5
Introduzione
Questo studio si basa sull’analisi dell’evoluzione della comunicazione
pubblicitaria nel settore dell’automobile in Italia, prendendo in esame
tutti i diversi cambiamenti intercorsi nelle scelte strategiche, esecutive
e di linguaggio, con un’attenzione specifica ai progetti di comunicazione
che hanno avuto origine nel nostro paese.
In particolare, ho posto l’attenzione sulle differenze nelle strategie di
comunicazione elaborate per le campagne pubblicitarie del secolo ap-
pena trascorso e quelle invece che sono state utilizzate nel nuovo mil-
lennio, in un quadro di riferimento che si è fortemente evoluto e che
offre numerosi spunti di analisi.
Le motivazioni che mi hanno spinto ad approfondire questa tema sono
di diversa natura. Anzitutto l’interesse nei confronti della comunicazione
pubblicitaria del settore automobilistico, influenzato dalle mie più re-
centi esperienze lavorative, che mi hanno permesso di entrare in con-
tatto diretto con le attività di comunicazione e marketing dell’auto, sia
in Italia che in Europa e sia dal lato dell’agenzia che dal punto di vista
dell’azienda. Poi il fatto che il settore automobilistico è da molti anni un
punto di riferimento tra i più importanti nel mondo della comunicazione;
nel secolo scorso è stato il settore di riferimento delle attività di marke-
ting dell’era industriale con una spesa per attività pubblicitarie decisa-
mente importante, seconda solo al settore alimentare. Infine, proprio
per la sua natura di settore centrale nell’età industriale del ‘900, la co-
municazione pubblicitaria delle auto sta vivendo una trasformazione
molto importante, necessaria per restare al passo con l’evoluzione della
società, entrata negli anni Duemila nell’Era Post-Moderna della Comu-
nicazione. Un’ulteriore motivazione è infine data dal fatto che ad oggi,
in Italia, non esistono analisi dettagliate e specifiche sulla comunica-
zione di questo importante settore e sulla sua evoluzione più recente.
L’obiettivo di questa tesi di laurea è quello di fornire un’analisi delle
strategie e delle azioni di comunicazione intraprese in Italia da alcune
aziende del settore automobilistico e che hanno dato un’impronta deci-
siva al modo di approcciare la comunicazione, non solo in Italia e non
solo per il settore auto; la tesi si prefigge inoltre lo scopo di sottolineare
come e quando le strategie comunicative di questo settore si sono evo-
lute nelle modalità di comunicazione, nel linguaggio, nella copy strategy
e nell’utilizzo dei media.
6
Oltre all’analisi delle fonti bibliografiche e sitografiche disponibili, ho
condotto alcune interviste a diversi stakeholder – manager di aziende
automobilistiche italiane, manager e professionisti di agenzie di comu-
nicazione e media - per corroborare con fonti dirette questo studio.
La tesi è articolata in sei capitoli: nel primo viene fornito un quadro
generale attraverso un breve excursus storico e di contesto. Il secondo
e il terzo capitolo sono dedicati all’inizio dello sviluppo della comunica-
zione pubblicitaria delle auto in Italia negli anni Settanta e Ottanta, con
l’esame di alcuni case histories che hanno dato una forte impronta alle
modalità di comunicazione del settore. Il quarto capitolo analizza le stra-
tegie adottate in Italia dal settore auto per affrontare la crisi economica
degli anni Novanta. Il quinto capitolo descrive invece i cambiamenti e le
trasformazioni delle strategie comunicative nei primi due decenni del
nuovo millennio. Il sesto capitolo è dedicato alle conclusioni finali di
questa tesi e all’analisi dei fattori che hanno influenzato le variazioni
nelle strategie di comunicazione.
7
1 – Il quadro generale
“Sono sicuro che la metà del denaro che spendo in pubblicità è comple-
tamente buttato via. Il problema è che non so quale metà sia.”
Nella mia esperienza lavorativa nel settore della pubblicità questa cita-
zione, che viene fatta risalire ai primi anni del Novecento, è stata usata
spesso da diverse persone per svariati motivi: per indicare la difficoltà
di un’analisi predittiva delle strategie di comunicazione; per sottolineare
come gli investimenti pubblicitari, o almeno parte di essi, debbano sem-
pre essere considerati anche come una forma di spesa improduttiva;
per mettere in risalto come la scienza della comunicazione sia in verità
una scienza minore, proprio perché la sua essenza, ovvero fornire spie-
gazioni razionali e scientifiche di alcuni fenomeni, è messa in discussione
già ai suoi primordi.
Ho deciso di iniziare la mia tesi con questa citazione perché molti di
quelli che l’hanno utilizzata la attribuiscono ad Henry Ford, il fondatore
della Ford Motor Company a Detroit, negli Stati Uniti, alla fine dell’Otto-
cento. In realtà questa frase è da attribuirsi a William Lever, primo Vi-
sconte di Leverhulme, industriale e politico inglese, fondatore della so-
cietà di saponi Lever Bros., oggi nota come UNILEVER. Le frasi attribuite
invece ad Henry Ford, anch’esse spesso citate e sempre relative alla
pubblicità, sono: “Chi smette di fare pubblicità per risparmiare soldi è
come se fermasse l'orologio per risparmiare il tempo.” e “La pubblicità
è l’anima del commercio.”
L’aspetto più significativo di queste citazioni è che, correttamente o
meno, sono tutte attribuite a Henry Ford, ritenuto da molti studiosi uno
degli iniziatori dell’era moderna, la cosiddetta Era Industriale. Si deve
infatti ad Henry Ford l’introduzione del sistema di lavoro a catena di
montaggio per produrre automobili, che potevano così essere acquistate
a prezzi accessibili da una grande massa di persone. Il primo e più im-
portante produttore di automobili su larga scala - prodotti che per im-
portanza e per costo sono secondi solo alla casa - definisce quindi, con
queste frasi a lui attribuite, il ruolo chiave della pubblicità nell’era indu-
striale
1
un ruolo che, sempre secondo Ford, la pubblicità riveste per lo
sviluppo di tutte le aziende e di tutti i prodotti, non solo per le auto.
1
Henry Ford, La mia vita e la mia opera (Ed. La Salamandra, 1930)
8
Il settore automobilistico dà oggi lavoro a milioni di persone nel mondo
e rappresenta in media il 15% del prodotto interno lordo dei paesi avan-
zati. I suoi prodotti sono tra i più ambiti nei paesi avanzati e in quelli
emergenti e sono tra i più citati nei libri di economia. È considerato il
settore industriale per eccellenza ed è un settore di riferimento anche
per innovazioni tecnologiche e organizzative rivoluzionarie, partendo dal
fordismo e taylorismo per arrivare alla “lean production”.
Questo settore, così importante e cruciale per l’economia mondiale,
sposa immediatamente ai suoi primordi il marketing, disciplina teoriz-
zata da Kotler alla fine degli anni Sessanta
2
che, non a caso, certifica
come la promozione, ovvero la pubblicità, sia una delle leve fondamen-
tali delle attività del marketing operativo. La centralità della “Promotion”
era un concetto già espresso da Henry Ford agli inizi del Novecento,
quando ancora il centro delle attività pubblicitarie era il prodotto, piut-
tosto che il consumatore, come avviene invece con l’avvento del mar-
keting.
Le imprese automobilistiche sono quindi da tempo tra i maggiori inve-
stitori al mondo in attività di marketing e comunicazione. Eppure, que-
sto settore, che ha avuto l’Italia come una delle culle della sua nascita
e un centro di eccellenza per il suo sviluppo tecnologico e industriale,
proprio nel nostro paese è praticamente assente dal panorama pubbli-
citario almeno fino agli inizi degli anni Ottanta. Il binomio tra pubblicità
e auto, che sembrerebbe fin da subito poter essere imprescindibile e
fare addirittura da traino anche per altri settori, in Italia sembra quasi
assente, non percepito per buona parte del secolo scorso.
2
P. Kotler, K. Keller, F. Ancarani, Marketing management (Pearson Ed. Italia, 2005)
9
1.1 - Gli anni Settanta
Il motivo di questa poca presenza risiede nella specificità - o anomalia
- tutta italiana chiamata “Carosello”. Nato nel 1957 sulla RAI, “Caro-
sello” era l’unico strumento utilizzabile dalle aziende in Italia per fare
pubblicità in TV, il mezzo di comunicazione che dai primi anni Sessanta
diventa il più seguito dagli italiani
3
.
“Carosello” è un vero e proprio programma, con una sigla di apertura e
di chiusura ed è regolato da una serie di norme molto rigide, raccolte
nelle “Note per la realizzazione della pubblicità televisiva” redatte dalla
SACIS, società di produzione degli spot pubblicitari della RAI
4
. Queste
norme della SACIS provocano una serie di conseguenze che contribui-
scono alla costruzione dell’unicità del linguaggio di Carosello, fatto di
scenette (gli “sketch”) mutuate dai programmi di intrattenimento tele-
visivo e da un linguaggio secco e veloce (la scenetta deve durare almeno
105 secondi mentre la parte di pubblicità vera e propria ne dura 30).
Senza dimenticare il contributo di attori e cantanti famosi che, grazie
alla loro partecipazione a Carosello, vedono aumentare la loro popola-
rità. Il programma ha da subito un grandissimo successo, anche perché
la RAI in Italia è l’azienda monopolista del settore radiotelevisivo e fino
al 1976 Carosello rimane l’unico appuntamento di intrattenimento in TV
che ruota intorno alla pubblicità commerciale.
Nessuno però ricorda un Carosello che pubblicizza una marca di auto-
mobili.
Perché Carosello era vietato alle auto.
Il regolamento SACIS, infatti, vietava le pubblicità ad alcuni prodotti “di
lusso” come crociere, gioielli, pellicce e, appunto, automobili
5
. È solo
con l’avvento delle televisioni private, alla fine degli anni Settanta (vd.
sentenza della Corte Costituzionale n.202 del 1976, che autorizza la tra-
smissione via etere a livello locale) che assistiamo all’arrivo sulla tele-
visione italiana dei primi spot pubblicitari, non più “caroselli”. E quindi
anche degli spot sulle automobili.
Quelli delle auto sono spot pubblicitari veri e propri, non scenette o brevi
filmati di intrattenimento con un codino finale che parla del prodotto,
3
ISTAT – Serie Storiche, Intrattenimenti e Tempo Libero.
4
Daniele Pitteri, La pubblicità in Italia. Dal dopoguerra a oggi. (Laterza, 2006)
5
Sacis, “Codice di autodisciplina pubblicitaria”, 1958 e successivi.
10
come avveniva in Carosello. Si può ipotizzare che questa limitazione
imposta dalla RAI su Carosello - che alcuni sostengono maliziosamente
essere stata in qualche modo creata per salvaguardare il mercato in-
terno della FIAT - si sia trasformata in un’opportunità per le aziende di
automobili e per le agenzie pubblicitarie loro consulenti.
Costrette fino al 1976 ad inventare altre modalità e strategie di comu-
nicazione per raggiungere il proprio target, senza poter utilizzare la TV
e Carosello, le aziende di auto sono più pronte a cogliere l’opportunità
– e la necessità – di confrontarsi con un linguaggio pubblicitario più
internazionale, come è quello degli spot TV. Inoltre, affinano modalità
di utilizzo di altri media, come ad esempio l’affissione. Per questo media,
ad esempio, la Renault, con la sua agenzia partner Foote, Cone and
Belding (oggi FCB), costruisce un sofisticato modello di mappatura delle
posizioni disponibili per una migliore gestione della pianificazione e
dell’acquisto di questi spazi. Le aziende di auto e le loro agenzie sono
anche costrette ad inventarsi nuove modalità promozionali sul punto
vendita, con uno sviluppo di quelle che oggi si chiamano attività espe-
rienziali, sulle quali molte marche di auto hanno costruito in Italia il loro
successo.
11
1.2 - Roma – Milano
Un’altra caratteristica specifica della pubblicità del settore automobili-
stico in Italia è stata quella di permettere lo sviluppo del settore della
pubblicità e della comunicazione oltre i confini di Milano, la capitale
dell’industria italiana. La FIAT, la più grande azienda automobilistica ita-
liana, è a Torino. Di conseguenza anche alcune delle aziende del mondo
pubblicitario nascono e si sviluppano a Torino o stabiliscono lì la loro
sede operativa, con benefici effetti anche sull’indotto – studi fotografici,
case di produzione video, tipografie.
Molte grandi aziende automobilistiche internazionali stabiliscono invece
la loro direzione generale a Roma – Ford, Opel/General Motors, Toyota,
Nissan, Honda, Mazda, Jaguar, Rover / British Leyland / Land Rover,
Mercedes, Renault. Queste aziende non hanno fabbriche nel nostro
paese e scelgono la capitale per la loro sede di rappresentanza. Questo
favorisce quindi lo sviluppo del settore pubblicitario anche nella città
eterna, che altrimenti avrebbe avuto vita meno facile nel progredire
come invece avveniva nel triangolo industriale.
Alcune famose aziende automobilistiche italiane prestigiose hanno poi
sede in Emilia-Romagna - Ferrari, Maserati, Lamborghini - laddove sono
nate le loro fabbriche. E a Bologna c’è anche la sede della svedese Volvo.
Infine, alcune aziende tedesche hanno la loro sede centrale in Veneto
dove, per vicinanza con la sede centrale, era situata la sede dell’impor-
tatore che rappresentava il marchio in Italia, prima dell’arrivo degli uffici
della filiale locale.
Ma è soprattutto la dicotomia Roma-Milano che ha reso il settore delle
auto in Italia molto fertile dal punto di vista della maturazione di talenti,
sia dal lato delle agenzie che da quello delle aziende, con un frequente
travaso di professionalità tra le due città e con una maggiore possibilità
per professionisti romani e del sud Italia di emergere. Molti sono, infatti,
i protagonisti della storia recente della comunicazione pubblicitaria delle
auto in Italia che sono nati o hanno iniziato la loro attività a Roma.
12
1.3 - Gli anni Ottanta
La pubblicità delle auto in Italia si afferma quindi con l’avvento della
televisione commerciale, tra la fine degli anni Settanta e l’inizio degli
anni Ottanta. La crescita esponenziale degli investimenti pubblicitari in
Italia, favorita dall’espansione della TV Commerciale, coincide con la
crescita degli investimenti del settore automobilistico, che diventa in
pochi anni il settore con il maggior investimento sui media, secondo solo
al comparto alimentare (vd. tabelle 1-8, Investimenti pubblicitari in Ita-
lia per settore merceologico; pagg.16-18;22;28;34).
Agli inizi degli anni Ottanta la situazione economica in Italia e nel mondo
non è positiva. L’economia è in una fase di stagnazione, l’inflazione cre-
sce, la crisi industriale è piuttosto diffusa, l’elevato costo del denaro
frena gli investimenti, la disoccupazione è in aumento. Molti settori
dell’economia sono entrati in uno stadio di maturità, ovvero in una si-
tuazione in cui non crescono più spontaneamente.
Le tendenze più visibili sono l’affermarsi della globalizzazione, che favo-
risce economie di scala, e l’aumento della concorrenza in tutti i settori
dell’economia – con la progressiva riduzione dei monopoli. Si assiste ad
una sempre maggiore integrazione tra industria e terziario, grazie anche
ad un’accelerazione del progresso tecnologico, e la domanda di beni e
servizi diventa più competente. Agli inizi di questo decennio l’evoluzione
coinvolge ovviamente anche i consumatori, che diventano sempre più
edonisti: il piacere del consumo comincia ad orientare le scelte.
Si afferma la tendenza delle aziende a ricercare la differenziazione ri-
spetto alla concorrenza non più negli aspetti razionali ma in quelli ‘soft’
ed emotivi dei prodotti.
Ne deriva un incremento della competitività tra le aziende e diventa
decisiva la necessità di soddisfare i bisogni dei clienti in modo più effi-
cace ed efficiente della concorrenza. La pubblicità assume un ruolo im-
portante tra le varie leve del marketing mix delle aziende.
Le ricerche psicografiche e sugli stili di vita – la prima ricerca psicogra-
fica di Eurisko in Italia è del 1976
6
- contribuiscono all'affinamento delle
strategie pubblicitarie, del linguaggio e delle pianificazioni sui media.
6
http://lstillittano.overblog.com/mappa-eurisko “Mappa Eurisko che cos'è? Il nuovo documento Eurisko
ufficiale” 26 marzo 2013, Lorenzo Stillittano, InsideSalesItalia
13
Sul piano del linguaggio, terminata negli anni Settanta una fase più cri-
tica verso la società dei consumi, la pubblicità ritorna ad esprimersi con
più libertà, ispirata in Italia anche dalla parallela espansione della tele-
visione commerciale e dal successo dei suoi programmi più vivaci e
orientati appunto alla gratificazione e al consumo.
Cambia in questi anni lo scenario economico, con una ripresa economica
che favorisce un aumento della domanda.
Parallelamente si afferma anche in Italia la cosiddetta pubblicità-spet-
tacolo, teorizzata in Francia da Jacques Seguelà
7
, il quale tra l’altro di-
chiara:
"Una pubblicità è qualcosa che si guarda quando ci si siede per guardare
qualcos'altro - dovresti almeno essere intrattenuto."
Allo stesso tempo, in Italia e nel mondo, furono ideate delle “serie” pub-
blicitarie che ebbero molto successo, ad imitazione di quelle televisive
conosciute ed apprezzate a livello nazionale e mondiale (un esempio: la
serie “Dallas”, trasmessa nel 1981 da RaiUno e poi da Canale5).
Alcuni esempi di serie pubblicitarie italiane sono quella del whisky Glen
Grant, con Michele “l'intenditore”, del cafè Lavazza, con protagonista
Nino Manfredi, e quella per la pasta Barilla, in onda dal 1985 fino al
1991.
Sono storie semplici e rassicuranti, che giocano sui buoni sentimenti e
su situazioni comuni e quotidiane.
Questi due fenomeni pubblicitari del decennio – pubblicità spettacolari
e spot con storie più semplici e intimiste - tendono a coinvolgere il con-
sumatore attraverso un linguaggio basato sulle emozioni: scenografiche
le prime, più poetiche e legate alle relazioni umane le seconde.
Sempre negli anni Ottanta si comincia a fare largo uso della sensualità,
maschile e femminile. Sui media – soprattutto in televisione, che ne era
stata immune fino all’inizio degli anni Ottanta - il corpo diventa in quegli
anni un protagonista, e il mondo pubblicitario si fa contagiare da questa
novità.
7
J. Seguelà, Hollywood lava più bianco (Lupetti, 1985); J. Seguelà, Non dite a mia madre che faccio il pub-
blicitario... Lei mi crede pianista in un bordello. (Lupetti, 1986)
14
La bellezza, la sensualità, la seduzione, così come il culto crescente per
la forma fisica, diventano un modo con il quale comunicare la propria
personalità.
Prodotti e marche se ne appropriano, facendone spesso il centro del loro
messaggio persuasivo e utilizzandoli come promessa principale nelle
loro comunicazioni.
Emblematici della nuova direzione nella quale si dirige la pubblicità sono
alcuni interventi durante il VII Forum della Comunicazione di Marketing,
a Milano, nel novembre 1985
8
, che sottolineano il nuovo ruolo spetta-
colare e seducente che deve avere la pubblicità in Italia. Marco Mignani,
allora Direttore Creativo RSCG Italia, dice:
“I prodotti oggi sono standard e la gente lo sa: il valore aggiunto che i
prodotti oggi possono avere è soltanto un valore aggiunto di comunica-
zione, di immaginario, di fantasia, di poesia e quindi di spettacolo”.
Lo stesso concetto viene ampliato da Marco Sorrentino, coordinatore
creativo SSC&B:Lintas:
“La nostra è una comunicazione che sempre più dovrà essere seducente
per essere convincente, anche perché solo così riuscirà ad essere accet-
tata… lo spettacolo della pubblicità diverrà formalmente più lieve, ma
nella sostanza più sofisticato, e perciò più determinante di oggi per la
vita stessa delle marche.”
L’evoluzione del ruolo e del linguaggio della pubblicità si basa su alcuni
elementi. Anzitutto, la rivalutazione della pubblicità da parte del pub-
blico: gli spot non sono più visti solo come strumento di informazione
commerciale, ma diventano anche un elemento di spettacolo che mette
in scena la vita quotidiana. Quindi c’è un progressivo affollamento pub-
blicitario sui media, soprattutto sulle TV commerciali. Infine, c’è un uti-
lizzo più strategico della pubblicità che, da semplice informazione, as-
sume ora un ruolo finalizzato a caratterizzare marchi e prodotti.
9
La marca diventa un punto di riferimento nelle scelte dei consumatori
perché è con lei che il consumatore desidera avere una relazione. Que-
sto fa sì che le strategie di comunicazione – anche in ambiti più lontani
dalle usuali arene destinate al consumo, come la politica, ad esempio –
8
Prof. Marco Galdenzi, Evoluzione della pubblicità. Appunti di tecnica della comunicazione pubblicitaria.
Dispensa Universitaria, 2002, pag. 10
9
Ibidem
15
diventino cruciali nel favorire la costruzione della Brand Equity, ovvero
del valore che viene riconosciuto ad un determinato marchio. In questo
modo l'immagine della marca può fungere contemporaneamente da ga-
ranzia della qualità dei prodotti e da elemento di differenziazione.
Questa evoluzione segue, anzi è parallela all’evoluzione dell’atteggia-
mento dei consumatori verso le automobili e delle risposte che il settore
dà a questi cambiamenti. Dalla fine degli anni Settanta, ma soprattutto
dagli anni Ottanta in poi, il consolidamento della classe media e l’evolu-
zione della situazione socioeconomica delle classi più povere porta ad
un cambiamento nella domanda nel settore auto. Aumenta il numero di
clienti che desiderano auto con equipaggiamenti più eleganti ma più
piccole, per garantire una maggiore mobilità, specie in città; d’altra
parte i capo-famiglia con reddito più basso iniziano a desiderare auto
più grandi. A ciò si aggiunge la maturazione del settore automobilistico
perché dagli anni Settanta in poi cresce anche in Italia la fascia di clienti
che già possiede un’auto e deve sostituirla con una nuova. Si arriva così
ad una svolta importante nelle esigenze degli automobilisti, che cercano
vetture con un occhio sempre più rivolto all’estetica, alle dotazioni di
serie e alle prestazioni. L’auto diventa un prodotto socialmente signifi-
cativo, un oggetto che si fa vedere e che serve per farsi vedere; l’appa-
renza inizia ad avere una grande importanza.
Tutto ciò porta ad un importante cambiamento nelle strategie di comu-
nicazione delle marche di auto. Diventa sempre più rilevante il valore
non solo estrinseco ma anche intrinseco dell’auto. Tutte le auto, anche
le più piccole, devono avere un carattere, un “modo di essere” ricono-
scibile e unico che le renda appetibili. Le loro caratteristiche funzionali
devono andare di pari passo con le loro caratteristiche emotive. Devono
essere capaci di suscitare interesse, di rispondere alle esigenze pratiche
ma allo stesso tempo di suscitare un coinvolgimento emotivo. Devono
rendere il suo possessore appagato dell’acquisto non solo perché ha
soddisfatto un bisogno di mobilità specifico ma anche perché l’auto
scelta rappresenta un po’ chi l’ha acquistata nei confronti degli altri – il
suo status sociale, il suo carattere, il suo modo di vivere.
È un nuovo atteggiamento dei clienti che porta le case automobilistiche
a mutare le strategie di business. Così vengono offerte più varianti e
opzioni dello stesso modello, o versioni speciali legate al look e allo stile,
oltre che a varianti funzionali. Le aziende adottano un ritmo più veloce
16
per la sostituzione dei modelli, passando da cadenze di 10-12 anni a
operazioni più leggere di face-lifting ogni 2-3 anni e ad un rinnovo più
accentuato ogni 4-5 anni, in previsione di soddisfare le mutate esigenze
dei clienti. Le auto si trasformano da prodotto funzionale, mero veicolo
di spostamento, ad un prodotto al passo con i tempi, con un look sempre
nuovo che riflette l’evoluzione della personalità del suo possessore.
Non meno rilevante in questo scenario è lo sforzo dell’industria automo-
bilistica di affermare la personalità di marca attraverso i successi spor-
tivi nelle più svariate discipline automobilistiche, dai Rally alla Formula
1. Un’esigenza sempre più importante dagli anni Ottanta in poi, visto il
successo di pubblico sempre più grande di queste discipline sportive e
alla conseguente spettacolarizzazione degli sport motoristici che segna
il suo inizio proprio in quegli anni.
La comunicazione pubblicitaria delle auto negli anni Ottanta segue esat-
tamente questo percorso anzi, in qualche caso addirittura lo precede.
Alcune campagne pubblicitarie di automobili affermano la personalità di
marca e di prodotto attraverso lo stile ‘spettacolar-hollywoodiano’ teo-
rizzato da Seguelà; altre campagne creano e valorizzano l’immagine di
brand ideando alcune saghe pubblicitarie, più o meno durature nel
tempo, anche perché talvolta sono legate temporalmente al lancio e ai
primi anni di vita di alcuni modelli. L’analisi di queste campagne sarà
l’oggetto del secondo e del terzo capitolo.