14
prodotto, esiste sempre una corrispondenza cromatica e simbolica con lo slogan, secondo il
quale la gioia del colore abbatte ogni barriera.
30
(Fig.18)
1.2 Il manifesto come mezzo di propaganda in guerra, nelle ideologie, nella politica
“La propaganda è un insieme di azioni che hanno la finalità di influire sull’opinione pubblica,
in modo da favorire gli intenti di chi la mette in atto”.
31
Così il termine propaganda è definito nel vocabolario Treccani e si intuisce quanto sia facile
attribuirgli una connotazione negativa perché richiama alla mente l’idea della manipolazione;
inoltre si parla di propaganda riferendosi alla sfera politica e alla ricerca, a volte spregiudicata,
di consensi e di voti. Per lo più, inoltre, con il termine di propaganda vengono indicate tutte
quelle strategie che mirano alla ricerca del consenso da parte dei regimi totalitari.
32
In realtà alla propaganda si possono attribuire due funzioni diverse, una informativa, utile al
destinatario, che può essere positiva perché elemento di conoscenza, e una funzione
manipolatoria, valutata negativamente, in quanto strumento di persuasione utile a chi la
produce.
Qualunque sia lo scopo finale, la propaganda utilizza le stesse modalità della pubblicità
commerciale per convincere il destinatario provocando in lui emozioni intense, che possono
essere negative (paura, disprezzo, repulsione) o positive (orgoglio, patriottismo, desiderio di
essere benvoluti).
Anche in questo caso le immagini sono molto importanti perché vengono comprese
immediatamente rispetto ai testi, e vengono memorizzate più facilmente. Il ruolo dei
manifesti pubblicitari diventa fondamentale anche perché possono essere affissi ovunque e
parlano a tutti coloro che si trovavano a passarvi davanti. A differenza dei comizi, della stampa
di partito, e di tutti gli altri strumenti propagandistici che riscuotono grande successo tra i
militanti, i manifesti rappresentano l’unico mezzo capace di superare le barriere dell’ideologia
e di permettere di comunicare con l’intera popolazione.
33
30
(Redazione di UKEssays, 2017)
31
(Treccani)
32
(Mazzoleni, 1998)
33
(Pratkanis & Anderson, 1996)
15
L’uso della propaganda si affermò a partire dalla I° Guerra Mondiale ed ebbe grande sviluppo
nei decenni successivi, specie in quei Paesi, come la Germania, l’Italia o l’URSS, dove si
instaurarono regimi autoritari a base demagogica.
Nei manifesti di guerra il carattere propagandistico dei messaggi che si intendeva trasmettere
cancellò i presupposti estetici precedenti, lasciando posto a un metodo comunicativo
semplice, immediato e spettacolare in grado di fare leva sull’immaginario della popolazione.
Le immagini, specie se di impatto, presero il sopravvento sulla parte scritta che, ridotta al
minimo, assunse un tono incalzante.
34
La Grande Guerra fu il banco di prova del potere della persuasione: oltre al fronte vero e
proprio, le trincee, si costituì in ogni Paese coinvolto un fronte interno con lo scopo di
mantenere l’equilibrio sociale e giustificare i sacrifici chiesti alla popolazione.
35
I messaggi da trasmettere erano pochi e uguali in tutti i Paesi: innanzitutto vi era l’invito ad
arruolarsi a contribuire al prestito di guerra: poi, per chi rimaneva, e in particolare per le
donne, vi era l’invito a incoraggiare i giovani alla partenza e a sostituirli nei campi e nelle
fabbriche.
La propaganda fu lo strumento centrale per reclutare i giovani da mandare in trincea.
Emblematico, al riguardo, fu un manifesto pubblicato per la prima volta sulla copertina di un
settimanale londinese il 5 settembre del 1914. Nato da un’idea dell’artista Alfred Ambrose
Chew Leete (1882–1933), divenne il simbolo di un’epoca. In esso l’esortazione veniva
trasmessa attraverso l’immagine e, un testo semplice e ben congegnato. Un militare esortava
l’osservatore a fare il proprio dovere di cittadino. Per catturare l’attenzione fu utilizzata una
prospettiva particolare: Il braccio dell’uomo e il suo dito puntato davano l’impressione che il
personaggio raffigurato si rivolgesse personalmente a chi guardava il manifesto, con un
notevole impatto psicologico.
36
L’efficacia di questo manifesto fu tale da essere ripreso nel 1917 da James Montgomery Flagg
(1877-1960), autore del celebre manifesto di chiamata alle armi dell'esercito americano
raffigurante lo Zio Sam. Il medesimo manifesto fu ristampato durante la II° Guerra Mondiale,
diventando una delle affiches più diffuse nella storia della pubblicità.
34
(Baroni & Vitta, 2003)
35
(Ragnedda, 2003)
36
(Salter, 2020)
16
Negli anni precedenti alla Seconda guerra mondiale, con l’avvento al potere di Adolf Hitler
(1889-1945) in Germania e di Benito Mussolini (1883-1945) in Italia, la propaganda fu uno
strumento essenziale per acquisire e mantenere il potere. Essa divenne un mezzo
fondamentale per l’attuazione delle politiche naziste e fasciste.
37
Anche in questo il manifesto ebbe un ruolo rilevante sia in ambito nazionale che nei territori
occupati. Esso, a differenza di altre forme di propaganda, rappresentava una forma di
persuasione difficile da evitare essendo presente sui muri delle città, nelle strade, nelle
stazioni, nelle metropolitane e nei luoghi di incontro.
38
Attraverso di esso il nazionalsocialismo tedesco promosse un’ideologia che demonizzava i
presunti nemici del partito, in particolare gli ebrei e gli affiliati al comunismo. La propaganda
nella Germania nazista fu pervasiva e onnipresente; promosse i valori assunti dei nazisti, tra
cui il concetto di razza superiore, il senso di appartenenza del popolo tedesco alla propria
nazione (sangue e suolo), la morte eroica per la patria e per il Fuhrer. I manifesti furono
utilizzati anche per coltivare il culto della personalità di Hitler, per promuovere campagne a
favore dell’annessione dei territori di lingua tedesca al di fuori dei confini nazionali e per far
accettare i principi dell’eugenetica nazista, il cosiddetto progetto Aktion T4, cioè la
realizzazione dell’“eutanasia sociale”. I malati cronici, i disabili, le persone affette da handicap
fisici o mentali erano visti come parassiti che sottraevano denaro alle casse dello Stato:
bisognava procedere alla loro eliminazione fisica sistematica per alleggerire le casse dello
stato provate dallo sforzo bellico.
39
Anche il regime fascista fece largo uso della propaganda utilizzando tutti i media a
disposizione, incluso il manifesto. Questo contribuì a diffondere il culto della persona del Duce
e la visione di un’Italia forte con il diritto all’espansionismo.
Al riguardo, Arrigo Petacco (1929-2018) scrittore, giornalista e autore di programmi televisivi,
scrisse nella sua analisi della guerra in Italia:
37
(Losito, 2021)
38
(Rhodes, 1976)
39
(Redazione Il Mitte, 2020)
17
“La seconda guerra mondiale fu combattuta anche sui muri delle case. Milioni di manifesti
furono affissi per le strade delle città e dei villaggi fra il 1939 e il 1945. Scopo principale di
questi messaggi grafici che i governi belligeranti inviavano alle rispettive popolazioni era quello
di rendere sempre più odioso il nemico e sempre più esaltante il valore dei propri eserciti e la
validità delle proprie ideologie”.
40
La Seconda Guerra Mondiale, a differenza della prima, non fu una guerra fatta solo al fronte,
ma furono coinvolti pesantemente anche i civili perché l’azione bellica si sviluppò anche con
la distruzione delle città, con l’uccisione della popolazione incutendo il terrore nel nemico. I
manifesti dell’epoca mostravano in modo crudo e realistico le devastazioni che la potenza
dell’Italia e dei suoi alleati potevano infliggere al nemico: città date alle fiamme, fabbriche
distrutte e case in rovina erano segno di forza e potenza del vincitore. I principali artisti grafici
italiani crearono poster propagandistici, tra di essi uno dei più partecipi e attivi fu Gino
Boccasile (1901-1952).
Le sue creazioni per il regime ebbero forte presa sui sentimenti popolari diventando un
potente mezzo propagandistico che giocava sull’immagine. Emblematico fu il manifesto
Londra (1940) in cui la città inglese, illuminata dalla luce rossastra degli incendi causati dai
bombardamenti nazisti, era sormontata da una mano gigantesca con il pollice rivolto verso il
basso, sinonimo di distruzione totale.
41
(Fig. 19)
Nel secondo dopoguerra si assiste alla ricostruzione dei Paesi europei sia dal punto di vista
economico sia in riferimento alla dimensione del processo politico democratico. È il periodo
del boom economico e i manifesti pubblicitari strettamente legati all’industria, tornano ad
avere un ruolo fondamentale nella comunicazione economica. Pur trasformata dalla cornice
democratica l’importanza che i manifesti avevano assunto durante il periodo bellico come
mezzo di propaganda politica permane. Questo si verificò soprattutto in Italia dove, nel
secondo dopoguerra, si arrivò alla completa legittimazione politica dei partiti di massa.
Dopo la sconfitta il sistema politico italiano doveva essere ricostruito per colmare il vuoto che
si era aperto con il crollo della dittatura e la perdita di credibilità della monarchia che, dopo
l’8 settembre, non poteva più essere il simbolo dell’unità nazionale. Era necessario avere
40
(Petacco, 1980)
41
(Belli, 2009)
18
nuove forme di rappresentanza politica in grado di rispondere alle nuove esigenze che
cominciavano a emergere in vasti settori della società anche in riferimento allo sviluppo del
processo di politicizzazione e mobilitazione delle masse popolari, che si era intensificato a
partire dalla prima guerra mondiale ed era proseguito durante il fascismo e la Resistenza.
42
L’affermazione dei partiti di massa presentò forti contraddizioni nel suo sviluppo perché, da
una parte, i partiti contribuirono alla emancipazione di una società civile che in molti suoi
settori era statica e politicamente poco sviluppata (svolgendo, quindi, un’azione educatrice
nei confronti della partecipazione politica), ma, dall’altra, la radicalità dello scontro tra le due
maggiori forze politiche, la Democrazia Cristiana e il Partito Comunista, portò alla formazione
di fazioni separate.
43
Alle prime elezioni politiche della Repubblica, nell’aprile del 1948, si giunse con una situazione
di crescente tensione politica e sociale tanto da spingere De Gasperi, alla fine del 1947, a
parlare di un “puzzo acre di guerra civile” che iniziava ad aleggiare nel Paese.
44
Le elezioni del 1948 non furono una normale competizione tra schieramenti avversari, ma
assunsero toni estremi, in cui a fronteggiarsi sembravano essere il principio del Bene contro
quello del Male. Sembrò una contesa apocalittica, il cui esito avrebbe irrimediabilmente
determinato il futuro dell’Italia. Non si trattava di scegliere soltanto un partito, ma anche
l’ideologia e il modello di società e sviluppo economico che il Paese avrebbe dovuto
perseguire. Anche se più partiti presero parte al confronto, le elezioni portarono il Paese di
fronte a un bivio: il voto alla Democrazia Cristiana oppure al Fronte Popolare.
45
Ancora una volta il manifesto elettorale assunse un’importanza fondamentale perché, in
un’Italia dove vi erano povertà e analfabetismo, rappresentò lo strumento principale per
mobilitare gli elettori a favore di un partito e contro la lista concorrente. (Fig.20)
Le caratteristiche grafiche e di comunicazione che hanno caratterizzato questa fase politica
sono state molto diverse da quelle riscontrabili nelle campagne elettorali odierne. Oggi sono
diversi i contenuti e sono cambiate le modalità di produzione. Infatti la cartellonistica
42
(Ventrone, 1995)
43
(Buccione, 2020)
44
(Canavero, 1997)
45
(Battifora, 2017)
19
elettorale prevede l’impiego di professionisti e di aziende specializzate nella comunicazione
che, con approfonditi studi, costruiscono l’immagine del candidato.
46
Poiché i cittadini sono meno interessati alla politica, non leggono i giornali e su Internet
perlopiù scelgono pagine diverse da quelle destinate alla propaganda elettorale, i
professionisti del settore cercano di attirare l’attenzione con cartelloni facili da interpretare,
immediati, in grado di lasciare il segno e, soprattutto di trasmettere fiducia al potenziale
elettore. Per far questo, il ruolo principale è assunto dal candidato che guarda direttamente
l’osservatore. In alcuni manifesti di personaggi estremamente noti come George W. Bush e
Barack Obama la parte scritta è quasi inesistente.
47
Qualora sia presente uno slogan, esso rappresenta la sintesi del programma presentato dal
candidato. (Fig. 21)
Questo perché il manifesto politico, ora come negli anni della fondazione della Repubblica,
concordemente con quanto affermato da Gianfranco Torri, noto grafico ed esperto del
settore,
“… ha costituito un momento di sintesi del dibattito politico e culturale che ha avuto luogo,
utilizzato per comunicare concetti complessi in maniera sintetica e con la maggiore forza visiva
possibile”.
48
1.3 Il manifesto come mezzo di comunicazione nella protesta sociale.
Il manifesto ha assunto un ruolo importante anche in un altro campo: quello della protesta.
Nell’immediato dopoguerra la società europea è stata fortemente influenzata da caratteri di
costume che determinano numerose svolte nei vari settori: la ricostruzione, la riapertura dei
mercati, la forza espansiva del capitalismo americano, una rinnovata stabilizzazione monetaria
internazionale. Fattori che contribuiscono a produrre un sostenuto ritmo di sviluppo per le
economie più avanzate dell'area capitalistica (Europa occidentale, America settentrionale,
Giappone). Tutto questo ha condotto a un miglioramento delle condizioni di vita nei paesi più
industrializzati e vasti settori di popolazione sono stati in grado di accedere ai beni di consumo.
Si assiste al cosiddetto boom economico.
46
(Ottaviano & Soddu, 2000)
47
(Ottaviano, 2000)
48
(Torri, 2000)
20
Contro questo modello di vita si è indirizzata la critica dei nascenti movimenti studenteschi e
del neofemminismo, espressione della necessità di integrare il modello consumistico con una
riforma della cultura sociale e dei rapporti personali.
49
La cultura della contestazione ha interessato soprattutto il mondo giovanile, manifestandosi
sia in America che in Europa con atteggiamenti di ribellione, provocatori, anticonformisti e
trasgressivi. L’origine della rabbia giovanile era da cercarsi nella contestazione del sistema
capitalistico borghese, nell’ansia per un futuro su cui pesava l’incubo di una guerra atomica e
lo scontro generazionale.
I giovani rifiutavano la società, accusata di appiattire l’uomo, dequalificare l’intellettuale e
mercificare tutto, anche l’arte e il pensiero.
50
Sono gli anni della cultura Hippy in cui vengono criticate con forza le istituzioni, e si rifiutano i
valori della classe media, abbracciando aspetti della filosofia orientale e promuovendo la
libertà e la concezione ambientalista del mondo. Il movimento era contrario alle armi nucleari
e alla Guerra del Vietnam che iniziata nel 1955, vide le truppe americane impegnate in un
conflitto durato vent’anni (terminerà nel 1975) e costato un grande tributo di vite umane da
entrambi i fronti.
51
La guerra in Vietnam ha segnato una delle pagine più tristi e sanguinose nella storia del
secondo dopoguerra: si è trattato di un conflitto brutale, e nei suoi confronti le reazioni di
protesta sono state moltissime e diffuse in tutto il mondo. Attivisti, celebrità, musicisti e artisti
hanno abbracciato la causa contro di essa: i loro discorsi e la loro musica espressero la rabbia
e la disperazione delle nuove generazioni.
Famosissimi sono al riguardo i manifesti di Tomi Ungerer (1931-2019) come “Choice not
chance” del 1967, in cui un soldato statunitense dipinge con orgoglio sulla carlinga del suo
aereo le sagome dei vietnamiti uccisi e "Eat”, disegnato lo stesso anno, in cui un vietnamita è
imboccato a forza con la Statua della libertà statunitense.
52
(Fig.22)
49
(Cassandro, 2018)
50
(Redazione Istituto Storico di Modena, 2015)
51
(Hall, 2020)
52
(Lippert, 2019)
21
Un po' meno noti ma efficaci sono anche i poster di Seymour Chwast (1931-vivente). In
particolare “End Bad Breath”, una grottesca caricatura di un’ipotetica pubblicità di dentifricio,
detto «Elimina l’alito cattivo», che ha lo scopo di criticare apertamente l’intervento
statunitense nel conflitto.
53
(Fig.23)
Attraverso i manifesti si è sviluppata anche la protesta femminile e la richiesta di una
parificazione tra i sessi per quanto riguarda i diritti sociali e la contraccezione.
Famosa è l’immagine di Rosie the Riveter, poster del 1943 di J.Howard Miller (1918-2004) che,
da manifesto propagandistico per incoraggiare l’inserimento delle donne nelle industrie per
sostituire la manodopera maschile durante la guerra, è diventato un'icona nella lotta per la
parità dei sessi. Significativo, anche se meno noto, è stato il poster di The pregnant man creato
nel 1971 dall’agenzia londinese Cramer and Saatchi (oggi agenzia Saatchi & Saatchi con sedi
in tutta Europa) per sensibilizzare la popolazione in merito all’uso degli anticoncezionali.
54
Negli stessi anni in Italia poteva avvenire l’affissione del poster Basta una pillola, di Gianfranco
Iliprandi (1925-2016) creato nel 1967 per l’Associazione Italiana Educazione Demografica
(AIED) ma per anni censurato poiché la vendita della pillola anticoncezionale era proibita nel
nostro Paese e fu liberalizzata solo in quell’anno.
55
53
(Redazione di Push Pininc, 2016)
54
(Salter., 2020)
55
(Politecnico di Milano, 2017)