2
INTRODUZIONE
Gli eventi che hanno interessato la regione MENA a partire dal 2010, passati alla
storia come “Primavere arabe”, hanno aperto una nuova fase per l’attivismo femminile
nella regione. Dopo lunghi anni di dittature le donne arabe si sono poste alla testa dei
movimenti rivoluzionari e sono scese nelle piazze e nelle strade per combattere in prima
linea fianco a fianco agli uomini, sacrificando spesso i loro interessi, legati alla
questione di genere, a favore di un miglioramento della situazione generale dei propri
Paesi. La loro attiva partecipazione non solo ha dato un contributo fondamentale alla
riuscita delle rivolte, ma ha anche reso le stesse donne consapevoli della propria forza e
determinazione, accendendo in loro la speranza per una possibile inclusione nella
società e per una maggiore partecipazione politica nella ricostruzione dei propri Paesi.
Nonostante gli esiti positivi delle rivolte, le donne arabe hanno in realtà dovuto
affrontare ulteriori sfide con l’inizio della fase post-rivoluzionaria. In questa fase, molte
di loro sono state oggetto di violenze e angherie da parte dei nuovi attori politici, ma
anche di fronte a queste difficoltà le donne arabe hanno continuato a manifestare la
propria volontà di essere presenti e lottare per contrastare non più un potere dittatoriale,
bensì gli ideali maschilisti e patriarcali radicati nelle società in cui vivono. Proprio in
relazione agli eventi della post-rivoluzione si è parlato spesso di “inverno islamico” per
le donne della regione, in riferimento ai tentativi avanzati dagli islamisti saliti al potere
di relegare le donne nuovamente ai margini della società. In realtà, la nuova fase
apertasi dopo le tornate elettorali nei due Paesi simbolo delle rivolte – Egitto e Tunisia –
e i dibattiti che hanno condotto alle nuove Costituzioni in questi due Paesi mantengono
aperta la questione di genere nella regione MENA, nella speranza di un avanzamento
dei diritti e delle libertà femminili che possa impedire di liquidare questi processi ancora
in corso come “inverni islamici” o “autunni islamici”.
Lo scopo principale della presente ricerca è quindi quello di mettere in evidenza
l’importanza del ruolo giocato dalle donne negli eventi delle cosiddette “Primavere
arabe”, spesso innescate proprio grazie al contributo femminile, e di analizzare le
dinamiche che i nuovi cambiamenti avviati con la caduta delle dittature hanno aperto a
3
favore del discorso di genere e dei diritti e delle libertà femminili, per comprendere
quale possa essere il futuro per le donne nella regione. A questo obiettivo si aggiunge la
volontà di dare voce alle donne della regione, non solo a quelle che hanno fatto la
rivoluzione e che si sono impegnate in prima fila nelle piazze o attraverso la campagna
mediatica, ma anche a quelle arabe che hanno vissuto e vivono ancora oggi i
cambiamenti in corso nella regione da lontano e che hanno a cuore la causa delle loro
compagne.
Sulla base degli obiettivi citati in precedenza, nel primo capitolo mi propongo di dare
spazio alla partecipazione attiva delle donne arabe alle rivolte e ai modi in cui il loro
attivismo si è espresso. Dopo un’introduzione generale sul ruolo giocato dalle donne
nelle rivoluzioni, mi soffermo su tre Paesi colpiti dalle Primavere arabe – Tunisia,
Egitto e Yemen – e analizzo i contributi più significativi di alcune donne nelle rivolte di
questi Paesi, con particolare riguardo non solo all’attivismo nelle piazze e nelle strade
ma anche all’impegno prestato attraverso i nuovi mezzi di comunicazione, primi fra tutti
i social network. Nel secondo capitolo analizzo le dinamiche post-rivoluzionarie e le
nuove sfide che le donne arabe si sono trovate a dover affrontare dopo la fine delle
dittature. A questo proposito soffermo la mia attenzione su due casi specifici – Egitto e
Tunisia – poiché ritengo che le fasi di transizione di questi due Paesi aiutino a
comprendere le difficoltà per le donne della regione di fronte alle minacce dell’Islam
politico. Sempre nello stesso capitolo dedico un paragrafo alla ripresa dell’attivismo
femminile, elemento utilizzato dalle donne per contrastare i reiterati tentativi di
marginalizzazione avanzati dai nuovi attori politici al potere. Concludo poi il capitolo
con un paragrafo dedicato agli sviluppi più recenti in Egitto e in Tunisia, in cui
propongo un’analisi degli articoli delle nuove Costituzioni dedicati alle donne e un
breve excursus storico sulle conquiste delle donne tunisine a partire dagli anni
dell’indipendenza del Paese per spiegare la condizione progredita di queste ultime nei
dibattiti sulla parità di genere. Nel terzo capitolo mi propongo infine di dare voce a
quelle donne che hanno vissuto, in prima fila o da lontano, le rivolte e le dinamiche da
queste aperte nei propri Paesi, prima attraverso una selezione di contributi reperiti sul
Web e poi attraverso le opinioni di alcune ragazze arabe della facoltà di Mediazione
linguistica e culturale dell’Università degli Studi di Milano che ho intervistato
personalmente.
4
CAPITOLO PRIMO
La partecipazione delle donne ai
movimenti di rivolta
A partire dal 2010 il mondo arabo è stato interessato da una serie di rivolte passate
alla storia sotto la denominazione di “Primavera araba”. In molti Paesi, i popoli arabi a
turno sono scesi nelle piazze per dare il loro attivo contributo alle rivolte, nel tentativo
di porre fine ai lunghi poteri dittatoriali che da tempo limitavano le libertà delle loro
genti, in un clima di crescente corruzione, repressione e violenza. In particolare, la
corruzione delle classi al potere aveva impoverito ampie fasce della popolazione
accrescendo il divario tra ricchi e poveri e annullando le speranze soprattutto dei
giovani di guadagnarsi una vita più agiata; allo stesso tempo la gente, in prima fila i
giovani e le donne, iniziava a sentire come sempre più insopportabile il peso
dell’autoritarismo, della mancanza di libertà di espressione, della crescente
disoccupazione e dell’assenza di rappresentanza politica in regimi che, agendo in questo
modo, consolidavano sempre più il proprio potere tirannico.
1
Queste rivolte, spesso
definite anche “risveglio arabo”, hanno riacceso l’attenzione dei media occidentali su
una porzione di mondo che da tempo era considerata “immutabile nel suo
immobilismo”.
2
Ciò ha fatto sì che l’interesse si ponesse sul ruolo attivo giocato dai
popoli arabi attraverso manifestazioni in nome della democrazia caratterizzate da
richieste comuni come la fine della dittatura, il rispetto dei diritti umani e delle libertà
fondamentali e la giustizia sociale.
Uno degli aspetti spesso tralasciati dai media occidentali riguarda la presenza
determinante delle donne negli eventi della cosiddetta “Primavera araba”. Eppure, la
partecipazione femminile ai movimenti di rivolta non può essere considerata un
elemento di secondo piano, dal momento che le donne sono state presenti nelle piazze
5
accanto agli uomini e hanno contribuito a influenzare l’andamento delle rivolte. In tutta
la regione, le donne hanno infatti occupato gli spazi pubblici e, pur con diversi livelli di
libertà e con status sociale differente da Paese a Paese, hanno reclamato democrazia,
giustizia sociale, libertà, dignità e uguaglianza.
3
Dalla Tunisia all’Egitto, passando
attraverso lo Yemen, la Libia, la Siria e il Bahrein ed andando a toccare anche realtà più
solide come i paesi del Golfo e in particolare l’Arabia Saudita, le donne hanno fatto
sentire la loro volontà di essere protagoniste delle rivoluzioni fin dall’inizio. Con velo o
senza velo, giovani e meno giovani, di estrazione sociale più o meno elevata, le donne
hanno saputo inserirsi all’interno dello spazio pubblico per rivendicare i propri diritti e i
diritti dei loro popoli, divenendo quasi delle “madri” per la propria nazione. Come
affermano Leila Ben Salah e Ivana Trevisani, che hanno raccolto le storie di alcune
donne arabe che hanno preso parte alle rivoluzioni in atto nella regione, le donne hanno
saputo riproporre il loro ruolo di madri spostando il materno dalla sacra dimensione
casalinga ad una dimensione nuova, pubblica e desacralizzata.
4
Più nello specifico,
hanno trasferito le loro capacità di gestione della famiglia e delle faccende di casa dai
cortili alle piazze, consentendosi il guadagno di una nuova dimensione spogliata della
chiusura della tradizione patriarcale.
5
Le donne sono scese nelle piazze con
determinazione, unendosi agli uomini e talvolta mostrandosi più forti e attive di loro.
Hanno combattuto gli stereotipi occidentali di un mondo arabo maschilista e patriarcale
in cui la donna non ha alcun potere né alcun accesso alla vita pubblica e hanno saputo
dar dimostrazione di essere pronte a mettersi in gioco per uscire da una condizione che
le relega generalmente ai margini della società e le rappresenta come figure passive e
sottomesse, dedite esclusivamente alla cura della famiglia e alla soddisfazione dei
bisogni del marito.
6
Il ruolo attivo delle donne nelle rivolte si è giocato in diversi modi. Molte di loro
sono scese direttamente nelle piazze per protestare fianco a fianco agli uomini. Altre
hanno dato il loro contributo sostenendo gli insorti attraverso assistenza ai feriti,
rifornimento di cibo e vestiario, passaggio di armi e controllo degli ingressi nelle piazze
contro l’inserimento di intrusi e uomini del regime. Altre ancora hanno invece lavorato
dal Web, facendosi portavoce dell’intero popolo e lanciando messaggi di sostegno e di
invito a tutta la società e a tutto il mondo ad unirsi, fisicamente o virtualmente, alle
rivolte. Ciò che conta è che le donne sono state presenti e determinanti, aprendo così un