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1. Introduzione
1.1 I 50 anni de La buona novella
Il più grande testo d’amore che io abbia mai letto è il Vangelo.
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La buona novella è il quarto album di inediti registrato da Fabrizio De André. L’album
viene pubblicato dalla Produttori Associati il 1° novembre del 1970 e segue l’idea del
concept album, ossia un disco che abbia una tematica unica e non semplicemente una
raccolta di singoli di differenti sonorità e argomenti. Il filone dei concept album ha già
trovato un ottimo successo con Tutti morimmo a stento, pubblicato per la Blue Bell
Records nel 1968. In quel disco il tema centrale era, come da titolo, la morte: De André
raccontava il malessere psicologico, il tormento interiore con delle sonorità molto inusuali
e con dei testi cupi, intrisi di disagio e malinconia. Tutti morimmo a stento, ideato grazie
al prezioso aiuto e la produzione di Gian Piero Reverberi, coincide con la prima
apparizione televisiva di De André:
È del 10 febbraio 1968 una delle rarissime apparizioni televisive di Fabrizio che, nel
programma Incontri musicali, interpreta (in playback, come d’uso) Girotondo, La guerra
di Piero e Preghiera in gennaio.
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Tutti morimmo a stento viene accolto come primo concept album in Italia e guadagna
subito le prime posizioni delle classifiche nazionali. Il successo dell’album fornisce a De
André la notorietà tale da potersi preparare a un progetto ancora più ambizioso, quello
del suo secondo concept album, basato sui vangeli apocrifi. L’album, uscito negli ultimi
mesi del 1970, sottolinea ulteriormente il carattere critico e di osservatore della società di
De André. La buona novella infatti è un disco che parla di avvenimenti religiosi lontani
secoli rispetto alla contemporaneità, eppure catalizza l’attenzione di differenti segmenti
sociali, che si dividono in apprezzamenti e critiche. Nel complesso meccanismo di storie
e intenzioni che compongono il disco, anche la data d’uscita sembra essere una
dichiarazione di intenti: la festività che accompagna l’uscita dell’album è quella di “Tutti
i santi”, come a voler anticipare che il messaggio è sì quello che la Chiesa ha
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De André F., in Sotto le ciglia chissà, Mondadori, Milano 2019.
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Viva L., Non per un dio ma nemmeno per gioco. Vita di Fabrizio De André, Feltrinelli Editore, Milano
2016.
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univocamente attribuito alla figura di Gesù Cristo ma i portatori sono, manco a dirlo, i
personaggi giudicati secondari dai vangeli canonici. Parliamo dei ladroni, dei sacerdoti,
di Giuseppe e, soprattutto, delle donne. Quelle radunate in Via della Croce, le madri dei
ladroni che piangono un po’ più forte e più di tutte, la madre del messaggero: Maria, che
si innalza come da tradizione nella poetica deandreiana a personaggio primario, anzi, a
vera e propria protagonista del disco. Arrivati al 2020, anno del 50° anniversario della
pubblicazione, questo lavoro intende tracciare l’eredità artistica e politica di quel disco,
analizzando come si posizionò nel contesto politico e religioso del tempo, il 1970. Si parla
di un periodo di ampia trasformazione della società e dei suoi costumi, all’indomani della
rivoluzione culturale del 1968 e dell’inizio del periodo storico della Repubblica
conosciuto come gli “anni di piombo”, che si tende a far partire
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con la strage di piazza
Fontana a Milano, avvenuta il 12 dicembre del 1969. Si cercherà di capire di quali idee
l’album si faceva portatore e come si posizionava rispetto al dibattito pubblico dell’epoca.
Partendo dagli intenti religiosi e politici dell’album si analizzeranno i rapporti tra la sfera
religiosa e quella politica della società del tempo, e di come queste due sfere si siano
approcciate alla musica e agli artisti di allora, facendo un confronto con la situazione
contemporanea. I periodi che verranno presi in considerazione sembrano presentare
infatti dei tratti distintivi molto differenti tra di loro, in particolare se si analizza la
presenza della religiosità nella sfera politica, e della politica nella sfera religiosa. Si pensi,
partendo dalla questione principale, alla frequenza del sacro nei discorsi dei leader della
DC nel 1970, rapportandola poi a quella nel discorso politico contemporaneo: due
approcci completamente differenti che si evolvono però nella prospettiva dello stesso
obbiettivo: l’affermazione della propria autorità. Primo tassello di questa affermazione
può (e forse deve) essere quello dell’appropriazione dell’attenzione del popolo.
Proveremo ad analizzare all’interno di questo lavoro come queste sfere abbiano cercato,
nel tempo, di confermare la propria autorità attraverso la modulazione dei discorsi al
popolo, e come questi populismi siano in un certo modo collegati nonostante contesti
profondamente differenti. Questo tentativo forse ci porterà a capire l’eredità politica e
sociale del disco, e come questo possa tuttora esserci utile a scrutare il nostro mondo con
un occhio forse più maturo, sicuramente più consapevole.
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Anche se ci sono correnti che tendono a far partire gli “anni di piombo” con i primi famosi scontri tra
manifestanti e polizia, scontri che produssero le prime vittime.
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1.2 Perché scriverne ancora?
Prendendo spunto dalla vasta letteratura prodotta negli anni a proposito della vita di
Fabrizio De André, oltre che dalla discografia stessa, l’obbiettivo di questo lavoro è quello
di interpretare La buona novella da un punto di vista politico. Questo nonostante sia un
album scritto da un artista che dalla politica ha sempre provato a tirarsi fuori, ricordando
a più riprese la sua coscienza anarchica, libera da ogni ideologia partitica di destra o
sinistra.
Da un punto di vista ideologico, se posso permettermi il lusso del termine, sono sicuramente
anarchico. Uno che pensa di essere abbastanza civile da riuscire a governarsi per conto
proprio e attribuisce agli altri, con fiducia, le sue stesse capacità. Credo che l’esperienza
libertaria possa diventare concreta in piccole isole felici. Ma è molto difficile perché la
specializzazione maledetta porta gli uomini a considerare se stessi delle macchine con una
determinata e specificata funzione.
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Quella de La buona novella in qualche modo è una scelta anarchica a partire dal concept
e dal contesto in cui viene registrato e pubblicato: le rivolte studentesche sono state
sfibrate dalle repressioni delle forze armate, il cosiddetto “autunno caldo” ha sbloccato la
stagnazione governativa portando alla realizzazione dello statuto dei lavoratori (1970),
dal punto di vista clericale invece la fine del Concilio (1965) ha portato la Chiesa in uno
stato di agitazione, ulteriormente amplificato dall’istituzione del divorzio in Italia. In
questo clima di grande subbuglio, Fabrizio De André decide di pubblicare La buona
novella.
Quando scrissi La buona novella era il 1969. Si era quindi in piena lotta studentesca e le
persone meno attente, che sono poi sempre la maggioranza di noi, compagni, amici,
coetanei, considerarono quel disco come anacronistico. Mi dicevano: "Ma come? Noi
andiamo a lottare nelle università e fuori dalle università contro abusi e soprusi e tu invece
ci vieni a raccontare la storia, che peraltro già conosciamo, della predicazione di Gesù
Cristo. Non avevano capito che in effetti La buona novella voleva essere un’allegoria, era
un’allegoria che si precisava nel paragone fra le istanze migliori e più sensate della rivolta
del ’68. Istanze da un punto di vista spirituale sicuramente più elevale, ma da un punto di
vista etico-sociale direi molto simili, che un signore 1969 anni prima aveva fatto contro gli
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De André F., …che sei volato in cielo su una stella, in Tv Sorrisi e Canzoni, 17 gennaio 1999.
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abusi del potere, contro i soprusi delle autorità in nome di un egalitarismo e in nome di una
fratellanza universale. Si chiamava Gesù di Nazaret e secondo me è stato ed è ancora il più
grande rivoluzionario di tutti i tempi
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.
In quello che probabilmente è il suo concerto più famoso, addirittura registrato
integralmente dalla Rai, De André lascia un ampio spazio all’album del 1970,
introducendolo con una lunga riflessione su quelli che erano gli intenti del disco e sulle
tracce al suo interno. Nessun altro album della discografia di De André ha goduto di tale
reputazione e affetto da parte del suo autore, è infatti l’unico che introduce con un’amara
spiegazione sul suo reale significato. Questo, secondo De André non era stato capito (e
di questo cercheremo in seguito di capirne meglio la veridicità) da quelli ai quali l’album
era in qualche modo dedicato: i manifestanti del movimento del ’68 che De André
reputava (almeno nelle sue migliori istanze) i reali portatori di un messaggio di
fratellanza. Lo stesso messaggio che Gesù portò molti anni prima, come dice l’autore,
facendo un paragone quanto mai azzardato con dei moti che raccolsero tante critiche e
pochi plausi da parte di quello che De André chiamava il potere costituito. Il racconto
rivela, come vedremo, un rimpianto verso quello che è diventato un rapporto destinato a
non sbocciare mai, quello tra l’autore e le persone in rivolta, un po’ per colpa del
populismo spirituale di cui l’album era impregnato, un po’ per la tendenza dei
manifestanti a diffidare da chi non scendeva in piazza concretamente. Ma non solamente
questa introduzione al Brancaccio fa de La buona novella un album a cui De André tiene
particolarmente; nel corso dei suoi live, infatti, le canzoni di quell’album sono sempre
numerose, non è un caso che nel famoso concerto a Roma del 1998 le canzoni tratte da
La buona novella siano ben cinque: L’infanzia di Maria, Il ritorno di Giuseppe, Il sogno
di Maria, Tre madri e Il testamento di Tito. La buona novella è infatti l’album che conta
più spazio all’interno dello spettacolo (se si toglie Anime Salve, album del 1996 che, ai
tempi, era “l’ultimo uscito”), ciò dimostra un legame profondo tra l’autore e il disco in
questione, espresso più volte anche a parole, quando la domanda che gli viene rivolta
riguarda quello che, secondo l’autore, è il suo album migliore:
Senza dubbio ti rispondo La buona novella. È quello più ben scritto, meglio riuscito
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De André F., Concerto al Teatro Brancaccio, Roma 13 febbraio 1998.
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Fasoli D., Passaggi di tempo, Coniglio Editore, Roma 2009.
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Frase pronunciata prima delle uscite di dischi come Crêuza de mä, Le nuvole e Anime
salve, ma comunque successiva a lavori come Storia di un impiegato, Rimini o L’indiano,
a dimostrare che i sei album di inediti successivi a La buona novella non fossero
considerati dall’autore allo stesso livello espressivo di quello del 1970. È bene avere
chiara la considerazione che l’autore ha sempre avuto dell’album anche a distanza di
molto tempo, per meglio delineare i contorni dell’opera, quando cercheremo di carpirne
l’eredità artistica. Non basta infatti accontentarsi di questa preferenza, come non basta
notare che La buona novella venga ancora riproposta, riarrangiata e riletta in numerose
esibizioni e spettacoli teatrali e non, come i concerti all’aperto. La necessità degli artisti
di scoprirne, costantemente, nuove sfumature ci spinge a ad analizzarne i tratti
fondamentali. Sono proprio questi che possono aiutarci a capire, a distanza di
cinquant’anni, come l’album abbia interagito con le diverse sfere della società del tempo,
come per esempio quella religiosa (che ne rimase piacevolmente sorpresa) e farne un
ipotetico confronto con la società del presente. Qualunque confronto però parte dalla
necessità dell’avere ben chiaro l’oggetto di cui stiamo parlando. Solo dopo aver raggiunto
questo obbiettivo si potrà cercare di delineare anche la sua eredità politica, e capire se
possiamo trovare differenze tra le rispettive sfere di allora e di oggi. Ecco quindi il motivo
dello scriverne ancora, stimolati da un periodo di grandi cambiamenti sia dal punto di
vista musicale (come si può affermare che sia sempre stato, vista la constante mutazione
delle correnti musicali) ma anche in ambiti in cui il cambiamento è più lento e nascosto,
come in quello della nuova politica dei populismi, o addirittura impercettibile come nella
sfera religiosa. Sia chiaro allora che lo scopo di questo lavoro è quello di studiare i
comportamenti di entità che più o meno costantemente condizionano la nostra vita. La
chiave di volta per questa lettura sarà un’opera di De André, che riprodurrà il lavoro della
carta carbone nel momento della sovrapposizione delle medesime sfere, distanti metà
secolo.
1.3 L’immagine di De André nel 1970
La buona novella ha rispettato o disatteso le alte aspettative delle diverse audience che
aspettavano il disco. Una situazione figlia della dimensione della figura artistica e
intellettuale che De André ha alimentato fino al 1970. Come è stato già ricordato il