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1. INTRODUZIONE
1.1 . Il punto d’inchiesta
1.1.1. Luzzano, piccolo borgo dall’incerta origine
Il piccolo borgo di Luzzano, sito nell’area della provincia di Benevento, sorge alle
pendici del monte Sàucolo, a 276 metri sopra il livello del mare.
Questa comunità dall’incerta origine appare degna d’interesse per le caratteristiche
linguistiche che la distinguono dagli altri gruppi umani della Valle Caudina e del
Sannio.
Gli abitanti di Luzzano conservano, mista ad un forte senso d’identità e di
appartenenza, una particolare inflessione dialettale.
Il caso che si è venuto a determinare è unico e non si può prescindere dal chiedersi
quale sia la provenienza di coloro che hanno dato vita a questa sorta di microcosmo,
proteggendolo nel tempo dalle ingerenze del mondo circostante e conservandone con
fierezza i segni di distinzione, primo fra tutti il linguaggio.
1.1.2. Il toponimo
Luzzano è oggi frazione del poco più vasto comune di Moiàno, il cui territorio,
prevalentemente pianeggiante e bagnato dal fiume Isclèro, si estende fra i monti Tairàno
e Tabùrno.
La storia delle sue origini è strettamente legata a quella della vicina cittadina di
Airòla, sorta nell’Alto Medioevo. Sia Luzzano che Moiano ne furono casali fino al
1809.
Il toponimo Luzzano, «che trova alcuna analogia nel Laudecane in finibus
Caudensis di cui è parola in qualche carta dei bassi tempi» (Meomartini 1907: 28)
proverrebbe, secondo alcune interpretazioni, dalla locuzione Ludus Iani che stava ad
indicare i giochi in onore del dio romano Giano.
Secondo altre fonti e più verosimilmente, come avviene per il toponimo Moiano,
potrebbe derivare da uno di quegli aggettivi prediali utilizzati dai proprietari romani per
denominare i poderi al momento della fondazione.
Il termine Moiano appare per la prima volta all’interno di una pergamena risalente al
947 e contenuta nel “Codex Diplomaticus Cavensis”. Un certo Leo filius Rose parla di
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un «locum trans Boneia, ubi proprio Moiano dicitur» , dove sarebbe proprietario di un
appezzamento di terra.
Il nome compare una seconda volta in un documento datato 997, nel quale si legge
«de locum Airole ubi dicitur Meiana». Probabilmente il toponimo si deve ad una villa
Meviana o fundus Mevianus, da cui Meiano e poi Moiano.
Gli aggettivi che i proprietari romani utilizzavano per denominare i propri poderi
provenivano di norma dal loro nome personale o gentilizio. Ѐ ipotizzabile che un
cittadino romano di nome Lutius o Lucius, termine che peraltro ricorre nelle diverse
iscrizioni antiche rinvenute nella zona, abbia ottenuto il territorio dove ora sorge
l’abitato, in nome delle proprie azioni militari o per meriti civili o politici. Qui avrebbe
fondato la propria villa, chiamata quindi Lutianum, poi divenuto Luzzano.
Informazioni concernenti le ville rustiche romane si trovano in famosi testi di
agronomia del periodo latino. Diffusesi a partire dal 509 a.C. e presenti soprattutto nel
territorio dell’Italia centrale, queste residenze di campagna svolgevano funzioni di
aziende agricole a conduzione familiare.
Con il crollo dell’Impero Romano e l’introduzione del sistema curtense ad opera dei
Longobardi e dei Franchi conobbero sorti ben diverse le une dalle altre. Alcune di esse
furono trasformate in corti perdendo anche la precedente denominazione, altre
divennero grandi agglomerati, altre ancora, e tra queste anche Luzzano, si tramutarono
da fattorie in villaggi.
Luzzano, dal territorio limitato e distante dalle nuove vie di comunicazione, conobbe
un modesto sviluppo in termini di popolazione.
1.1.3. La storia
Nella zona collinare della frazione di Luzzano si possono scorgere i resti di
un’antica città fortificata. Quest’area, a quanto si crede, sarebbe stata teatro di un
primitivo insediamento. Le prime notizie ufficiali che si hanno del luogo lo collocano
tuttavia, insieme a Moiano e ad altri comuni, come casale della vicina Airola.
Il territorio pianeggiante di Airola è situato alle pendici dei colli Palmentiello,
Monteoliveto e del colle della Madonna della Neve. Fu abitato sin dalla preistoria da
popolazioni della zona appenninica e sub-appenninica e le prime costruzioni, come
tipico di queste civiltà, furono palafitte e capanne in legno.
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I racconti sulla storia antica della città si perdono nel tentativo di farla coincidere
con la famosa Caudium, teatro del noto episodio dell’umiliazione inflitta dai Sanniti ai
soldati romani nell’anno 433.
L’epilogo della guerra tra i due popoli è da rinviare all’anno di Roma 673 quando la
città di Caudio fu rasa al suolo dalle truppe di Lucio Silla. La distruzione fu tale che «il
Sannio non più nel Sannio si ravvisava», (Montella 1988).
Come segnala P. Filippo della S. Famiglia C.P. (1966: 99-100) «secondo Appiano,
Strabone e qualche altro storico, nel generale sterminio, sarebbe stata risparmiata un’ara
di Giove con poche vicine abitazioni. Intorno ad essa mano mano se ne sarebbero
aggiunte altre, che cominciarono ad essere denominate “Ad aram Jovis”, presso l’altare
di Giove, semplificate poi in Ariola ed, in tempi ancor più recenti, Airola».
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Con il crollo dell’Impero romano e le invasioni di Longobardi e Normanni la
popolazione che costituiva l’antico nucleo di Airola cominciò ad affluire dalle zone
pianeggianti verso le colline.
Sulla sommità della collina di Monteoliveto fu edificato un castello fortificato. Da
quel luogo era possibile controllare le abitazioni sottostanti, arroccate a ridosso del
maniero e protette dalle due cinte murarie che avvolgevano la parte alta della collina.
Pur non avendo dati precisi, si può supporre che il castello sia stato costruito dopo
l’anno 888. In questo periodo sorsero nella zona numerose costruzioni fortificate, nel
tentativo delle popolazioni locali di proteggersi dalle scorrerie dei nemici. D’altra parte,
in questo stesso tempo, Erchemperto, autore della “Historia Langobardorum
Beneventanorum”, già parlava di Airola definendola Castrum.
La chiesa più antica di Airola venne fondata in onore dell’arcangelo Gabriele, in
adempimento ad un voto fatto dal popolo. Nell’anno 959 la città di Airola si era trovata
a dover sostenere il feroce assedio di un popolo barbaro non ben identificato. Un
documento dell’epoca vi fa riferimento parlando genericamente di inimici Crucis
Christi.
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Altre interpretazioni fanno derivare il toponimo “Airola” da Airoaldo o Arioaldo, titolare di un fundum
di cui è riportata notizia in un atto di donazione dell’anno 820, custodito nel monastero benedettino di
Montecassino.
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Nel corso del tempo sono state proposte svariate identificazioni, ora con i Saraceni, gli Unni o gli
Ungheri, ora con i terribili soldati del re Berengario II.
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Si racconta che, alle soglie del 960, i cittadini di Airola, al riparo delle mura, ma
falcidiati dalla fame, dal freddo e dalle malattie, incapaci di resistere ancora all’assedio,
abbiano fatto voto di edificare un tempio al Santo che li avesse salvati. All’alba del
mattino seguente, sulla sommità delle mura, sarebbe apparso un angelo con le ali
spiegate, un giglio nella mano sinistra e la destra protesa davanti a sé. I nemici,
terrorizzati dalla visione, avrebbero abbandonato precipitosamente il campo.
La chiesa venne edificata subito dopo il prodigioso evento, nel luogo stesso
dell’apparizione. Sarà consacrata nell’anno 970 da Landulfo, arcivescovo di Benevento.
Il monastero fu annesso alla chiesa qualche tempo dopo, in un momento non ben
precisato storicamente ed ospitò i monaci cluniacensi
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almeno fino al 1201. A questa
data risale la presenza dell’ultimo abate cluniacense presso Monteoliveto.
Successivamente fu affidato alle cure degli abati commendatari.
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Nel 1545, dopo un lungo periodo di semi-abbandono, passò ai monaci benedettini
olivetani che lo detennero fino al 1807, anno della soppressione dei due monasteri
benedettini di Airola per la secolarizzazione dei beni ecclesiastici voluta dal governo
napoleonico. Soltanto nel 1846 agli olivetani sarebbero subentrati i monaci verginiani
(benedettini di Montevergine). Furono loro a gestire il monastero fino al 1866.
Gli ultimi ad abitare il monastero sono stati i padri passionisti, presenti ancora oggi.
Nel 1882 acquistarono il complesso di Monteoliveto dalla famiglia Montella, cui era
stato venduto dieci anni prima dopo la partenza dei verginiani ed il conseguente
passaggio al demanio pubblico.
Un primo collegamento tra Luzzano ed Airola si trova attestato in una bolla di Papa
Pasquale II, «datum Beneventi, anno 1108», in cui si fa riferimento alle donazioni che il
«conte Rainulfo di felice memoria e la sua consorte» avevano elargito al monastero di
San Gabriele nell’anno 1033. Tra di esse figura la chiesa di San Vito in Luzzano.
La chiesa di San Vito sarebbe quindi di più antica fondazione rispetto a quella di
San Nicola, unico altro edificio di culto del luogo. Riguardo quest’ultima sappiamo
soltanto che fu ricostruita nel 1738, come attesta un’iscrizione rinvenuta all’interno.
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Congregazione afferente all’ordine di S. Benedetto la cui nascita fu fortemente voluta da Guglielmo I,
duca d’Aquitania. E’ a lui che si deve la fondazione dell’abazia di Cluny nell’anno 910.
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Ecclesiastici o laici cui veniva assegnata un’abbazia “in commendam”, ossia provvisoriamente.
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Il primo signore a detenere il feudo di Airola con i casali annessi fu Rainulfo I,
normanno della famiglia Quarrel–Drengot e conte, oltre che di Airola, anche di
Sant’Agata, Caiazzo ed Alife.
La contea passò poi da Rainulfo a Roberto il Normanno e, nell’anno 1116, fu ceduta
in qualità di dote a Guglielmo, duca di Salerno, che ne aveva sposato la figlia
Gaitelgrima. Dopo una serie di alterne vicende e passaggi di mano in mano, nel 1276,
troviamo il feudo di Airola tra i possedimenti dei fratelli Guglielmo e Ugone di
Cortillon o Curchillon, cui era stato trasmesso dal re Carlo I d’Angiò. Il sovrano ne fece
poi una residenza stagionale e, l’anno successivo, dimorò per tre giorni nel castello. Per
qualche tempo, nel XIV secolo, Airola fu feudo dei baroni Della Leonessa e, nel 1437,
durante la guerra combattuta tra Alfonso d’Aragona e Renato d’Angiò, venne assediata
e saccheggiata dalle truppe aragonesi.
Il feudo, conquistato da Alfonso d’Aragona, venne ceduto ad un discendente dei
Della Leonessa. Questi ne fu estromesso dopo aver preso parte alla congiura dei baroni
del 1460 ed Airola passò a Carlo Carafa, conte dal 1496. Ma anche la sovranità dei
Carafa volse in breve tempo alla fine. Dopo la riconquista ad opera del re Carlo V,
Giovan Vincenzo Carafa, ancora fedele agli aragonesi, fu punito per la sua ribellione
con la confisca di tutti i possedimenti, Airola compresa. Il feudo passò a questo punto
sotto il controllo di Alfonso d’Avalos d’Aquino, marchese del Vasto e comandante
dell’esercito spagnolo nella battaglia di Pavia del 1525.
Un protocollo del notaio Alfonso Crivelli risalente al 1579-80 parla di Airola Corpo,
Airola Portisi, Airola S. Giorgio e Airola Borgo, con i casali di Moiano, Luzzano e
Bucciano. Inoltre, in base a quanto si trova attestato in un documento conservato presso
l’archivio di Simancas in Spagna, già nel 1530 il territorio di Airola comprendeva ben
dieci casali, tra i quali figurano Moyano e Lutzano.
Nel 1575 ebbe inizio la dominazione dei Caracciolo. Ferrante Caracciolo Rosso
Conte di Biccari, dal 1581 duca di Airola per volere di Filippo II di Spagna
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, acquistò il
feudo per 40000 ducati da donna Isabella Gonzaga, marchesa di Pescara e madre e
tutrice di don Alfonso d’Avalos.
Come risulta dal registro fiscale delle spedizioni della Camera di Santa Chiara, con
diploma regio datato 30 agosto 1754, il re di Napoli e di Sicilia Carlo VII di Borbone
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Il sovrano voleva ricompensarlo per l’impegno profuso nella battaglia di Lepanto.
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concesse «la grazia di dichiarare città il feudo di Airola».
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Il duca, nel 1754, aveva
donato al sovrano le acque delle sorgenti del Fizzo che sarebbero andate ad alimentare
la famosa cascata del Palazzo Reale di Caserta.
Nel 1792 aveva termine il ramo Caracciolo di Airola, con la scomparsa di
Bartolomeo di Capua, principe della Riccia ed ultimo feudatario.
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Nello stesso anno il
feudo era devoluto alla Corte Regia e, nell’agosto del 1810, venivano stabiliti i confini
tra Airola, divenuta Città Regia, ed i suoi ex casali.
Nel 1809 Luzzano e Moiano, divenuti comuni autonomi, furono annessi alla
provincia di Terra di Lavoro, con il circondario di Sant’Agata dei Goti. Nel 1816
entrarono poi a far parte del Principato Ultra e, con la costituzione del Regno d’Italia,
furono aggregati alla provincia di Benevento.
Anche Airola che, in modo inverso rispetto ai suoi ex casali, era stata aggregata in un
primo momento alla provincia di Principato Ultra e poi, nel 1816, a quella di Terra di
Lavoro, entrò a far parte della provincia di Benevento nel 1861.
Un decreto regio, datato febbraio 1867, stabiliva la soppressione del comune di
Luzzano e la sua definitiva annessione al vicino Moiano:
Sulla proposta del Ministro dell’Interno;
Viste le deliberazioni dei Consigli comunali di Mojano e Luzzano in data 20 e 25 febbrajo 1866 e quella
del Consiglio provinciale di Benevento del 12 novembre dello stesso anno:
Visti gli articoli 13 e 14 della Legge sull’amministrazione comunale e provinciale in data 20 marzo 1865
Abbiamo decretato e decretiamo:
Il Comune di Luzzano è soppresso ed aggregato a quello di Mojano.
L’ultimo censimento relativo al comune di Moiano fotografa una popolazione
complessiva di 4121 abitanti, di cui 1536 famiglie e 48 stranieri.
L’analisi risale all’anno 2011. I dati, rielaborati dall’ISTAT, sono stati reinoltrati al
comune con lievi modifiche nel 2013.
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Tra le motivazioni addotte dal sovrano nel diploma, riportato nell’opera del Montella, il fatto che
“questa terra conteneva sotto di sé i casali di Moiano, Bucciano e Luzzano sotto la cura di 10 Parrocchie
e 6000 abitanti circa, tra i quali moltissimi giureconsulti, egregi medici e regi notari.”
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Bartolomeo di Capua, nipote di donna Antonia Caracciolo, principessa della Riccia e ultima discendente
diretta del ramo Caracciolo di Airola ottenne il titolo nobiliare e tutti i beni annessi in seguito alla morte
di lei, avvenuta nel 1732. Fu nominato duca nel 1739.
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1.2 .Il fenomeno in esame
1.2.1. Dialetto e classificazione
Secondo la definizione data dal Dizionario della lingua italiana di Palazzi e Folena
con il termine “dialetto” si farebbe riferimento ad ‹‹un sistema linguistico solitamente
parlato in un’area spaziale ridotta, con produzione letteraria e scritta limitata,
normalmente non utilizzato in ambito ufficiale o tecnico-scientifico››.
In realtà, i criteri sui quali è fondata una definizione di questo tipo (criterio
quantitativo, cronologico, estetico, eccetera) più volte utilizzati nel corso del tempo per
spiegare la differenza tra lingua e dialetto, non restituiscono una visione chiara e priva
di equivoci. Lingua e dialetto non si differenziano infatti in alcun modo da un punto di
vista strutturale, possiedono entrambi una fonetica, una morfologia, una sintassi ed un
lessico propri e gli unici fattori discriminanti sono di tipo socio-culturale, politico e
storico.
Un dialetto è tale soltanto in rapporto ad una lingua, la quale, per ragioni
indipendenti da qualsiasi questione strettamente linguistica, ha assurto ad uno status
superiore.
Soltanto con l’introduzione delle cosiddette lingue comuni nei repertori delle
nazioni europee, le varietà linguistiche rimaste escluse si sono trasformate in “dialetti”.
Nello specifico, in Italia, questa trasformazione si realizza nella Firenze
rinascimentale, nel clima della “questione della lingua”, quando il fiorentino trecentesco
fu elevato a lingua nazionale. Il termine greco diálektos da cui deriva la corrispondente
voce italiana non presentava prima di allora alcuna accezione negativa, significava
semplicemente “discorso”. Definizione più appropriata sembrerebbe quindi quella
fornita da Coseriu, “dialetto” «è un concetto relazionale che vale solo in riferimento a
una lingua storica», la quale, al contrario, rappresenta un «concetto autonomo e
sostantivamente inteso» (1988: 24 cit. da Grassi/Sobrero/Telmon 2003: 19).
A tutt’oggi l’universo dei dialetti italiani, ben lontano dalla definitiva scomparsa
paventata da Pasolini nel 1964 in ragione della nascita del “nuovo italiano tecnologico”,
si presenta estremamente composito e non si può certo parlare di un uso del dialetto
circoscritto esclusivamente ad alcune classi sociali.