6
1. L’ARRIVO A VIENNA
1.1 LA CRISI NAPOLETANA
Domenico Barbaja lavorò a Napoli quasi ininterrottamente dal 1809 al 1840, , in un trentennio di
cambiamenti politici repentini. Basti pensare alla dominazione francese di Gioachino Murat a Napoli
nel 1808, al Congresso di Vienna nel 1814, la formazione del Regno delle Due Sicilie nel 1816 e alla
reinstaurazione della casata borbonica con re Ferdinando IV di Napoli, o III di Sicilia, rinominato
Ferdinando I. Il malcontento generale sia siciliano sia napoletano e la mancata risposta alla richiesta
di cambiamenti, generarono i moti del 1820, iniziati a Nola sotto la guida di Guglielmo Pepe.
8
Il re,
comprendendo di non poter risolvere la situazione, acconsentì a una monarchia costituzionale. Come
lui stesso scrive, compirà un:
«doloroso sacrificio ... per così salvare dal minacciato flagello non solo la capitale ma tutto il
regno. »
9
Queste novità non furono apprezzate dai governi delle grandi potenze, ad esempio dall’Austria con a
capo Metternich.
10
Ferdinando I fu chiamato immediatamente dalla Santa Alleanza al Congresso di
Lubiana, dove si pretese di restaurare l’assolutismo nel Regno.
11
Su organizzazione austriaca si
intervenne con un’azione armata.
12
Le forze costituzionali napoletane, improvvisate e prive del
consenso popolare, non opposero resistenza e si dispersero rapidamente dopo gli scontri di Rieti e
8
Per il contesto storico si faccia riferimento a Franco Della Peruta, L’ottocento. Dalla Restaurazione alla “belle époque”,
Le Monnier, Città di Castello, 2017, pp. 112-113.
9
Pietro, Colletta, Storia Del Reame di Napoli, F. Pagnoni, Milano, 1930, Vol. III, pp. 139-140.
10
Per il contesto storico si faccia riferimento a Franco Della Peruta: L’ottocento. Dalla Restaurazione alla “belle
époque”, Le Monnier, Città di Castello, 2017, pp. 112-113.
11
Ivi pp. 113.
12
Ivi pp. 113.
7
Antrodoco, lasciando libera la strada agli austriaci che il 23 marzo 1821 entrarono a Napoli e
restaurarono il regime assolutistico riportando Ferdinando I sul trono.
13
L’attività di Barbaja, che aveva iniziato a lavorare a Napoli sotto il governo francese, andò in crisi
durante la restaurazione borbonica. Tutto ciò si riflesse sulla sua visione e sulle sue attese in ambito
teatrale, dato lo stretto legame tra politica, teatro e finanziamento della stagione operistica
14
. La
diversità d’intenti, riscontrabile negli assetti governativi francese e borbonico, si esplicitò nel diverso
utilizzo e fine di queste strutture.
15
Dalla concezione dei «Divertimenti Palazzi» assunta nel breve
periodo francese, che considerava i teatri quali luoghi destinati a raccogliere i più svariati aspetti del
divertimento culturale, compreso il gioco d'azzardo (nel sospirato intento di rendere i teatri autonomi
dal bilancio dello Stato), si passò con la restaurazione borbonica a quella degli «Spettacoli Palazzi»
ovvero a una visione più austera dell'evento teatrale, meglio confacente al prestigio della casa
regnante. Questa, pur accogliendo gran parte dell'eredità legislativa dei francesi, tenderà a eliminare
gradualmente le attività collaterali allo spettacolo fino ad allora consentite abrogando la pratica del
gioco d’azzardo.
16
Si volle così dare primaria importanza agli aspetti della produzione teatrale. Il
divieto del gioco d’azzardo del 1820costituì per Barbaja la fine di un’epoca frivola di
spensieratezza.
17
Barbaja non rimase in silenzio sulla questione. Per dimostrare che il gioco d’azzardo
era fondamentale per la sostenibilità della produzione della stagione operistica, scrisse un trattato
chiamato Sull’oggetto de’giochi d’azzardo
18
. Ma questo suo sforzo non servì a ripristinare il gioco a
teatro.
Come testimonianza concreta del danno causato dalla perdita della concessione del gioco d’azzardo,
si può far riferimento a un articolo del giornale francese La Presse
19
, che riporta che il patrimonio di
Barbaja al massimo del suo successo era di tre milioni di franchi, poi dal 1819 in poi non acquistò
13
Ivi pp. 113.
14
Paologiovanni Maione, Francesca Seller, I reali teatri di Napoli nella prima metà dell’800. Studi su Domenico Barbaja,
in «Istituto Italiano per gli studi filosofici ricerche musicali», Belliona, 1994, pp. 514.
15
Ivi pp. 514.
16
Ivi pp. 514-15.
17
Philip Eisenbeiss, Domenico Barbaja. Il padrino del bel canto, tradotto da Davide Fassio, EDT, Torino, 2015, pp. 109.
18
Domenico Barbaja, Sull’oggetto de’giochi d’azzardo, Tipografia Flautina, Napoli, 1820.
19
La Presse, 25 ottobre 1838.
8
più immobili e ridusse la sua collezione di opere d’arte
20
. Questa situazione portò l’impresario a
valutare altre offerte di lavoro in nuove città. Bisogna, però, menzionare di altri motivi di crisi. Il
volume di Philip Eisenbeiss, Domenico Barbaja. Il padrino del belcanto
21
, li riassume tutti. Tra il
1820 e il 1821, Rossini era richiesto da molti teatri italiani, tra cui quello romano. Barbaja non riuscì
a scritturare operisti di così alto livello e di conseguenza sperimentò vari fiaschi. Infine, a causa delle
continue rivolte, che sfociarono in disordini e tensioni. Napoli non offriva più le opportunità di un
tempo
22
, ed era quindi il momento di aprirsi a nuove realtà. Grazie a dei contatti austriaci Barbaja
venne a conoscenza del mercato viennese e della sua crescita e ben presto se ne interessò. L’occasione
della partenza arrivò da lì a poco. Nel primo volume delle Lettere e Documenti di Rossini si legge
che nel luglio del 1821 il principe Leopoldo, figlio di Ferdinando I, scrisse al padre chiedendogli il
permesso di invitare Barbaja per organizzare una stagione italiana nei teatri della capitale asburgica.
23
Ciò può essere visto come un modo per i Borbone di ringraziare gli austriaci li avevano aiutati a
riprendere le redini del regno. Esportare il patrimonio culturale, cioè l’opera napoletana, fu il gesto
di ringraziamento.
24
Metternich era un grande amante dell’opera e di Rossini, in particolare. Per avere
le opere di Rossini e una gestione teatrale di livello, c’era bisogno di Barbaja. Come già accennato,
Barbaja era interessato alla fiorente Vienna e colse l’occasione senza aspettare una risposta di
Ferdinando; incaricò Antonio Giamberini come suo vice per la gestione dei teatri reali e partì alla
volta di Vienna.
25
Le autorità teatrali protestarono con il Ministro degli Interni per l’improvvisa
partenza di Barbaja che non aveva atteso il benestare del soprintendente.
26
L’impresario aveva a suo
vantaggio un invito ufficiale reale e la protezione del Re. Egli non voleva abbandonare i teatri di
Napoli, ma solo arricchire la gestione con nuovi teatri interessanti.
20
Simona Pollio, La Collezione Barbaja, tesi di laurea in Museologia e storia del collezionismo, Napoli, 1998-9 (pp.
121), citata in Philip Eisenbeiss, Domenico Barbaja. Il padrino del bel canto, tradotto da Davide Fassio, EDT, Torino,
2015.
21
Philip Eisenbeiss, Domenico Barbaja. Il padrino del bel canto, tradotto da Davide Fassio, EDT, Torino, 2015, pp.115.
22
Ivi pp. 115.
23
Gioachino Rossini, Sergio Ragni, Bruno Cagli, Lettere e Documenti, Pesaro, Fondazione Rossini, 1992, vol. 1. pp. 521.
24
Bruno Cagli, Al gran sole di rossini in «Cagli e Ziino», il Teatro di San Carlo, pp. 159, citato in Philip Eisenbeiss,
Domenico Barbaja. Il padrino del bel canto, tradotto da Davide Fassio, EDT, Torino, 2015, pp.116.
25
Ivi pp. 116.
26
Gioachino Rossini, Sergio Ragni, Bruno Cagli, Lettere e Documenti, Pesaro, Fondazione Rossini, 1992, vol. 1. pp. 524.
9
1.2 LA VIENNA DEL 1820
Vienna negli anni ’20 dell’800 visse un periodo di incredibile rinascita politica, economica e
culturale.
La capitale dell’impero era stata occupata ben due volte dalle truppe napoleoniche nel 1805 e nel
1809; occupazione che distrusse gran parte della città. A suo vantaggio, ebbe, però, un grande ruolo
nella caduta di Napoleone, avvenuta nel 1821.
A Vienna risiedeva una delle casate reali più importanti d’Europa, gli Asburgo, imparentati con la
Spagna, la Francia e naturalmente Napoli.
L’impero austroungarico all’epoca era molto vasto. Esso comprendeva la Germania meridionale, la
Baviera, la Slovenia, il Lombardo-Veneto, Trieste, la Boemia, la Dalmazia e l’Ungheria.
Francesco I era l’imperatore d’Austria dell’epoca e nel suo regno, durato dal 1804 al 1835.
L’economia viennese, che si basava principalmente sulla produzione e sul commercio della seta, dello
zucchero e della porcellana, si stava riprendendo dall’impatto delle guerre borboniche.
Centrale fu il Congresso di Vienna nel 1815 che fece diventare la città la capitale politica d’Europa.
Il Congresso aveva come scopo il ridisegnamento dei confini d’Europa dopo la sconfitta di Napoleone
e delle sue potenze.
Come si è anticipato, questo periodo favorì la crescita economica e permise una straordinaria fioritura
culturale. Infatti Vienna non solo si industrializzò e si popolò sempre di più (gli abitanti censiti erano
265.000
27
), ma fu anche teatro di una vasta scena artistica e musicale. Si sviluppò in questo periodo
la corrente Biedermeier, termine coniato dai due poeti Kusselmaul e Eichrodt che in tedesco significa
“comuni persone oneste” da Bieder, onesto e Meier un tipico cognome tedesco che in questo caso
vuole assumere significato di persona comune. Il suo esordio fu visto come reazione al sistema di
polizia, di censura e di ordine stabilito da Metternich. Ne conseguì lo sviluppo della vita sociale
attraverso il piacere collettivo del teatro, del ballo, del valzer, la costituzione di caffè letterari,
l’interesse per la natura, l’amore per l’arte e per la la musica. Basti pensare che nel 1801 si inaugurò
il Theater an der Wien
28
e solo undici anni dopo la Gesellschaft der Musikfreunde chiamata anche
27
Alice Hanson, Musical Life in Biedermeier Vienna, Cambridge University Press, Cambridge, 1985, pp. 9.
28
Ivi pp.64.
10
Musikverein. Con personaggi come Beethoven, Liszt, Schubert e Weber, Vienna offriva una delle
scene musicali più innovative di tutta Europa e di certo aveva un pubblico sofisticato. In questo
periodo Vienna ebbe all’attivo cinque sale teatrali: Kärntnertortheater o Teatro alla Porta Carinzia
(1709), Burgtheater (1748), Leopoldstadtheater (1781), Theater an der Wien (1801) e Musikverein
(1812).
11
Figura 3: Mappa della città di Vienna e i cinque teatri (da Alice Hanson, Musical Life in Biedermeier Vienna, Cambridge
University Press, Cambridge, 1985, pp. 62).
Questo fu il contesto in cui Domenico Barbaja arrivò nel 1822.
12
1.3 L’ARRIVO NEL 1822
Nel febbraio 1822 Barbaja si trasferì in una Vienna in piena crescita economica e culturale. Già nel
settembre 1821 l’Allgemeine musikalische Zeitung scrisse della nuova gestione teatrale di Barbaja a
Vienna e l’impresario venne così citato per la prima volta.
29
Se si mettono a confronto le due città, Napoli e Vienna, si possono riscontrare notevoli somiglianze.
Probabilmente fu uno dei motivi per cui l’impresario milanese si trovò immediatamente bene, avendo
di conseguenza un grande successo anche in quel nuovo contesto. Anche a Vienna la famiglia reale,
gli Asburgo, promuoveva le attività culturali. Il teatro e quindi anche la musica erano il centro della
vita culturale e sociale della città. Vi erano anche salotti letterari e spettacoli di ogni genere.
Probabilmente la vera discontinuità tra le due città era di ordine pubblico: a Napoli regnavano caos e
vivacità mentre a Vienna prevaleva l’ordine severo di Metternich.
La scena musicale e teatrale all’arrivo di Barbaja non godeva dello stesso rigore. Se a livello musicale,
come descritto precedentemente, Vienna era tra le città più raffinate, i teatri avevano un disperato
bisogno di rinnovarsi: si era verificato, infatti, un tragico calo di presenze e spesso, pur di attrarre il
pubblico, si incentivava l’accesso con gli ingressi omaggio.
30
Ed è proprio in questa situazione che
Barbaja volle affermarsi applicando il metodo di gestione teatrale teorizzato a Napoli e basato sullo
sfarzo, su compagnie di altissimo livello qualitativo, su un’offerta strutturata di biglietti e
abbonamenti e una stagione ben studiata e adatta al tipo di pubblico.
Le aspettative su Barbaja erano già alte prima del suo arrivo. Oltre all’articolo del settembre 1821,
infatti, l’Allgemeine musikalische Zeitung diede eco al suo arrivo il 2 gennaio 1822 con unnuovo
articolo che così descriveva l’attesa dell’impresario nella città austroungarica:
Mit dem ersten Dezember beginnt die neue vereinigte Administration des
Kärthnerthortheaters und des Theaters an der Wien, indem Hr. Domenico Barbaja, als Pächter
des ersteren, zugleich Associé des letzteren ist. […] Der Fremdling verspricht ungemein viel;
wie es mit dem Halten steht, wird die Zeit lehren. Das Publikum darf wenigsten einer größeren
Abwechselung entgegen sehen.
31
29
Allgemeine musikalische Zeitung, N. 39, 26 settembre 1821, pp. 668.
30
Alice Hanson, Musical Life in Biedermeier Vienna, Cambridge University Press, Cambridge, 1985, pp. 108.
31
Allgemeine musikalische Zeitung, N. 9, 2 gennaio1822, pp. 15.