1
Introduzione
La continua evoluzione di scienza e tecnologia ha comportato un necessario
adeguamento del processo penale all’utilizzo della prova scientifica.
Emerge nelle aule di giustizia una modalità di ricostruzione del fatto contrassegnata
dall’utilizzo di un sapere tecnico-scientifico, quale strumento indispensabile di
conoscenza e di definizione della controversia, la cui incidenza si rivela sempre più
decisiva per la valutazione dei dati acquisiti.
In tali occasioni il giudice e le parti si servono di specialisti che, grazie alle speciali
competenze nel settore, garantiscono il loro sapere al processo.
Lo stesso codice di procedura penale, nella parte relativa alle indagini preliminari,
contiene numerose disposizioni su rilievi e accertamenti tecnico-scientifici.
In particolare, il codice distingue due tipologie di accertamenti: quelli compiuti ai sensi
dell’art. 359 c.p.p., anche noti come accertamenti ripetibili e quelli compiuti ai sensi
dell’art. 360 c.p.p., ovvero gli accertamenti tecnici irripetibili.
L’accertamento ai sensi dell’art. 360 c.p.p. in quanto irripetibile comporta una vera e
propria assunzione anticipata della prova: questo spiega le garanzie previste dal
legislatore per il compimento dell’atto.
L’articolo in questione rappresenta uno dei più importanti compromessi tra principi
costituzionali. Il principio del contraddittorio nella formazione della prova è uno dei
capisaldi del nostro codice, tuttavia, anche in un sistema tendenzialmente accusatorio
come il nostro, appare fondamentale garantire la conservazione di taluni atti di indagine
le cui caratteristiche risultano essere incompatibili con l’acquisizione della prova in
dibattimento che avviene nel rispetto dei principi dell’oralità e dell’immediatezza,
altrettanto importanti.
Il bilanciamento tra questi valori contrapposti dà vita all’art. 360 c.p.p. che, dunque,
rappresenta una deroga al principio della formazione della prova in dibattimento.
Ad assumere grande rilievo è, in realtà, la stessa nozione di atto irripetibile.
I problemi definitori derivano principalmente dal fatto che il legislatore non ha fornito
né una definizione generale di irripetibilità né una elencazione di atti tipicamente non
ripetibili dalla quale dedurre la stessa.
2
La lacuna del legislatore, secondo quanto affermato nella relazione al codice di rito,
dipende dal fatto che la distinzione tra atti irripetibili e non è legata al divenire della
esperienza teorica e pratica e, dunque, si sposta dalla norma positiva al diritto vivente.
Di fronte ad una simile nebulosità normativa è accorsa la dottrina individuando alcuni
significati all’interno della generale nozione di irripetibilità.
Anche la giurisprudenza ha cercato di contribuire nel fornire una definizione all’atto
irripetibile.
Come anticipato, il legislatore ha predisposto una serie di garanzie che accompagnano il
compimento dell’accertamento tecnico irripetibile per assicurare il rispetto del
contraddittorio.
Di particolare importanza risulta l’avviso che il pubblico ministero dovrà fornire agli
altri soggetti nel momento in cui sta per procedere ad un accertamento tecnico
irripetibile. Lo scopo è quello di informare le parti dell’atto che sta per essere compiuto,
della facoltà di prendere parte al contraddittorio tecnico presenziando al conferimento
dell’incarico e, infine, della possibilità di nominare un proprio consulente.
L’eccezionale deroga al principio della formazione della prova in dibattimento viene
riequilibrata dalla possibilità, prevista dal legislatore al comma 4 dell’art. 360 c.p.p., di
formulare riserva di incidente probatorio.
In occasione della richiesta di incidente probatorio da parte della persona sottoposta alle
indagini, infatti, il pubblico ministero dispone che non si proceda agli accertamenti a
meno che questi, se differiti, non possano essere più utilmente compiuti.
L’istituto in questione è stato oggetto di un recentissimo intervento legislativo ad opera
della cosiddetta riforma Orlando (legge 23 giugno 2017 n.103), che si è prefissata di
operare su alcuni settori del sistema processuale meritevoli di attenzione.
Nel lavoro che segue cercherò di mettere in luce i caratteri generali degli accertamenti
tecnici irripetibili, le novità introdotte dalla riforma per garantirne un corretto utilizzo e
l’operato del legislatore alla ricerca di un difficile punto di equilibrio tra le due opposte
esigenze: da una parte, garantire l’acquisizione probatoria in dibattimento, nel
contraddittorio tra le parti rispettando i fondamentali canoni dell’immediatezza e
dell’oralità, dall’altra, assicurare la conservazione di atti di indagine che, per le proprie
caratteristiche, risultano incompatibili con i principi anzidetti e la cui dispersione
risulterebbe intollerabile sperpero probatorio.
3
La casistica che affronterò, relativa ai casi sulla morte di Meredith Kercher, Yara
Gambirasio e Maria Ungureanu, cercherà di evidenziare tutte le sfumature sull’utilizzo
pratico dell’accertamento tecnico non ripetibile.
I contributi giurisprudenziali citati saranno, inoltre, spunto critico per una comprensione
maggiore del tipo di accertamento analizzato.
4
Capitolo I
Le indagini tecnico scientifiche
1. Il rapporto tra scienza e diritto penale
Nel procedimento penale è ormai consolidato il ricorso ad una strumentazione
tecnico-scientifica e ad esperti di determinati settori che possano garantire al giudice
e alle parti conoscenze che presuppongono specifiche competenze.
Diverso è stato l’approccio che i vari legislatori hanno avuto nei confronti degli
accertamenti tecnici.
Partendo dall’analisi del codice del 1930, si nota una giurisdizione a carattere
autarchico, frutto anche del periodo storico in cui è stato elaborato: il legislatore
attribuisce al giudice una onniscienza presunta
1
e ciò è confermato dall’art. 299 del
codice Rocco dove si afferma che «qualora sia necessaria un’indagine che richieda
particolari cognizioni di determinate scienze o arti il giudice può disporre perizia».
È evidente come la nomina di un soggetto esperto fosse una mera facoltà per un
giudice avente totale supremazia nel processo a tal punto da essere riconosciuto
come peritus peritorum.
La prova era di proprietà del giudice, veniva svolta in segreto ed era sufficiente che
al perito fosse imposto un obbligo di verità. I risultati della perizia, resi noti alle
parti solo in un secondo momento, venivano utilizzati per la decisione finale.
È solo con l’introduzione della Costituzione e con la successiva riforma del 1955
2
che sono stati temperati i caratteri inquisitori del codice Rocco.
Per la prima volta è stato garantito il diritto di difesa nella fase istruttoria:
all’imputato e alla parte civile è stata data la possibilità di nominare consulenti
tecnici privati aventi il diritto di assistere allo svolgimento della perizia e indicare
eventuali errori compiuti dal perito.
Il contraddittorio garantito, però, era di tipo “debole” in quanto circoscritto alla
mera conoscenza per le parti delle premesse sulle quali il giudice basava la propria
1
Così si esprime G. DI CHIARA, Sapere tecnico-scientifico e accertamento del fatto nel
processo penale: spunti per una premessa, in Gli accertamenti tecnici nel processo penale, a
cura di M.CONTE R. LOFORTI, Giuffrè Editore, Milano, 2006, p. IX
2
L. 18 giugno 1955 n.517
5
decisione. Un ulteriore pericolo era insito nella stessa considerazione della scienza
che, in quanto illimitata, completa e infallibile, permetteva allo scienziato di fondare
una asserzione senza giustificare premesse e metodo utilizzato
3
.
Recentemente, il post-positivismo ha mutato completamente la concezione della
scienza che si considera limitata, incompleta e fallibile.
Ciò ha determinato la crisi dello stesso concetto di contraddittorio “debole”: le parti,
infatti, hanno la facoltà di sollevare dubbi sulla tesi sviluppata da un’altra parte o dal
perito nominato dal giudice. Alle medesime deve essere garantito il potere di
ricercare la prova di altri fatti dai quali si possa risalire ad altri antecedenti causali
ed è necessario fare uso del metodo falsificazionista di Popper.
Il diritto di difesa propugnato dalla Costituzione deve ampliarsi di modo da
racchiudere nuove garanzie che permettono di ricomprendere la sua applicazione
anche alla cosiddetta prova scientifica.
È su queste basi che si delinea la figura dello specialista nel codice di procedura
penale del 1988.
Quest’ultimo, nonostante avesse come esempio il sistema accusatorio puro di
matrice angloamericana, non ne ha accolto la sua principale caratteristica ovvero il
principio dispositivo “forte”, e per questo motivo il giudice non ha un ruolo passivo:
egli ha il potere di nominare un perito quando occorre compiere indagini
specialistiche. Il giudice potrà esercitare tale potere durante la fase dibattimentale,
per quanto riguarda la fase delle indagini preliminari, invece, l’art. 392 comma 1,
lett. f) stabilisce che il giudice può procedere alla nomina del perito quando a
chiederlo siano il pubblico ministero o l’imputato e quando la perizia è urgente
ovvero riguarda «una persona, una cosa o un luogo il cui stato è soggetto a
modificazione non evitabile»
4
.
Il nuovo codice ha previsto la possibilità per le parti di nominare, già durante la fase
delle indagini preliminari, un consulente tecnico di parte che svolga indagini al di
3
P. TONINI, Progresso tecnologico, prova scientifica e contraddittorio, in La prova scientifica
nel processo penale, a cura di L. DE CATALDO, Padova, 2007, p.63
4
Il comma 2 dell’art. 392 c.p.p. stabilisce che l’incidente probatorio può essere chiesto anche
quando la perizia, se fosse disposta nel dibattimento, ne potrebbe determinare una sospensione
superiore a sessanta giorni.
6
fuori della perizia e anche se quest’ultima non è stata disposta
5
. Il consulente tecnico
di parte verrà poi ascoltato in dibattimento con lo strumento dell’esame incrociato.
L’apporto della scienza nel processo penale è sempre stato, però, foriero di forti
dibattiti. La ragione principale è, probabilmente, insita nell’abissale differenza che
connota, da una parte, il procedimento penale e, dall’altra, gli studi scientifici.
Se, infatti, le regole del rito penale sono caratterizzate da una tendenziale
immutabilità, lo stesso non può dirsi per le teorie scientifiche che, al contrario, si
distinguono per la precarietà e la continua evoluzione
6
.
La provvisorietà della scienza non può però portare a scetticismi assoluti che la
considerino inutile o inaffidabile. Nella maggior parte dei casi sarà possibile trovare
la teoria che meglio si adatta al caso concreto.
È, infatti, con la fiducia nel progresso che si riequilibra l’incertezza della scienza.
Essa resta un prezioso ausilio ed è per tali motivi che il giudice dovrà decidere
anche se gli elementi sui quali fonda la propria decisione potranno subire modifiche
in futuro: una giusta decisione è quella che si basa su di una prova scientifica
riconosciuta valida nel momento in cui la sentenza viene pronunciata
7
.
Il rapporto tra scienza e diritto penale deve svilupparsi su di una reciproca
integrazione: se, da una parte, l’evoluzione della scienza assottiglia le conoscenze
dell’uomo medio rendendo necessario il contributo degli specialisti nel processo,
dall’altra, assistiamo ad una “processualizzazione” del metodo scientifico attuata
mediante il contraddittorio
8
.
5
Così stabilisce l’art. 233 c.p.p. che afferma «quando non è stata disposta perizia, ciascuna
parte può nominare, in numero non superiore a due, propri consulenti tecnici. Questi possono
esporre al giudice il proprio parere, anche presentando memorie a norma dell’art. 121».
6
E. APRILE, Le indagini tecnico scientifiche: problematiche giuridiche sulla formazione della
prova penale, in Cassazione Penale, 2003, p. 4034
7
F. FOCARDI, La consulenza tecnica extraperitale delle parti private, CEDAM, Padova, 2003,
p.11
8
C. CONTI, Al di là del ragionevole dubbio, in Aa.Vv., Novità su impugnazioni penali e regole
di giudizio, a cura di A. SCALFATI, Milano, 2006, p.91
7
1.1. L’ammissione della prova scientifica
L’assenza nel codice di un criterio identificativo della prova scientifica e di
conseguenza di parametri per la sua ammissione comportano l’utilizzo di criteri
“sussidiari” propri di tutti i mezzi di prova.
Questi, enunciati negli artt. 187 e 190 c.p.p., prescrivono che la prova sia pertinente,
rilevante, non superflua e non vietata dalla legge
9
.
La maggior parte della dottrina è concorde nel riconoscere nel codice una lacuna
circa l’esistenza di un criterio utilizzabile dal giudice per la valutazione della
scientificità di un metodo, comportante una lesione al principio del contraddittorio:
alle parti, infatti, deve essere garantita la conoscenza anticipata dei criteri in base ai
quali esercitare il diritto alla prova
10
. Per sopperire a tale carenza c’è stato chi ha
proposto l’utilizzo del principio del libero convincimento, ma questo, tuttavia, è di
impossibile utilizzo in quanto fa riferimento alla valutazione e non all’ammissione
del mezzo di prova.
Un primo tentativo per colmare il vuoto normativo è stato realizzato con il
riferimento al criterio del “consenso della comunità scientifica” seguendo quanto
affermato nella sentenza della Corte di appello federale del distretto della Columbia
del 1923 nella quale si affermava che i risultati scientifici «devono aver raggiunto
un tale grado di consenso da essere generalmente accettati nello specifico campo
scientifico»
11
. Il problema scaturito da questo tentativo, però, si manifesta nel
momento in cui l’ammissione riguarda un metodo “nuovo” che non ha ancora avuto
generale accettazione da parte della comunità scientifica. Se dessimo per assodato il
criterio sopraesposto, il giudice di fronte ad un metodo “sconosciuto” sarebbe
costretto a rifiutarlo in quanto privo di criteri per valutarlo. Le conseguenze di una
9
L’art. 187 c.p.p. afferma «Sono oggetto di prova i fatti che si riferiscono all’imputazione, alla
punibilità e alla determinazione della pena o della misura di sicurezza. Sono altresì oggetto di
prova i fatti dai quali dipende l’applicazione di norme processuali. Se vi è costituzione di parte
civile, sono inoltre oggetto di prova i fatti inerenti alla responsabilità civile derivante da
reato». L’art. 190 comma 1 afferma «Le prove sono ammesse a richiesta di parte. Il giudice
provvede senza ritardo e con ordinanza escludendo le prove vietate dalla legge e quelle che
manifestamente sono superflue o irrilevanti»
10
Diritto costituzionalmente garantito all’art. 111
11
Frye v. United States, in 293 F. (D.C. Cir.) 1923, p.1013 ss
8
simile scelta sarebbero inammissibili in quanto ostative al diritto alla prova delle
parti.
Ancora una volta è la giurisprudenza nordamericana a fornire un importante apporto
nell’individuazione dei criteri di validità scientifica. Con la sentenza Daubert del
1993
12
sono stati elaborati i parametri che garantiscono di riconoscere un metodo
come scientifico o meno.
In questo modo il giudice non rimarrà mai privo dei criteri necessari per stabilire
l’affidabilità o meno del metodo in quanto non sono lasciati ad una mera valutazione
della comunità scientifica.
I criteri elaborati dalla Corte sono:
a) la verificabilità del metodo ovvero il suo controllo mediante la sottoposizione ad
esperimenti e il superamento del test di falsificazione, secondo quanto stabilito dal
metodo di Popper;
b) la pubblicazione in riviste scientifiche che ne garantiscano il controllo da parte
della comunità scientifica;
c) il tasso di errore che ogni metodo presenta o la sua potenziale erroneità;
d) la generale accettazione della comunità scientifica
13
.
Anche i giuristi italiani hanno cominciato ad utilizzare i criteri formulati dalla
sentenza Daubert
14
.
C’è stato chi in dottrina ha sottolineato la somiglianza tra i criteri di questa e quelli
previsti dal nostro codice per la prova atipica
15
. In particolar modo si prospetta di
colmare la lacuna legislativa nella predisposizione dei criteri di valutazione della
scientificità della prova con il ricorso all’integrazione analogica. In questo modo i
criteri di ammissione dei nuovi metodi scientifici vengono individuati in quelli posti
dall’art. 189 c.p.p. e cioè:
a) idoneità ad assicurare l’accertamento dei fatti;
b) esente da pregiudizi per la libertà morale della persona;
12
Daubert v. Merrel Dow Pharmaceuticals, Inc., 509 U.S. 579, 113 S. Ct. 2786 (1993)
13
Criterio, quest’ultimo, considerato residuale e utilizzabile per lo più in via sussidiaria in
quanto rappresenta più che altro un legame con la tradizione.
14
F. FOCARDI, La consulenza tecnica extraperitale delle parti private, CEDAM, Padova,
2003, p.163 ss
15
O. DOMINIONI, In tema di nuova prova scientifica, in Dir. pen. proc., 2001, p.1063
9
c) la preventiva indicazione delle modalità di assunzione della prova sulla quale il
giudice deve sentire le parti.
Seguendo la tesi dottrinale sopramenzionata, la genericità del requisito della
“idoneità ad assicurare l’accertamento dei fatti” consente l’integrazione con i
cosiddetti criteri Daubert ormai da considerare cristallizzati nel nostro ordinamento.
Un ulteriore orientamento dottrinale si dissocia dalla riconduzione delle risorse
tecnico-scientifiche all’atipicità probatoria
16
.
È un’opinione indiscussa quella secondo la quale gli strumenti probatori di questo
tipo non sono presenti nei cataloghi legali a causa della loro appartenenza ad un
mondo in costante mutamento. Tuttavia l’esclusione categorica della possibilità di
valutare l’operato dell’esperto comporterebbe una violazione del principio del
contraddittorio nella formazione della prova, conseguenza inaccettabile.
È per tali ragioni che si affida al giudice il compito di verificare la validità
scientifica dei criteri e dei metodi di indagine di cui si è servito il perito quando
questi siano nuovi e dunque privi del vaglio della comunità scientifica di settore.
Diversamente se la perizia è basata su considerazioni ormai assodate tra gli esperti
la verifica è limitata alla loro corretta applicazione
17
.
Il giudice è, ormai, da ritenersi gatekeepers: la valutazione circa la reale scientificità
del metodo è, infatti, ad esso affidata.
2. Le indagini scientifiche
Lo sviluppo scientifico-tecnologico, ormai quotidiano nella nostra epoca, ha
comportato un necessario adeguamento del processo penale all’utilizzo sempre
maggiore della prova scientifica nell’ambito degli accertamenti.
Nella parte del codice di procedura penale relativa alla fase delle indagini
preliminari molte sono le disposizioni concernenti rilievi e accertamenti tecnico-
16
P. GUALTIERI, Diritto di difesa e prova scientifica, in Dir. pen. proc., 2011, p. 495
17
In questo senso Cass., Sez. V, 9 luglio 1993, in Arch. Nuova proc. pen., 1994, p. 226
10
scientifici, istituti, però, per i quali il legislatore non ha fornito una definizione, la
cui lacuna ha portato la giurisprudenza ad individuarne le caratteristiche salienti.
I rilievi sono oggi considerati un’attività di mera osservazione, individuazione ed
acquisizione di dati materiali; diversamente gli accertamenti comportano un’opera
di studio critico, di elaborazione valutativa ovvero di giudizio di quegli stessi dati
18
.
Il settore delle indagini scientifiche è caratterizzato da due corollari: il diritto alla
prova tecnico-scientifica e l’impossibilità per le parti di modificare l’elemento di
prova senza che sia stato precedentemente instaurato il contraddittorio
19
.
L’arrivo del codice del 1988 ha precisato i poteri del consulente tecnico del pubblico
ministero e, successivamente, con l’introduzione della legge n.397 del 2000 quelli
dei consulenti tecnici dell’indagato e dell’offeso.
Con la legge sopracitata, infatti, le parti, già dalle indagini preliminari, hanno la
possibilità di nominare un consulente tecnico di parte per lo svolgimento di indagini
specialistiche
20
.
L’accertamento tecnico consiste in «accertamenti, rilievi segnaletici, descrittivi o
fotografici e ogni altra operazione tecnica per cui sono necessarie specifiche
competenze»
21
.
Parte della dottrina ha individuato nell’accertamento tecnico due profili distinti: uno
proprio della fase dell’estrinsecazione e l’altro relativo alla valutazione critica dei
risultati
22
.
Per procedere all’accertamento tecnico il magistrato inquirente deve nominare
esperti solitamente iscritti negli albi dei periti secondo quanto statuito dall’art. 73
disp. att. c.p.p.
23
.
Tuttavia la distinzione di maggior rilievo è rappresentata dagli accertamenti
compiuti ai sensi dell’art.359 c.p.p., che non prevedono la comunicazione alle parti
18
In questo senso Cass. Sez. V, 20 novembre 2000, D’Anna, in Guida dir., 2001, p.105
19
F. FOCARDI, La consulenza tecnica extraperitale delle parti private, CEDAM, Padova,
2003, p. 132
20
E’ la cosiddetta consulenza tecnica extraperitale disciplinata dall’art. 233 c.p.p.
21
Art. 359 c.p.p.
22
M. BUSACCA F. PULEIO, Il deposito del decreto di liquidazione della consulenza ex art.
359 c.p.p., in Cassazione penale, 1999, p.1314
23
L’orientamento giurisprudenziale maggioritario ritiene che ove la scelta dell’esperto ricada su
soggetti non iscritti all’albo peritale ciò non produca nullità della nomina e tantomeno andrà ad
essere mirata l’attendibilità della sua relazione. Così Cass. pen., Sez. III, 23-11-2005 n.2211