Sviluppo e progettazione della font
parte quinta
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5.1. Sviluppo e progettazione di una Font
Come nasce una font
Creare una font non è cosa semplice, il
rischio di creare qualcosa che è già stato fatto
è altissimo se non si hanno delle conoscenze
approfondite in quest’ambito; occorre avere
una buona preparazione da un punto di vista
teorico, (la conoscenza dei principali caratteri
tipografici) e da un punto di vista pratico, la
conoscenza e l’applicazione della geometria e
dei canoni aurei.
Per quanto riguarda la metodologia
progettuale, ogni Type designer sviluppa nel
corso della sua formazione un proprio metodo
di approccio, influenzato dalle esperienze
e dalla propria sensibilità creativa, per la
creazione di un carattere. Una buona partenza
potrebbe consistere nel prendere coscienza di
un problema di comunicazione tipografica e
tentare di risolverlo, (su questa premessa si è
basata la creazione dell’Helvetica); lasciarsi
trasportare dall’ispirazione e da un’idea e
comporre qualcosa che alluda ad essa, è il caso
del carattere “Mantinia” creato da Mattew
Carter ispirato alle lettere con cui il pittore
Andrea Mantegna firmava le sue opere.
L’ispirazione può nascere da qualunque cosa,
una buona idea può risiedere anche nelle
piccole cose, occorre essere dotati di una
buona dose di estro ma anche di capacità di
discernimento, perché se è vero che un idea
può risiedere in qualunque cosa, è anche vero
però che non tutte le cose sono portatrici di
idee.
Un esempio di come oggi
creare una font sia alla
portata di tutti grazie al
computer è il software
online Metaflop; il sito
in inglese dall’interfaccia
semplice e intuitiva
permette a chiunque
di improvvisare con
pochi semplici click le
proporzioni di una nuova
font. Quasi per gioco è
possibile riproporre Font
molto simili ai pilastri
portanti del type design
tra cui l’Helvetica o il
Times New Roman.
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Classificazione dei caratteri
Nel coacervo dei caratteri tipografici se
non si provvede ad adottare un’opportuna
classificazione si rischia di intraprendere
percorsi fuorvianti che possono far perdere
l’orientamento e distogliere dall’idea
iniziale che ci aveva indotto alla ricerca di
una determinata font. Il problema della
classificazione è stato affrontato nel corso
dei secoli da vari storici della tipografia e
grafici; il primo ad occuparsene fu il tipografo
francese Francis Thibaudeau (1860, Cholet -
1925, Parigi) nell’opera “ La lettre d’imprimerie.
12 notices illustrées sur les arts du livre.” del
1921 ed in seguito con “le Manuel français de
typographie moderne” (1924).
Dalla grande suddivisione dei caratteri
Serif e Sans-serif, Thibaudeau suddivide
i caratteri in base alla tipologia delle
grazie creando 4 grandi sezioni: L’antique,
l’égyptienne, le romain elzévir, le romain didot.
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Nell’antique, il carattere non possiede
grazie ed è rappresentato con la forma più
semplice di tutte; l’égyptienne è caratterizzato
da grazie dal taglio quadrangolare sia nei
tratti ascendenti che in quelli discendenti,
le romain elzévir è composto da un taglio
triangolare e, dallo schema disegnato dal
tipografo ,se ne possono notare le rispettive
variazioni in relazione all’ispessimento del
corpo, le romain didot è l’ultima sezione e
viene denominato anche “romano moderno,”
la linea delle sue grazie sobria e appena
accennata presenta delle caratteristiche che
ricordano tratti filiformi.
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Nel 1954 il tipografo francese Maximilien
Vox ha riproposto una riorganizzazione della
precedente classificazione organizzandola in
3 sezioni; le humanes, le Didones, e la sezione
Incises, Scriptes et Manuaires. Nonostante
siano presenti caratteri diversi rispetto
alla classificazione di Thibaudeau non si
riscontra ancora quell’organizzazzione che
può consentire ad un grafico di identificare
subito la tipologia della font. La soluzione
arriverà due anni dopo, nel 1956 quando
Aldo Novarese, grafico italiano che nel
corso della sua carriera realizzerà più di 60
caratteri tipografici con rispettive famiglie
per la fonderia Nebiolo, propone una
suddivisione chiara e ordinata suddivisa i due
sezioni, Serif e Sans-serif a cui appartengono
rispettivamente 8 tipologie di grazie
nella prima sezione: Lapidari, Medievali,
Veneziani Transizionali, Bodoniani, Scritti,
Ornati, Egiziani, e 2 tipologie di font senza
grazie nella seconda, Lineari e Fantasie.
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L’’alta leggibilità dell’impaginazione rende
persino ad un occhiata superficiale, salienti
e ben distinte le qualità di ogni carattere,
rendendo la classificazione di Novarese la più
funzionale e utilizzata di tutte.
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Francis Thibaudeau “ La lettre d’imprimerie. 12 notices
illustrées sur les arts du livre.”1921
112
Francis Thibaudeau “ La lettre d’imprimerie. 12 notices
illustrées sur les arts du livre.”1921; l’autore descrive in
ogni sezione le caratteristiche della tipologia del carattere
trattato riportandone esempi di modelli esistenti.
Sotto, classificazione del 1924.
Sotto, classificazione di Maximilian Vox del 1954
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Bodoniani
Lapidari
Medievali
Veneziani
Transizionali
Scritti
Ornati
Egiziani
Lineari
Fantasie
Aldo Novarese, Classificazione dei caratteri 1956.
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L’unità di Misura
Nel corso del XVIII secolo in seguito
alla diffusione e creazione di diversi
caratteri tipografici si sentì l’esigenza di
stabilire un unità di misura che potesse
divenire un modello “standard” da seguire.
Sébastien Truchet inventore e studioso
di tipografia al servizio di Luigi XIV fu il
primo a teorizzare il “Punto tipografico”,
attuale nome dell’unità di misura; Truchet
che credeva nella costruzione del carattere
attraverso una serie di linee geometriche e
misure fisse, basò la dimensione del punto
tipografico, 0,188 mm sulla suddivisione in
dodicesimi del pollice che fu poi applicata
per la prima volta nel 1742 da Pierre-Simon
Fournier. Circa 41 anni dopo, nel 1783
François-Ambroise Didot adattò la misura
al pollice reale francese ottenendo la misura
dalla suddivisione per 72 parti ottenendo lo
standard di 0.376 mm.
Tipometro, strumento che viene utilizzato per misurare
il corpo dei cartteri e la loro interlinea; strutturato come
un righello e stampato su supporti trasparenti riporta le
misure in Pica, Punti tipografici o pollici.
Punto Fournier= 0,34882 mm
Punto Didot = 0,3759715104 mm
Picà = 12 x 0.376 mm = 4,512 mm
Punto tipografico americano = 0,35145 mm
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Adrian Frutiger, tavola
sinottica del carattere
Univers 1957.
La tavola sinottica di Adrian Frutiger
Grazie alla classificazione Aldo Novarese
divenne quindi possibile classificare con
precisione i caratteri graziati ma per quanto
riguardava i caratteri lineari non era stata
ancora elaborata una metodologia di
suddivisione. Adrian Frutiger, tipografo
svizzero elaborò un sistema denominato
tavola sinottica che assegnava ad ogni
variazione di stile del carattere un numero.
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In seguito al successo che il carattere Futura
(1927) di Paul Renner aveva avuto, la
fonderia Deberny & Peignot commissionò al
tipografo la creazione di un carattere lineare
con cui potesse concorrere, cavalcando l’onda
della fama. Nel 1957 vide la luce il carattere
Universale, “ Univers” disponibile in 21
variazioni ordinate all’interno della tavola
sinottica. Univers dal peso 55 era la forma
standard da cui partire; strutturata come
una tabella, sugli assi verticali vi erano gli
incrementi del corpo che andavano nel senso
di lettura dall’alto verso il basso, per quanto
riguardava le righe invece il senso di lettura
era come quello occidentale, da sinistra verso
destra, determinando una compressione
sempre maggiore. I numeri dispari partendo
dal 39 sino all’83 illustrano il tondo, i numeri
pari come il 46 sino al 76 rappresentano il
corsivo.
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Serif e il Sans-serif
Nel corso della trattazione abbiamo
più volte citato i caratteri Serif e Sans-
serif; questa è stata la seconda grande
suddivisione compiuta dopo le forme
“Maiuscolo” e “Minuscolo” derivate dalle
archigrafie e calligrafie così come illustrato
precedentemente. Lo stile del carattere
“Serif ” ovvero “con le grazie” è la prima forma
apparsa sulla scena; nel 334 a. C. durante
un viaggio in Asia, Alessandro Magno
finanziò la ricostruzione del tempio di Atena
a Priene, l ‘avvenimento è testimoniato dal
ritrovamento di un’epigrafe dedicatoria ad
Alessandro Magno scritta con carattere
Serif. Tale reperto costituisce la prova che
in tale data si attesta la presenza del Serif
secoli prima della comparsa del Sans-serif.
La caratteristica che differenzia i Serif dai
Sans-serif consiste nella presenza nella prima
tipologia di tratti chiamati appunto “graziati”
i quali presentano nei tratti terminali piccole
decorazioni che provvedono ad adornare le
lettere; i caratteri con questo stile sono infatti
più agevoli da leggere in quanto gli elementi
decorativi favoriscono una connessione ottica
tra le lettere, rimandandoci alla tradizione
delle lettere corsive, che permette di cogliere
più facilmente una visione d’insieme. I
Sans-serif, ovvero i caratteri “senza grazie”,
non presentano raccordi tra una lettera e
l’altra, ciò implica una maggiore difficoltà
nella lettura d’insieme nonostante la loro
forma molto incisiva e sintetica. Per queste
ragioni, solitamente per dei testi più lunghi
si utilizzano caratteri graziati per non gravare
troppo sulla visibilità delle parole e non
affaticare la vista mentre, i caratteri senza
grazie vengono impiegati in testi più brevi
o frasi che necessitano di un impatto visivo
drastico.
A fianco, elementi caratterizzanti dei due stili.
Testo serif (Times New Roman) e sans-serif (Arial);
corpo 100 pt.
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