-macchina”, Aracne, Roma, 2015.
12
L. Floridi, The Fourth Revolution – How the infosphere is reshaping human reality, Oxford University Press,
Oxford, 2014.
9
Si comunica quando e dove si vuole, con device portatili, connessi,
geolocalizzati e semplici da usare. Una collisione dei vecchi media con i nuovi
media quella che l’accademico e saggista Henry Jenkins definisce cultura
convergente – partecipativa, nel testo originale Where Old and New
Media Collide. Si parla di ri-mediazione con Richard Bolter e Jay David
Grusin nel loro saggio del 1999, ovvero gli old media, non muoiono ma
vengono recuperati nei loro linguaggi, contenuti, forma e resi più
accattivanti e sagaci per essere fruiti nel mondo digitale.
Il testo di Simone Arcagni, Visioni Digitali, è stato fondamentale per
comprendere il nuovo fenomeno mediale: l’ibridismo, il nuovo DNA
dell’universo mediale, creato dalla “cultura dei software”
13
, dalla
softwarizzazione della comunicazione, di cui parla lo scrittore Lev
Manovich. Con il remix, il mash-up tutto ciò che è software viene
manipolato, riscritto, trasformato nel suo contenuto tradizionale e
“rimescolato” con altri contenuti mediali. L’ibridazione, l’esperienza e la
viralità sono le nuove parole di questa galassia postmediale, dove l’utente
partecipa, modifica e condivide i contenuti, come produttore, con altri
utenti nel web. “Nella cultura del remix, si inseriscono a pieno titolo i meme”
14
.
L’assetto mediale e transmediale ha generato un nuovo modo di
essere della sensibilità che è insita negli strumenti tecnologici
contemporanei. Pietro Montani, nel testo Emozioni dell’intelligenza definisce
“sensorio digitale”
15
perché genera in noi una nuova sensazione,
un’emozione digitale nuova, un pathos nuovo che supera il fenomeno
13
S. Arcagni, Visioni digitali, I Maverick , Torino, 2016.
14
L. Lessing, Remix: il futuro del copyright, Etas, Milano, 2009.
15
P. Montani, Emozioni dell’Intelligenza, Meltemi, Milano, 2020.
10
mediologico e arriva a modificare la relazione parola-immagine. Il forte
cambiamento che ha investito il rapporto uomo e immagine si è così riflesso
sull’interazione parola e immagine.
Siamo nella “memesfera”
16
dove nessuno sfugge al fascino della
“memificazione”
17
. Anche il mondo politico strizza l’occhio al meme. Il testo La
politica pop online di Giampiero Mazzoleni e Roberta Bracciale è stato
illuminante per illustrare la nascita del meme politico, generato dall’unione tra
comunicazione politica e quella digitale.
La diversità dei generi del linguaggio memetico è lo specchio del diverso
livello di conoscenza delle persone: ci sono meme che possono essere generati
da tutti e altri no, proprio perché esigono un grado di alfabetizzazione
maggiore;
18
questo punto è stato affrontato con lo studio di Memes in Digital
Culture, di Limor Shifman.
Il paragrafo sul linguaggio del meme nel marketing con nuove strategie
memetiche si è arricchito grazie all’intervista della professoressa Valentina
Vellucci
19
, che lavora nell’ambito del marketing digitale dal 2010, con una
solida formazione semiotica e un appassionato approccio al web marketing, e
ora Marketing Manager.
La parte inerente alla forza comunicativa dell’immagine vede altresì il
contributo dell’intervista della prof.ssa Valentina Tanni
20
, stimata storica
d’arte e curatrice, nonché docente di Digital Art al Politecnico di Milano e
16
F. Ianneo, Meme, Castelvecchi, Roma, 1999.
17
G. Mazzoleni, R. Bracciale, La politica pop online, Il Mulino, Bologna, 2019.
18
L. Shifman, Memes in digital culture, Massachuttes Insitute of Technology, London, 2014.
19
V. Vellucci autrice del testo “Fare marketing strategico usando il Relationship marketing”: la sua
specialità è l’analisi dati, utile a costruire strategie datadriven.
20
V. Tanni (Roma 1976) Memetetica. Il settembre eterno dell’arte, Editore Nero, Roma, 2020. La sua ricerca
è incentrata sul rapporto tra arte e tecnologia, con particolare attenzione alle culture del web.
11
Culture Digitali alla Naba – Nuova Accademia di Belle Arti di Roma e Milano
e autrice di Memestetica.
La carica umoristica postmoderna
21
del meme è ciò che ha, sicuramente,
aumentato il suo successo, come evidenziato da alcuni studiosi tra cui Linda
Börzsei, Michele Knobel e Colin Lanksheat
22
.
Il “nonsense” e l’ironia, insieme all’immediatezza comunicativa, sono
caratteristiche tipiche del linguaggio memificato: si può parlare del meme come
“inside joke globale”
23
. L’evoluzione del meme in questo elaborato ci porterà a
sorridere. Non smettiamo di farlo! Siamo nella “memesfera”
24
e nessuno
sfuggirà al fascino della “memificazione”
25
.
21
Cfr. “L’humor del meme” https://www.stateofmind.it/2021/09/meme-social-network/.
22
Cfr. “Il meme e la sua storia” http://www.novecento.org/uso-pubblico-della-storia/questa-e-public-
history-meme-e-la-storia-3609/.
23
R. Milner, The World Made Meme: Public Conversations and Participatory Media, Reprint, Massachusetts,
2018.
24
F. Ianneo, Meme, Castelvecchi, Roma, 1999.
25
G. Mazzoleni, R. Bracciale, La politica pop online, Il Mulino, Bologna, 2019.