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Introduzione
Questa tesi prende in esame il momento di transizione e di crisi che sta vivendo il
giornalismo, in particolare quello italiano, e la relazione che c’è tra questa crisi e la
rivoluzione digitale in corso. La questione, come spesso è avvenuto nella storia del
giornalismo, si presenta come un conflitto tra vecchi e nuovi media. Attraverso un
confronto con altri periodi storici che, come il nostro, hanno vissuto una rivoluzione
tecnologica, si cercherà dunque di mettere a verifica quanto ci sia di vero o di plausibile
nelle ricorrenti visioni apocalittiche, che vedono il web come la principale minaccia dei
mezzi di informazione tradizionali. Particolare attenzione sarà rivolta al supporto
cartaceo, nel tentativo di comprendere quale sia il posto che può ancora occupare nel
mercato e se in futuro la lettura potrà fare a meno della carta. Grazie alle testimonianze
dirette di professionisti del settore verranno indagati i modi in cui il giornalismo
tradizionale si sta integrando con il web, sia in termini di scenari attuali che di
prospettive future.
Internet e il digitale non rappresentano solo un mezzo di comunicazione tra gli altri, ma
una nuova cultura, un nuovo modo di configurare le nostre esistenze sotto vari aspetti.
All’interno del web converge larga parte delle nostre attività, delle nostre esperienze,
non ultime quelle mediali. Proprio a causa dell’esistenza e dell’integrazione online di
vari supporti (video, audio, testo) suddividere il giornalismo sulla base del mezzo
utilizzato appare sempre più una distinzione forzata.
Il web 2.0, con il suo modello di condivisione dei contenuti, segna per Internet una
nuova epoca. Il popolo di Internet prende la parola e si esprime, racconta, interpreta la
realtà. Le piattaforme sulle quali circolano i contenuti generati dall’utenza rendono
sempre più sottile la linea che divide il pubblico dal privato e dunque anche quella che
divide l’attività amatoriale da quella professionale. Nel caso del giornalismo fanno
irruzione sulla scena nuovi partecipanti all’attività dell’informazione. Si tratta del
pubblico, al quale mai come in questo momento occorre fare riferimento per disegnare
qualunque scenario evolutivo. La crisi del giornalismo pare così assumere dimensioni
esistenziali più che mediali, e porta a chiedersi: ha ancora senso parlare di giornalismo,
e di una figura, come quella del giornalista professionista, che sia depositaria del
compito di mediare la realtà, in un contesto nel quale tutti potenzialmente abbiamo a
disposizione gli “strumenti del mestiere”? Quale ruolo deve rivendicare il giornalista
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per mantenere il suo status di professionista? Qual è il valore aggiunto dell’attività
giornalistica? Per rispondere è necessaria un’analisi degli aspetti più significativi del
nuovo paradigma comunicativo del web convergente e delle ripercussioni
sull’informazione, sia nella fase di produzione che in quella fruizione.
In conclusione ci interrogheremo su quali possano essere i modelli economici sostenibili
per il giornalismo del futuro, sia per un media tradizionale come la carta che per la
liquidità del web. La rivoluzione digitale dà infatti origine ad una nuova economia con
cui il settore dei media, come molti altri, deve fare i conti. L’economia del web si basa
principalmente sul concetto della gratuità. Si delineano così nuovi scenari economici
post-industriali in base ai quali sviluppare modelli commerciali sostenibili. Ancora,
attraverso contributi provenienti dal mondo del giornalismo si cercherà di ipotizzare
quali direzioni potrà prendere il futuro prossimo e quali saranno le strategie attraverso le
quali il giornalismo potrà sopravvivere e crescere rimanendo a tutti gli effetti una
professione con le proprie specificità e i propri valori.
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1 Vecchi e nuovi media
“What's new about new media?” si chiedono i ricercatori del MIT Lisa Gitelman e
Goeffrey Pingree
1
, ovvero: “Cosa c'è di nuovo nei nuovi media?” Tutto, niente. La
volontà è quella di sottolineare la dimensione ciclica del cambiamento, il nuovo che
avanza oggi, domani sarà il vecchio che verrà superato. Mutano dunque i protagonisti,
ma il processo di cambiamento rimane simile e si manifesta attraverso un periodo di
crisi sia per il nuovo che deve essere legittimato sia per il vecchio, che viene messo in
discussione ed è chiamato a ridefinirsi e a dimostrare il suo valore. Altri ricercatori,
come Ron Adner e Daniel Snow, professori nel campo dell'innovazione delle tecnologie
e dei media, hanno sostenuto, all’interno della ricerca ’Old' Technology Responses to
'New' Technology Threats: Demand heterogeneity and graceful technology retreats
2
che
difficilmente le nuove tecnologie soccombono alle nuove. Le vecchie tecnologie
piuttosto tendono a cambiare in tre modi: estendendo le proprie funzionalità e le proprie
performance, cercando una posizione in una nicchia di mercato, oppure cambiando
totalmente alla ricerca di nuovi utenti ed utilizzi. I vecchi media inoltre entrano spesso
nel panorama suggestivo dei classici: i buoni, vecchi media, che a differenza dei nuovi
non riservano sorprese all’utenza, che quindi in una certa misura continua ad
apprezzarli.
In questo capitolo cercheremo di analizzare le fasi di crisi ed evoluzione dei media
giornalistici secondo alcuni parametri: la domanda-offerta, i costi, la
dipendenza/indipendenza economica di un media, il progresso tecnologico e i ritmi di
diffusione fra la popolazione. L'obiettivo è quello di basare su un'analisi storica un
confronto con il presente e rilevare le dissomiglianze e gli eventuali aspetti che si
ripropongono nel periodo di transizione in corso, caratterizzato dall'avvento del digitale
e di Internet.
1
L. Gitelman, G. Pingree, New media, Cambridge MIT Press, 2003,
(http://web.mit.edu/transition/subs/newmediaintro.html, data ultima consultazione 22/03/2015).
2
Cfr R. Adner D. Snow, ‘Old’ technology responses to ‘new’ technology threats: demand heterogeneity
and technology retreats, Oxford University Press, 2010,
(http://icc.oxfordjournals.org/content/early/2010/09/06/icc.dtq046.short, data ultima consultazione
22/03/2015).
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1.1 Uno sguardo alla storia
La storia del giornalismo del secolo scorso è spesso raccontata come un conflitto tra
mezzi di comunicazione diversi che devono combattere tra loro per la sopravvivenza. In
questo scenario la carta stampata è dipinta come l’eterna sconfitta, la cui sopravvivenza
nel mondo dell’informazione è stata costantemente attaccata e messa in discussione da
mezzi di comunicazione nuovi, più tecnologici e capaci di offrire esperienze mediali che
coinvolgono i sensi in maniera più completa. Prima la radio, poi la televisione e oggi
Internet. Per capire quanto questa visione di conflitto sia pertinente e cosa accomuna le
precedenti crisi con quella attuale, portata principalmente dalla rivoluzione digitale,
occorre fare un’analisi delle macro fasi di cambiamento ed evoluzione che hanno
attraversato il mondo dell’informazione. Abbiamo scelto di condurre questa ricerca
evidenziando i seguenti aspetti: la domanda-offerta, i costi, la dipendenza/indipendenza
economica di un media, il progresso tecnologico e i ritmi di diffusione fra la
popolazione.
1.1.1 La stampa e la radio
Una prima fase di grande cambiamento può essere rappresentata dall’avvento della
radio che si diffonde negli anni '30 del Novecento. La radio è il primo mezzo di
comunicazione di massa che entra nelle case dei cittadini e offre informazione anche a
chi non ha un livello di cultura molto elevato. In realtà non si può parlare di una vera
concorrenza tra il mezzo tradizionale della carta stampata e quello nuovo della radio.
Radio e carta stampata convivono perché si rivolgono tendenzialmente a fasce di
pubblico diverse, offrendo i contenuti attraverso differenti modalità che spesso risultano
complementari. La loro convivenza inoltre inizia, per quanto riguarda l’Italia, in un
clima politico-economico dittatoriale, quello del fascismo, che vede un mercato non
libero ed un netto controllo dall’alto sui mezzi di comunicazione. La radio si trova
infatti in regime di monopolio ed è entrata a pieno titolo tra i mezzi di comunicazione e
di controllo prediletti dal regime fascista, che ne farà il proprio canale ufficiale per
diramare le informazioni alla popolazione. D’altra parte anche i giornali, benché non
arriveranno mai ad essere proprietà diretta dello stato, sono sostenuti dall’Ente
Nazionale Carta e Cellulosa, nato nel 1935 e subiscono forti pressioni da parte del
regime, lavorando in condizioni di sostanziale illibertà.
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L’offerta
In questo periodo, l’offerta della radio non è in un rapporto di concorrenza agguerrito
con i giornali ma piuttosto di complementarietà. La radio produce un’informazione
rivolta a tutti, anche alle fasce con un basso livello di istruzione. Grazie ai giornali radio
per la prima volta l’informazione viene fatta anche attraverso la forma della diretta,
nelle due fasce orarie che corrispondono all’ora dei pasti. La radio rappresenta infatti un
flusso continuo, come un rubinetto aperto: una volta persa la notizia, la tecnologia non
permette di recuperarla. La radio dunque fa da spalla alla stampa e stimola in chi legge i
giornali la necessità di andare a controllare sulla carta per approfondire. Per avere
sempre le notizie a portata di mano, occorre quindi aver comprato un quotidiano, che
permette una utilizzo più riflessivo. Inoltre, in risposta al bisogno di intrattenimento e di
svago, è in questo periodo che si introducono sul mercato nuovi prodotti editoriali
cartacei che ampliano e differenziano l'offerta: i giornali serali, sull’onda dei giornali
radio, i rotocalchi e settimanali tematici, le riviste per i ragazzi.
Il costo
Anche il costo non rappresenta un elemento discriminante da far privilegiare il nuovo
mezzo rispetto al vecchio, dato che i giornali godono di un prezzo fisso stabilito per
legge, mentre l’apparecchio radiofonico ha un costo abbastanza elevato. Per raggiungere
le orecchie degli italiani è necessità del regime promuove la diffusione più capillare
della radio, il cui acquisto è un investimento ancora relativamente oneroso per molte
famiglie. Da qui la necessità di produrre un modello di apparecchio popolare a basso
costo. In risposta a questa necessità viene introdotta sul mercato nel 1937 Radio Balilla.
Spesso destinata ad un ascolto collettivo, questo apparecchio veniva venduto al prezzo
fisso di 430 lire, ma il livello di diffusione raggiunto non è ancora sufficiente per
generare una concorrenza tale da mettere in crisi i giornali di carta.
La diffusione
Complice un’economia autarchica e immobile che non aumenta sensibilmente la qualità
della vita e il benessere delle famiglie italiane, la diffusione della radio stenta a
raggiungere cifre importanti, soprattutto in rapporto agli altri paesi europei. Nata nel
1927 l’EIAR impiega circa un quarto di secolo a raggiungere i quattro milioni di