45
2.
Esporsi nello sport
Lo sport è da sempre considerato una scuola di vita che mette
alla prova gli atleti sia fisicamente che mentalmente. Si basa su regole
prestabilite e condivise, che vengono fatte rispettare da arbitri e
allenatori. Insegna alcuni valori fondamentali, come la disciplina e il
rispetto, molto importanti sia sul campo che nella vita in generale.
Tutto ciò è racchiuso nella definizione del termine sportività:
“Il dimostrare, in attività sportive o in competizioni e prove di
altra natura, quelle qualità di lealtà, correttezza, rispetto
dell’avversario e disinteresse economico che sono, o dovrebbero
essere, proprie del vero sport”.
171
Gli sport di squadra, e in parte anche quelli individuali, insegnano
a fare gruppo e a cooperare con gli altri, al fine di raggiungere un
obiettivo comune.
Oltre ad essere una scuola di vita, lo sport è molto importante
anche perché è una fonte di intrattenimento che appassiona i tifosi di
tutto il mondo.
Dato il vastissimo pubblico che segue le competizioni sportive, lo
sport può essere usato anche come mezzo per condividere alcuni
messaggi. Uno degli insegnamenti che si sta cercando di diffondere,
soprattutto in questo periodo, è quello di apprezzare la diversità in ogni
sua forma, rispettando i gusti e le culture altrui. Il campo unisce tutti i
giocatori, che diventano uguali tra loro quando indossano la stessa
divisa.
Molti sportivi, per esempio i giocatori di basket a livello
professionistico negli Stati Uniti, hanno molto seguito e una
171
Definizione “sportività”, in Enciclopedia Treccani, https://www.treccani.it/vocabolario/sportivita/
46
grandissima visibilità, e spesso li usano per esprimere la propria
opinione pubblicamente.
Nel corso degli anni, in America, si sono verificati diversi eventi
discriminatori, che hanno spinto molti atleti di vari sport a dire la loro
opinione. Alcuni di loro hanno subito anche delle dure conseguenze,
che li hanno costretti a ritirarsi dal mondo dello sport perché in
opposizione alla loro lega o al potere politico. I più fortunati, per
esempio i giocatori di NBA, sono sempre stati supportati dalla
Federazione, che ha consentito loro di diffondere liberamente messaggi
di pace e uguaglianza.
Il razzismo nello sport è abbastanza diffuso anche in Italia. L’attenzione
dell’opinione pubblica si accende soprattutto in occasione di
competizioni sportive internazionali, in cui molti atleti naturalizzati
indossano la maglia azzurra. Negli ultimi anni, si è assistito a pochi
eventi discriminatori che hanno fatto clamore, relativi soprattutto al
mondo del calcio, lo sport più seguito in Italia.
2.1 I Giochi olimpici: un’occasione di incontro tra Paesi e
culture
I Giochi olimpici sono un grande evento sportivo internazionale
nel quale, ogni quattro anni, i migliori atleti di tutto il mondo
competono tra loro indossando i colori del proprio Paese.
Il simbolo delle Olimpiadi mostra l’unione di cinque anelli su
sfondo bianco, e ognuno di questi è associato ad un continente. I sei
colori rappresentano tutte le nazioni perché, quando furono scelti,
erano presenti nelle bandiere di tutti gli stati.
Le prime si svolsero ad Atene nel 1896 prendendo ispirazione dai
Giochi olimpici antichi, che si tennero nell’Antica Grecia dal 776 a.C. al
393 d.C.. Dopo una lunga assenza, furono ripristinati da Pierre de
Coubertin, con lo scopo di far combattere i giovani non in guerra, ma
47
in una manifestazione sportiva, facendo incontrare e avvicinare le
nazioni. Per rendere i vari Paesi collaborativi e di pari importanza, è
stato deciso di organizzare i Giochi di volta in volta in un una nazione
diversa.
L’obiettivo di unione e parità non riguarda solo i Paesi del mondo
e le varie culture, ma anche le persone, comprese quelle diversamente
abili. Le Paralimpiadi sono competizioni sportive tra persone con
disabilità, e si svolgono ogni quattro anni, proprio come le Olimpiadi.
In questo modo si ha un’inclusività non solo di tutte le nazioni, ma
anche di tutte le persone meritevoli dal punto di vista sportivo.
Le Olimpiadi, nel corso degli anni, hanno subito alcune
interruzioni dovute a cause di forza maggiore, come guerre, politica, e
in ultimo la pandemia di Covid-19.
I Giochi del 1916, del 1940 e del 1944 non vennero disputati a
causa delle due guerre mondiali.
172
Inoltre, nelle edizioni successive,
la partecipazione fu proibita alle nazioni che uscirono sconfitte dai due
conflitti,
173
fatta eccezione per l’Italia, che dichiarò guerra alla
Germania dopo l’armistizio del 1943.
174
Dal 1992, in occasione di ogni
Olimpiade, il Comitato Olimpico Internazionale chiede ad ogni Nazione
di rispettare la tregua olimpica, proprio come accadeva nell’Antica
Grecia, dove venivano sospese le guerre in corso.
Negli anni, alcuni Stati, come la Spagna nel 1936 e l’URSS nel
1952,
175
decisero di non prendere parte ai Giochi olimpici e di creare
delle competizioni sportive internazionali di minor portata nel loro
territorio.
Nella seconda metà del Novecento ci furono diversi episodi di
boicottaggio dei Giochi in segno di protesta. Le Olimpiadi di Melbourne
del 1956 furono prese di mira da Paesi Bassi, Spagna, Svizzera,
172
B. Palmiro Boschesi, Olimpiadi: da Atene a Seul, Piccoli (Milano), 1989, p. 5
173
Ibidem, p. 11
174
Ibidem, p. 16
175
Grande enciclopedia sovietica, terza edizione, volume 24 (parte 1), p. 286, Mosca, Sovetskaya
Entsiklopediya, 1976, p. 286
48
Cambogia, Egitto, Iraq e Libano, alcuni per la repressione sovietica
della rivolta ungherese e altri per la crisi di Suez.
176
Nel 1976 molti Paesi africani boicottarono i giochi di Montréal per
opporsi alla tournée della nazionale neozelandese di rugby in Sudafrica,
in pieno regime di apartheid.
177
178
Alcuni Paesi occidentali, tra cui gli Stati Uniti, si rifiutarono di
partecipare ai giochi di Mosca del 1980 a causa dell’intervento sovietico
in Afghanistan.
179
In risposta a questo gesto, quattro anni dopo, i russi
boicottarono i Giochi di Los Angeles.
Infine, nel 1988, la Corea del Nord, Cuba, Madagascar, Etiopia e
Nicaragua boicottarono le Olimpiadi di Seul.
I giochi di Tokyo che si sarebbero dovuti disputare nell’estate del
2020 vennero rinviati all’anno successivo a causa dell’emergenza
sanitaria mondiale causata dal Coronavirus. Fu la prima volta nella
storia in cui si disputarono i Giochi in un anno dispari e senza pubblico,
e questo fu necessario a causa della pericolosità del contagio e della
necessità di evitare gli affollamenti.
180
2.1.1 I Guanti neri a Città del Messico, un gesto di protesta
rimasto nella storia
Le Olimpiadi di Città del Messico del 1968 furono sede di un gesto
storico di protesta contro il razzismo che lasciò un’impronta nella storia
recente. Dopo gli episodi avvenuti ai Giochi olimpici di Berlino del 1936,
che videro l’afroamericano Jesse Owens trionfare con quattro medaglie
176
L. Kennedy, 6 Times the Olympics Were Boycotted, in History.com, 26 luglio 2021,
https://www.history.com/news/olympic-boycotts
177
politica di segregazione razziale istituita nel 1948 dal governo di etnia bianca del Sudafrica, e rimasta
in vigore fino al 1991
178
B. Palmiro Boschesi, Olimpiadi: da Atene a Seul, Piccoli (Milano), 1989, p. 23
179
Ibidem, p. 24
180
M. Pinci, Tokyo 2020, adesso è ufficiale: Giochi rinviati al 2021, in La Repubblica, 24 marzo 2020,
https://www.repubblica.it/sport/vari/2020/03/24/news/tokyo_rinvia_i_giochi_ufficiale-252152309/
49
d’oro vinte nel territorio di Hitler,
181
anche i giochi del Sessantotto
passarono alla storia.
In queste olimpiadi, Tommie Smith e John Carlos, due atleti
originari dell'Africa appartenenti alla squadra statunitense, si
classificarono rispettivamente primo e terzo nella gara dei 200 metri
piani. In occasione della cerimonia di premiazione, durante l'esecuzione
del loro inno, eseguirono il saluto delle Pantere Nere
182
per denunciare
il razzismo contro gli afroamericani negli Stati Uniti.
183
I due uomini,
rivolti verso la bandiera del loro Paese, abbassarono la testa e alzarono
un pugno chiuso, indossando un guanto nero.
Il periodo storico non era dei migliori per le persone di colore
negli Stati Uniti: tre anni prima, nel 1965, ci fu la marcia di Selma,
184
l’anno prima, nel 1967, ci furono rivolte in più di 100 città americane,
e sei mesi prima dei Giochi venne assassinato Martin Luther King,
leader del movimento per i diritti civili degli afroamericani.
Smith, in alcune interviste, dichiarò che il suo era un gesto di
protesta per i diritti umani in generale, e non solo contro il razzismo
verso le persone con origini africane.
Figura 6. Saluto del Black Power alle Olimpiadi di Città del Messico. Fonte: John Dominis
181
B. Palmiro Boschesi, Olimpiadi: da Atene a Seul, Piccoli (Milano), 1989, p. 15
182
Movimento rivoluzionario afroamericano degli Stati Uniti d'America
183
B. Palmiro Boschesi, Olimpiadi: da Atene a Seul, Piccoli (Milano), 1989, p. 21
184
Razzismo, 50 anni fa la marcia di Selma guidata da Martin Luther King, in La Repubblica, 6 marzo
2015,https://www.repubblica.it/esteri/2015/03/06/foto/razzismo_50_anni_fa_la_marcia_di_selma_guidata
_da_martin_luther_king-108947444/1/
50
I due atleti salirono sul podio senza scarpe e indossando delle
calze nere per rappresentare la povertà degli afroamericani. Inoltre,
Smith si mise al collo una sciarpa nera e Carlos si sbottonò la camicia
in senso di solidarietà ai lavoratori americani. Infine, uno dei due
indossò anche una collana di perle, che simboleggiava le pietre usate
nei linciaggi degli afroamericani.
I due alzarono braccia diverse perché, dato che Carlos aveva
dimenticato i suoi guanti, Smith gliene diede uno dei suoi.
Le conseguenze per i due atleti non furono piacevoli. Il Comitato
Olimpico Internazionale (CIO), appellandosi alla violazione del principio
che vieta attività politiche nei Giochi, li espulse dal villaggio olimpico e
li fece sospendere dalla squadra americana. Avery Brundage, il
Presidente del CIO in carica ai tempi, dichiarò apertamente di essere
contrario al gesto dei due dicendo “Le azioni di questi due negri sono
state un insulto ai messicani e una disgrazia per gli Stati Uniti”.
185
I gesti di protesta di Smith e Carlos vennero emulati nei giorni
successivi da altri atleti durante le loro cerimonie di premiazione:
Evans, James e Freeman, i tre vincitori dei 400 metri, salirono sul podio
con il basco nero, mostrando il pugno chiuso; Boston e Beamon,
classificati primo e terzo nel salto in lungo, si presentarono scalzi alla
premiazione; in generale, altri atleti africani e cubani -e anche alcuni
bianchi- si unirono alla protesta in vari modi.
186
187
Una volta tornati negli Stati Uniti, Smith e Carlos ricevettero
molte minacce e intimidazioni, ma allo stesso tempo diventarono degli
eroi per la comunità afroamericana, ricevendo diversi premi e
riconoscimenti per il loro gesto di protesta. Esclusi dal mondo della
185
M. Santangelo, Con uno sciopero l’NBA ci ha ricordato il valore politico e sociale dello sport. e ha
funzionato., in The Vision, 3 settembre 2020, https://thevision.com/attualita/nba-sciopero-razzismo/
186
A. Bellotto, Pugni chiusi e razzismo: quelle contraddizioni nello sport d’America, in ilGiornale.it, 3
ottobre 2021, https://www.ilgiornale.it/news/mondo/sport-e-razzismo-america-1979381.html
187
A. Molinari, Dal black power al black lives matter: la questione razziale nello sport, in Mimesis
Scenari, 23 ottobre 2020, https://www.mimesis-scenari.it/2020/10/23/dal-black-power-al-black-lives-
matter-la-questione-razziale-nello-sport/#_ftn1
51
corsa, riuscirono a far carriera nella NFL
188
e, successivamente,
diventarono allenatori di atletica.
189
190
Il loro gesto divenne simbolo di un decennio di proteste per i
diritti civili dei neri e venne ripreso in diversi libri, articoli e
documentari, ma anche da moltissimi personaggi famosi, come Jay-Z
e Kendrick Lamar.
2.2 Eventi di razzismo e proteste negli sport statunitensi
Oltre al gesto di Smith e Carlos, ci furono altre manifestazioni di
protesta negli sport negli Stati Uniti ad opera di diversi atleti, tra cui il
pugile Muhammad Ali e il giocatore di football americano Colin
Kaepernick, che decise di inginocchiarsi durante l’inno degli Stati Uniti
prima delle partite. Il gesto di Kaepernick diventò simbolo di dissenso
e ribellione verso le autorità, in difesa dei diritti e delle libertà delle
persone originarie dell’africa. Successivamente, la portata del gesto si
estese ad altri sport e ad altre cause sociali; per esempio, la calciatrice
americana Megan Rapinoe, si inginocchiò anche in difesa dei diritti della
comunità LGBT+ e per i diritti di equal pay a prescindere da sesso e
razza.
191
2.2.1 Muhammad Ali e il rifiuto di arruolarsi per il Vietnam
188
National Football League, il campionato professionistico di football americano
189
A. Molinari, Dal black power al black lives matter: la questione razziale nello sport, in Mimesis
Scenari, 23 ottobre 2020, https://www.mimesis-scenari.it/2020/10/23/dal-black-power-al-black-lives-
matter-la-questione-razziale-nello-sport/#_ftn1
190
Il pugno chiuso di Tommie Smith e John Carlos a Città del Messico, 50 anni fa, in Il Post, 16 ottobre
2018, https://www.ilpost.it/2018/10/16/tommy-smith-john-carlos-protesta-citta-del-messico/
191
F. Fumagalli, Rapinoe in ginocchio durante l’inno USA: le persone bianche erano arrabbiate, in Calcio
femminile italiano, 22 novembre 2020, https://www.calciofemminileitaliano.it/extra-time/rapinoe-in-
ginocchio-durante-linno-usa-le-persone-bianche-erano-arrabbiate/
52
Il pugile afroamericano Cassius Clay, dopo aver conquistato il
titolo mondiale dei pesi massimi nel 1964, aderì ai Black Muslims,
192
cambiando il suo nome in Muhammad Ali.
Fu uno degli sportivi più famosi di sempre e in più occasioni si
espose politicamente. Nel 1967 si rifiutò di partire per il Vietnam
insieme all’esercito americano, giustificando la sua scelta dicendo:
“La mia coscienza non mi permette di andare a sparare a mio
fratello o a qualche altra persona con la pelle più scura, o a gente
povera e affamata nel fango per la grande e potente America. E
sparargli per cosa? Non mi hanno mai chiamato ‘negro’, non mi
hanno mai linciato, non mi hanno mai attaccato con i cani, non
mi hanno mai privato della mia nazionalità, stuprato o ucciso mia
madre e mio padre”.
193
La decisione di non sacrificare persone del fronte opposto gli
costò parte della carriera: fu arrestato per renitenza alla leva e
condannato a cinque anni di prigione. Venne sanzionato con 100.000
dollari di multa, ottenendo la libertà con una cauzione di 5.000 dollari.
Inoltre, fu privato sia del titolo di Campione del Mondo dei pesi massimi
di boxe, che della licenza per combattere sul ring. Dopo anni, nel 1971,
la Corte Suprema degli Stati Uniti lo assolse dalla condanna perché
ritenne che, in quel caso, l’arruolamento poteva essere rifiutato per
motivi religiosi e di obiezione di coscienza.
194
195
2.2.2 NFL e l’inginocchiamento di Kaepernick
192
indica le persone nere musulmane, anche se storicamente si riferisce a organizzazioni nazionaliste nere
che si descrivono come musulmane
193
F. Ciocca, Sport e razzismo | le proteste di ieri e di oggi degli atleti afroamericani, in Lenius.it, il 15
giugno 2020, https://www.lenius.it/sport-e-razzismo/
194
Ibidem
195
A. Molinari, G. Toni, Storie di sport e politica. Una stagione di conflitti 1968-1978, Mimesis, 2018,
pp. 25-28
53
Il caso di manifestazione di dissenso che fece più scalpore fu
quello di Colin Kaepernick, che purtroppo subì delle conseguenze
dannose sia per lui che per la sua carriera da giocatore di football
americano. Il nativo di Milwaukee iniziò a protestare nel 2016 contro
gli abusi della polizia e il razzismo negli Stati Uniti non alzandosi in
piedi durante l’inno nazionale prima delle partite. La spiegazione che
diede fu:
“Non starò in piedi durante l’inno per dimostrare il mio orgoglio
per la bandiera di un paese che opprime i neri e le minoranze
etniche. Per me è più importante del football, e sarebbe egoista
guardare dall’altra parte. Ci sono cadaveri per le strade, e
persone che la fanno franca”.
196
Successivamente modificò la modalità di manifestare il suo
dissenso inginocchiandosi durante l’inno nazionale. Questo gesto venne
ripetuto da oltre 200 giocatori della NFL e da moltissimi atleti anche di
altri sport. Venne visto da molti come una mancanza di rispetto nei
confronti del Paese, tanto che il quarterback venne minacciato di morte
e sui social iniziarono a circolare alcune immagini della sua divisa
bruciata. Tra le persone contrarie alla sua protesta c’era anche Donald
Trump, che chiese addirittura il licenziamento di tutti coloro che si
inginocchiavano durante l’inno.
197
198
199
Il Presidente iniziò a mettere pressione alla NFL anche su Twitter,
dove scrisse:
196
F. Ciocca, Sport e razzismo | le proteste di ieri e di oggi degli atleti afroamericani, in Lenius.it, il 15
giugno 2020, https://www.lenius.it/sport-e-razzismo/
197
B. Hoffman; V. Mather; J. Fortin, After Trump Blasts N.F.L., Players Kneel and Lock Arms in
Solidarity, in New York Times, 24 settembre 2017, https://www.nytimes.com/2017/09/24/sports/nfl-
trump-anthem-protests.html?mcubz=3
198
Trump says NFL should fire players who kneel during national anthem, in Los Angeles Times, 22
settembre 2017, https://www.latimes.com/nation/nationnow/la-na-trump-nfl-anthem-20170922-story.html
199
E. Watkins, Pence leaves Colts game after protest during anthem, in CNN, 9 ottobre 2017,
https://edition.cnn.com/2017/10/08/politics/vice-president-mike-pence-nfl-protest/index.html
54
“Il problema dell'inginocchiarsi non ha nulla a che fare con la
razza. Si tratta di rispetto per il nostro Paese, bandiera e inno
nazionale. La NFL deve rispettarlo!”.
200
Nel 2018, di conseguenza, la lega introdusse nel regolamento il
divieto di inginocchiarsi in campo durante l’inno. Il commissioner Roger
Goodell, dopo l’uccisione di George Floyd e le proteste che ne
derivarono, cambiò la sua posizione dicendo “La lega incoraggia
qualsiasi opinione e ogni forma di protesta pacifica”.
201
In un’intervista
aggiunse inoltre che
“senza i giocatori neri non ci sarebbe la National Football League,
e le proteste in tutto il paese sono emblematiche dei secoli di
silenzio, disuguaglianza e oppressione di giocatori, allenatori,
tifosi e staff neri”.
202
Dopo le azioni di Kaepernick, il gesto di inginocchiarsi cambiò di
significato: nei secoli passati veniva visto come una forma di deferenza
o sottomissione; dopo questi avvenimenti divenne simbolo di ribellione,
dissenso e protesta verso le autorità.
203
200
Elezioni USA 2020: l'impatto del mondo sportivo sulla sfida Trump vs. Biden, in Sky Sport, 3
novembre 2020, https://sport.sky.it/sport-usa/2020/11/03/elezioni-usa-2020-nba-nfl#06
201
Ibidem
202
F. Ciocca, Sport e razzismo | le proteste di ieri e di oggi degli atleti afroamericani, in Lenius.it, il 15
giugno 2020, https://www.lenius.it/sport-e-razzismo/
203
A. Molinari, Dal black power al black lives matter: la questione razziale nello sport, in Mimesis
Scenari, 23 ottobre 2020, https://www.mimesis-scenari.it/2020/10/23/dal-black-power-al-black-lives-
matter-la-questione-razziale-nello-sport/#_ftn1