operative nell�applicazione del sistema (politica, obiettivi e programmi; attuazione e
funzionamento del sistema; controllo o audit; riesame della direzione).
Per questo, al fine di un effettivo miglioramento delle prestazioni aziendali, in
particolare dal punto di vista di qualit�, ambiente e sicurezza, � emersa l�opportunit� di
integrare ove possibile questi sistemi di gestione.
Questa operazione permette, infatti, di alleggerire gli aspetti burocratici e
semplificare la comprensione e la visione globale nella gestione di questi aspetti, sia da
parte del management sia di tutti i dipendenti, i quali devono avere un ruolo attivo (per
ci� che attiene alle loro mansioni e competenze) per assicurare il successo e il buon
funzionamento dei sistemi Qualit�, Ambiente e Sicurezza.
Il lavoro svolto ed in particolare l�integrazione dei sistemi Sicurezza e Ambiente,
sebbene sia stata considerata un'azienda di grandi dimensioni, � applicabile anche e
soprattutto alle Piccole e Medie Imprese, dove le risorse umane ed economiche da
dedicare a questi temi possono non essere sempre cospicue.
Questa considerazione � avvalorata dal fatto che la globalizzazione dei mercati e
dell'economia richiederanno notevoli sforzi alle nostre realt� aziendali per mantenere la
competitivit�, tra cui quello di dotarsi di sistemi di gestione strutturati ed efficienti.
Ovviamente la complessit� dei sistemi di gestione deve essere proporzionale alle
dimensioni e attivit� dell'azienda in cui vengono applicati, ma in ogni caso un sistema
integrato pu� consentire sia un risparmio di risorse, sia una gestione aziendale pi�
oculata, coordinata e consapevole.
PARTE PRIMA
LA TUTELA DELL’AMBIENTE
1 Premessa
La rapida crescita dei sistemi industriali ha comportato negli ultimi decenni un
progressivo aumento dell�impatto delle attivit� economiche sull�ambiente. La
questione ecologica � andata assumendo un peso crescente, richiamando l'attenzione di
una molteplicit� di soggetti ed occupando un posto di sempre maggior rilievo nei
programmi dell�ONU, negli interventi dei governi, nelle istanze delle forze politiche e
sociali e nelle attivit� delle imprese.
Questa evoluzione ha condotto a una progressiva e profonda trasformazione nel
rapporto impresa-ambiente, ponendo nuovi vincoli e aprendo inaspettate opportunit�
nell�agire delle imprese.
L�idea di un�insanabile dicotomia tra salvaguardia ambientale e crescita economica
sta lasciando il posto al concetto si sviluppo sostenibile, secondo il quale esiste la
possibilit� di svolgere le attivit� economiche in modo compatibile con la conservazione
e la tutela del patrimonio naturale.
Se da un lato, la questione ambientale coinvolge l�intero sistema sociale, politico
ed economico, rendendo talvolta problematici i rapporti tra mercato, impresa e societ�,
dall�altro pone alle singole aziende industriali nuovi e sempre pi� complessi aspetti
gestionali, richiedendo la riformulazione delle strategie gestionali complessive e
l'attivazione di strumenti operativi innovativi.
L�attenzione delle forze sociali e politiche � spesso puntata sulle problematiche
ambientali, frequentemente con un approccio di tutela assoluta che a volte si traduce in
movimenti di opinione e politici che pongono l�ecologia quale priorit� imperativa.
Portata agli estremi, una tale posizione, che punta alla salvaguardia della natura
negando lo sviluppo � priva di fondamento e di prospettive.
L�impresa, e quella italiana in particolare, � sempre pi� alle prese con una miriade
di divieti, limiti, imposizioni, che tendono a regolamentare e limitare l�impatto del
processo produttivo sull�ambiente circostante.
Il legislatore emette queste norme il pi� delle volte in modo disorganico, sull�onda
di situazioni contingenti quali disastri, pressioni dell�opinione pubblica, interessi
politici, direttive comunitarie, ecc. e con valenza a volte nazionale, a volte locale.
Malgrado una recente inversione di tendenza, concretizzatasi con l�emanazione di
alcune leggi quadro in materia, l�imprenditore � oggi costretto a rincorrere questi limiti
sempre pi� severi con una serie di provvedimenti a loro volta disorganici e, in quanto
tali, efficaci a rispettare la legge, ma assolutamente antieconomici e con nessun ritorno
dell�investimento.
La filosofia innovativa di un sistema di gestione ambientale porta a considerare
l�ambiente e le risorse naturali come beni collettivi ed afferma l�importanza sia sociale
che economica di valorizzarli e rispettarli attraverso una gestione consapevole ed
organica.
Non pi� dunque una rincorsa alle leggi, ma una gestione integrata ed organica che,
avendo come obiettivo minimo il rispetto della legge, consenta una definizione di
obiettivi autonomi, regole proprie aziendali, e soprattutto una programmazione degli
interventi e degli investimenti, con una conseguente migliore remunerativit� degli
stessi.
La presa di coscienza da parte dell�impresa della propria responsabilit� ecologica
conduce ad attribuire alle questioni ambientali una valenza strategica.
2 Politiche ambientali internazionali
A livello internazionale sono state nominate diverse commissioni di esperti con
l�obiettivo di affrontare queste problematiche ecologiche.
Nell�analizzare gli approcci comunitari e mondiali per la salvaguardia
dell�ambiente �, innanzi tutto, necessario evidenziare l�evolversi della coscienza
ambientale negli ultimi decenni.
La coscienza dell�esistenza di un problema ambientale ha iniziato a manifestarsi
negli anni settanta con l�emergere dell�insostenibilit� dei modelli di sviluppo seguiti
sino ad allora, in quanto incompatibili con i nuovi vincoli posti dal sistema.
Le Conferenze ONU che hanno affrontato le questioni relative all�ambiente, hanno
inizio nel 1972 con la Conferenza di Stoccolma sull�ambiente umano; la Dichiarazione
ed il piano di azione discussi ed adottati in quell�occasione, rappresentano il primo
passo verso la tutela dell�ambiente
1
.
Un anno dopo la Conferenza di Stoccolma nasceva l�UNEP
2
, ossia il programma
delle Nazioni Unite sull�ambiente, con l�obiettivo di coordinare e promuovere le
iniziative relative la salvaguardia dell�ambiente.
Negli anni successivi un gran numero di problemi si aggiunsero a quelli che
avevano stimolato l�avvio del dibattito ambientale internazionale; ebbe cos� inizio una
nuova fase che port� a riconoscere come la preservazione degli ecosistemi e lo
sviluppo economico siano in stretta relazione tra loro e come vada ricercato un modello
gestionale che integri questi due elementi.
2.1 La Valutazione di Impatto Ambientale (V.I.A.)
La Valutazione di Impatto Ambientale (VIA), quale strumento di gestione e
controllo dell�ambiente e dei conflitti ambientali, � stato introdotto per la prima volta
circa trenta anni fa negli Stati Uniti nell�ambito della legge nazionale sull�ambiente
(NEPA, National Environmental Policy Act del 1969).
La Valutazione di Impatto Ambientale costituisce uno dei pi� diffusi ed importanti
strumenti tecnico-normativi messi a punto e regolamentati in vista dell�esigenza di
salvaguardare l�ambiente attraverso la valutazione preventiva degli impatti ambientali
delle attivit� produttive
3
.
La Valutazione d�Impatto Ambientale � un complesso procedimento di natura
essenzialmente amministrativa attraverso cui si valutano preventivamente gli effetti e i
1
Il piano elaborato prevedeva una serie di azioni di monitoraggio dello stato dell�ambiente, cui doveva seguire la
programmazione degli interventi necessari.
2
United Nations Environmental Program
3
Il National Policy Act pone come suo obiettivo prioritario �incoraggiare un rapporto fecondo e felice fra l’uomo ed il suo
ambiente, promuovere ogni sforzo per prevenire o eliminare i danni per l’ambiente e per la biosfera e stimolare la salute ed il
benessere dell’uomo�.
rischi ecologici, ambientali, economici e sociali che determinate opere in progetto
possono esercitare sull�ambiente circostante, nella finalit� di prevenire gli impatti
indesiderati piuttosto che dover successivamente riparare i danni provocati.
La VIA inoltre rappresenta una novit� nel panorama degli strumenti di valutazione
perch� accanto alla parte tecnico-scientifica, caratteristica del quadro di riferimento e
del bilancio di impatto ambientale, viene introdotta la metodologia di comparazione
attraverso alternative e soprattutto viene introdotto il concetto e la prassi della
partecipazione popolare alla decisione finale.
Accanto agli obiettivi e valori generali, il NEPA definisce aspetti procedurali di
natura amministrativa, il pi� importante dei quali � la redazione di una relazione
dettagliata che contenga informazioni circa l�impatto ambientale dell�azione proposta,
gli effetti negativi sull�ambiente che non possono essere evitati, le alternative all�azione
proposta ed il rapporto fra l�interesse locale a breve termine, la preservazione ed il
miglioramento della produzione a medio termine e qualsiasi utilizzazione di risorse
irreversibile che derivi dall�attuazione dell�azione proposta.
La VIA non deve essere meramente intesa come uno strumento di verifica della
qualit� e quantit� degli impatti di un progetto sull�ambiente naturale, anche se questa �
sicuramente la sua parte pi� importante e caratteristica, ma come strumento di analisi a
tutto campo dell�accettabilit� di un progetto, ovvero della sua migliore alternativa
localizzativa o tecnologica.
Dopo un lungo dibattito, protrattosi per diversi anni, la Comunit� Europea ha
finalmente emanato in materia di VIA la Direttiva 85/337 che prevedeva il completo
adeguamento delle legislazioni degli Stati membri entro 3 anni. Tale direttiva dovendo
valere per Stati con ordinamenti giuridici diversi, rappresentava solo un quadro di
riferimento e riconosceva ampia autonomia alle varie legislazioni degli Stati membri,
pur restando imprescindibile il raffronto con la normativa comunitaria.
La fase di attuazione a livello nazionale della Direttiva 85/337 � risultata molto
stentata; il caso italiano comunque risulta essere abbastanza particolare per il fatto che
il provvedimento comunitario non � stato ancora tradotto in legge e la materia �
governata ancora in maniera provvisoria con dei decreti.
La legge 349/1986, istitutiva del Ministero dell�Ambiente, prevedeva un tempo di
sei mesi per l�emanazione della legge istitutiva della VIA che, tuttavia, non � ancora
stata approvata. La materia risulta essere disciplinata principalmente dal DPCM
10.08.1988, n. 377 "Regolamentazione delle pronunce di compatibilit� ambientale"
4
dove si individuano le categorie di opere sottoposte alla procedura, mentre le norme
tecniche per la redazione degli studi di V.I.A. sono regolamentate dal DPCM del
27.12.1988 "Norme tecniche per la redazione degli studi di impatto ambientale e la
formulazione del giudizio di compatibilit� ambientale"
5
Dopo i Decreti nazionali molte Regioni e Province Autonome hanno emanato
proprie leggi in materia di VIA.
Concludendo possiamo rimarcare che a pi� di quindici anni di distanza dalla prima,
parziale attuazione, della direttiva 85/337/CEE, il quadro normativo nazionale si
presenta alquanto composito. Manca una legge organica che razionalizzi tutta la
disciplina di settore e colmi le lacune che tuttora esistono. Molte delle carenze che
presenta questa procedura potranno essere risolte se il disegno di legge quadro sulla
valutazione di impatto ambientale verr� approvato dal Parlamento
6
.
2.2 Verso lo sviluppo sostenibile
Nel 1983 l�Assemblea Generale delle Nazioni Unite istitu� la Commissione
Mondiale per l�Ambiente e lo Sviluppo (WCED - World Commission on environment
and development) con lo scopo di studiare le relazioni fra sviluppo e qualit� della vita.
4
Successivamente integrato con il DPR n. 53 dell�11/02/1998.
5
Nel primo Decreto si indicano, come campo di applicazione della VIA, esclusivamente le categorie di opere rientranti
nell�allegato I della Direttiva CEE. Invece l�ultimo Decreto contiene le indicazioni di carattere tecnico per la redazione degli
studi di impatto ambientale (allegati I, II e III) e gli elaborati che lo compongono ispirandosi sostanzialmente alle indicazioni
della Direttiva comunitaria.
6
Disegno di Legge Senato 64 - Disciplina della Valutazione dell�impatto ambientale.
Nel �Rapporto Brundtland
7
�, elaborato nel 1987, in occasione della conferenza
ONU, si indica espressamente la necessit� di conciliare sviluppo economico e tutela
dell�ambiente e si parla per la prima volta di �sviluppo sostenibile�.
Per sviluppo sostenibile si intende �lo sviluppo che soddisfi le esigenze del
presente senza compromettere la possibilità delle future generazioni di soddisfare le
loro�
8
; l�obiettivo che deriva da questo concetto � quindi quello di assicurare che l�uso
delle risorse ambientali sia gestito in modo da non danneggiare e impoverire le stesse
per i bisogni futuri.
Il concetto di sviluppo sostenibile � stato poi ripreso dalla Conferenza delle
Nazioni Unite per l�Ambiente e lo Sviluppo tenutasi a Rio de Janeiro nel giugno del
1992.
I paesi che hanno partecipato alla Conferenza sono stati concordi nell�affermare la
necessit� di un�azione urgente per promuovere lo sviluppo sociale ed economico ed
allo stesso tempo preservare e proteggere l�ambiente. Dalla Conferenza di Rio sono
scaturiti due accordi internazionali, due dichiarazioni di principi ed un�agenda di azioni
per promuovere lo sviluppo sostenibile in tutto il mondo.
Tali documenti sono:
• Dichiarazione di Rio sull’ambiente e lo sviluppo
9
che costituisce un contributo ai
processi formativi di norme consuetudinarie o giuridiche in materia di sviluppo
sostenibile ed un punto di riferimento di accordi internazionali.
• Convenzione sulla diversità biologica
10
che chiede che tutti i paesi adottino
strategie e strumenti per conservare tutte le forme di vita, assicurandosi che i
benefici derivanti dalla Biodiversit�
11
siano equamente distribuiti.
7
Dal nome del primo ministro norvegese Gro Harlem Brundtland che ha presieduto i lavori della Commissione Mondiale per
l�ambiente e lo sviluppo nel 1984.
8
World Commission on environment and development (WCED), Our Common Future, Oxford 1987, Trad it.. Il futuro di noi
tutti, Bompiani editore, 1988.
9
� stata formulata al posto della Carta della Terra, costituisce un elenco di regole di comportamento per il rispetto
dell�ambiente ed � composta da 27 principi definiti come diritti e doveri degli stati.
10
La mancata sottoscrizione di USA e India ha indebolito notevolmente la portata del documento. Solo nel 1995 il presidente
degli Stati Uniti, Clinton, ha firmato la Convenzione, manifestando per� delle riserve.
11
Per Biodiversit� si intende �la totalità dei patrimoni genetici, delle specie e degli ecosistemi presenti sulla terra�.
• La Convenzione quadro sui cambiamenti climatici
12
finalizzata a contrastare
l�effetto serra attraverso l�impegno alla limitazione delle emissioni di gas che si
sprigionano dalla combustione di carburanti.
• Dichiarazione sui principi forestali
13
che enuncia i principi per la conservazione, la
gestione e la salvaguardia di ogni tipo di foreste.
• Agenda 21
14
in cui il concetto di sviluppo sostenibile viene ampliato e posto come
obiettivo prioritario; l�Agenda 21 contiene un elenco di modalit� per realizzare uno
sviluppo che sia socialmente, economicamente ed ambientalmente sostenibile,
raccomandando ai governi di sviluppare politiche ambientali entro il 2000 e
coinvolgendo tutti i settori economici e sociali nella promozione di interventi
concreti di salvaguardia, recupero e gestione delle risorse naturali.
I principi per uno sviluppo sostenibile consistono nell�introdurre il tema ambientale
nella gestione delle aziende in modo che possano essere soddisfatte
contemporaneamente l�esigenza di una continua crescita economica delle stesse e la
conservazione delle ricchezze naturali per il futuro.
Il vertice della Terra, tenutosi a Rio de Janeiro nel 1992, ha creato notevoli
aspettative. In tale sede la comunit� internazionale ha concordato una strategia vasta ed
ambiziosa, volta ad affrontare le sfide ambientali e dello sviluppo, attraverso la
cooperazione a livello mondiale per lo sviluppo sostenibile.
Nonostante siano stati fatti alcuni progressi, le aspettative non sono state realizzate.
Dieci anni dopo Rio, il vertice mondiale sullo sviluppo sostenibile che si terr� nel 2002
offrir� l�occasione di rivitalizzare lo spirito di Rio e di delineare un nuovo impegno
politico da parte di tutti i paesi a conseguire lo sviluppo sostenibile. La Commissione
dell�Unione Europea, al fine di assicurare un efficace contributo, ha adottato una
Comunicazione dal titolo �Dieci anni dopo Rio: prepararsi al Summit Mondiale sullo
12
Il problema del cambiamento climatico � stato al centro dell�attenzione della Conferenza di Kyoto del 1997; il Protocollo di
Kyoto riporta una serie di obblighi e di impegni per i paesi industrializzati e per quelli ad economia in transizione (Est
europei) a ridurre complessivamente del 5% le principali emissioni di gas che causano l�effetto serra.
13
Si tratta di un documento generale senza alcun impegno concreto.
14
� un piano d�azione suddiviso in 40 capitoli.
sviluppo sostenibile del 2002�
15
. � un chiaro segnale della volont� delle istituzioni
europee di partecipare da protagonisti al summit, determinando, con i propri contributi
e lavori preparatori, gli stessi argomenti in agenda.
La Comunicazione fa il punto della situazione, delineando il quadro complessivo
dei progressi compiuti a seguito della Conferenza di Rio.
Proponendo una presa di coscienza dei limiti del �dopo Rio�, fissa le priorit� e le
linee d�azione dell�Unione Europea:
- maggior equit� e pi� efficace partnership a livello globale per lo sviluppo
sostenibile;
- migliore integrazione tra esigenze ambientaliste e necessit� di sviluppo a livello
internazionale;
- adozione di obiettivi sul fronte ambientale e dello sviluppo in modo da riattivare e
focalizzare gli impegni stabiliti a Rio;
- intensificazione degli interventi su scala nazionale, con sorveglianza a livello
internazionale.
Per raggiungere tali obiettivi, la Commissione UE propone una serie di temi, da
porre sul tavolo di discussione al summit del 2002, tra cui:
• protezione delle risorse naturali come base per lo sviluppo economico;
• integrazione della tutela dell�ambiente e lotta alla povert�;
• globalizzazione sostenibile, con una accresciuta capacit� di governo e una pi� attiva
partecipazione del pubblico a livello nazionale ed internazionale.
La qualit� dell�ambiente va considerata come una caratteristica essenziale della
qualit� della vita in una societ� e quindi come una caratteristica essenziale della qualit�
dello sviluppo economico.
Le variazioni apportate alla natura dalle attivit� umane devono mantenersi entro
limiti tali da non danneggiare irrimediabilmente il contesto biofisico globale e
permettere alla vita umana di continuare a svilupparsi. Ci� significa fare in modo che il
tasso di inquinamento e di sfruttamento delle risorse ambientali rimanga nei limiti della
15
Comunicazione della Commissione al Consiglio e al Parlamento europeo � Dieci anni dopo Rio: prepararsi al vertice
mondiale sullo sviluppo sostenibile del 2002, COM(2001) 53 definitivo, Bruxelles � 6 febbraio 2001
capacit� di assorbimento dell�ambiente ricettore e delle possibilit� di rigenerazione
delle risorse, secondo quando consentito dai cicli della natura, per evitare la crescita
dello stock di inquinamento nel tempo.
Naturalmente ci si pu� chiedere come � possibile sfruttare l�ambiente ed al tempo
stesso preservarlo, visto in particolare che lo sviluppo economico comporta anche una
crescita nel tempo della produzione di beni e servizi, e diventa quindi difficile, non solo
diminuire, ma addirittura mantenere costante il flusso di sfruttamento delle risorse
ambientali.
La risposta � principalmente nel progresso tecnologico che pu� consentire di
ridurre i coefficienti di sfruttamento dell�ambiente per unit� di prodotto o servizio. Ci�
attraverso l�introduzione e la diffusione di tecnologie pi� pulite che, applicate a monte
dei processi produttivi, ne riducono l�intensit� di inquinamento, attraverso tecnologie
pi� efficienti di abbattimento dell�inquinamento a valle, aumentando le attivit� di
recupero dei rifiuti e dei residui, riducendo i consumi di energia, ottimizzando l�utilizzo
delle risorse, ecc..
Non essendo lo sviluppo sostenibile qualcosa di automatico e spontaneo, sono
necessarie delle appropriate politiche pubbliche per favorire investimenti specifici nelle
tecnologie ambientali da parte delle imprese, al fine della riduzione del loro impatto
ambientale. Infatti queste ultime non sempre ricevono adeguati stimoli dal mercato ad
effettuare investimenti in prevenzione ambientale.
Per questo motivo all�interno delle politiche pubbliche si stanno aggiungendo agli
strumenti amministrativi di �comand and control�, basati sulla regolamentazione
diretta (norme di legge, per imporre determinati comportamenti e standard, seguite da
meccanismi di controllo e sanzione) e di cui si � constatato, se non il fallimento almeno
l�insufficienza, strumenti di tipo economico come le tasse (o tariffe) ambientali, le
misure di incentivazione per l�introduzione di tecnologie pulite ed a minor pressione
sull�ambiente come sgravi fiscali, contributi in conto capitale, ecc. e strumenti di tipo
volontario come l'EMAS (Regolamento comunitario 1836/93), basati su dinamiche di
mercato, per favorire un rapporto nuovo tra imprese, istituzioni e pubblico basato sulla
trasparenza, sul supporto reciproco e sulla collaborazione.
Molte imprese hanno aderito a partire dal 1991 alla �Carta delle imprese per uno
sviluppo sostenibile�.
Tale adesione dal punto di vista gestionale significa:
- riconoscere nella gestione dell�ambiente un�importante priorit� aziendale;
- migliorare continuamente il comportamento e le prestazioni ambientali;
- formare e motivare il personale ad una conduzione ambientalmente responsabile
della propria attivit�;
- valutare e limitare preventivamente gli effetti ambientali delle attivit� aziendali;
- orientare in senso ambientale le innovazioni tecnologiche e la ricerca;
- dialogare con i dipendenti e il pubblico affrontando insieme i problemi ambientali;
- orientare i clienti, i fornitori e subappaltatori nella gestione corretta dei prodotti e
dei servizi; ecc..
L�impresa che contribuisce alla sostenibilit�, si garantisce una maggiore
sopravvivenza e sviluppo nel lungo periodo e pu� sfruttare i vantaggi della eco-
efficienza ai fini della sua competitivit�. Per le imprese multinazionali di notevoli
dimensioni l�esigenza di sostenibilit� pu� essere percepita in modo concreto e diretto.
Per le altre considerate individualmente l�incentivo alla eco-compatibilit� pu� venire
solo dalle politiche pubbliche o dal mercato.
Lo sviluppo sostenibile in ogni caso rappresenta l�unica soluzione di fronte al
notevole aggravarsi dei problemi ambientali e all�evidenza della crisi del rapporto tra
sviluppo e limitatezza delle risorse, che hanno caratterizzato in particolare questi ultimi
decenni.
2.3 Il ruolo dell’Unione Europea
Anche l�Unione Europea ha affrontato il problema dello �sviluppo sostenibile� con
una serie di Programmi di attuazione della politica ambientale comunitaria.
Al vertice dei capi di stato della Comunit�, tenutosi a Parigi nel 1972, e in seguito
alla Conferenza ONU di Stoccolma dello stesso anno, fu introdotta per la prima volta
una politica comune per l�ambiente.
A partire dal 1973 la Commissione ha elaborato una serie di piani quadriennali
d�azione.
Il Primo programma
16
� stato elaborato nel 1973 con i seguenti scopi:
- miglioramento delle condizioni di lavoro e della qualit� della vita;
- prevenzione, riduzione ed approcci volti all�eliminazione dell�inquinamento;
- utilizzo delle risorse naturali nel rispetto degli equilibri biologici;
- introduzione di considerazioni ambientali nella progettazione urbanistica e
territoriale;
- ricerca delle soluzioni ai problemi ambientali in un clima di cooperazione con i
paesi al di fuori della Comunit� e con le organizzazione internazionali.
In questo Programma compare per la prima volta l�attribuzione di responsabilit�
per l�inquinante secondo il principio �chi inquina paga�.
Il Secondo Programma
17
, del 1977, mantiene inalterato il contenuto del Primo,
sebbene i temi siano stati affrontati in maniera pi� articolata.
Nel Terzo Programma
18
, elaborato nel 1983, la politica ambientale muta
sensibilmente, si adotta un approccio di tipo preventivo e si sente la necessit� di una
strategia globale per l�ambiente
19
.
Il Quarto Programma
20
del 1987, evidenzia l�eccessiva produzione normativa
nazionale che fa da ostacolo all�armonizzazione internazionale e ribadisce la necessit�
di cooperazione fra gli Stati
21
. Altro aspetto innovativo di questo Programma � la
necessit� di affiancare alle norme imperative nazionali, una normativa di tipo
volontaristico.
16
GUCE n. C 112 del 20 dicembre 1973.
17
GUCE n. C 139 del 13 giugno 1977.
18
GUCE n. C 46 del 17 febbraio 1983.
19
Proprio da questo Programma nasce, due anni pi� tardi la Direttiva n. 85/337/CEE in materia di Valutazione di impatto
ambientale.
20
GUCE n. C 328 del 7 dicembre 1987.
21
�Gli aspetti principali della politica ambientale non devono essere pianificati e realizzati isolatamente da Paesi individuali.
Sulla base di un piano comune a lungo termine, i programmi nazionali in tali campi devono essere coordinati e le politiche
nazionali rese omogenee all’interno della Comunità� � Allegato I n. 23.
Il Quinto Programma
22
, entrato in vigore nel 1993, si distingue dai precedenti
perch� formulato in seguito al Trattato di Maastricht del 1992, alla luce dei risultati ivi
raggiunti
23
.
Il Sesto programma �Ambiente 2010: il nostro futuro, la nostra scelta� ruota
attorno a quattro aspetti fondamentali:
1. cambiamento climatico;
2. ambiente e salute;
3. natura e biodiversit�;
4. gestione delle risorse naturali.
Sottolinea inoltre l�importanza di nuove forme di partecipazione di cittadini e
imprese. Facendo seguito al Quinto Programma di azione per l�ambiente del 1992 ed
alla sua revisione del 1998, il Sesto programma individua gli obiettivi generali da
perseguire e le azioni prioritarie della futura politica ambientale dell�Unione Europea.
Un altro tema affrontato dal nuovo programma � la collaborazione con l�industria e
con i consumatori al fine di rendere pi� ecologici i modelli di produzione e consumo.
Qui la Commissione intende far ricorso a un ampio ventaglio di strumenti, che
spaziano da una politica integrata dei prodotti alla responsabilit� ambientale, dalle
misure fiscali ad una miglior informazione dei cittadini.
Per la maggior parte dei settori, il programma di azione ambientale proposto si
limita a fissare finalit� generali, e non obiettivi quantificati. Tali finalit� sono:
1 Cambiamento climatico
24
;
2 Natura e biodiversit�
25
3 Ambiente e salute;
4 Uso sostenibile delle risorse naturali e rifiuti
26
.
22
GUCE n. C 224 del 31 agosto 1992.
23
Gli artt. 2 e 3 del Trattato recitano cos�: �La Comunità ha il compito di promuovere (…) una crescita sostenibile, non
inflazionistica e che rispetti l’ambiente�.
24
Il conseguimento dell'obiettivo comunitario di riduzione delle emissioni dell'8% entro il 2008-2012 ai sensi del protocollo
di Kyoto costituisce l'asse portante del nuovo programma. Tuttavia la Commissione auspica abbattimenti pi� radicali delle
emissioni mondiali, dell'ordine del 20-40% entro il 2020 e cita al proposito una stima scientifica secondo cui nel lungo
periodo sar� necessario ottenere un calo del 70% delle emissioni di gas serra rispetto ai livelli del 1990.
25
Pietre miliari dell�approccio comunitario sono la piena attuazione della rete Natura 2000 ed un insieme di piani d'azione
settoriali per la biodiversit�.
26
Ponendo maggiore enfasi sul riciclaggio e sulla prevenzione della generazione di rifiuti, da perseguire fra l'altro mediante
una politica integrata dei prodotti.