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2 DAI LOGHI ALLA STORY, STORYTELLING
MANAGEMET E SUE APPLICAZIONI
2.1 BREVE ACCENNO DAL " BRAND IMAGE "
AL " BRAND STORY "
≪ La gente non compra più i prodotti, ma le storie che questi prodotti
rappresentano. Così come non compra marche ma miti e archetipi che queste
marche simboleggiano ≫.
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In questo primo paragrafo saranno affrontati con una breve sintesi alcuni passaggi tra
come il marketing abbia spostato l'utilizzo dell'immagine aziendale attraverso la
marca, a quella dell'uso della storia attraverso plot narrativi coinvolgenti che
stimolino gli interessi e le emozioni delle persone. Quando un’azienda ha personalità
e propone una comunicazione accattivante, non si parla più di marchio ma di marca.
Ogni marca ha una storia da narrare e saperla raccontare in modo innovativo e
coinvolgente è senza dubbio un benefit distintivo. Definiamo innanzitutto il
Marketing come quel complesso di tecniche intese a porre merci e servizi a
disposizione del consumatore e dell'utente in un dato mercato nel tempo, luogo e
modo più adatti, ai costi più bassi per il consumatore e nello stesso tempo
remunerativo per l'impresa. In passato gli studi di marketing si sono focalizzati
quindi sulle problematiche di creazione di valore per il cliente e ha considerato il
brand come una risorsa strategica da impiegare in qualità di sovrastruttura che deve
guidare l’insieme dei processi, sostenendo nel tempo l’immagine di marca e la
fedeltà del consumatore. L’approccio degli studi di strategia e management, invece,
ha focalizzato l’attenzione sull’azienda, considerando il brand come uno strumento a
servizio della stessa, che deve essere gestito come una risorsa strategica in grado di
favorire l’allineamento tra la visione sviluppata dal top management, la cultura
organizzativa e l’insieme di percezioni (immagine) e giudizi formulati dagli
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Ashraf Ramzy, " What's in name ? "
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stakeholder sull’azienda e sul suo operato (reputazione.)
22
. Per quanto riguarda gli
stadi di sviluppo con i quali si sono evoluti nel tempo i due approcci, si può
affermare che l’approccio degli studi di marketing ha inizialmente (dagli anni
Cinquanta agli anni Settanta) concentrato l’attenzione sulle problematiche di
creazione e di sostegno di una brand image favorevole nella mente del consumatore
che lo conducesse a preferire e ad acquistare i prodotti dell’azienda. Con gli anni
Settanta e l’inizio degli anni ottanta, gli studi di marketing hanno elaborato una
visione più matura e compiuta del concetto di brand image, analizzando gli effetti di
differenziazione conseguibili dall’azienda grazie allo sviluppo di una brand image
positiva presso i consumatori; le aziende devono produrre principalmente marchi e
non prodotti. Ciò si è tradotto nella ricerca di un posizionamento competitivo unico
rispetto ai concorrenti, i marchi hanno iniziato a esprimersi attraverso segni grafici,
loghi folgoranti: la mela dell'Apple, il baffo della Nike, la M di McDonald’s, ecc…Il
prodotto si è dissolto nel marchio, in grado di stimolare nei consumatori la
formazione di un sistema di preferenze stabili che si traducesse nella fedeltà
all’acquisto nel tempo. Con l’inizio degli anni Novanta i molteplici e continui
cambiamenti ambientali hanno reso il concetto di posizionamento differenziale
insufficiente a sostenere il vantaggio competitivo delle aziende nel tempo,
stimolando gli studi di marketing a sviluppare un concetto di brand più ampio e
complesso, che comprendesse anche attributi e valori propri dell’azienda oltre che
dei prodotti; inoltre verso la fine degli anni Novanta poi si assisti' a un'impennata del
movimento antimarchi gruppi di attivisti e di artisti cominciò a contestare
l’occupazione dello spazio pubblico da parte dei marchi. La dittatura del logo su tutta
la vita sociale si scontrò con un'ondata di contestazioni sempre più incisive, fu' il
caso di Nike e Disney, dove era stato esposto un lato delle marche fino a quel
momento sconosciuto, raccontando purtroppo delle brutte storie di sfruttamento dei
lavoratori. In questa stesura saranno riportati all'attenzione del lettore alcuni esempi,
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Si veda CONVEGNO “LE TENDENZE DEL MARKETING” , Alessandra Mazzei , Rossella Gambetti , Il
presente articolo è frutto del lavoro congiunto delle due autrici , Università Ca’ Foscari Venezia, 20-21 gennaio
2006
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e nel caso specifico di come la Nike ha saputo correggere la sua comunicazione
nonostante i continui falsi e le continue denuncie poste a suo carico.
Quest'annuncio a sinistra mostra una foto in bianco e nero con due colori dominanti:
bianco e rosso.
Spoof Nike - Attivisti anti-marchi
L'immagine mostra i laboratori Nike in Vietnam nel 2005,
Più sicuri e in rispetto dei diritti dei lavoratori, verso la fine del tunnel di scandalo legato al brand.
Fonte: http://urly.it/2166u
Si può notare che il nome di Nike e il logo Nike " baffo" siano stati leggermente
modificati , ma tuttavia sono ancora abbastanza riconoscibili nell'angolo in basso a
sinistra. Sembra molto simile ad un annuncio pubblicitario della Nike, ma in realtà è
un annuncio spoof , cioè un falso , un anti-annuncio , il nome e il logo Nike sono
stati modificati la donna non indossa abiti Nike ed e' scalza , a giudicare dalla sua
faccia e dai capelli sembra una ragazza asiatica. Non ha scarpe ma lavora per la
Nike, si capisce che probabilmente non può permettersi un acquisto del genere
perché deve essere pagata bene per poterlo fare. Il testo in un tratto sembra anche
lodare la Nike (è troppo bello per indossare "Nike"), ma in realtà in alcuni punti
frammenta la sua immagine : " stai correndo perché vuoi che si aumenti ", " si
lavora per sessanta Ore settimanali "; " Pensate globalmente prima di decidere ".
Al fine di rendere la gente consapevole della reale situazione dei lavoratori asiatici
Esempio di
contronarrazione , Il focus si
sposta su valori e relazione.
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nelle fabbriche della Nike e per sensibilizzare le persone della situazione di questi
lavoratori , quindi, risulta essere alla fine un falso annuncio in realtà che denuncia il
marchio Nike . Ai racconti di sfruttamento della mano d'opera che avevano
demistificato la marca Nike, bisognava opporre altri racconti, in altre parole una
contro narrazione. Nike aveva bisogno di costruire qualcosa che permettesse di far
passare in secondo piano le storie che in tutto il mondo andavano ripetendosi
attraverso ogni media, aveva bisogno di colmare quello spazio che ora era occupato
da delle brutte storie con qualcosa di positivo, costruttivo e duraturo, qualcosa che
potesse cancellare il ruolo passivo dei consumatori e instaurare una vera e propria
relazione, poiché come afferma il guru dello storytelling Steve Denning: ≪ Una
marca è essenzialmente una relazione ≫.
23
Nike provò a risollevarsi cominciando a
prendere il controllo della propria narrazione e cambiando la propria storia, la marca
non era più autosufficiente doveva diventare un vettore di storie, le campagne
pubblicitarie e di comunicazione cominciano a essere trattate come dei veri e propri
episodi di fasi narrative di un brand, dove appaiono personaggi con determinate
caratteristiche e in determinate situazioni. In questo Nike è riuscita particolarmente
bene: appropriandosi di valori legati allo sport, come il costante miglioramento di se
stessi, la Nike si dava una nuova identità narrativa.
Ciò ha determinato in meno di quindici anni uno spostamento dell’attenzione dal
product brand al logo, poi dal logo alla story, dall’immagine della marca alla sua
storia. Ma questo perché? Non ci basta neanche più possedere degli oggetti, abbiamo
bisogno di immedesimarci con essi, non tanto con il logo, ma con la storia che il logo
ci racconta e di cui fa parte. Dagli anni duemila i responsabili dei grandi gruppi
americani si lanciarono in imprese ambiziose di ricostruzione narrativa delle proprie
marche a causa di questi scandali, (Ne è un esempio famoso, la Nike, come già
accennato in precedenza). I teorici del branding che consigliavano queste aziende si
convertono allo Storytelling . " Paradossale", "inafferrabile", " imprevedibile", sono
le parole più spesso usate dagli analisti di mercato per definire il comportamento dei
consumatori, un consumatore non più fedele, molto più esperto, che non subisce più
l'incantesimo del marchio. Si va diffondendo il concetto di brand identity, quale
23
Steve Denning, “The leader’s guide to Storytelling, Mastering the Art and discipline of business
narrative” Jossey-bass, 2005
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complesso di dimensioni costitutive del brand comprendente attributi fisici, di
personalità, di cultura, di relazione e di auto-rappresentazione dell’identità, «il
segreto del successo di un marchio sta nel racconto che comunica».
24
la sfida delle
aziende sta nel modo di comunicare la loro storia nella maniera più efficace e
credibile possibile, sia all’interno che all'esterno: brand image —> brand story.
La nascita dei nuovi media, le immense possibilità dovute alla diffusione del
marketing " virale " offerto da internet, hanno messo fine al potere forte e
incontrastato della pubblicità e della televisione. ≪ La pubblicità così come la
conosciamo è morta ≫.
25
dichiarava Sergio Zyman ex direttore marketing della
Coca-Cola, nel proprio libro La Fine della pubblicità. La comunicazione
pubblicitaria raggiunge il suo massimo livello di profondità, quando riesce a
conferire alla marca, una struttura identitaria distintiva profonda nei confronti del
loro pubblico e che diventi riconoscibile, se si vuole restare a galla in questa
inondazione di pubblicità, devono necessariamente distinguersi come afferma
Christian Budz, autore di Branding in Practice: ≪ La vostra società ha una storia
originale da raccontare? Una storia così onesta, così accattivante e così unica che noi
siamo pronti a pagare per farne parte? Le marche devono essere costruite in
conformità a una storia, una storia onesta, autentica, che si richiami ai valori
personali del consumatore ≫.
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Questo ricorso a una storia " pulita " non è però
condiviso da tutti, i guru della comunicazione tendono a mentire per raggiungere gli
obiettivi desiderati, ≪ Le storie ci permettono di mentire a noi stessi e soddisfano i
nostri desideri. Il consumatore trae soddisfazione non dal bene o dal servizio, ma
dalla storia che lo accompagna ≫.
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purtroppo alcune di queste storie sono create
senza alcun fondo di verità e vengono utilizzate solo per abbindolare il consumatore.
Le analisi fin d'ora descritte ci fanno capire che la tendenza nell'uso delle attività di
marketing dagli anni Duemila, si muovono verso il raggiungimento di orizzonti più
lontani, che superi lo scaffale del supermercato per abbracciare tutto il mondo.
24
Laurence Vincent , Legendary Brands , Chicago , Dearborn trade publishing , 2002 , p.8
25
Sergio Zyman , La Fine della pubblicita' : le nuove tecniche e le strategie pubblicitarie , trad. di
Edmondo Coccia , Roma , LUISS University Press - Armando , 2005 , p.11
26
Chiristian Budz - Klaus Fog - Baris Yakaboylu , Storytelling.Branding in Practice , New York , Spinger
2005
27
Seth Godin , All Marketers Are Liars : The Power of Telling Authentic Storie in a Low-Trust World ,
New York , Portfolio , 2005 [Tutte le palle del marketing , trad. Di Simonetta Bertoncini , Milano ,
Sperling & Kup-fer,2006]
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Mondo inteso non come società prettamente consumistica, ma con l'ambizione di "
produrre " un altro mondo.
Rolf Jensen, futurologo danese, direttore del Copenhagen Institute for Futures
Studies e autore di “The Dream Society” ha fondato nel 2001 la Dream Company
Ltd, dove dirige il servizio immaginazione. L’obiettivo che si è posto è persuadere la
maggior parte delle aziende di tutto il mondo che stiamo passando da una società a
un’altra. Secondo lui, da qui al 2020, il prossimo stadio fondamentale della società
sarà: l’era dei sogni. Rolf Jensen afferma che: «La società dei sogni mostra come una
cultura del consumo come la nostra, racconti storie attraverso i prodotti che
compriamo, i trasporti, i divertimenti, le vacanze, gli interni delle nostre case. Nella
società dei sogni, il nostro lavoro sarà guidato dalle storie e dalle emozioni».
28
. Lo
scopo del Marketing narrativo è quello di creare un'impresa di sincronizzazione delle
visioni del mondo, in cui possono trovarsi in antagonismo sul piano politico e
religioso, ma che si ritrovano insieme sul palcoscenico del marcato mondiale.
L'adozione dello storytelling da parte del marketing va dunque ben oltre una
semplice riorganizzazione pubblicitaria dei brand, essa appunto sostiene una visione
del mondo unitaria, l'atto di consumare diventa quasi un atto di comunione planetario
che attraverso la narrazione, i consumatori identificano uno stesso mito, lo stesso
eroe, la stessa storia.
2.2 STORYTELLING MANAGEMENT
Costatato che l'evoluzione del marketing in continuità con le sue prime teorie, abbia
man mano scolpito all'interno della marca nuovi concetti utili per l'identificazione dei
valori aziendali, attraverso storie efficaci, reali, in cui il " consumatore ", ormai
protagonista può riconoscersi e farne parte.
Si ritiene utile ora analizzare, nel caso di progetti di corporate storytelling, la figura o
le figure che all'interno di un'organizzazione si occupano di pensare al racconto
28
Jensen R. (2001), The Dream Society. How the Coming Shift from Information to Imagination Will
Trasform Your Business, Londra, McGraw-Hill.